L’ adozione di un singolo atto illegittimo, o di più atti illegittimi, non è, di per sé, sintomatica della presenza di un comportamento mobbizzante, occorrendo la presenza di un complessivo disegno persecutorio, qualificato da comportamenti materiali, ovvero da provvedimenti contraddistinti da finalità di volontaria e organica vessazione nonché di discriminazione, con connotazione emulativa e pretestuosa (cfr., Cons. Stato, Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1945; Id., Sez. VI, 19 marzo 2015, n. 1413; id., Sez. III, 12 gennaio 2015, n. 28).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2017, n. 2159
Ricercatore-Mobbing-Sussistenza
N. 02159/2017REG.PROV.COLL.
N. 06963/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6963 del 2013, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. MNTRFL57E03D403L, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] De Cilla in Roma, via Zara, 16;
contro
Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE II n. 00599/2013, resa tra le parti, concernente risarcimento danni per condotta mobbizzante posta in essere dall’amministrazione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2017 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] su delega dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ricercatore confermato di Urologia presso l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli, lamentando comportamenti discriminatori e vessatori assunti dall’Ateneo nei suoi confronti, richiamati i ricorsi proposti avverso le deliberazioni del Consiglio di Facoltà di estromissione dall’attività didattica di tutore (per gli anni accademici 1996/1997, 1997/1998 e 1998/1999 ) definiti con sentenze d’annullamento passate in giudicato (cfr., Tar Campania nn. 806/2000 e 2384/2003), deducendo ulteriori comportamenti dannosi, ha chiesto la condanna dell’Università al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale quantificato complessivamente nell’importo di 300.000,00 euro.
Descriveva nell’atto introduttivo tutta una serie di episodi di persecuzione, individuando nominalmente gli autori delle condotte riconducibili all’Ateneo, che avrebbero comportato un ingiusto danno professionale, morale ed esistenziale, integrando gli estremi del c.d. mobbing.
Sottolineava che il TAR Campania, già investito della domanda di risarcimento danni, avesse declinato la propria giurisdizione con sentenza n. 2007/2009, riformata in appello dal Consiglio di Stato, sez. VI, 15 [#OMISSIS#] 2012, n. 3584, sul rilievo che i provvedimenti illegittimi fossero stati emanati nell’abito del rapporto d’impiego pubblico non privatizzato e, dunque, che l’azione di condanna al risarcimento andasse qualificata come responsabilità contrattuale.
2. Riassunto il ricorso davanti al [#OMISSIS#] di prime cure e costituitasi in resistenza l’Università, il Tribunale amministrativo della Campania ha respinto nel merito la domanda di risarcimento danni.
3. Richiamato l’orientamento giurisprudenziale (Cassazione, sez. lav., 9 settembre 2008, n. 22858; Consiglio di Stato, sez. VI, 6 [#OMISSIS#] 2008, n. 2015) a mente del quale integra la nozione di mobbing “la condotta del datore di lavoro protratta nel tempo e consistente nel compimento di una pluralità di atti diretti alla persecuzione o all’emarginazione del dipendente”, il [#OMISSIS#] di prime cure, per un verso, escludeva che gli atti impugnati dal ricorrente, ed annullati con sentenze passate in giudicato, avessero leso la sfera professionale e fossero espressione “di un disegno persecutorio inquadrabile nell’ambito del mobbing”, rilevando, per il resto, l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa, ritenuta presupposto necessario per configurare la responsabilità risarcitoria dell’Università.
4. Appella la sentenza il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]. Resiste l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli.
5. Alla pubblica udienza del 2.03.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
6. Coi motivi d’appello, l’appellante lamenta gli errori di giudizio in cui sarebbe incorso il [#OMISSIS#] di prime cure laddove ha ricondotto l’azione di condanna al risarcimento danni – disattendendo quanto ritenuto [#OMISSIS#] medesima vicenda processuale dal Consiglio di Stato, sez. VI, 15 [#OMISSIS#] 2012 n. 3584 – alla responsabilità aquiliana o extracontrattuale, anziché a quella contrattuale, traendone la conseguenza che, in difetto di prova del requisito della colpa, l’adozione dei provvedimenti annullati non fosse “sufficiente per la fondatezza dell’azione risarcitoria”.
Il Tar campano, lamenta ancora l’appellante, avrebbe altresì apoditticamente escluso, oltre all’assolvimento dell’onere della prova, la sussistenza del nesso di causalità fra gli atti illegittimi e i danni sofferti, senza tenere conto dell’allegazione delle copie delle dichiarazioni dei redditi relative [#OMISSIS#] anni in cui si sono svolti i fatti di causa, depositate in giudizio, dalle quali emergerebbe una riduzione dei redditi da lavoro autonomo di circa 51.655 euro, appunto corrispondente al danno patrimoniale scaturente dai provvedimenti annullati.
Il [#OMISSIS#] di prime cure non avrebbe, inoltre, affrontato funditus la questione del risarcimento del danno non patrimoniale, costituente parte integrante del petitum di condanna.
7. I motivi d’appello, trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati nei sensi e limiti di cui infra.
7.1 L’azione proposta è già stata espressamente qualificata dal Consiglio di Stato, investito dell’appello avverso la sentenza di prime cure declinatoria della giurisdizione amministrativa, in termini di responsabilità contrattuale per violazione degli obblighi imposti dall’art 2087 cod. civ. (cfr. Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2006, n. 5087; Cons. St., sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7527).
È ormai riconosciuta la struttura – non più lineare [#OMISSIS#] quale il credito e il debito si fronteggiano, bensì – complessa del rapporto contrattuale, dove, accanto all’obbligo [#OMISSIS#] di prestazione, si collocano tutta una serie di obblighi accessori, alcuni dei quali, i c.d. obblighi di protezione, sono funzionali alla salvaguardia (oltre che dei beni) della persona coinvolta nel rapporto obbligatorio.
L’art. 2087 c.c. è il portato di diritto positivo degli obblighi di protezione incombenti sul datore di lavoro, sia esso pubblico o privato: la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro si traduce dunque nell’assunzione di obblighi di protezione, autonomi ed accessori alla prestazione, la cui violazione, oltre a dover coerentemente essere ascritta alla responsabilità contrattuale del datore di lavoro, prescinde dall’esatta esecuzione della prestazione principale.
7.2 In questa sede il ricorrente ha, per l’appunto, chiesto di essere risarcito dei danni assumendo che i comportamenti dell’amministrazione universitaria, tradottisi nell’adozione degli atti già annullati in sede giurisdizionale con precedenti sentenze, abbiano costituito ineludibili indici sintomatici della condotta illecita, integranti, oltre il così detto mobbing, una responsabilità contrattuale dell’Università datrice di lavoro.
In particolare, il provvedimento di esclusione dagli insegnamenti nei corsi tutoriali degli anni 1996/1997, nonché l’estromissione del ricorrente (occorsa nel 1997) da una commissione d’esame a seguito di alcuni dissidi insorti con altri componenti della commissione, atti che sono già stati annullati dal Tar campano, attesterebbero la lesione arrecata al corretto svolgimento della relazione qualificata intrattenuta con l’Ateneo e [#OMISSIS#] obblighi di protezione del proprio status professionale e della sua personalità morale, ex art. 2087 c.c., gravanti sull’Università.
7.3 Venendo [#OMISSIS#] specifico ai motivi d’appello, va accolta la censura avverso il capo di sentenza affermativo dell’onere della prova incombente sul ricorrente del requisito della colpa, il cui mancato assolvimento, pur in presenza dell’adozione dei provvedimenti annullati, ha indotto il [#OMISSIS#] di prime cure alla declaratoria d’infondatezza dell’azione risarcitoria.
L’ascrizione della responsabilità al modello contrattuale comporta, invece, l’inversione dell’onere della prova dell’assenza della colpa; la quale – ove ritenuta necessaria, atteso che l’art. 1218 c.c. non la richiederebbe affatto – graverebbe comunque sull’Università.
7.4 Inoltre quanto all’entità del danno patrimoniale subito, il ricorrente ha adeguatamente provato, mediante l’allegazione delle relative dichiarazioni dei redditi di lavoro autonomo comparabili con quelle degli anni precedenti, il pregiudizio patrimoniale sofferto negli anni accademici in cui sono stati adottati i provvedimenti annullati di esclusione dagli insegnamenti nei corsi tutoriali degli anni 1996/1997 e dalla commissione d’esame (1997/1998) ed incidenti negativamente sul suo prestigio e status professionale.
La differenza reddituale, in sé pari al complessivo importo di euro 51.654,00, può essere ridotta del 50% poiché il danno si ricollega eziologicamente all’obbligazione di protezione, accessoria rispetto all’obbligazione principale: ossia non si deve dare attuazione per equivalente al danno da prestazione, bensì va data tutela ex art. 1223 c.c. all’interesse patrimoniale sotteso all’obbligo accessorio di protezione, quantificato, ex art. 1226 c.c., [#OMISSIS#] metà di quanto richiesto [#OMISSIS#] domanda.
Sulla somma così liquidata, trattandosi di debito di valore e non di valuta, deve essere calcolata la rivalutazione monetaria dal 20.02.2008 (data di notifica del primo ricorso) fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, nonché gli interessi compensativi al tasso legale sulle somme annualmente rivalutate; sulla somma complessiva così spettante sono poi dovuti gli interessi legali dalla data di deposito della sentenza sino al soddisfo.
8. Va invece respinto il motivo d’appello che lamenta l’omessa condanna al risarcimento del danno non patrimoniale.
8.1 Conformemente alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’unitarietà della categoria del danno non patrimoniale, [#OMISSIS#] duplice veste come qui dedotta dal ricorrente di danno biologico ed esistenziale, ai fini del ristoro, è subordinata all’allegazione e prova del danno sia in relazione alla sua consistenza obiettiva che al nesso eziologico (cfr., Cons. Stato, IV. 10 gennaio 2012, n. 14; id., IV, 15 dicembre 2011, n. 6608).
È stato condivisibilmente osservato al riguardo che, mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico-fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale – da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare a-reddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di [#OMISSIS#] diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno – deve essere dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni (cfr., Cons. Stato, IV, 15 dicembre 2011, n. 6608).
Sicché quale danno conseguenza, e non in re ipsa, la sua effettiva consistenza deve essere puntualmente allegata e provata dalla parte interessata.
8.2 Il prof. [#OMISSIS#] non ha allegato in atti puntuali elementi idonei a suffragare la ritrazione di un danno alla propria integrità psico-fisica in sé suscettibile di accertamento medico-legale.
Nemmeno facendo ricorso a presunzioni ex artt. 2727 e ss. c.c. s’individua il danno non patrimoniale effettivamente sofferto, né sono stati allegati elementi univoci atti a dimostrare che tale disagio si sia tradotto in un’alterazione patologica dell’equilibrio psico-fisico o in un grave compromissione della sua condotta di [#OMISSIS#].
9. Non è altresì fondata la domanda, riproposta [#OMISSIS#] presente sede di appello volta al ristoro del presunto danno da mobbing a causa del contegno complessivamente serbato nei suoi confronti dall’Ateneo partenopeo.
9.1 È consolidato l’orientamento, qui condiviso e cui va data continuità, che l’illegittimità degli atti impugnati non è ex se sufficiente a dimostrare la sussistenza di una complessiva condotta mobbizzante consapevolmente perpetrata dall’Università in danno dell’odierno appellante.
È stato osservato al riguardo che l’adozione di un singolo atto illegittimo, o di più atti illegittimi, non è, di per sé, sintomatica della presenza di un comportamento mobbizzante, occorrendo la presenza di un complessivo disegno persecutorio, qualificato da comportamenti materiali, ovvero da provvedimenti contraddistinti da finalità di volontaria e organica vessazione nonché di discriminazione, con connotazione emulativa e pretestuosa (cfr., Cons. Stato, VI, 16 aprile 2015, n. 1945; id., VI, 19 marzo 2015, n. 1413; id., III, 12 gennaio 2015, n. 28).
Ebbene, l’appellane non ha allegato in atti puntuali elementi idonei a persuadere questo [#OMISSIS#] che l’adozione degli atti impugnati in primo grado sottendesse un complessivo disegno volto a perpetrare in suo danno condotte discriminatorie e vessatorie.
10. In altri e più brevi termini, il Collegio ritiene che – nel confermare il diniego di risarcimento per il c.d. mobbing, non risultandone suffragata la sussistenza – vada però riconosciuto al ricorrente il risarcimento del danno patrimoniale, e ciò in quanto: sussiste la colpevolezza dell’Università, per quanta ne sia richiesta dalla natura contrattuale della responsabilità; sussiste altresì, almeno su basi adeguatamente indiziarie, il nesso di causalità tra le illegittime condotte poste in essere e il pregiudizio verificatosi; può ulteriormente pervenirsi alla relativa liquidazione, [#OMISSIS#] misura del 50% della differenza, per ciascuno dei tre anni successivi a partire dal 1997, tra la media dei redditi del triennio precedente 1994, 1995 e 1996 (la quale media risulta pari a circa £ 24.000.000) e il minor reddito conseguito in ciascuno dei tre anni successivi (notorio essendo che la lesione del prestigio professionale produce i propri effetti patrimoniali con un [#OMISSIS#] ritardo rispetto al fatto che abbia generato discredito), oltre rivalutazione e interessi come già detto. Viceversa, va confermato il denegato (oltre a ciò che si è già detto per il c.d. mobbing) del risarcimento del danno biologico e di quello non patrimoniale (per il riscontrato difetto probatorio, in punto di an et quantum).
11. Conclusivamente, in parziale riforma dell’appellata sentenza, l’appello va accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
12. Le spese del doppio grado di giudizio, in ragione del solo parziale accoglimento della domanda, possono compensarsi per metà, mentre per la residua frazione seguono la soccombenza; esse sono liquidate [#OMISSIS#] misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso originario nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Compensa le spese del doppio grado per metà e condanna l’Università degli Studi [#OMISSIS#] II di Napoli a rifondere all’appellante la residura frazione, che viene liquidata in Euro 4.500,00 (Tremilacinqucento/00), oltre s.g. ed accessori di legge e con rifusione del c.u. se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 2 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] de [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 10/05/2017