L’art. 53, comma 7. D.lgs. 165/2001 nella prima parte dispone che: “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto.”.
Laddove l’attività realmente svolta ecceda i limiti dell’autorizzazione prevista dalla norma appena riportata, il recupero delle somme erogate in favore del dipendente in favore dell’Università è la ovvia conseguenza indicata dalla seconda parte del comma 7.
TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, Sez. I, 26 marzo 2019, n. 144
Ricercatore-Incompatibilità
N. 00144/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00065/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 65 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] De Monte e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Trieste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], 3;
per l’annullamento
1) della Delibera n. 435/2018, Numero Protocollo 120279/2018 del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Trieste dd. 30/11/2018, avente ad oggetto “Procedimento disciplinare avviato con codice identificativo UNITS04”;
2) del Decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Trieste n. 965_ Prot. n. 122301- 11/12/2018, Anno 2018 tit. VII cl. 13 fasc. 2001-VIII 846, avente ad oggetto “-OMISSIS-;
3) di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale;
nonché per i risarcimento del danno ingiusto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Trieste;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 20 marzo 2019 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato quanto segue.
L’impugnata sanzione disciplinare (-OMISSIS-) è stata inflitta al ricorrente, professore ordinario presso l’Università di Trieste, per aver svolto attività [#OMISSIS#] professionale in regime d’impegno a tempo pieno, nonché attività esterna senza la preventiva autorizzazione.
Il procedimento disciplinare è stato avviato in esito ad una segnalazione del Nucleo di Polizia Tributaria della [#OMISSIS#] di Finanza di Trieste che, a conclusione degli accertamenti esperiti, ha evidenziato che numerosi incarichi espletati dal docente, ad esclusione di quelli liberamente esercitabili, erano configurabili come attività [#OMISSIS#] professionali, precluse ai docenti a tempo pieno per incompatibilità assoluta – ai sensi dell’art. 11 del DPR. 11 luglio 1980, n. 382 (ratione temporis vigente) – e che altre attività esterne erano state svolte in assenza di autorizzazione.
Il primo motivo di ricorso, con cui si censura l’asserito ritardo nell’avvio del procedimento disciplinare, è infondato.
La censura è affidata al rilievo che gli incarichi in contestazione erano assai risalenti (fin dal 2004) ed autorizzati dal Rettore, cosicché l’Amministrazione ne era a conoscenza da molto tempo.
In realtà, osserva il Collegio, la comunicazione di avvio del procedimento disciplinare appare tempestiva rispetto alla notizia degli illeciti disciplinari, pervenuta all’Amministrazione da parte della [#OMISSIS#] di finanza.
Infatti, seppure il Rettore aveva autorizzato il ricorrente, in passato, a svolgere singole attività esterne remunerate (ma, come si vedrà infra, sulla base di istanze del docente spesso riduttive), tuttavia è soltanto dalla segnalazione della [#OMISSIS#] di finanza che è emersa l’enormità degli impegni professionali assunti dall’incolpato, non [#OMISSIS#] occasionali ma abituali, continuativi, durevoli ed economicamente assai rilevanti (-OMISSIS- come emerge dalla relazione della [#OMISSIS#] di finanza) e, quindi, incompatibili con lo status di docente universitario a tempo pieno.
Col secondo e col sesto motivo è stata censurata la carenza motivazionale del provvedimento sanzionatorio, nonché l’incongruenza della scelta in ordine alla misura della sanzione irrogata.
Nemmeno queste censure sono fondate.
Nel parere vincolante del Consiglio di amministrazione vengono specificamente e dettagliatamente elencate le numerose attività svolte in assenza della preventiva autorizzazione, di cui all’art. 53, comma 7 e 9 del D.Lgs. 165/2001, e quelle di carattere [#OMISSIS#] professionale.
Viene inoltre spiegato che “gli incarichi, in molti casi, consistevano [#OMISSIS#] direzione lavori di opere e/o [#OMISSIS#] stesura di progetti (o partecipazione alla redazione). Inoltre, talune delle attività extra-istituzionali sono risultate di notevole e primaria significatività, in quanto afferenti opere di grande interesse strategico nazionale, -OMISSIS-”.
Viene poi rilevato che il docente “per l’ottenimento di alcuni incarichi, si è proposto quale vero e proprio professionista, presentando offerte economiche e prendendo parte a procedure ad evidenza pubblica, anche in associazione con imprese ed altri professionisti (-OMISSIS-)”.
L’entità e la rilevanza disciplinare dei fatti addebitati al docente appaiono, quindi, adeguatamente esposte e portate a conoscenza dell’incolpato.
Anche relativamente alla scelta della sanzione disciplinare, la motivazione del Collegio di disciplina, recepita dal Consiglio di amministrazione, è stata meditatamente espressa in termini chiari e comprensibili.
Per la gravità e ripetizione delle infrazioni disciplinari è stato rilevato, in istruttoria, che sarebbe stata appropriata la destituzione ma, in considerazione del fatto che erano state concesse varie autorizzazioni [#OMISSIS#] incarichi, seppure con [#OMISSIS#] parziale rispetto alla [#OMISSIS#] entità dei medesimi, è stata preferita una sanzione minore. Il Collegio di disciplina, infatti, esprimendo “il parere di comminare la sanzione della sospensione dall’Ufficio-OMISSIS-, ai sensi dell’art. 87 del R.D. n.1592/1933” rileva che “il prof. -OMISSIS-, contravvenendo in particolare all’art. 11 del DPR n. 382/1980 e all’art. 6, comma 9, Legge n. 240/2010, ha svolto attività di natura [#OMISSIS#]-professionale nel periodo 2007-2014; rileva inoltre che il prof. -OMISSIS- ha presentato in taluni casi richiesta di autorizzazione, ma non per tutti i casi in esame, configurandosi un’ipotesi di abituale irregolarità di condotta particolarmente grave, ai sensi dell’art. 89 del R.D. n. 1592/1933. In particolare, per quanto riguarda alcune autorizzazioni a cui il prof. -OMISSIS- si richiama, si rileva che le medesime erano state concesse per periodi diversi da quello dello svolgimento effettivo degli incarichi.”
Con il terzo, il quarto ed il [#OMISSIS#] motivo si sostiene che, anteriormente all’entrata in vigore della legge 240/2010, gli incarichi svolti erano stati autorizzati dal Rettore, cosicché l’interessato vi aveva riposto affidamento, mentre, successivamente all’entrata in vigore della legge stessa, le consulenze erano liberamente esercitabili.
La difesa dell’Università, sul punto, ha persuasivamente obiettato che in molti casi le attività non erano state comunicate e, nei casi in cui erano state comunicate, le indicazioni fornite dal prof. -OMISSIS- e dagli Enti che avevano conferito l’incarico non consentivano di comprendere la consistenza dell’attività svolta dal docente.
Emblematico, anzitutto per il valore economico (compenso lordo corrisposto al docente: -OMISSIS-) è il [#OMISSIS#] dell’incarico svolto per -OMISSIS-. Ebbene, in riferimento a detto incarico, [#OMISSIS#] relazione [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di Finanza viene rilevato che “In data 25.10.2007 veniva stipulato un contratto d’appalto -OMISSIS-. …partecipata anche dal prof. -OMISSIS-. Il contratto disciplinava l’affidamento del servizio di ingegneria per lo studio idraulico e progettazione delle opere di mitigazione ambientale, aggiudicato all’ATI in seguito a gara con procedura aperta, periodo di svolgimento 25.10.2007-23.1.2008. Dalla documentazione acquisita presso il committente, il prof. -OMISSIS- risulta aver redatto e verificato il progetto”.
Che si tratti di mera “consulenza” (e come tale autorizzata dall’Ateneo, sulla base della riduttiva istanza del docente) non appare in alcun modo plausibile.
Relativamente all’incarico conferito in data 16.11.2004 dal -OMISSIS-, l’attività, svolta da novembre 2004 ad aprile 2009, risulta autorizzata in minima parte, come emerge dalla relazione della [#OMISSIS#] di Finanza. Infatti, l’autorizzazione prot. 1589 dd. 20.1.2004, citata dal docente, veniva concessa dall’Università solo per la durata di due mesi, come espressamente da lui richiesto.
Relativamente all’incarico conferito in data 1.3.2006 dalla -OMISSIS-, l’attività svolta dal 2006 al 2010, risulta autorizzata solo parzialmente, come emerge ancora dalla relazione della [#OMISSIS#] di Finanza. Infatti l’autorizzazione prot. 30705 dd. 19.10.2005, citata dal docente, veniva concessa dall’Università senza precisarne il periodo, in attesa che il committente comunicasse le date di inizio e fine incarico. La -OMISSIS- con nota prot. 2183 dd. 5.7.2006 comunicava le date di inizio, 7.12.2005, e fine, 31.10.2006, ma l’incarico si è ulteriormente protratto senza alcuna estensione dell’autorizzazione.
Relativamente [#OMISSIS#] incarichi conferiti in data 19.12.2007 e nel gennaio 2013 dal -OMISSIS-, le attività svolte rispettivamente nei periodi dicembre 2007-luglio 2011 e da gennaio a marzo 2013 non risultano autorizzate, come emerge dalla relazione della [#OMISSIS#] di Finanza. Il docente menziona l’autorizzazione prot. n. 25681 dd. 11.8.2006 che, però, era stata concessa senza precisarne il periodo, in attesa che il committente comunicasse le date di inizio e fine incarico. Il Consorzio con nota dd. 6.11.2006, comunicava le date di inizio, 9.6.2006, e fine, 31.11.2007. Anche in questo [#OMISSIS#], dunque, il docente ha svolto l’attività con un’autorizzazione ampiamente scaduta. Inoltre gli incarichi conferiti erano due ed uno di essi risulterebbe, in ogni [#OMISSIS#], privo di autorizzazione.
Anche la “validazione progettuale” (-OMISSIS-) che ha formato oggetto dell’incarico 16.11.2012 da parte di -OMISSIS-pur qualificata dal ricorrente come “consulenza liberamente esercitabile”, sembra invece propriamente riconducibile all’area della [#OMISSIS#] professione ingegneristica.
Pertanto, dall’esame della documentazione in atti, le conclusioni cui è [#OMISSIS#] il Collegio di disciplina e conseguentemente il Consiglio di amministrazione ed il Rettore nel provvedimento conclusivo (in particolare per quanto concerne il nucleo essenziale, rappresentato dalla qualificazione dell’attività [#OMISSIS#] professionale, non di mera occasionale consulenza, svolta in modo continuativo, con un impegno di energie lavorative che appare incompatibile con l’attività di docenza a tempo pieno) trovano sicura conferma.
In conclusione, per le ragioni che precedono il ricorso – compresa l’accessoria istanza risarcitoria – è infondato e va respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione le spese del giudizio che liquida in euro 2.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Trieste [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 20 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 26/03/2019
In [#OMISSIS#] di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati