Nell’esercizio dell’ampia attribuzione di cui all’art. 11 comma 2 della L. 240/2010, il Ministero ha potestà di introdurre un limite massimo di incremento alla parte non vincolata nella destinazione, comunque al netto della quota di intervento perequativo residua destinata all’accelerazione del riequilibrio, non avendo la legge indicato criteri più puntuali per la effettiva ripartizione della quota perequativa e dovendosi, dunque, ritenere che essa abbia inteso allocare al livello regolamentare l’attività di puntuale articolazione dello stesso e di effettiva ripartizione della quota contestata.
In specie, il limite del 4% posto dal DM 442/2020 non riguarda l’intera assegnazione del FFO, ma soltanto un limite alla diminuzione di tale assegnazione che incide soltanto sulla parte non vincolata nella destinazione e al netto della quota di intervento perequativo residua destinata all’accelerazione del riequilibrio, prevedendo altresì che ciascun ateneo debba ricevere un finanziamento almeno pari a quello ricevuto l’anno precedente (disposizione, quest’ultima, peraltro non contestata da parte ricorrente).
D’altro canto, come chiarito dall’amministrazione, a fronte di un aumento del FFO del 2020 pari allo 0,91% rispetto al 2019, una crescita senza alcun limite di alcuni atenei avrebbe determinato, per gli altri atri, l’impossibilità di garantire la stabilità del fondo medesimo, cioè l’attribuzione di un finanziamento almeno pari a quello ricevuto l’anno precedente, e ciò in una situazione di incremento generale delle spese personale e di forte difficoltà da parte delle Università a incrementare le entrate per la contribuzione degli studenti, soprattutto in alcune aree del Paese.
TAR Lazio, Sez. III, 15 luglio 2021, n. 8439
Fondo di finanziamento ordinario: legittimo il tetto del 4% per la ripartizione della quota perequativa introdotto per il 2020.
N. 08439/2021 REG.PROV.COLL.
N. 09317/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9317 del 2020, proposto da
Università degli Studi di [#OMISSIS#], in persona del Rettore e legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via [#OMISSIS#] n. 5;
contro
Ministero dell’Istruzione, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti
Università degli Studi di Parma, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– del Decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca n. 442 del 10 agosto 2020, recante Criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (“FFO”) delle Università Statali e dei Consorzi interuniversitari per l’anno 2020, e relative tabelle e allegati, notificato alla ricorrente in data 6 settembre 2020, impugnato [#OMISSIS#] parte in cui prevede un tetto di crescita del 4% per la ripartizione della quota ex art. 11, co. 1, L. 240/2010 e [#OMISSIS#] parte in cui prevede che il relativo importo negativo debba essere “recuperato” dagli importi riconosciuti in sede di ripartizione della quota base del suddetto Fondo;
– ogni altro antecedente e susseguente, comunque connesso a quello impugnato di cui sopra.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 9 giugno 2021, tenutasi tramite collegamento da remoto ai sensi dell’art. 4 D.L. n. 28/2020, 25 D.L. n. 137/2020 e 6 D.L. 44/2021, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia Amministrativa di cui all’Allegato 3 al Decreto del [#OMISSIS#] del Consiglio di Stato n. 134 del 22 [#OMISSIS#] 2020, la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], e trattenuto il ricorso in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, come previsto dalle citate disposizioni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il mezzo di tutela all’esame – notificato il 30 ottobre 2020 e depositato in data 12 ottobre 2020 – l’Università di [#OMISSIS#], premettendo di avere una storia plurisecolare e che, partendo da una collocazione di assoluta qualità della didattica nel contesto nazionale e internazionale, ha intrapreso, nel corso dell’[#OMISSIS#] decennio, la scelta di elevare ulteriormente i propri standard qualitativi di efficacia ed efficienza nell’organizzazione delle risorse accademiche a sua disposizione e che, nonostante le ingenti spese resesi necessarie al fine di far fronte ai danni causati dai gravi eventi sismici che hanno colpito la stessa città nel 2012, è riuscita a mantenere da un quinquennio un indice di indebitamento pari a zero, divenendo un centro di attrazione di studenti motivati da numerose aree del territorio nazionale ed ottenendo i riconoscimenti più elevati su scala nazionale in sede di misurazione ufficiale delle prestazioni per quanto concerne la qualità della propria offerta formativa e dell’attività di ricerca, ha chiesto l’annullamento, previa concessione di misure cautelari, del provvedimento ministeriale indicato in epigrafe, avente ad oggetto i “Criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) delle Università Statali e dei Consorzi interuniversitari per l’anno 2020”, [#OMISSIS#] parte in cui, disciplinando la “quota perequativa” di cui all’art. 11, comma 1, L. 240/2010, ha introdotto un tetto di crescita del 4%, nonché laddove ha previsto che
il recupero del relativo importo venga effettuato dagli importi riconosciuti in sede di ripartizione della “quota base” del suddetto Fondo.
2. Avverso tale provvedimento ha dedotto i seguenti motivi di censura:
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 1 e 2, l. 240/2010 e del principio di legalità – Violazione dell’art. 33, Cost. – Difetto di competenza.
La normativa regolamentare impugnata si porrebbe in violazione dei presupposti, vincoli e criteri fissati dall’art. 11, co. 1, della L. 240/2010 e, con riferimento alla fissazione dell’incremento [#OMISSIS#], costituirebbe esercizio di un potere mai attribuito al Ministero; la ripartizione della quota perequativa in oggetto non sarebbe stata, infatti, determinata dal raffronto, prescritto dalla legge, tra le specifiche Università in situazione di sotto-finanziamento (definita dalla legge come la “situazione di sottofinanziamento superiore al 5 per cento”) e il suddetto modello di ripartizione teorica, essendo stata l’applicazione dei criteri fissati dalla legge condizionata e subordinata al limite introdotto dal Ministero, consistente in un “tetto” di crescita, in “estensione”, del 4%, esorbitando tuttavia dai poteri ad esso normativamente attribuiti.
Il decreto ministeriale impugnato sarebbe, altresì, in parte qua illegittimo, sotto un ulteriore profilo di violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 1, della legge 240/2010, [#OMISSIS#] parte in cui stabilisce che, per le Università in crescita oltre il 4% rispetto al 2019, gli importi risultanti oltre tale percentuale non costituiscono più un credito per l’Ateneo, ma addirittura vengono decurtati dalle quote base e premiale del FFO; in applicazione delle censurate disposizioni regolamentari detto importo, che per l’Università ricorrente ammonterebbe a euro 2.630.981, sarebbe stato “recuperato”, ossia sottratto, dalle assegnazioni delle quote base e premiale del FFO, correlativamente ridotte.
Tale disposizione si porrebbe in contrasto con il principio di riserva di legge in materia di ordinamento universitario sancito dall’art. 33 Cost., nonché con i principi affermati dalla Corte Costituzionale [#OMISSIS#] sentenza 11 [#OMISSIS#] 2017, n. 104, secondo la quale [#OMISSIS#] materia all’esame la funzione normativa non potrebbe essere delegata alla sede regolamentare.
II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 1 e 2, l. 240/2010 – Eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca.
Il D.M. impugnato sarebbe, altresì, illegittimo in quanto, nel [#OMISSIS#] della ricorrente, avrebbe surrettiziamente trasformato uno strumento istituito dal legislatore statale per la ripartizione di risorse, ossia di attivi, in uno strumento per la sottrazione di risorse, ossia per la creazione e ripartizione di passivi.
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 1, l. 240/2010, dell’art. 5, co. 1, lett. a) l. 537/1993, dell’art. 5, co. 4, lett. f), l. 240/2010 e dell’art. 12, d.l. 91/2017, conv. mod. l. 123/2017, nonché eccesso di potere per sviamento – Violazione degli art. 33 e 97, co. 2, Cost.
Nel disporre il “recupero” sulla quota base degli importi asseritamente “dovuti” in applicazione della disciplina sulla quota ex art. 11, L. 240/2010, il Ministero avrebbe violato la disciplina, primaria, dettata per la ripartizione della quota base, costituita, dall’art. 5, L. 537/1993, come modificato dall’art. 51 della legge 449/1997, nonché dall’art. 5, co. 4, lett. f) della legge n. 240/2010 e dalla normativa dello stesso attuativa, inerente il fondamentale parametro del “costo standard unitario di formazione per studente”, nonché, per quanto concerne la quota premiale, dall’art. 2 del DL 180/2008, conv. con modif. dalla L. 1/2009 e dall’art. 60, co. 1, del D.L. 69/2013 (conv. dalla L. 98/2013).
IV) Violazione degli art. 3 e 97, co. 2, Cost. e dei principi del legittimo affidamento e di buon andamento della P.A.
La censurata disciplina regolamentare sarebbe infine sia discriminatoria, poiché penalizzerebbe esclusivamente la ricorrente e gli atenei di Bergamo e [#OMISSIS#], il cui FFO è stato parimenti intaccato, diversamente da tutti gli altri, e si porrebbe in violazione del principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione, in quanto penalizzerebbe una istituzione evidentemente virtuosa, sia contrastante con il principio del legittimo affidamento, determinando una ingiusta decurtazione di risorse a fronte di un [#OMISSIS#] impegno della ricorrente nell’uso delle risorse assegnate per conseguire il più elevato livello qualitativo.
3. Si è costituito, nel giudizio così introdotto, il Ministero dell’Istruzione, il quale ha motivatamente insistito per la reiezione del ricorso, articolando compiute difese che saranno di seguito dettagliatamente esaminate.
4. Con ordinanza n. 7465 del 2 dicembre 2020 è stato disposto l’accoglimento dell’istanza cautelare ai sensi dell’art. 55 comma 10 del c.p.a. tramite la sollecita fissazione dell’udienza per la discussione del ricorso nel merito, avendo il Collegio ritenuto la natura delle questioni trattate meritevole dell’approfondimento proprio di tale fase del giudizio.
5. In vista di quest’[#OMISSIS#] le parti hanno depositato memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a. nelle quali hanno ribadito le proprie posizioni; in tal sede l’amministrazione ha altresì eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione della mancata notificazione dello stesso a tutte le Università destinatarie del Fondo oggetto del DM impugnato.
6. All’udienza del 9 giugno 2021 il ricorso è stato, infine, trattenuto in decisione, con le modalità indicate.
7. Deve essere in primo luogo esaminata l’eccezione di cui al precedente punto 5.
In proposito deve essere osservato che l’art. 41 del c.p.a. prescrive che il ricorso debba essere notificato – per l’appunto a pena di inammissibilità – oltre che all’amministrazione che ha emanato il provvedimento impugnato, anche ad “almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso”, essendo demandato al Collegio, ai sensi dell’art. 49 comma 1 dello stesso codice, ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti di ulteriori soggetti che rivestano tale posizione processuale.
Nel [#OMISSIS#] di specie il ricorso è stato, come risulta dagli atti, ritualmente notificato all’Università di Parma, così che non può essere considerato inammissibile, ponendosi se mai, la necessità di provvedere a disporre la integrazione del contraddittorio; a tale adempimento il Collegio, non reputa, tuttavia, di dover procedere in ragione dell’infondatezza dello stesso nel merito (in tal senso, ex multis, TAR Lazio, sez. I bis, 16 marzo 2021 n. 3213), per quanto di seguito si andrà ad esporre.
8. L’esame dei motivi richiede una sintetica disamina delle disposizioni normative inerenti il finanziamento delle Università statali.
Il Fondo di Finanziamento Ordinario (d’ora innanzi, per brevità, “FFO”) è stato istituito dalla L. 537/93 con la finalità di assicurare la copertura delle spese di personale e delle spese di funzionamento degli Atenei e della ricerca scientifica.
L’art. 5 della legge dispone che:
“1. A decorrere dall’esercizio finanziario 1994 i mezzi finanziari destinati dallo Stato alle università sono iscritti in tre distinti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, denominati:
a) fondo per il finanziamento ordinario delle università, relativo alla quota a carico del [#OMISSIS#] statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, ivi comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l’ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale di cui all’articolo 65 del decreto del [#OMISSIS#] della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e della spesa per le attività previste dalla legge 28 giugno 1977, n. 394;
b) fondo per l’edilizia universitaria e per le grandi attrezzature scientifiche, relativo alla quota a carico del [#OMISSIS#] statale per la realizzazione di investimenti per le università in infrastrutture edilizie e in grandi attrezzature scientifiche, ivi compresi i fondi destinati alla costruzione di impianti sportivi, nel rispetto della legge 28 giugno 1977, n. 394, e del comma 8 dell’articolo 7 della legge 22 dicembre 1986, n. 910;
c) fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario, relativo al finanziamento di specifiche iniziative, attività e progetti, ivi compreso il finanziamento di nuove iniziative didattiche.
Poi dire delle somme effettivamente attribuite”.
Il FFO è stato poi, da disposizioni successive, ripartito in tre quote, base, premiale e perequativa, ciascuna delle quali è disciplinata da norme distinte:
– la quota base dallo stesso art. 5 della citata L. 537/1993, come modificato dall’art. 51 della legge 449/1997;
– la quota premiale, finalizzata a promuovere e sostenere l’incremento qualitativo delle attività delle università statali e di migliorare l’efficacia e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, dall’art. 2 del D.L. 180/2008, n. 180, conv. con modif. dalla L.1/2009 e dall’art. 60, co. 1, del D.L. 69/2013 (conv. dalla L. 98/2013).
– la quota perequativa – sulla quale verte il presente giudizio, dall’art. 11 della Legge 240/2010, il quale dispone che:
“1. A decorrere dal 2011, allo scopo di accelerare il processo di riequilibrio delle università statali e tenuto conto della primaria esigenza di assicurare la copertura delle spese fisse di personale di ruolo entro i limiti della normativa vigente, una quota pari almeno all’1,5 per cento del fondo di finanziamento ordinario e delle eventuali assegnazioni destinate al funzionamento del sistema universitario è destinata ad essere ripartita tra le università che, sulla base delle differenze percentuali del valore del fondo di finanziamento ordinario consolidato del 2010, presentino una situazione di sottofinanziamento superiore al 5 per cento rispetto al modello per la ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario elaborato dai competenti organismi di valutazione del sistema universitario. L’intervento perequativo viene ridotto proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento derivi dall’applicazione delle misure di valutazione della qualità di cui all’articolo 5 della presente legge e all’articolo 2 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1. Il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei può tenere conto delle specificità delle università sede di facoltà di medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta, escludendo ogni intervento per il ripiano di eventuali disavanzi previsto dall’articolo 5, comma 4, lettere g), h), i), l) e m), della presente legge.
2. Il Ministro provvede con proprio decreto alla ripartizione della percentuale di cui al comma 1.”
La [#OMISSIS#] primaria delinea, pertanto, con chiarezza la finalità dell’intervento perequativo in questione, cioè il riequilibrio delle risorse attribuite ai diversi atenei e la copertura, da parte di ciascuno di essi, delle spese fisse inerenti il personale di ruolo.
D’altra parte la finalità dei vari interventi perequativi vigenti nel sistema normativo (ad esempio, in materia fiscale) è tipicamente quella di ripartire determinate risorse acquisite dallo Stato proprio al fine di dare sostegno a situazioni che, per le più disparate ragioni, sono caratterizzate da uno svantaggio finanziario.
L’art. 11 della L. 240/2010, dunque, fissato l’obiettivo da raggiungere (accelerare il processo di riequilibrio delle università statali ed assicurare la copertura delle spese fisse di personale di ruolo delle stesse) e i parametri generali dell’intervento (tramite l’individuazione della percentuale del fondo ordinario interessata, dei soggetti beneficiari, della riduzione nel [#OMISSIS#] la situazione di sottofinanziamento derivi da una performance negativa dell’ateneo e, infine, dei correttivi per le Università sede di facoltà di medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta) ha rimesso alla sede del regolamento ministeriale la concreta ripartizione della quota perequativa del fondo, senza dettare più puntuali principi, assegnando pertanto a quest’[#OMISSIS#] un’ampia discrezionalità, stante la natura estremamente tecnica delle operazioni da porre in essere.
In tale contesto normativo, il Ministero resistente ha ritenuto – con riferimento all’annualità 2020 – necessario, al fine di perseguire le finalità dettate dalla legge, prevedere sia un limite [#OMISSIS#] all’incremento annuale nelle assegnazioni del FFO (il contestato “tetto” del 4%) sia, al contempo, un limite alla diminuzione di tale assegnazione, prevedendo altresì che ciascun ateneo debba ricevere un finanziamento almeno pari a quello ricevuto l’anno precedente (disposizione, quest’[#OMISSIS#], peraltro non contestata da parte ricorrente).
9. Ciò premesso, non può, in primo luogo, essere condivisa l’eccepita carenza di potere della sede ministeriale alla introduzione dei citati parametri.
Come correttamente dedotto dall’avvocatura erariale deve, infatti, ritenersi che le finalità della [#OMISSIS#] primaria, unite all’ampio rinvio effettuato dalla stessa alla fonte regolamentare amministrativa, conferiscano a quest’[#OMISSIS#] il potere di cui viene in questa sede contestato il legittimo esercizio.
Non avendo la legge indicato criteri più puntuali per la effettiva ripartizione della quota perequativa – essendo nel primo comma della [#OMISSIS#] esclusivamente indicate le finalità della stessa ed i principi generali per la relativa “costruzione” – deve, dunque, ritenersi che essa abbia inteso proprio allocare al livello regolamentare, che per la sua natura meglio si presta alla disciplina del [#OMISSIS#] concreto ed al perseguimento delle diverse e complesse esigenze che il fondo è annualmente finalizzato a perseguire, l’attività di puntuale articolazione dello stesso e di effettiva ripartizione della quota contestata.
Non può dunque fondatamente sostenersi – alla luce di quanto sopra esposto – che il Ministero non abbia il potere, nell’esercizio dell’ampia attribuzione di cui all’art. 11 comma II della più volte citata L. 240/2010 di introdurre limiti minimi e massimi di crescita del fondo allorché tale azione, come nel [#OMISSIS#] di specie, risulti necessaria al rispetto dei parametri generali ed alle finalità di legge.
Nel [#OMISSIS#] all’esame, come chiarito dall’amministrazione, a fronte di un aumento del FFO del 2020 pari allo 0,91% rispetto al 2019, una crescita senza alcun limite di alcuni atenei avrebbe determinato, per gli altri atri, l’impossibilità di garantire la stabilità del fondo medesimo, cioè l’attribuzione di un finanziamento almeno pari a quello ricevuto l’anno precedente, e ciò in una situazione di incremento generale delle spese personale e di [#OMISSIS#] difficoltà da parte delle Università ad incrementare le entrate per la contribuzione degli studenti soprattutto in alcune aree del Paese.
Tali spese peraltro – come incontestatamente allegato dall’amministrazione – sono cresciute a livello di sistema, dunque in modo uniforme in tutte le Università, del 3,32% nel 2019 rispetto al 2018 in conseguenza del progressivo sblocco delle limitazioni al turnover, degli scatti stipendiali del personale docente nonché di alcuni rinnovi contrattuali, determinando così una accresciuta necessità di copertura finanziaria di tali spese.
Va infine osservato che il limite [#OMISSIS#] di incremento del 4% posto dal DM 442/2020 non riguarda l’intera assegnazione del FFO, ma soltanto la parte non vincolata [#OMISSIS#] destinazione e al netto della quota di intervento perequativo residua destinata all’accelerazione del riequilibrio, che si è pertanto aggiunta a tale percentuale. L’incremento effettivo dell’intera assegnazione FFO destinata all’Ateneo di [#OMISSIS#] nel 2020 rispetto al 2019 è, infatti, sensibilmente superiore al limite del 4%, tanto che lo stesso ha, non di meno, ottenuto il maggior incremento del FFO a livello nazionale, pari al + 4,43%.
Reputa, pertanto, il Collegio che l’introduzione della misura contestata risponda alle finalità perequative della [#OMISSIS#] attributiva del potere.
Non può, inoltre, ritenersi che l’esercizio del potere ministeriale contestato si ponga in contrasto con la riserva di legge disposta dall’art. 33 Cost.
Rileva in proposito il Collegio che la stessa sentenza citata da parte ricorrente a supporto della doglianza (Corte Cost. n. 104/2017) è pervenuta alla declaratoria di incostituzionalità di talune disposizioni del d.lgs. 49/2012 per violazione della delega prevista dall’articolo 5, comma 1, della stessa legge 240/2010 in relazione [#OMISSIS#] indici per la quantificazione del costo standard (ossia al suo collegamento con una parte del FFO, che il decreto ha invece rimesso alla sede ministeriale), dunque con riferimento ad una violazione diversa da quella odiernamente lamentata; la stessa ha, comunque, per quanto di interesse affermato che “Con specifico riguardo all’ordinamento universitario, questa Corte ha già da tempo rilevato che il rinvio a fonti e atti amministrativi non solo non è vietato, ma è in un [#OMISSIS#] senso persino fisiologico: [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Costituzione – ivi comprese le riserve relative di legge di cui [#OMISSIS#] artt. 33, 34 e 97 – vieta alla legge di affidare l’integrazione e lo sviluppo dei propri contenuti sostanziali ad un’attività normativa secondaria di organi statali, quando «si versi in aspetti della materia che richiedono determinazioni bensì unitarie, e quindi non rientranti nelle autonome responsabilità dei singoli atenei, ma anche tali da dover essere conformate a circostanze e possibilità materiali varie e variabili, e quindi non facilmente regolabili in concreto secondo generali e stabili previsioni legislative» (sentenza n. 383 del 1998).”
Il motivo all’esame si rivela pertanto, nel suo complesso, non meritevole di accoglimento.
10. Il secondo ed il terzo motivo, per comunanza di argomenti trattati, possono essere esaminati congiuntamente.
Parte ricorrente lamenta, in tale ambito, che l’introduzione del limite contestato avrebbe di fatto arbitrariamente trasformato uno strumento destinato alla attribuzione di risorse in un onere, peraltro illegittimamente recuperato sulle altre quote del fondo, disciplinate tuttavia da differenti disposizioni che non prevederebbero le decurtazioni in questione.
Sul punto il Collegio rileva, in primo luogo, che non tutte le Università sono destinatarie di una quota perequativa “attiva”, essendo la stessa come detto testualmente finalizzata al finanziamento degli atenei che versino in situazione di sottofinanziamento (superiore al 5 per cento rispetto al modello per la ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario) e parte ricorrente non allega, né prova, di versare [#OMISSIS#] condizione prescritta dalla [#OMISSIS#] affinché si possa beneficiare della quota in questione.
Deve essere, inoltre, considerato che il fondo, pur articolato nelle diverse componenti sopra descritte, è unico, così che non possono essere condivise le doglianze circa il “taglio” della componente base e premiale che, sebbene disciplinate da diverse fonti normative, confluiscono pur sempre [#OMISSIS#] quota globale che lo Stato assegna ad ogni ateneo; di conseguenza nessuna violazione delle norme riguardanti le altre quote del Fondo è ravvisabile nel [#OMISSIS#] di specie, considerato anche che quella lamentata dalla ricorrente non è una effettiva decurtazione di risorse (risultando, come detto, il FFO ad essa attribuito destinatario del [#OMISSIS#] incremento nazionale rispetto all’anno precedente) bensì un mancato riconoscimento, per finalità perequative, di dotazioni finanziarie ulteriori rispetto a quelle comunque assegnate.
Le doglianze devono, pertanto, nel loro complesso essere rigettate.
11. Del pari infondato è il quarto ed [#OMISSIS#] motivo di ricorso.
La non uniformità dell’intervento rispetto ai diversi atenei è la conseguenza della logica perequativa che anima la terza parte del FFO, così che nessuna discriminazione è in relazione allo stesso ravvisabile, essendo lo stesso diretto a regolamentare situazioni tra loro eterogenee; gli innegabili meriti dell’Università ricorrente sono stati, peraltro, ampiamente riconosciuti dal provvedimento impugnato che, come sopra detto, le ha attribuito il FFO con il [#OMISSIS#] tasso di crescita nazionale.
Quanto alla censura di illogicità e contraddittorietà, con cui si lamenta che la quota di salvaguardia dovrebbe – contrariamente a quanto previsto nell’Allegato 2 del decreto impugnato – essere calcolata sull’intero fondo perequativo, quale risultato della somma delle Finalità A («Sostegno degli squilibri finanziari delle università sede di facoltà di Medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta»), B («Quota di salvaguardia rispetto a FFO 2019») e C («Quota accelerazione») e non solo sulla quota relativa alla Finalità B, la stessa risulta non solo inammissibile, in quanto genericamente formulata, ma altresì priva di fondamento, essendo come sopra detto attribuita alla sede regolamentare ampia discrezionalità [#OMISSIS#] contestata ripartizione.
Parimenti generica è la dedotta violazione del legittimo affidamento, non avendo peraltro parte ricorrente allegato né provato la pregressa emanazione di provvedimenti attributivi di uno specifico vantaggio che, tramite gli atti oggetto di giudizio, siano stati modificati in senso per essa sfavorevole.
12. L’accertata infondatezza dei motivi veicolati con il mezzo di tutela all’esame ne impone, conclusivamente, la reiezione.
13. Sussistono peraltro, in ragione della novità e particolarità delle questioni trattate, giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nelle camere di consiglio del giorno 9 giugno 2021 e 23 giugno 2021, tenutesi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 4 D.L. n. 28/2020, dall’art. 25 D.L. n. 137/2020 e dall’art. 6 del D.L. n. 44/2021, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore Chiara [#OMISSIS#], Referendario
L‘ESTENSORE [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO