N. 11019/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01314/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1314 del 2021, proposto da
[#OMISSIS#] Bedogni, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Scagliotti, Giovanni [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Muttoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] 44;
contro
Ministero dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
[#OMISSIS#] Rabbiosi non costituito in giudizio;
per l’annullamento del diniego di abilitazione all’esercizio delle funzioni di Professore di II fascia nel settore concorsuale 06/E3 – Neurochirurgia e Chirurgia Maxillo Facciale espresso nei confronti del dott. Bedogni [#OMISSIS#] dalla Commissione nominata per l’abilitazione scientifica nazionale 2018 indetta con decreto direttoriale 09.08.2018, n. 2175 – V quadrimestre, diniego pubblicato sulla pagina del sito del MUR dedicata all’abilitazione scientifica nazionale (ASN) in data 17.11.2020 ed ivi ancora pubblicato alla data della notificazione del presente ricorso (ex art. 8, co. 9, d.P.R. n. 95/2016), mai comunicato (doc. 29);
– giudizi, collegiale e individuali, riservati al dott. Bedogni [#OMISSIS#] (doc.27 );
– verbali dei lavori della Commissione giudicatrice e, segnatamente, di: verbale n. 1 del 24 luglio 2020; verbale n. 2 del 24 luglio 2020; verbale n. 3 del 30 luglio 2020; verbale n. 4 del 2 novembre 2020; verbale n. 5 del 2 novembre 2020; verbale n. 6 del 2 novembre 2020; verbale n. 7 del 2 novembre 2020; verbale n. 8 del 2 novembre 2020; verbale n. 9 del 9 novembre 2020; verbale n. 10 del 9 novembre 2020; verbale n. 11 del 9 novembre 2020; verbale n. 12 del 9 novembre 2020; verbale n. 13 del 9 novembre 2020; nonché del verbale n. 1 del 22 novembre 2018 (docc. 12-25);
comunque di:
ogni altro atto o provvedimento presupposto, connesso, conseguente o collegato, anche non conosciuto, con riserva di motivi aggiunti di ricorso e risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2021 il dott. Emiliano [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il proposto gravame il ricorrente impugnava il giudizio negativo reso dalla Commissione all’esito delle procedure di valutazione per il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale all’esercizio delle funzioni di professore di seconda fascia nel settore concorsuale 06/E3- Neurochirurgia e chirurgia maxillo-facciale.
Il ricorrente affidava il ricorso ai seguenti motivi:
1) Illegittimità in ordine alla valutazione dei titoli.
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16, co. 3, lett.a), l. n. 240/2010; art. 8, co. 1, d.P.R. n. 95/2016; art. 5 D.M. n. 120/2016; art. 3 L. n. 241/1990.
Violazione dei princìpi di trasparenza, imparzialità e buon andamento (artt. 3, 97 Cost. e art. 1 L. n. 241/1990). Eccesso di potere per sviamento, discriminazione e ingiustizia manifesta.
2) Illegittimità in ordine alla valutazione degli indicatori.
3) Illegittimità del diniego di abilitazione impugnato per violazione di norme procedimentali in relazione alla valutazione delle pubblicazioni. Violazione e/o falsa applicazione de: l’art. 16, co 3, lett. a), l. n. 240/2010; l’art. 8, co. 1, d.P.R. n. 95/2016. Violazione dei princìpi di trasparenza, imparzialità e buon andamento (artt. 3, 97 e artt. 1, 3 L. n. 241/1990). Eccesso di potere per sviamento, discriminazione e ingiustizia manifesta.
4) Illegittimità in ordine alla valutazione delle pubblicazioni. Illegittimità del diniego di abilitazione impugnato per assoluta inattendibilità del giudizio gravato, carenza, insufficienza, perplessità della motivazione e dell’istruttoria in ordine alla valutazione delle pubblicazioni. Violazione e/o falsa applicazione di: art. 16, co. 3, lett. a), L. n. 240/2010; art. 8, co. 6, d.P.R. n. 95/2016; artt. 3,4 e 5 D.M. n. 120/2016; art. 5 d.d. n. 2175/2018.
Violazione della disciplina normativa di cui agli artt. 1, 3 L. n. 241/1990. Violazione dei princìpi di trasparenza, imparzialità e buon andamento (artt. 3, 97 Cost. e art. 1 L. n. 241/1990). Eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione insufficiente, contraddittoria o perplessa. Sviamento. Ingiustizia manifesta.
5) Illegittimità per carenza di istruttoria, discriminazione ed eccesso di potere nei tempi e modalità di valutazione.
L’Amministrazione intimata si costituiva in giudizio richiamando le controdeduzioni della Commissione e concludendo per il rigetto del ricorso.
All’esito dell’udienza pubblica tenutasi in data 19/10/2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
Brevemente il Collegio osserva che l’art. 3 del D.M. n.120/2016 prevede che, nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, la Commissione formuli un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati, ponendo a riferimento esclusivamente le informazioni contenute nella domanda redatta secondo il modulo allegato al bando. L’art. 3, comma 2, lett. b) del D.M. n. 120/2016 specifica che «la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni presentate è volta ad accertare, per le funzioni di professore di seconda fascia, la maturità scientifica del candidato, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca». Secondo il disposto dell’art. 4 del D.M. n. 120/2016 la Commissione valuta le pubblicazioni scientifiche presentate dai candidati ai sensi dell’articolo 7, secondo i seguenti criteri:
• a) la coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti;
• b) l’apporto individuale nei lavori in collaborazione;
• c) la qualità della produzione scientifica, valutata all’interno del panorama nazionale e internazionale della ricerca, sulla base dell’originalità, del rigore metodologico e del carattere innovativo;
• d) la collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare;
• e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la continuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale;
• f) la rilevanza delle pubblicazioni all’interno del settore concorsuale, tenuto conto delle specifiche caratteristiche dello stesso e dei settori scientifico-disciplinari ricompresi.
• La Commissione deve valutare le pubblicazioni scientifiche presentate secondo tutti i criteri di cui all’art. 4 del D.M. n. 120 2016.
L’Allegato B al citato D.M. n. 120/2016 chiarisce inoltre che per pubblicazione di qualità elevata deve intendersi la pubblicazione che, per livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento a livello anche internazionale. Infine l’art. 6 del D.M. n. 120/2016 dispone che «la Commissione conferisce l’abilitazione esclusivamente ai candidati che soddisfino entrambe le seguenti condizioni: a) ottengono una valutazione positiva del titolo di cui al numero 1 dell’Allegato A (impatto della produzione scientifica) e sono in possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione, secondo quanto previsto al comma 2 dell’art. 5; b) presentano, ai sensi dell’art. 7, pubblicazioni valutate in base ai criteri di cui all’art. 4 e giudicate complessivamente di qualità elevata secondo la definizione di cui all’Allegato B».
In punto di fatto si rileva che la Commissione riconosceva al ricorrente il possesso di almeno tre titoli secondo quanto previsto dall’art. 5, primo comma, lett. b) del D.M. n. 120/2016.
Il ricorrente, inoltre, raggiungeva e superava tre valori soglia su tre relativi agli indicatori, ottenendo una valutazione positiva dell’impatto della produzione scientifica.
La Commissione, infine, formulava l’impugnato giudizio negativo sul presupposto della valutazione negativa delle pubblicazioni presentate dal ricorrente ai sensi dell’art. 7 del D.M. n. 120/2016.
La Commissione esprimeva tale giudizio negativo all’unanimità.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente censura la valutazione della Commissione in ordine al mancato riconoscimento del titolo g) “Formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca (fellowship) presso qualificati atenei e istituti di ricerca esteri o sovranazionali”.
La Commissione motivava il mancato riconoscimento del titolo in esame nei seguenti termini: «per quanto infine concerne il titolo G gli insegnamenti presentati sono tutti eseguiti in istituzioni italiane. L’unica fellowship estera dichiarata è quella avvenuta a Melbourne in cui però non risulta identificabile il ruolo attivo di ricerca o di insegnamento del candidato e quindi sembra da intendersi come un aggiornamento professionale postgraduate».
Sostiene il ricorrente che tale motivazione sarebbe erronea, in contrasto con i singoli giudizi individuali e incoerente.
La censura non è suscettibile di favorevole esame.
Il mancato riconoscimento del titolo g), nell’economia generale del giudizio, risulta, infatti, del tutto ininfluente. Tale mancato riconoscimento non presenta, dunque, alcun carattere lesivo nei confronti del ricorrente.
La Commissione, infatti, valutava positivamente il ricorrente con riferimento ai titoli presentati, riconoscendo allo stesso “almeno tre titoli” secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 1, lett. b del D.M. n. 120/2016.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente censura l’operato della Commissione con riguardo alla valutazione degli indicatori della produzione scientifica presentata dal ricorrente.
Il ricorrente lamenta, infatti, la mancanza di ogni riferimento, nel giudizio collegiale, al superamento di tutti i valori soglia previsti. La Commissione, infatti, si sarebbe limitata ad accennare “il raggiungimento di almeno due valori soglia su tre” sminuendo, in tal modo, la valutazione positiva ottenuta dal ricorrente relativamente all’impatto della produzione scientifica.
La ricostruzione di parte ricorrente non può essere condivisa.
Il Collegio, in proposito, osserva che i singoli giudizi individuali riferiscono il raggiungimento e superamento dei tre valori soglia ai fini degli indicatori, riportando i valori conseguiti dal ricorrente (20 articoli, 741 citazioni e H-Index di 13).
Tale circostanza esclude che la diversa formulazione presente nel giudizio collegiale (in cui si fa riferimento al superamento di “almeno due valori soglia su tre”) costituisca un atteggiamento “discriminatorio” da parte della Commissione nei confronti del ricorrente.
È altresì opportuno evidenziare che non si rileva alcuna lesività nella valutazione degli indicatori operata dalla Commissione dal momento che il presupposto del giudizio negativo è costituito dalla valutazione negativa delle pubblicazioni presentate ai sensi dell’art. 7 del D.M. n. 120/2016.
Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta l’illegittimità dell’operato della Commissione che avrebbe introdotto ulteriori criteri di valutazione delle pubblicazioni rispetto a quelli stabiliti dall’art. 4 del D.M. n. 120/2016 e ripresi dai verbali di riunione della Commissione.
La censura è fondata nei limiti di seguito precisati.
Dall’analisi del verbale n. 9 del 09/11/2020 si evince che la Commissione abbia specificato ulteriori “criteri metodologici” (continuità temporale della produzione scientifica; ruolo del candidato nella produzione di ciascuna pubblicazione; attinenza della pubblicazione con il settore scientifico-disciplinare; originalità e innovazione apportata dalla disciplina tramite ciascuna pubblicazione; pluralità dei temi trattati globalmente nelle pubblicazioni sottoposte a valutazione) rispetto al contenuto del primo verbale di insediamento, datato 22/11/2018, ove era presente un unico richiamo ai criteri di cui all’art. 4 del D.M. n. 120/2016 e alla nozione di qualità “elevata” presente nell’Allegato B al citato Decreto ministeriale n. 120/2016.
L’operato della Commissione non è conforme all’art. 4 del D.M. n. 120/2016 e all’art. 8, primo comma del d.P.R. 95/2016 che prevede la definizione, in sede di prima riunione, delle “modalità organizzative e di valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli…».
Si evidenzia, peraltro, che i criteri specificati nel verbale n. 9 del 09/11/2020 presentano elementi di novità rispetto ai criteri di cui all’art. 4 del D.M. n. 120/2016.
Ciò è evidente ove si consideri che il verbale menziona sia “l’attinenza delle pubblicazioni con il settore scientifico-disciplinare” sia la “pluralità dei temi trattati globalmente nelle pubblicazioni sottoposte a valutazione” mentre l’art. 4 lett. a) del D.M. n. 120/2016 menziona unicamente la “coerenza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti”.
Risulta chiaro, dunque, che non sia possibile identificare il giudizio sulla “pluralità dei temi trattati” con il giudizio sulla coerenza delle pubblicazioni con il settore concorsuale.
La Commissione, in questo caso, introduceva un ulteriore criterio di valutazione delle pubblicazioni distinto da quello della coerenza di cui alla lettera a) dell’art. 4 del D.M. n. 120/2016, violando l’art. 8 del d.P.R. 95/2016.
L’errore in cui è incorsa la Commissione è stato reiterato nelle stesse controdeduzioni ove si afferma che “quanto contenuto nel verbale n.9 non fa altro che richiamare quanto è contenuto nell’art. 4 del D.M. n. 120/2016”. L’art. 4 del D.M. n. 120/2016, tuttavia, non fa alcun riferimento alla pluralità dei temi trattati e né la pluralità dei temi trattati può essere identificata con la coerenza delle pubblicazioni.
Il Collegio, infine, ritiene opportuno richiamare una significativa pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. VI n. 3728/2020), in tema di integrazione e specificazione dei criteri di cui all’art. 4 del D.M. n. 120/2016, nella quale si afferma che: «l’appello non può esser condiviso, anzitutto perché vi si predica un potere tecnico-discrezionale, in realtà non previsto dalla legge o dal D.M. n. 120/2016 in capo alla Commissione e innominato, in virtù del quale essa può a proprio gusto eterointegrare, o meno, i criteri prestabiliti dalla norma, a seconda dei casi, quando invece già la fonte regolamentare guida la Commissione in un modo ragionevolmente oggettivato nella valutazione della maturità del curriculum scientifico di ciascun candidato; per vero se i criteri son predefiniti, nella migliore delle ipotesi, l’integrazione (e lo stesso dicasi della loro specificazione) se non oziosa, tende ad essere un esercizio di stile, contrario ai princìpi di speditezza, concentrazione ed efficacia dell’azione amministrativa, in generale ed alla necessità di oggettivazione dei giudizi sui candidati, nello specifico».
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia l’illegittimità, sotto vari profili, dell’operato della Commissione con riferimento alla valutazione delle pubblicazioni scientifiche presentate ai sensi dell’art. 7 del D.M. n. 120/2016.
Sostiene il ricorrente che la motivazione del giudizio della Commissione sarebbe carente, insufficiente e contraddittoria.
La censura deve essere accolta.
Emerge, in primo luogo, l’erroneità del giudizio collegiale in relazione alla valutazione della coerenza delle pubblicazioni presentate. La Commissione, a tal proposito, si esprimeva nei seguenti termini: “le pubblicazioni risultano complessivamente non coerenti con le tematiche del settore concorsuale atteso che le pubblicazioni presentate trattano prevalentemente di osteonecrosi da farmaci, mentre quelle caratterizzanti il SC sono inerenti a tecniche chirurgiche sui lembi microvalscolari e fratture di mandibola e non possono essere valutate di elevata qualità atteso la mancanza di carattere innovativo e l’assenza di originalità delle stesse”.
La Commissione, tuttavia, confonde il giudizio sulla coerenza delle pubblicazioni con il settore concorsuale con la valutazione della “pluralità dei temi trattati” secondo il criterio, peraltro illegittimo, di cui al verbale n.9. Secondo la Commissione, infatti, la principale criticità delle pubblicazioni presentate dal ricorrente sarebbe la rilevata “mono-tematicità” delle stesse. La maggior parte delle pubblicazioni, infatti, tratterebbe di una singola patologia (osteonecrosi da bifosfonati- BRONJ).
La Commissione, invece, non offre alcuna spiegazione sul perché le pubblicazioni relative alla menzionata patologia non sarebbero coerenti con il settore concorsuale. Pare, al contrario, che la Commissione non escluda affatto tale eventualità appuntandosi piuttosto sulla asserita “mono-tematicità” delle ricerche del ricorrente, secondo un criterio (la pluralità delle tematiche trattate) non contemplato dall’art. 4 del D.M. n. 120/2016 e non specificato nel verbale di insediamento della Commissione ma solo nel verbale n. 9, relativo al V quadrimestre.
La motivazione del giudizio della Commissione è insufficiente anche in relazione alla valutazione dell’apporto individuale del candidato nei lavori in collaborazione. A tal proposito, secondo la Commissione “nei lavori eseguiti in collaborazione non si evince il ruolo dell’apporto individuale del candidato” e “l’apporto individuale risulta marginale e di modesta qualità”. La Commissione non offre alcuna argomentazione in proposito mentre da una piana lettura dell’elenco titoli, il ricorrente compare, in diverse pubblicazioni, come primo/ultimo autore.
E’ altresì erronea la valutazione della Commissione in relazione alla “continuità temporale” delle pubblicazioni presentate (criterio di cui alla lett. e) del D.M. n. 120/2016. Come emerge chiaramente dall’analisi dell’elenco titoli, in un arco temporale che va dal 2010 al 2020, il ricorrente non presenta pubblicazioni unicamente nell’anno 2013 e nell’anno 2018. È opportuno ricordare che per “continuità temporale” non deve intendersi “annualità” delle pubblicazioni ma, al contrario, un’attività di pubblicazione che non sia sporadica, occasionale o troppo diluita nel tempo. Nel caso in esame la valutazione della Commissione risulta certamente sproporzionata e non motivata.
Il giudizio collegiale peraltro, sotto questo profilo, appare in contrasto con i singoli giudizi individuali. A titolo di esempio, per quanto riguarda la continuità temporale, secondo il prof. Cappabianca “il carattere delle continuità temporale è rispettato”, i proff. Nocini e Giannì riferiscono “…adeguata continuità temporale…”, secondo il prof. Olivi “la continuità temporale è rispettata”. Non si evince, dunque, su quali basi e con quali argomentazioni il giudizio collegiale possa giungere a valutare come “discontinua” la produzione scientifica del candidato.
In conclusione le censure proposte con i motivi 3 e 4 del ricorso in esame devono essere accolte e, conseguentemente, deve essere annullato il giudizio formulato dalla Commissione nei confronti del ricorrente.
Ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e), cod. proc. amm., il Collegio dispone che l’amministrazione, in esecuzione della presente sentenza, proceda ad un nuovo esame del candidato, avvalendosi di una commissione in diversa composizione, entro il termine di giorni 90 (novanta) dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente pronuncia.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Dispone che l’Amministrazione, ex art. 34 c.p.a., dovrà procedere ad un nuovo esame del candidato, avvalendosi di una Commissione in differente composizione, entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio che sono liquidate in euro 2.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Sapone, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Emiliano [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Emiliano [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] Sapone
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 27/10/2021