N. 13215/2021 REG.PROV.COLL.
N. 12848/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12848 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] Gramsci, 9;
contro
Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Della [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#], 9;
per l’annullamento
-del decreto n. 3484/2013 del 16/10/2013 con il quale sono stati approvati gli atti relativi al censimento dei docenti Sapienza in possesso dell’idoneità di professore di i fascia per il raggruppamento delle aree CUN 01, 02, 03, 04, 09 e sono stati dichiarati i relativi vincitori.
-di ogni ulteriore atto presupposto, conseguente, connesso, ed in particolare il verbale della Commissione di verifica del 25 settembre 2013 pervenuto al Rettore il 27 settembre 2013 n. 0055373, contenente gli esiti della verifica del censimento.
Nonché per il riconoscimento
del diritto della prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ad essere valutata ed inserita [#OMISSIS#] graduatoria di merito in considerazione dei requisiti di qualità scientifica posseduti e documentati.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 29 ottobre 2021, tenutasi ai sensi degli artt. 4 co. 1 del D.L. 28/2020 (conv. con L. 70/2020), 25 del D.L. 137/2020 e dell’art. 6 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, la dott.ssa [#OMISSIS#] Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con delibere n. 441 dell’11 dicembre 2012 e n. 275 del 18 dicembre 2012, il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione della Università degli Studi “La Sapienza”, attivavano la procedura di “Censimento dei professori associati della Sapienza in possesso di idoneità a professore di I fascia” per le Aree CUN,01.02.03.04 e 09, prevedendo di assegnare, in totale, 5 posizioni.
Con delibera n. 194 del 26 marzo 2013 del Senato Accademico, poi, si specificava che, per l’ammissione al censimento, i candidati avrebbero dovuto possedere, oltre alla idoneità a professore di I fascia, conseguita non oltre i 5 anni precedenti, anche i requisiti di qualità scientifica non inferiori a quelli richiesti dalla ANVUR per l’abilitazione nazionale dei professori di I fascia.
Con nota del Rettore della Sapienza, Università di Roma, n. 0020902 dell’8 aprile 2013, ancora, si specificava che dovevano sussistere tutti e tre i parametri individuati dall’ANVUR per l’abilitazione a professore di I fascia.
Ciò detto, la ricorrente partecipava alla procedura in oggetto, avendo conseguito l’idoneità a professore di I fascia a far data dal 5 novembre 2010; tuttavia, con decreto rettorale n. 3484/2013 del 16 ottobre 2013, venivano dichiarati vincitori i professori: [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]. La ricorrente, quindi, non solo non risultava assegnataria di una delle 5 posizioni disponibili per le aree CUN di competenza, ma, neppure veniva inserita [#OMISSIS#] graduatoria di merito.
La ricorrente inoltrava, pertanto, al Rettore della Sapienza Università di Roma, la raccomandata A/R del 31 ottobre 2013 con la quale lamentava l’avvenuta esclusione dalla graduatoria di merito e chiedeva di esservi ammessa, in considerazione del possesso di tutti i requisiti richiesti, come risultava dai dati dalla stessa certificati con la domanda di partecipazione al censimento. Con successiva raccomandata del 6 novembre 2013 la ricorrente presentava istanza di annullamento, in autotutela del decreto n. 3483/2013 nonché istanza di accesso [#OMISSIS#] atti della procedura.
Non ottenendo riscontro, la ricorrente impugnava innanzi a questo Tribunale gli atti in epigrafe indicati deducendone l’illegittimità per violazione di legge, eccesso di potere e difetto assoluto di motivazione.
Si costituiva in giudizio il controinteressato prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] eccependo la tardività del ricorso con riferimento alla graduatoria stilata dalla Commissione di verifica in data 25 settembre 2013, la sua parziale inammissibilità per difetto di interesse (con precipuo riferimento al secondo motivo di ricorso proposto) ed, in ogni [#OMISSIS#], la sua infondatezza.
Con successiva memoria del 17 gennaio 2013 il controinteressato chiedeva che venisse ordinata l’integrazione del contraddittorio ex art. 49 del c.p.a. nei confronti di tutti i soggetti utilmente inseriti [#OMISSIS#] graduatoria di merito. Integrato il contraddittorio, si costituivano in giudizio i controinteressati proff.ri [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]. Si costituiva, altresì, l’Università depositando la nota della Commissione di Verifica del 4 dicembre 2013, adottata a seguito di istanza della prof.ssa [#OMISSIS#] e comunicata alla ricorrente in data 10 dicembre 2013, ove la Commissione chiariva che, per soddisfare i requisiti del censimento, le mediane dovevano essere superate e non semplicemente raggiunte e ribadiva che la ricorrente, in base alle verifiche effettuate, non possedeva i tre requisiti ANVUR richiesti per la ammissione in graduatoria e, quindi, ne era stata legittimamente esclusa.
La citata nota della “Sapienza” del 10 dicembre 2013 n. 0072993, quanto la nota della Commissione del 4 dicembre 2013 venivano impugnate con ricorso per motivi aggiunti ove la ricorrente, replicando alla eccezione di tardività del ricorso sollevata dai controinteressati, rilevava come il verbale della Commissione di Verifica del 25 settembre 2013, prot. n. 0055373, con cui era stata stilata la graduatoria dei 6 candidati ammessi, sui 10 che avevano presentato domanda, era stato tempestivamente impugnato con ricorso notificato in data 13 dicembre 2013, avendone avuto conoscenza solo a seguito della lettura del Decreto Rettoriale del 16 ottobre 2013 n. 3484/2013. Si trattava, comunque, di un atto di natura endoprocedimentale e privo di immediata lesività
Ribadiva, infine, la fondatezza dei motivi di ricorso già proposti con il ricorso principale ed evidenziava come il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1375/2017 depositata il 27 marzo 2017, aveva annullato l’identico Decreto Rettoriale n. 3483 del 16 ottobre 2013 (relativo all’area CUN 05,
06 e 07). Concludeva, quindi, per la condanna della Università al risarcimento dei danni subiti per effetto della sua illegittima attività.
In data 24 settembre 2021 l’Università depositava la relazione dell’Ufficio Affari Legali della “Sapienza” datata 23 settembre 2021 ove evidenziava che il ricorso sarebbe divenuto improcedibile “atteso che la stessa, come dimostrano gli allegati – ai nn. 2 e 3 – D.R. n. 4249/2015 e D.R. n. 270/2016 – è stata inquadrata nei ruoli della docenza di prima fascia (cui si riferiva la procedura di censimento oggetto del presente contenzioso) sin dal 30 dicembre 2015”.
Con memoria di replica successivamente depositata, la ricorrente deduceva che, [#OMISSIS#] restando la suddetta circostanza, ovvero l’avvenuto inquadramento nei ruoli della docenza di prima fascia sin dal 30 dicembre 2015, il ricorso non era divenuto per ciò solo improcedibile atteso che permaneva il suo attuale interesse a vede accertare il proprio diritto ad essere inquadrata nei ruoli della docenza di prima fascia sin dal 1^ novembre 2013. Per l’effetto, la ricorrente deduceva come il ritardato riconoscimento del dovuto inquadramento, avvenuto solo in data 30 dicembre 2015, le aveva determinato un danno che doveva essere risarcito e la cui liquidazione andava determinata in via equitativa in applicazione dell’art. 1226 c.c., tenendosi conto delle retribuzioni che non erogate nei 25 mesi di ritardo, ivi comprese le quote di trattamento di fine rapporto, delle consequenziali contribuzioni previdenziali che l’Amministrazione sarebbe stata tenuta a versare all’Ente di previdenza e della rivalutazione monetaria sulla base degli indici ISTAT ed degli interessi [#OMISSIS#] misura legale dalle singole scadenze e fino al soddisfo, ed, infine, le delle spese legali e degli altri oneri sostenuti per agire in giudizio a tutela dei propri diritti.
Pervenuta alla pubblica udienza di smaltimento del 26 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve, in primo luogo, respingersi l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dai controinteressati con riferimento alla impugnativa del verbale della Commissione di Verifica del 25 settembre 2013, prot. n. 0055373, con cui era stata stilata la graduatoria dei 6 candidati ammessi, sui 10 che avevano presentato domanda, in quanto tale verbale risulta conosciuto dalla ricorrente solo a seguito della lettura del Decreto Rettoriale del 16 ottobre 2013 n. 3484/2013 e, quindi, tempestivamente impugnato con ricorso notificato in data 13 dicembre 2013. Si trattava, comunque, di un atto di natura meramente endoprocedimentale e privo di immediata lesività
Nel merito, il ricorso va accolto per le considerazioni che seguono.
Come si è sopra riferito, la ricorrente è stata ritenuta non in possesso dei requisiti prescritti dall’avviso di censimento in esame in quanto gli indicatori di qualità della sua produzione scientifica non superavano, ciascuno, la corrispondente mediana prevista dall’ANVUR. Secondo il giudizio espresso dalla Commissione di verifica, infatti, la ricorrente non poteva ritenersi in possesso di tutti i tre i parametri, richiesti dal bando e dalla delibera del Senato Accademico n. 194/2013 e ciò in quanto il terzo indicatore (h-index contemporaneo) era UGUALE e non SUPERIORE alla mediana ANVUR.
La ricorrente ha censurato, quindi, l’operato della Commissione innanzitutto per difetto di motivazione atteso che non sarebbero stati né indicati, né esplicitati i criteri utilizzati per la formazione della graduatoria; ha, poi, rilevato come i vincitori avevano preso servizio prima della assegnazione delle risorse ai Dipartimenti di riferimento; ed ha, infine, rilevato di essere in possesso di tutti i requisiti prescritti dal Bando per essere anch’essa inserita in graduatoria e dichiarata vincitrice. Sul punto, e venendo al fulcro della questione, la ricorrente ha ribadito di essere in possesso della idoneità di professore a prima fascia a far data dal 5 novembre 2010 e di aver indicato i tre parametri conseguiti e posseduti relativi [#OMISSIS#] indicatori bibliometrici, nonché le mediane relative all’area di riferimento di propria competenza, come prescritto dalla circolare 8 aprile 2013 n. 0020902. Ha ribadito, quindi, come tutti e tre i parametri posseduti fossero non inferiori rispetto al valore delle mediane ANVUR prescritti dalla delibera del Senato Accademico n. 194/2013, ma superiori o uguali al valore suddetto. Ed invero, [#OMISSIS#] delibera indicata si stabiliva che potevano partecipare alla procedura i docenti dell’Università Sapienza che, oltre all’idoneità scientifica, fossero in possesso di requisiti di qualità scientifica “non inferiori” a quelli individuati dall’ANVUR per l’abilitazione nazionale dei professori di I fascia, e quindi in possesso di «tutti e tre i parametri ANVUR alla data del 18 dicembre 2012»; con la conseguenza che i suddetti requisiti di qualità scientifica dovevano essere almeno pari a quelli individuati dall’ANVUR.
In ordine a tale specifico motivo di censura, che assume carattere assorbente, il Collegio ritiene che il gravame meriti accoglimento.
Ed infatti, con delibera del Senato Accademico n. 194/2013 si stabiliva che, per l’ammissione al censimento, i candidati dovevano essere in possesso non solo della idoneità a professore di I fascia, ma anche dei requisiti di qualità scientifica “non inferiori” a quelli ANVUR per l’abilitazione nazionale di professori di I fascia. Con nota del Rettore n dell’8 aprile 2013, prot. n. 20902, si stabiliva, poi, che i parametri dovevano sussistere tutti e tre i parametri individuati dall’ANVUR per l’abilitazione a professore di I fascia.
Orbene, [#OMISSIS#] nota della Commissione di Verifica del 4 dicembre 2013, adottata a seguito di istanza della prof.ssa [#OMISSIS#] e comunicata alla ricorrente in data 10 dicembre 2013, con nota prot. n.
0072993, si afferma, sul punto, che per soddisfare i requisiti sopra indicati, le mediane dovevano essere superate e non semplicemente raggiunte: “limitarsi a raggiungere il valore delle mediane
[#OMISSIS#] ad un “semaforo rosso” nelle procedure ANVUR, e solo il loro superamento [#OMISSIS#] ad un “semaforo verde”…. La prof.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] sua istanza del 31/10/2013 dichiara che il terzo parametro ANVUR (h-index contemporaneo) “era uguale alla mediana [ANVUR] secondo ISI e SCOPUS”. La Prof.ssa [#OMISSIS#] quindi di fatto ammette di avere un semaforo rosso: questo ne comporta l’esclusione dalla graduatoria finale…”
Tale interpretazione, tuttavia, non appare corretta né condivisibile in quanto il bando non richiedeva il superamento delle mediane o degli indici ANVUR, ma il possesso da parte dei candidati dei tre requisiti rappresentativi della qualità scientifica “non inferiori” a quelli ANVUR. Neppure specificava il bando che le mediane avrebbero potuto ritenersi legittimamente possedute solo ove i valori delle medesime fossero stati tutti superati dal singolo candidato.
Del resto, in una fattispecie del tutto analoga a quella in esame, la giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di precisare che, nel prevedere espressamente il ‘possesso’ (e, quindi, il raggiungimento) di requisiti di qualità scientifica (ovvero Indicatori) “non inferiori” a quelli individuati dall’ANVUR per l’abilitazione nazionale (mediane) il bando stabiliva requisiti a questi almeno pari o superiori, ma non necessariamente superiori (in termini Cons Stato, sent n. 1375/17).
Più nel dettaglio, e venendo all’esame del [#OMISSIS#] che ci occupa, i tre requisiti di qualità scientifica individuati dall’ANVUR erano, nel [#OMISSIS#] di specie (area CUN 09/E1), i seguenti:
1) articoli su rivista: 18;
2) citazioni normalizzate: 13,95;
3) indice di Hirsch contemporaneo: 6.
La ricorrente ha dimostrato di possedere i seguenti requisiti:
1) articoli su rivista: 23;
2) citazioni normalizzate: 17,63;
3) indice di Hirsch contemporaneo: 6.
Dunque, tutti e tre gli indici posseduti dalla prof.ssa [#OMISSIS#] si trovavano perfettamente in linea con quanto prescritto dal Bando Rettoriale dell’8 aprile 2013, prot. n. 0020902, posto che essi non risultavano inferiori [#OMISSIS#] indici ANVUR.
Per tali ragioni, ed assorbito ogni ulteriore profilo di censura, l’operato della Commissione risulta illegittimo nonché illogico ed in aperto contrasto a quanto disposto dal Senato Accademico e dall’Avviso; da ciò l’assoluta illegittimità della valutazione resa nei confronti della ricorrente.
Tutto ciò premesso, e [#OMISSIS#] restando la fondatezza del gravame nei termini sopra descritti, il Collegio deve, però, prendere di quanto emerso dagli atti di causa nel corso del giudizio e rilevare come il ricorso debba essere dichiarato in parte improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
Ed invero, è circostanza comprovata e non contestata, che la ricorrente sia stata inquadrata nei ruoli della docenza di prima fascia, cui si riferisce la procedura di censimento oggetto del presente contenzioso, sin dal 30 dicembre 2015 (v. relazione dell’Ufficio Affari Legali della “Sapienza” datata 23 settembre 2021) il che giustifica, ad avviso del Collegio, la parziale declaratoria di sopravvenuta carenza di interesse con riferimento alla domanda proposta per ottenere il suddetto inquadramento.
Preso atto di quanto rilevato, e cioè che la ricorrente è stata inserita nei ruolo della docenza di prima fascia soltanto dal 30 dicembre 2015, non può, tuttavia, dirsi venuto meno il suo interesse alla decisione del ricorso con riferimento alla distinta domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto della illegittimità degli provvedimenti impugnati, domanda che, infatti, risulta autonomamente proposta sin dalla notifica dei motivi aggiunti nei confronti della Amministrazione resistente.
Ed invero, la ricorrente ha precisato come il ritardato riconoscimento del dovuto inquadramento, avvenuto solo in data 30 dicembre 2015, le avrebbe determinato un danno meritevole di risarcimento e liquidabile in via equitativa in applicazione dell’art. 1226 c.c., tenendosi conto delle retribuzioni che non erogate nei 25 mesi di ritardo ivi comprese le quote di trattamento di fine rapporto, delle consequenziali contribuzioni previdenziali che l’Amministrazione sarebbe stata tenuta a versare all’Ente di previdenza e della rivalutazione monetaria sulla base degli indici ISTAT e degli interessi [#OMISSIS#] misura legale dalle singole scadenze e fino al soddisfo, ed, infine, delle spese legali e degli altri oneri sostenuti per agire in giudizio a tutela dei propri diritti.
La domanda risarcitoria, quindi, va accolta atteso che, una volta acclarato per le ragioni sopra esposte, il diritto della prof.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ad essere valutata e dichiarata idonea ed inserita [#OMISSIS#] graduatoria di merito del censimento indetto dalla Sapienza con il bando 8 aprile 2013, alla stessa deve riconoscersi il diritto al risarcimento dei danni derivanti dal ritardato inquadramento nei ruoli della Università, avvenuto solo a partire dal 30 dicembre 2015.
Ciò premesso in ordine alla sussistenza della responsabilità dell’Amministrazione, sulla determinazione del danno deve condividersi il principio espresso in giurisprudenza secondo cui, in sede di quantificazione per equivalente del danno in ipotesi di omessa o ritardata assunzione, questo non si identifica [#OMISSIS#] mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione, elementi che comporterebbero una [#OMISSIS#] e propria restitutio in integrum e che possono rilevare soltanto sotto il profilo, estraneo al presente giudizio, della responsabilità contrattuale, occorrendo invece, [#OMISSIS#] per [#OMISSIS#], individuare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa [#OMISSIS#] condotta del datore di lavoro (TAR Lazio, Roma, sez. I ter, 2 luglio 2015 n. 8831; Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2015 n. 1944).
In ordine alla quantificazione del danno, quindi, il Collegio rileva come la giurisprudenza abbia costantemente affermato che nel [#OMISSIS#] di ritardata costituzione di un rapporto di impiego, non possa riconoscersi all’interessato il diritto alla corresponsione della piena retribuzione relativa al periodo di ritardo nell’assunzione; ciò in quanto detto diritto, in ragione della sua natura sinallagmatica, presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio. In altri termini, il danno non può identificarsi direttamente [#OMISSIS#] mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione al dipendente, poiché tali voci di natura economica presuppongono, in ogni [#OMISSIS#], l’avvenuto espletamento della prestazione lavorativa, trattandosi di emolumenti che, sinallagmaticamente, presuppongono l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5350; Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2017, n. 370).
Pertanto, ai fini della quantificazione del danno risarcibile l’entità della mancata percezione della retribuzione in capo al ricorrente costituirà solo uno, per quanto il principale, dei criteri di determinazione del danno che potrà essere liquidato equitativamente, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2056, commi 1 e 2, e 1226 c.c.-.
In tal senso, il Collegio ritiene di aderire al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in ipotesi di ritardata costituzione del rapporto di impiego, il danno deve essere liquidato in via equitativa e tenendo, altresì, conto del fatto che l’interessato, nel periodo in questione, non ha comunque svolto attività lavorativa in favore dell’Amministrazione che avrebbe dovuto assumerlo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2018, n. 5762); tale importo, tuttavia, deve essere sottoposto ad una percentuale di abbattimento, la quale, anch’essa, non può che essere quantificata equitativamente ai sensi dell’art. 1226, cod. civ. (Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1230).
Ciò premesso, [#OMISSIS#] fattispecie concreta, va anche considerato, ai fini della individuazione del periodo di tempo cui rapportare il danno da risarcire, che la ricorrente è stata inquadrata nei ruoli della Università soltanto a partire dal 30 dicembre 2015, con un ritardo di 25 mesi rispetto [#OMISSIS#] altri candidati aventi diritto.
In aderenza alla richiesta del ricorrente, quindi, il Collegio ritiene di dover riconoscere alla ricorrente la somma di euro 5.000,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dal ritardato inquadramento nei ruoli della Università sulla quale dovranno essere computati sia la rivalutazione monetaria che gli interessi [#OMISSIS#] misura del tasso legale, da calcolarsi sulle somme via via rivalutate anno per anno sino al soddisfo (Cons. Stato, Sez. VI, 7 [#OMISSIS#] 2010, n. 2672; id. 26.11.08 n. 5822; 29.10.08 n. 5413; 25.7.06 n. 4639); all’importo risarcitorio così determinato andrà, poi, comunque sottratto l’eventuale aliunde perceptum derivante da altra attività lavorativa eventualmente svolta dalla ricorrente nel periodo e debitamente comprovata.
Le spese di lite, infine, seguono la soccombenza e sono liquidate [#OMISSIS#] misura di seguito indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato dai motivi aggiunti, lo dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte lo accoglie nei termini di cui in motivazione.
Per l’effetto, condanna la Università degli Studi la Sapienza al risarcimento del danno nei confronti della ricorrente nei termini di cui in motivazione.
Condanna l’Università degli Studi La Sapienza alla refusione delle spese di lite in favore della ricorrente che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori e rimborso del contributo unificato se versato.
Compensa le spese tra le altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 29 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Luce, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] Luce
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 21/12/2021