Spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE
TAR Lazio, Roma, Sez. III-bis, 24 marzo 2023, n. 5145
Riconoscimento titolo di laurea straniero ai fini dell'insegnamento in Italia
Pubblicato il 24/03/2023
N. 05145/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06998/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6998 del 2019, proposto da
[#OMISSIS#] Gentilucci, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Bongarzone, [#OMISSIS#] Zinzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Talladira in Roma, via Buccari, 11;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– del provvedimento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione – Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, prot. 6294 del 12.04.2019 ricevuto a mezzo posta elettronica in data 12.04.2019;
nonché di ogni altro atto presupposto conseguente o comunque connesso
– e per la declaratoria in via cautelare mediante qualsiasi provvedimento cautelare ritenuto opportuno
– della validità dei titoli di abilitazione all’insegnamento sia per la specifica classe di concorso materia sia per classi di concorso sostegno, conseguiti all’esito di percorsi abilitanti seguiti da parte istante presso le Università rumene ed il cui percorso è stato ritenuto valido – dall’autorità competente rumena – per l’esercizio della professione di docente in [#OMISSIS#];
– del diritto del ricorrente ad ottenere il riconoscimento dei titoli di abilitazione conseguiti [#OMISSIS#] Stato membro dell’Unione Europea.
– Per la condanna in forma specifica delle Amministrazioni intimate all’adozione del relativo provvedimento di riconoscimento del titolo di studio conseguito in [#OMISSIS#] ai fini dell’esercizio, in Italia, della professione di docente ovvero alla verifica in concreto delle capacità professionali degli istanti o, in subordine mediante l’attivazione di procedure compensative.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 21 marzo 2023 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, in possesso di un diploma di laurea conseguito in Italia e di un titolo di formazione professionale relativo al ciclo di studi post-secondari presso un’Università rumena, denominato “Programului de studi psichopedagogice, Nivel I e Nivel II”, chiede l’annullamento del provvedimento indicato in epigrafe con il quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca gli ha negato il riconoscimento della qualifica professionale di docente ai sensi della Direttiva 2205/36/CE, richiamando la quanto riportato nell’Avviso pubblicato in data 2 aprile 2019.
2. Il Ministero si è costituito con atto di stile per resistere al ricorso.
3. Alla [#OMISSIS#] di consiglio del 21 marzo 2023 previo avviso ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. La causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso deve trovare accoglimento nei termini di cui di seguito alla luce di quanto statuito [#OMISSIS#] recente pronuncia dell’Adunanza plenaria del 29 dicembre 2022 n. 19.
41. Con tale pronuncia è stato difatti ritenuto che
…Come è stato già accertato in altri giudizi, le Autorità amministrative rumene non pongono in discussione il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, da parte dei cittadini italiani, laureatisi in Italia, che siano in possesso del titolo rumeno in questione.
Le Autorità amministrative rumene hanno formalmente dichiarato che i laureati in Italia – che abbiano intrapreso e completato i corsi di formazione Nivel I e Nivel II in [#OMISSIS#] – possano insegnare in [#OMISSIS#], anche se nell’attestato rilasciato all’esito del corso – c.d. Adeverinta – [#OMISSIS#] formalmente l’espressa dizione “abilitante”, sol perché in quell’ordinamento essa viene annotata solo per chi abbia espletato l’intero corso di studi – superiori e universitari – in [#OMISSIS#].
8.2. Come ha chiarito più volte la Sesta Sezione, l’avviso di data 2 aprile 2019 – che ha posto in dubbio la validità dei titoli conseguiti in [#OMISSIS#] – si è dunque basato su un equivoco, derivante da una inadeguata lettura della nota n. 40527 del 26 novembre 2018 del Ministero rumeno, ove si legge – a p. 2 – che «il Certificato di Conformità [#OMISSIS#] Studi ai sensi della Direttiva 2005/36/CE riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali ai cittadini che hanno studiato in [#OMISSIS#], per svolgere attività didattica all’[#OMISSIS#], viene rilasciato al richiedente, solo se si è laureato in [#OMISSIS#], sia in studi superiori/post-secondari di profilo pedagogico, sia in studi universitari».
Tuttavia, il Ministero rumeno con note successive ha modificato e comunque chiarito tale affermazione, precisando che – per evitare una prassi rumena contrastante con i principi del diritto europeo e con la Direttiva – già dal 2016 era mutato il quadro normativo rumeno.
8.3. Con la nota n. 30912 del 21 [#OMISSIS#] 2019, il Ministero rumeno ha rilevato che «la legislazione nazionale ha trasposto correttamente ed interamente le disposizioni della direttiva 2005/36/CE riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali con le variazioni ed inserzioni successive» e che «la legge n. 200/2004 riguardante il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche professionali per le professioni regolamentate di [#OMISSIS#], con le variazioni ed inserzioni successive, ha creato il quadro affinché ogni cittadino di uno stato membro dell’Unione Europea, possa esercitare la professione di insegnante sul territorio della [#OMISSIS#]».
Infatti, con l’ordinanza n. 5414 del 2016 del Ministero rumeno dell’educazione nazionale e della ricerca scientifica, è stata approvata la metodologia sul rilascio del certificato di conformità degli studi con le disposizioni della Direttiva 2005/36/CE riguardante il riconoscimento delle qualifiche professionali e del certificato riguardante la certificazione delle competenze per la professione di docente per i cittadini, indifferentemente dalla nazionalità.
8.4. In coerenza con tali ultimi atti, l’ordinanza del Ministero rumeno n. 5611 del 19 dicembre 2019 ha disposto che «il certificato relativo alla certificazione delle competenze per la professione di insegnante nell’istruzione pre-universitaria può essere richiesto dai cittadini di cui all’art. 1 [rumeni e dai cittadini degli stati membri dell’Unione Europea, n.d.r.], sulla base di un certificato di completamento del programma di formazione psicopedagogica, rilasciato da una scuola o da un istituto di formazione istruzione superiore accreditata, all’interno del sistema 4 educativo nazionale in [#OMISSIS#]».
L’art. 3, lett. c), di tale ordinanza ha ribadito che per richiedere il certificato bisogna produrre copia del titolo di studio “sotteso” conseguito in [#OMISSIS#] o «l’equivalenza dei diplomi, riguardante il riconoscimento del diploma di laurea triennale/laurea magistrale conseguito all’[#OMISSIS#]”.
8.5. Nell’ordinamento rumeno, il Ministero dell’educazione, a mezzo del c.d. Centro nazionale di riconoscimento ed equivalenza dei diplomi (CNRED), rilascia al docente che si abilita o si specializza in [#OMISSIS#] il c.d. “atestat de recunoastere a studiilor”, cioè l’attestato di ‘riconoscimento degli studi’, e dei titoli esteri, rilevante in quell’ordinamento.
Solo dopo il rilascio di tale certificazione di equipollenza e di validità del titolo italiano in [#OMISSIS#], i docenti sono stati ammessi ai programmi di formazione psicopedagogica dei docenti.
9. Risulta, dunque, che in [#OMISSIS#]:
– una laurea conseguita in Italia, e riconosciuta equivalente in [#OMISSIS#], sia un titolo che consente la frequenza dei percorsi di formazione degli insegnanti ed il conseguimento dei relativi titoli;
– a seguito di tale riconoscimento, del conseguimento del Nivel I e Nivel II e del rilascio del certificato Adeverinta, vi è la possibilità di insegnare.
Ciò risulta anche dagli “Adeverinta” (certificati) rilasciati dal Ministero rumeno al [#OMISSIS#] dei percorsi oggetto del presente contenzioso, nei quali si legge che «l’acquisizione di un minimo di 60 crediti dai moduli psicopedagogici [#OMISSIS#] specializzazione conseguita con il diploma di studi ed il diploma di laurea magistrale, riconosciuto con l’Attestato di riconoscimento degli studi registrato presso il Centro Nazionale per il Riconoscimento e l’Equipollenza degli Studi con n. […] e rilasciato il […], conferisce alla […], il diritto all’insegnamento nel campo [….], [#OMISSIS#] scuola preuniversitaria di [#OMISSIS#]».
9.1. In particolare, il certificato rilasciato dal Ministero rumeno all’odierna appellata attesta chiaramente che ella, in base all’attestato rilasciato dal Centro Nazionale di Riconoscimento ed Equipollenza dei Diplomi al fine dell’accesso sul mercato della forza di lavoro, al certificato/certificati di superamento dei programmi di formazione psicopedagogica livello I/II, in seguito ai risultati ottenuti all’esame nazionale di occupazione dei posti didattici/delle cattedre vacanti/riservate all’insegnamento secondario superiore, «può lavorare in [#OMISSIS#] in qualità di docente qualificato» (v. doc. depositato dall’appellata il 16 ottobre 2022).
10. Se, dunque, il titolo di cui si discute consente l’insegnamento in [#OMISSIS#], non vi è ragione per ritenerlo non riconoscibile in Italia ai sensi della Direttiva 2005/36/CE.
Rileva al riguardo l’articolo 13, comma 1, del d. lgs. n. 206 del 2007, attuativo della Direttiva 2005/36/CE, per il quale «se, in uno Stato Membro Ospitante, l’accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato Membro dà accesso alla professione e ne consente l’esercizio alle stesse condizioni dei suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’art. 11, prescritto da un altro Stato Membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio».
Tale disposizione indica, dunque, il procedimento da seguire e dispone che chi chiede il riconoscimento deve essere in possesso solo dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’art. 11, previsto da un altro Stato Membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla nel suo territorio.
Il competente Ministero italiano deve, dunque, valutare la corrispondenza del corso di studi effettuato, e dell’eventuale tirocinio, con quello italiano, e all’esito dell’istruttoria può disporre:
1) o il riconoscimento alle condizioni di cui all’art. 21 del d. lgs. 206 del 2007;
2) misure compensative (il tirocinio triennale o l’esame) di cui al successivo art. 22 del d. lgs. n. 206 del 2007.
…Nel rilevare che il programma di formazione di livello I e II (‘Nivel I’ e ‘Nivel II’) è soltanto una parte del programma formativo dell’abilitazione a insegnare, [#OMISSIS#] medesima nota del 31 luglio 2019 la Direzione Generale della Commissione europea ha concluso che «il cittadino italiano [che] non ha né completato il periodo di tirocinio né superato l’esame nazionale […] non è quindi pienamente qualificato ai sensi della direttiva 2005/36/CE e che […] la direttiva non è pertanto applicabile».
Osserva l’Adunanza Plenaria che questa osservazione della Commissione non va intesa nel senso che al certificato rilasciato dal Ministero rumeno – c.d. Adeverinta – non vada riconosciuta alcuna equipollenza in Italia.
Infatti, come ha sottolineato la nota della Commissione europea del 29 marzo 2019 (doc. 14 fasc. parte ricorrente in primo grado), non è necessaria l’identità tra i titoli confrontati, essendo sufficiente una mera equivalenza per far scaturire il dovere di riconoscere il titolo conseguito all’[#OMISSIS#]: il certificato va considerato non automaticamente, ma secondo il sistema generale di riconoscimento e confrontando le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri con quelle richieste dalla normativa italiana e disponendo, se del [#OMISSIS#], le misure compensative in applicazione dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE.
Anche ai cittadini italiani o dell’Unione, che abbiano superato tutte queste fasi (e, in particolare, il tirocinio pratico) e l’esame nazionale, è comunque consentito insegnare in [#OMISSIS#].
14. In considerazione delle sopra richiamate note del Ministero rumeno, non risulta condivisibile l’osservazione della Sezione remittente, per la quale sarebbe «pacifico che l’appellato non abbia il diritto all’abilitazione in [#OMISSIS#] e che non possa ivi accedere alla professione di insegnante, secondo la legge ivi vigente, perché non ha ottenuto la laurea in quel Paese».
Al contrario, la certificazione rilasciata dall’Autorità rumena all’appellato va qualificata come attestato di competenza, rilevante per l’ordinamento italiano così come è rilevante in quello rumeno.
D’altra parte, tale certificazione va qualificata come ‘titolo assimilato’ ai sensi dell’art. 12 della Direttiva 2005/36/CE, per il quale «è assimilato a un titolo di formazione di cui all’articolo 11, anche per quanto riguarda il livello, ogni titolo di formazione o insieme di titoli di formazione rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro che sancisce il completamento con successo di una formazione acquisita nell’Unione, a tempo pieno o parziale, nell’ambito o al di fuori di programmi formali, che è riconosciuta da tale Stato membro come di livello equivalente, e che conferisce al titolare gli stessi diritti di accesso o di esercizio a una professione o prepara al relativo esercizio» ed «è altresì assimilata ad un titolo di formazione, alle stesse condizioni del primo comma, ogni qualifica professionale che, pur non rispondendo ai requisiti delle norme legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro d’origine per l’accesso a una professione o il suo esercizio, conferisce al suo titolare diritti acquisiti in virtù di tali disposizioni».
15. Come ha già rilevato la Sesta Sezione, la medesima attestazione è riconducibile alla ‘attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce, perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione, al quale l’appellato è stato ammesso a seguito del formale riconoscimento di equivalenza della laurea italiana a quella rumena da parte del CNRED.
Nel sistema rumeno, tali titoli accademici sono distinti unicamente per rilevare se vi è stato un iter ‘bifasico, ma omogeneo’ (quando i due segmenti formativi siano stati svolti in un solo Paese) e un iter ‘bifasico, ma misto’ (quando essi siano stati svolti in Paesi diversi).
Non si verifica pertanto l’incongruenza paventata dall’ordinanza di rimessione, secondo cui la conferma della sentenza appellata comporterebbe il riconoscimento in Italia di un titolo di formazione [#OMISSIS#], che in [#OMISSIS#] avrebbe un rilievo inferiore ai fini dell’insegnamento.
16. Va pertanto condivisa e ribadita la giurisprudenza della Sesta Sezione di questo Consiglio, per la quale l’attestazione conseguita in [#OMISSIS#] è valutabile, sicché risulta sproporzionata la determinazione del Ministero appellante di disporre quale misura compensativa il tirocinio biennale di adattamento (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VII, 14 luglio 2022, n. 5983).
Anche per la parte appellata l’Amministrazione deve attenersi al proprio atto generale che, prendendo atto della giurisprudenza della Sesta Sezione, ha ridotto la durata dell’attività integrativa.
Il Ministero appellante deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito in [#OMISSIS#], tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno».
Il Ministero valuterà dunque l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE, come sta del resto già accadendo in analoghi casi già pervenuti all’attenzione di questo Consiglio di Stato in sede di ottemperanza.
17. Del resto, anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa.
Peraltro, quand’anche la prassi dell’Amministrazione rumena fosse risultata quella poi da essa stessa superata, rileverebbe il principio già enunciato dalla Settima Sezione di questo Consiglio, per il quale l’autorità italiana deve comunque applicare la Direttiva europea ispirata alla parità di trattamento dei cittadini dell’Unione europea, e pertanto non deve considerare necessario che il diploma di laurea sia stato conseguito in [#OMISSIS#] (Cons. St., sez. VII, 16 marzo 2022, n. 1850).
Rileva infatti il principio enunciato dalla Corte di Giustizia, per il quale «spetta all’autorità competente verificare, conformemente ai principi sanciti dalla Corte nelle […] sentenze Vlassopoulou e Fernandez de Bobadilla, se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’[#OMISSIS#], nonché l’esperienza ottenuta [#OMISSIS#] Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi» (cfr. Corte Giustizia UE, 13 novembre 2003, in causa C-313/01, Morgenbesser).
18. Per le ragioni che precedono, in continuità con la giurisprudenza della Sesta Sezione, si deve affermare il seguente principio di diritto:
«spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta [#OMISSIS#] Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE».”
2.2 Tanto rilevato il ricorso va dunque accolto nei limiti dell’annullamento del provvedimento gravato, non può invece trovare accoglimento la domanda di condanna dell’Amministrazione al riconoscimento della qualifica professionale, trattandosi di attività amministrativa discrezionale rimessa all’Amministrazione.
3. Le spese del giudizio [#OMISSIS#] compensate tra le parti, per la complessità delle questioni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento di diniego gravato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 21 marzo 2023 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore