TAR Lazio, Roma, Sez. IV bis, 21 settembre 2023, n. 13969

Riconoscimento in Italia di titoli di formazione universitaria conseguiti in altro Paese UE

Data Documento: 2023-09-21
Autorità Emanante: TAR Lazio, Roma, Sez. IV bis
Area: Giurisprudenza
Massima

In particolare, il provvedimento impugnato risulta palesemente contrastante con la disciplina europea come ricostruita dalla recente Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 18, 19, 20, 21, 22 del 2022), che proprio con riferimento ai titoli di formazione conseguiti in Romania, ha affermato che:

– l’Adeverinta rilasciato dal Ministero rumeno “è riconducibile alla ‘attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce, perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione, al quale l’appellato è stato ammesso a seguito del formale riconoscimento di equivalenza della laurea italiana a quella rumena da parte del CNRED”;

“Il Ministero appellante deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito in Romania, tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno». Il Ministero valuterà dunque l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE, come sta del resto già accadendo in analoghi casi già pervenuti all’attenzione di questo Consiglio di Stato in sede di ottemperanza”;

– peraltro “anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa.”

Con specifico riferimento poi all’insegnamento di sostegno, la sentenza citata evidenzia che i docenti “dopo aver visto riconosciuto in Romania il percorso di studi universitari svolto in Italia, conseguono l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno in Romania all’esito di specifico corso di studi. Costoro hanno, dunque, acquisito tutte quelle competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la figura dell’insegnante di sostegno, in Romania come in Italia. Si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni e l’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio di 120 ore, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in Romania, e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria.”.

Sulla base di quanto appena esposto, l’Adunanza Plenaria ha affermato il principio di diritto secondo cui “spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.

Contenuto sentenza
  1. 13969/2023 REG.PROV.COLL.
  2. 00550/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 550 del 2022, proposto da [#OMISSIS#] Barrella, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Bongarzone, [#OMISSIS#] Zinzi, elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale corrispondente all’indirizzo telematico come da registro di giustizia;

contro

Ministero dell’Istruzione e del Merito, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l’annullamento

– del provvedimento del Ministero dell’Istruzione e del Merito, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione – Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, prot. 2530/13.12.2021, mediante il quale l’Amministrazione resistente ha rigettato l’istanza, presentata da parte ricorrente, volta al riconoscimento della formazione professionale conseguita in [#OMISSIS#];

– nonché, per quanto occorrer possa, dell’Avviso n. 5636 del 02.04.2019, a firma del Direttore Generale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, pubblicato sul [#OMISSIS#] istituzionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in data 02.04.2019, con nota m_pi.AOODGSOV.REGISTRUO UFFICIALE.U.0005636;

nonché di ogni altro atto presupposto conseguente o comunque connesso;

per l’accertamento

– della validità dei titoli di abilitazione all’insegnamento sia per la specifica classe di concorso per materia, sia per classi di concorso per il sostegno, acquisiti all’esito dei percorsi abilitanti effettuati, presso le Università rumene, da parte istante, il cui percorso è stato ritenuto valido – dalla competente autorità rumena – per l’esercizio della professione di docente in [#OMISSIS#];

– del diritto della ricorrente ad ottenere il riconoscimento dei titoli di abilitazione conseguiti [#OMISSIS#] Stato membro dell’Unione Europea;

in via subordinata, per la condanna

delle Amministrazioni intimate all’ attivazione di procedure compensative.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 luglio 2023 la dott.ssa [#OMISSIS#] Favaccio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso introduttivo [#OMISSIS#] Barrella ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha rigettato l’istanza, proposta da parte ricorrente, volta al riconoscimento della qualifica professionale di insegnante di sostegno conseguita in [#OMISSIS#]. Il provvedimento in oggetto è stato emanato in base alla seguente duplice motivazione: non è stata prodotta l’attestazione del Ministero rumeno, unico attestato avente ufficiale e specifica attitudine certificativa della latitudine della abilitazione conseguita; l’Ufficio VIII della DGOSV del Ministero dell’Istruzione è competente in ordine al riconoscimento delle abilitazioni all’insegnamento conseguite all’[#OMISSIS#], mentre, invece, il riconoscimento dei titoli di specializzazione conseguiti all’[#OMISSIS#] è attratto nell’alveo delle competenze del Ministero dell’Università e della Ricerca.

Parte ricorrente ha articolato diversi motivi di ricorso, qui di seguito raggruppati: 1) eccesso di potere per violazione dei principi giurisprudenziali sul riconoscimento dei titoli di specializzazione conseguiti in [#OMISSIS#]; eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere per errore di fatto; violazione dell’articolo 3 della legge 241/90 – Vizio di motivazione; 2) violazione ed erronea applicazione degli artt. 11 e 13 della direttiva 2005/36/CE; violazione degli artt. 16 e ss. del D.lgs. n. 206/2007; violazione dell’art. 3, par. 1, lett.c), del Trattato istitutivo della Comunità europea (articolo 45 TFUE); violazione dell’articolo 49 del TFUE – principio della libertà di stabilimento; 3) violazione dell’art. 50 del D.lgs. n. 300/1999, come modificato dal D.L. 1/2020 conv. in l. 12/20203); 4) eccesso di potere per disparità di trattamento; Violazione art. 3 Cost.; 5) eccesso di potere per violazione del principio del legittimo affidamento; 6) violazione articolo 12, comma 1, lett. e), della Legge n.120/2020 (articolo 10-bis della L.241/90); 7) Violazione o elusione del giudicato; 8) Illegittimità derivata del provvedimento di diniego a seguito dell’annullamento della Nota Miur 5636/2019.

Conclude per l’accoglimento del ricorso e dell’istanza cautelare, oltre che per il riconoscimento dei titoli conseguiti in [#OMISSIS#] o in via subordinata per ordinare all’Amministrazione di assegnarle misure compensative.

L’Amministrazione risulta costituita in giudizio.

Con ordinanza n. 1139 del 24 febbraio 2022 il Tribunale ha accolto la domanda cautelare ai fini del riesame.

All’udienza pubblica del 18 luglio 2023 la causa è stata [#OMISSIS#] in decisione.

1. I motivi di ricorso, raggruppati ai punti 1 e 2 della presente decisione, possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e devono ritenersi fondati.

In particolare, il provvedimento impugnato risulta palesemente contrastante con la disciplina europea come ricostruita dalla recente Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 18, 19, 20, 21, 22 del 2022), che proprio con riferimento ai titoli di formazione conseguiti in [#OMISSIS#] (v. in particolare Ad. Pl. n.22/2022) ha affermato che:

– l’Adeverinta rilasciato dal Ministero rumeno “è riconducibile alla ‘attestazione di qualifica’ ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 2005/36/Ce, perché rilasciata all’esito del percorso formativo previsto nel Paese d’origine per l’accesso alla professione, al quale l’appellato è stato ammesso a seguito del formale riconoscimento di equivalenza della laurea italiana a quella rumena da parte del CNRED”;

– “Il Ministero appellante deve dunque esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito in [#OMISSIS#], tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità acquisite, e verificando che «la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno». Il Ministero valuterà dunque l’equipollenza dell’attestato di formazione, disponendo opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 sopra richiamato della Direttiva 2005/36/CE, come sta del resto già accadendo in analoghi casi già pervenuti all’attenzione di questo Consiglio di Stato in sede di ottemperanza”;

– peraltro “anche laddove non si voglia riconoscere la piena o la diretta applicabilità della Direttiva 2005/36/CE, come assume la Commissione nel già citato parere del 31 luglio 2019, persiste l’obbligo per le autorità italiane, come sostiene la stessa Commissione, di valutare le domande pertinenti ai sensi delle disposizioni più generali del TFUE in vista di un eventuale riconoscimento della formazione seguita, per quanto in assenza delle garanzie e dei requisiti di cui alla direttiva 2005/36/CE, e non è precluso alle stesse autorità di adottare queste garanzie, in modo estensivo, anche alla vicenda qui controversa.”

Con specifico riferimento poi all’insegnamento di sostegno, la sentenza citata evidenzia che i docenti “dopo aver visto riconosciuto in [#OMISSIS#] il percorso di studi universitari svolto in Italia, conseguono l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno in [#OMISSIS#] all’esito di specifico corso di studi. Costoro hanno, dunque, acquisito tutte quelle competenze e conoscenze didattiche e psico-pedagogiche richieste ai fini del conseguimento di quella professionalità ulteriore che deve caratterizzare la figura dell’insegnante di sostegno, in [#OMISSIS#] come in Italia. Si tratta di percorsi che comprendono la preparazione nelle materie afferenti alla specializzazione (a mero titolo esemplificativo: psicologia dell’educazione, dello sviluppo, tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni e l’educazione inclusiva, psicologia delle persone con bisogni speciali, ecc.), nonché un’attività di tirocinio di 120 ore, sia presso istituti rumeni che rientrano nell’ambito delle scuole cd. “speciali” previste in [#OMISSIS#], e sia in scuole che prevedono, come in Italia, la scolarizzazione degli alunni disabili con la loro integrazione nell’istruzione ordinaria.”.

Sulla base di quanto appena esposto, l’Adunanza Plenaria ha affermato il principio di diritto secondo cui “spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta [#OMISSIS#] Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE”.

Nel [#OMISSIS#] in esame l’amministrazione, a fronte della produzione documentale effettuata dalla ricorrente circa il percorso formativo svolto in [#OMISSIS#] e sul servizio svolto in Italia su sostegno, ha completamente omesso sia l’esame sostanziale del percorso formativo attestato e dell’eventuale ulteriore esperienza professionale maturata sia la relativa comparazione con la formazione richiesta in Italia ai fini dell’accesso alla medesima professione.

Il provvedimento è, pertanto, sotto tale profilo illegittimo.

2. In accoglimento del motivo di ricorso indicato sopra al punto 3, si ritiene, altresì, illegittima la statuizione di incompetenza secondo cui, vertendosi in materia di riconoscimento di titoli di studio, sarebbe competente il Ministero dell’Università e della Ricerca e non del Ministero dell’Istruzione.

In particolare, si evidenzia che si verte in materia di riconoscimento della qualifica professionale conseguita all’[#OMISSIS#] ai fini dell’esercizio in Italia della professione di insegnante di sostegno e non invece del riconoscimento di un mero titolo di studio.

La relativa competenza è indubbiamente attribuita al Ministero dell’Istruzione alla luce dell’art. 50 D.lgs. n. 300/1999, come recentemente modificato dal D.L. 1/2020 conv. in l. 12/2020, secondo cui spetta tra l’altro al Ministero dell’Istruzione l’“organizzazione generale dell’istruzione scolastica, ordinamenti e programmi scolastici, stato giuridico del personale, inclusa la definizione dei percorsi di abilitazione e specializzazione del personale docente e dei relativi titoli di accesso, sentito il Ministero dell’università e della ricerca” nonché il “riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni in ambito europeo e internazionale” (v. recentemente anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 9652/2022, che si è pronunciata, in sede di ottemperanza, su un provvedimento uguale a quello impugnato nel presente giudizio).

3. Le doglianze riportate sopra al punto 4, proposte da parte ricorrente relativamente alla disparità di trattamento e alla violazione dell’articolo 3 Cost., non possono essere accolte in quanto non risulta prodotta in atti documentazione sufficiente e idonea ad accertare la paventata disparità di trattamento.

4. Non risulta meritevole di accoglimento neanche la censura, sopraindicata al punto 5, concernente l’eccesso di potere per violazione del principio del legittimo affidamento. Sul punto, questo Collegio richiama la consolidata giurisprudenza amministrativa, per la quale affinché un affidamento sia legittimo è necessario un requisito oggettivo, che coincide con la necessità che il vantaggio sia chiaramente attribuito da un atto all’uopo rivolto e che sia decorso un arco temporale tale da ingenerare l’aspettativa del suo consolidamento, e un requisito soggettivo, che coincide con la buona fede non colposa del destinatario del vantaggio (v. in particolare Consiglio di Stato, Sez. III, 8 luglio 2020, n. 4392). Ciò posto, rileva il Collegio come nel [#OMISSIS#] di specie non sussista il predetto presupposto oggettivo, non emergendo né dal corpo del ricorso né dagli atti depositati in giudizio la previa emanazione di un provvedimento favorevole nei confronti di parte resistente.

5. Assorbite le altre doglianze non trattate in quanto superate dalle superiori contestazioni dovute alle pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e superata pure l’impugnativa dell’O.M. n. 5636 del 02.04.2019 in quanto annullata dal Consiglio di Stato con pronunce a n. 1198/2020 e n. 1522/2020, per le superiori considerazioni il Collegio accoglie in parte il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento indicato in epigrafe, con conseguente obbligo dell’amministrazione di riesaminare l’istanza di riconoscimento alla luce dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, lo rigetta per il resto.

6. Tenuto conto dei pregressi contrasti giurisprudenziali, risolti dall’Adunanza Plenaria dopo l’adozione del provvedimento impugnato, le spese processuali [#OMISSIS#] integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie in parte il ricorso, per le ragioni indicate in motivazione, e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato in epigrafe indicato, con conseguente obbligo dell’amministrazione di riesaminare l’istanza di riconoscimento presentata da parte ricorrente e per il resto lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 18 luglio 2023 con l’intervento dei magistrati:

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]

[#OMISSIS#] Satullo, Referendario

[#OMISSIS#] Favaccio, Referendario, Estensore