TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 8 settembre 2023, n. 13684

Procedimento disciplinare - Violazione dei propri doveri da parte di un professore ordinario - Pregiudizialità penale - Principio del contraddittorio - Divieto di mutatio libelli - Uso delle registrazioni audio

Data Documento: 2023-09-11
Autorità Emanante: TAR Lazio
Area: Giurisprudenza
Massima

Con il primo motivo di doglianza, il ricorrente – professore universitario a cui era stata irrogata una sanzione disciplinare per aver predisposto un bando su misura del candidato poi risultato vincitore, attraverso una “procedura sostanzialmente irregolare da lui promossa e attuata” – deduce la violazione della c.d. pregiudiziale penale, in ragione dell’asserita applicabilità ai professori universitari, nel silenzio dell’art. 10 legge n. 240/2010, dell’art. 117 DPR n. 3/1957, rubricato “Sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del giudizio penale”. Il Collegio rileva, sul punto, che “il procedimento disciplinare nei confronti dei docenti universitari è, come noto, disciplinato dalla legge n. 240/2010, la quale, all’art. 10 – nulla prevede – in merito al rapporto tra procedimento disciplinare e processo penale, la cui definizione è piuttosto rimessa alla «facoltà discrezionale attribuita all’Amministrazione» (in tali termini, Consiglio di Stato, Sezione Settima, sentenza n. 1426/2023 e giur. ivi richiamata). Ciò è d’altronde in linea con il principio generale dell’autonomia del procedimento disciplinare rispetto a quello penale. Ne deriva allora che non essendo più la pregiudiziale penale un principio generale […] essa può applicarsi solo laddove espressamente sancita, dovendo escludersi un’interpretazione estensiva delle norme che specificamente la prevedono. In tale ottica, non può quindi condividersi la tesi di parte, invero non isolata, dell’applicabilità dell’art. 117 DRP n. 3/57 anche ai professori universitari.

Con il secondo motivo, parte ricorrente si duole della mancata osservanza del principio del contraddittorio e delle garanzie che presiedono i procedimenti sanzionatori. Sul punto, il Collegio ritiene che il procedimento in questione si sia invero svolto in piena osservanza delle garanzie formali e sostanziali che devono presiedere detti procedimenti, avendo il ricorrente avuto la possibilità, ed esercitato la facoltà, di essere più volte ascoltato, sia in sede di avvio dell’azione disciplinare innanzi al Delegato della Rettrice, che in sede di istruttoria davanti al Collegio di Disciplina, assistito dal proprio difensore di fiducia; di avere accesso agli atti e, nella specie, alle registrazioni audio disponibili; nonché di produrre difese scritte e documenti a sua difesa. In altri termini, il ricorrente ha avuto ampia possibilità di contraddire e difendersi, non potendo ulteriormente e legittimamente pretendere anche la formazione della prova in contraddittorio, la facoltà di contro-dedurre su ogni acquisizione probatoria, nella specie, sugli esiti testimoniali, o il “diritto all’ultima parola”. Si tratta infatti di garanzie previste per il procedimento penale non estensibili, ontologicamente, a quello disciplinare, anche in ragione delle tempistiche contingentate dettate dal legislatore per la conclusione dell’azione disciplinare, imposta, come noto, entro 180 giorni dalla data di avvio della stessa. In base a quanto previsto dallo stesso art. 10 legge n. 240 cit., il procedimento disciplinare deve invero svolgersi nel rispetto della garanzia del contraddittorio (comma 1), senza ulteriormente declinare le concrete modalità con cui esso deve essere assicurato, che vengono invece lasciate alla disciplina della fonte secondaria, rappresentata dal Regolamento di Ateneo.

Con il terzo motivo, si deduce una violazione del divieto di mutatio libelli, asserendo che la sanzione si baserebbe su contestazioni diverse da quelle mosse con l’avvio del procedimento disciplinare. Sul punto, il Collegio afferma che non vi è violazione del principio di immutabilità della contestazione “in ogni ipotesi di divergenza tra i fatti posti a base della contestazione iniziale e quelli che sorreggono il provvedimento disciplinare, ma solo nel caso in cui tale divergenza comporti in concreto una violazione del diritto di difesa. Il diritto di difesa, garantito dal divieto di mutatio libelli risulta, quindi, violato, solo quando, a fondamento della sanzione disciplinare, vengano poste circostanze sostanzialmente differenti da quelle addebitate, rispetto alle quali l’interessato non sia stato in grado di replicare. Lesione del diritto di difesa che, nel caso di specie, non si era verificata.

Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente contesta l’uso delle registrazioni audio in quanto relative a conversazioni intercorse tra soggetti terzi. Per il Collegio, la censura non coglie nel segno, atteso che l’Amministrazione […] ha utilizzato quanto emerso dai colloqui telefonici in funzione delle successive e autonome valutazioni compiute in sede di istruttoria, non limitandosi all’acquisizione dei contenuti delle registrazioni, ma svolgendo un’accurata istruttoria dalla quale ha autonomamente tratto conferma della sussistenza dei fatti addebitati al ricorrente, su cui lo stesso ha avuto più volte modo di argomentare”.

Contenuto sentenza
  1. 13684/2023 REG.PROV.COLL.
  2. 00203/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 203 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via G. P. da Palestrina, 47;

contro

Sapienza Università di Roma, già Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

– del decreto della Rettrice della Sapienza Università di Roma -OMISSIS-prot. -OMISSIS-del -OMISSIS- di irrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2023 e fino al 28 febbraio 2023, della sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un periodo di mesi due e dell’allegata deliberazione del Consiglio di Amministrazione -OMISSIS- del -OMISSIS-, trasmessi al Prof.-OMISSIS- a mezzo posta elettronica in data -OMISSIS-;

– in parte qua e quatenus opus, del Regolamento di Ateneo dell’Università degli studi di Roma La Sapienza avente ad oggetto i procedimenti disciplinari nei confronti dei professori e ricercatori (DR 438/2020 Prot. 9899/20 del 5.2.2020, di seguito “Regolamento di Ateneo”;

– di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresi,

(i) l’avviso di avvio di procedimento disciplinare prot. -OMISSIS-del -OMISSIS-;

(ii) i verbali delle sedute del Collegio di Disciplina -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-e -OMISSIS-;

(iii) il parere vincolante, acquisito al Protocollo universitario in data -OMISSIS- al -OMISSIS-, espresso dal Collegio di Disciplina;

(iv) la nota prot. -OMISSIS-del -OMISSIS-, con cui il Collegio di Disciplina ha rigettato l’eccezione di pregiudizialità penale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della “Sapienza” Università di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2023 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso ritualmente proposto, l’odierno ricorrente, professore ordinario presso la Sapienza Università di Roma, ha impugnato il decreto rettorale in epigrafe indicato, recante la sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un periodo di due mesi, unitamente, in parte qua, al Regolamento di Ateneo per i procedimenti disciplinari nei confronti di professori e ricercatori di cui al D.R. n. 438 /2020 e [#OMISSIS#] atti presupposti del procedimento, parimenti indicati in oggetto, chiedendone l’annullamento previa adozione di idonee misure cautelari, anche monocratiche.

2. Espone in fatto di aver ricevuto avviso di avvio del procedimento disciplinare da parte del Delegato della Rettrice, con nota del -OMISSIS-, a seguito del rinvio a giudizio dello stesso ricorrente nell’ambito di un procedimento penale per il reato di cui [#OMISSIS#] artt.110 e 322, comma 4, c.p., che gli contestava di aver redatto un bando su misura per le competenze e curriculum del Prof. C., per compensare quest’[#OMISSIS#] del mancato versamento delle somme a lui dovute nell’ambito di un progetto di ricerca in quanto, “indipendentemente dalle imputazioni che si fondano sulle disposizioni degli artt. 110 e 322 comma 4 del codice penale, queste condotte appaiono come una eclatante violazione dei doveri di correttezza legati allo status di docente e sono tali da gettare discredito sull’Ateneo presso il quale il Prof. […] presta servizio”, e di aver prodotto una memoria il successivo -OMISSIS-, deducendo la necessità di sospendere il procedimento disciplinare fino alla definizione del processo penale in corso e contestando la fondatezza degli addebiti mossigli.

2.1. In riscontro, il Delegato della Rettrice riteneva di non dover sospendere il procedimento disciplinare in ragione della sua autonomia rispetto al giudizio penale ai sensi del comma 1, dell’art. 12 del Regolamento di Ateneo (D.R. n. 438 del 5.2.2020) e di dover deferire il procedimento al Collegio di Disciplina, potendo l’addebito dare luogo ad una sanzione più grave della censura (cfr. nota -OMISSIS-del -OMISSIS-).

2.2. Il Collegio di Disciplina convocava pertanto il ricorrente per l’audizione del -OMISSIS-, il quale, in quella sede, rinnovando l’eccezione sulla pregiudiziale penale, contestava l’addebito fattogli, consistente nell’asserita redazione del bando, poi vinto dal Prof. C., su misura per quest’[#OMISSIS#], e richiedeva in via istruttoria, di accedere alle registrazioni audio delle conversazioni intercorse tra altri due soggetti (il Dott. E. e il Dott. S.) richiamate nell’atto di incolpazione. All’esito dell’audizione, il ricorrente depositava a mezzo PEC una memoria difensiva unitamente ai relativi documenti a comprova.

2.3. Con nota del -OMISSIS-, il Collegio di Disciplina precisava le ragioni di rigetto dell’eccezione di pregiudizialità penale, rilevando che “per i procedimenti disciplinari che riguardano i docenti universitari non esiste più normativamente e per quanto interessa in questa sede la pregiudizialità penale”, e, in accoglimento della richiesta di parte, trasmetteva a mezzo PEC tre file audio “in vista della prossima audizione in ordine alla quale ci si riserva di comunicare aggiornamenti”.

2.4. Il ricorrente era poi nuovamente convocato per l’audizione del -OMISSIS-, nel corso della quale il Collegio di Disciplina chiedeva chiarimenti in merito alla collocazione temporale delle registrazioni audio rispetto al bando di concorso in questione; alle ragioni per le quali il ricorrente non avrebbe rilevato, quale membro della relativa Commissione valutatrice, le difformità esistenti tra i requisiti e gli importi da lui proposti al Consiglio di Dipartimento e quelli contenuti nel bando poi pubblicato; nonché ai rapporti con gli altri componenti la Commissione.

2.5. In data -OMISSIS-, il ricorrente trasmetteva poi a mezzo PEC un’ulteriore memoria difensiva al Collegio di Disciplina, il quale tuttavia comunicava, il seguente -OMISSIS-, di aver concluso le proprie attività il -OMISSIS-.

2.6. In data -OMISSIS-, l’Università trasmetteva quindi il decreto -OMISSIS-, di irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per un periodo di due mesi, a decorrere dal 1° gennaio 2023 fino al 28 febbraio 2023, unitamente alla deliberazione del Consiglio di Amministrazione -OMISSIS- del -OMISSIS- e alla relazione predisposta dal Settore disciplinare docenti dell’Ufficio affari penali, disciplinari e contenzioso, con i verbali del Collegio di Disciplina del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS-, del -OMISSIS-.

3. Ritenendo illegittima la sanzione disciplinare, in quanto “adottata all’esito di una istruttoria frettolosa, carente, unilaterale, inquisitoria, lesiva del principio del [#OMISSIS#] contraddittorio e delle garanzie sostanziali che presiedono i procedimenti di natura afflittiva”, la parte ha quindi articolato le seguenti censure:

I. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 117 del DPR 3/1957. Violazione e/o falsa applicazione dell’All. B Parte VI punto 1 lett. a) al TUPI. Eccesso di potere per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del Regolamento di Ateneo. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto», eccependo in via pregiudiziale la violazione dell’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare a seguito dell’avvio, sui medesimi fatti, del giudizio penale nei confronti dello stesso ricorrente.

II. «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 comma 1 della Legge n. 240/2010 e ss. mm. ii.; eccesso di potere per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6 e 7 del Regolamento di Ateneo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 CDFUE e art. 6 CEDU», in quanto non sarebbe stato garantito un effettivo contraddittorio tra accusa e difesa, né sul materiale probatorio acquisito nel corso dell’istruttoria, né sul contenuto delle dichiarazioni rese dai testimoni escussi, né sulla comunicazione tempestiva di chiusura dell’istruttoria.

II.I. «In via subordinata: illegittimità in parte qua del Regolamento di Ateneo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 comma 1 della Legge n. 240/2010 e ss. mm. ii. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 CDFUE e art. 6 CEDU» laddove esso non prevedrebbe strumenti e facoltà difensive idonee ad assicurare all’incolpato la conoscenza degli atti che lo riguardano, la partecipazione alla formazione dei medesimi e la facoltà di contestarne il fondamento e di contro-dedurre rispetto [#OMISSIS#] esiti dell’istruttoria, prima dell’adozione da parte del soggetto titolare della potestà sanzionatoria, del provvedimento finale.

II.II. «In via subordinata ed incidentale. Sulla rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.10 della L. n.240/2010 e ss. mm. ii. con riferimento [#OMISSIS#] artt. 3 e 97 Cost., nonché art. 117 comma 1 Cost. in relazione all’art. 6 par. CEDU», qualora si ritenesse che detta [#OMISSIS#], nell’affermare l’operatività del principio del contraddittorio nel procedimento disciplinare senza stabilirne le effettive modalità applicative, non sia sufficientemente determinata ed idonea ad assicurare i basilari strumenti di difesa dell’incolpato, quali la partecipazione alla formazione degli atti del procedimento disciplinare e la facoltà di contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti.

III. «In via ulteriormente gradata e sotto concorrente profilo: violazione del divieto di mutatio libelli. Violazione del principio del [#OMISSIS#] procedimento e del contraddittorio. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 97 della Cost.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/1990 ss. mm. ii.; eccesso di potere per sviamento ed erroneità della motivazione», in quanto il provvedimento sanzionatorio sarebbe stato adottato per ragioni (quali, mancato esercizio di poteri di verifica/controllo/segnalazione; proposta dei componenti della Commissione e firma del relativo verbale; avere “assecondato” implicitamente la redazione del bando ad personam) diverse da quelle cristallizzate nell’atto di contestazione degli addebiti (aver redatto un bando su misura per le competenze e curriculum del Prof. C., per compensare quest’[#OMISSIS#] del mancato versamento delle somme a lui dovute nell’ambito di un diverso progetto di ricerca).

IV. «In via ancora pregiudiziale e subordinata: sull’inutilizzabilità in sede disciplinare delle registrazioni audio effettuate dal dott. E.», in quanto le conversazioni registrate sarebbero intercorse tra altri soggetti, estranei al procedimento disciplinare.

V. «Nel merito, infondatezza dell’addebito disciplinare: eccesso di potere per erroneità, carenza e perplessità dell’istruttoria e della motivazione; violazione del principio della prova; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Ingiustizia manifesta. Violazione del principio di proporzionalità», in quanto il ricorrente sarebbe del tutto estraneo ai fatti e [#OMISSIS#] addebiti mossigli.

4. Con decreto cautelare-OMISSIS- è stata accolta l’istanza ex art. 56 c.p.a., ordinando altresì all’Università resistente il deposito di una documentata relazione.

5. La Sapienza ha quindi prodotto i richiesti chiarimenti e, con memoria di costituzione, ha dedotto per l’infondatezza delle doglianze.

6. Alla [#OMISSIS#] di consiglio del 1° febbraio 2023, la Sezione ha sospeso il provvedimento sanzionatorio impugnato (cfr. ordinanza -OMISSIS-).

7. In vista della trattazione del merito, solo il ricorrente ha prodotto memorie scritte, insistendo nelle proprie argomentazioni.

8. Alla pubblica udienza del 5 luglio 2023, dopo ampia discussione dei difensori comparsi, la causa è infine passata in decisione.

DIRITTO

1. La controversia all’esame ha ad oggetto il provvedimento con cui l’Università resistente ha irrogato nei confronti del ricorrente, ai sensi dell’art. 87 del T.U. n. 1592 del 31 agosto 1933 nonché dell’art. 3, commi 4 e 5, del Regolamento di Ateneo e in attuazione di quanto deliberato dal Consiglio di Amministrazione dell’Università, la sanzione della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio, per un periodo di due mesi, con conseguente esonero dall’insegnamento, dalle funzioni accademiche e da ogni altra funzione connessa all’insegnamento, la perdita dell’anzianità di servizio per la stessa durata del periodo di sospensione sopra indicato, disponendo, quale sanzione accessoria, l’interdizione da incarichi istituzionali universitari, sia elettivi, sia derivanti da nomine di competenza della Rettrice, per un tempo pari a quello della suddetta sospensione.

1.1. Ad avviso del ricorrente, professore ordinario, il provvedimento sarebbe stato adottato all’esito di un’istruttoria carente e lesiva del principio del [#OMISSIS#] contraddittorio e delle garanzie sostanziali che presiedono i procedimenti di natura afflittiva, derivando da ciò numerosi e articolati [#OMISSIS#] di illegittimità.

2. Il Collegio ritiene che le diffuse e pur suggestive argomentazioni di parte non possano tuttavia condividersi.

3. Con il primo motivo di doglianza, il ricorrente deduce la violazione della c.d. pregiudiziale penale, in ragione dell’asserita applicabilità ai professori universitari, nel silenzio dell’art.10 legge n. 240/2010 (cd. Legge [#OMISSIS#]), dell’art. 117 DPR n. 3/1957 (rubricato “Sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del giudizio penale”, per cui «Qualora per il fatto addebitato all’impiegato sia stata iniziata azione penale il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al [#OMISSIS#] di quello penale e, se già iniziato, deve essere sospeso»).

La specifica previsione contenuta nell’Allegato B, parte IV, art. 1, comma 1, lettera a) del d.lgs. n. 165/2011 – richiamata dall’Ateneo a giustificazione dell’insussistenza della pregiudiziale penale e che ha disposto la cessazione dell’efficacia (anche) dell’art. 117 citato a decorrere dalla sottoscrizione del CCNL 1994-1997 – riguarderebbe esclusivamente il personale dirigenziale dipendente dell’università, il cui regime giuridico è quello contenuto nel Contratto collettivo nazionale di lavoro – Comparto Istruzione e Ricerca, e non già i professori e ricercatori di ruolo, rientranti invece nel personale in regime di diritto pubblico non privatizzato, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 165/2001.

3.1. La doglianza non è fondata.

3.1.1. Il procedimento disciplinare nei confronti dei docenti universitari è, come noto, disciplinato dalla legge n. 240/2010 (recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”), la quale, all’art. 10, rubricato “Competenza disciplinare”, ha previsto un collegio di disciplina presso ogni Ateneo, competente a svolgere la fase istruttoria del procedimento disciplinare e a esprimere in merito il parere conclusivo, abrogando il corrispondente organo previsto in precedenza presso il CUN dall’art. 3, legge n. 18/2006, e ha dettato la scansione temporale del procedimento stesso, senza tuttavia [#OMISSIS#] prevedere in merito al rapporto tra procedimento disciplinare e processo penale, la cui definizione è piuttosto rimessa alla «facoltà discrezionale attribuita all’Amministrazione» (in tali termini, Consiglio di Stato, Sezione Settima, sentenza n. 1426/2023 e giur. ivi richiamata).

3.1.2. Ciò è d’altronde in linea con il principio generale dell’autonomia del procedimento disciplinare rispetto a quello penale e la tendenza del legislatore ad eliminare l’ambito di operatività della cd. pregiudiziale penale (si veda, di recente, l’art. 4 del d.lgs. n. 91/2016 che, in revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e formazione del personale militare dell’Esercito italiano, della [#OMISSIS#] militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri, ha definitamente sancito l’autonomia dei due giudizi), avvicinando il procedimento disciplinare del personale in regime di diritto pubblico a quello per il personale contrattualizzato.

3.1.3. Ne deriva allora che non essendo più la pregiudiziale penale un principio generale (come invece previsto dal vecchio codice di procedura penale del 1930, RD n. 1399/1930, all’art. 3, e non ripreso nel nuovo codice approvato con DPR 447/1988), essa può applicarsi solo laddove espressamente sancita, dovendo escludersi un’interpretazione estensiva delle norme che specificamente la prevedono.

3.2. In tale ottica, non può quindi condividersi la tesi di parte, invero non isolata, dell’applicabilità dell’art. 117 DRP n. 3/57 anche ai professori universitari, non essendo detto articolo tra quelli espressamente richiamati dall’art. 12 della legge n. 311/1958 (recante norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universitari) ancora oggi vigente.

3.2.1. Tale disposizione richiama invero il DPR n. 3/1957, dichiarando espressamente applicabili ai docenti universitari gli artt. 85, 91, 96, 97 e 98, “in quanto non in contrasto” con le norme del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, approvato con RD n. 1592/1933, i cui artt. 87, 88, 89, 90 e 91 continuano ad applicarsi al personale in questione.

3.2.2. Non viene invece richiamato, come applicabile, l’art. 117, il quale non può ritenersi estensibile, per le ragioni sopra dette, neppure a seguito della pronuncia della Corte costituzionale che, con sentenza n. 1128/1988, ha dichiarato illegittimo l’art. 12 della legge n. 311/1958 [#OMISSIS#] parte in cui non richiama anche (e solo) l’art. 120 del detto DPR.

3.3. Ne deriva allora che la previsione di cui all’art. 10, comma 3, della legge n. 240/2010, laddove dispone che, per quanto non specificamente previsto, «il procedimento disciplinare avanti al collegio è disciplinato dalla normativa vigente», si riferisce alla specifica normativa applicabile ai professori e ai ricercatori universitari, dettata dall’art. 12 della legge n. 311/1958 e dagli artt. 87 e ss. del regio decreto n. 1592/1933, oltre che dal DPR n. 3/1957, in quanto compatibili ed espressamente richiamati.

3.3. Può pertanto prescindersi dall’esame delle argomentazioni spese tanto dal ricorrente, quanto dall’Università, circa la persistente applicabilità o meno dell’art. 117 in questione alla luce dell’Allegato B parte VI punto1 lettera a) del d.lgs. n. 165/01, atteso che, per le ragioni sopra dette, non ricorre alcun obbligo, ai sensi dell’art. 117 citato, di osservare la pregiudiziale penale nei confronti del personale docente universitario.

3.4. Il primo motivo di ricorso va pertanto respinto.

4. Con il secondo motivo, parte ricorrente si duole della mancata osservanza del principio del contraddittorio e delle garanzie che presiedono i procedimenti sanzionatori, articolando in via subordinata e gradata [#OMISSIS#] di illegittimità e incompatibilità comunitaria del Regolamento d’Ateneo nonché dubbi di incostituzionalità dell’art. 10 della legge n. 240/10.

4.1. Anche tali doglianze [#OMISSIS#] tuttavia disattese.

4.2. Il Collegio ritiene infatti che il procedimento in questione si sia invero svolto in piena osservanza delle garanzie formali e sostanziali che devono presiedere detti procedimenti, avendo il ricorrente avuto la possibilità, ed esercitato la facoltà, di essere più volte ascoltato, sia in sede di avvio dell’azione disciplinare innanzi al Delegato della Rettrice, che in sede di istruttoria davanti al Collegio di Disciplina, assistito dal proprio difensore di fiducia; di avere accesso [#OMISSIS#] atti e, [#OMISSIS#] specie, alle registrazioni audio disponibili; nonché di produrre difese scritte e documenti a sua difesa.

4.2.1. In altri termini, il ricorrente ha avuto ampia possibilità di contraddire e difendersi, non potendo ulteriormente e legittimamente pretendere anche la formazione della prova in contraddittorio, la facoltà di contro-dedurre su ogni acquisizione probatoria, [#OMISSIS#] specie, sugli esiti testimoniali, o il “diritto all’[#OMISSIS#] parola”.

4.2.2. Si tratta infatti di garanzie previste per il procedimento penale non estensibili, ontologicamente, a quello disciplinare, anche in ragione delle tempistiche contingentate dettate dal legislatore per la conclusione dell’azione disciplinare, imposta, come noto, entro 180 giorni dalla data di avvio della stessa.

4.3. In base a quanto previsto dallo stesso art. 10 legge n. 240 cit., il procedimento disciplinare deve invero svolgersi nel rispetto della garanzia del contraddittorio (comma 1), senza ulteriormente declinare le concrete modalità con cui esso deve essere assicurato, che vengono invece lasciate alla disciplina della fonte secondaria, rappresentata dal Regolamento di Ateneo.

4.3.1. In particolare, il Regolamento dell’Università resistente per i procedimenti disciplinari nei confronti di professori e ricercatori, oltre ad aver previsto la facoltà di controdedurre dell’incolpato in sede di avvio del procedimento (art. 3, comma 5), ha stabilito che “[n]el corso delle attività svolte dal Collegio di disciplina, sono previste l’audizione del Rettore (o del Suo delegato) […], l’escussione dell’incolpato e di eventuali testi. L’incolpato ha il diritto di essere sentito; può essere assistito da un collega o da un avvocato; può presentare al Collegio controdeduzioni relative all’addebito o memorie scritte” (art. 7, comma 2).

4.3.2. Alla luce di quanto sopra, nonché della giurisprudenza formatasi in materia, deve pertanto ritenersi essere stato pienamente osservato nel [#OMISSIS#] in esame il principio del contraddittorio, che non postula che l’interessato venga udito in ogni seduta e partecipi ad ogni attività del Collegio, purché gli sia assicurata ampia possibilità di svolgere le proprie deduzioni difensive anche in forma scritta, come di fatto avvenuto, non ravvedendosi inoltre alcun vizio [#OMISSIS#] mancata tempestiva comunicazione all’interessato della conclusione dell’istruttoria.

4.4. Ne deriva quindi l’infondatezza della censura principale, da cui segue anche quella della prospettata violazione dell’art. 41 CDFUE e art. 6 CEDU da parte del Regolamento d’Ateneo, atteso che quanto ivi previsto garantisce piena effettività ai principi del [#OMISSIS#] processo e pieno contraddittorio procedimentale, non essendo necessaria un’ulteriore declinazione, a livello legislativo, delle singole facoltà derivanti dai suddetti principi, come invece prospettato dalla difesa ricorrente.

4.5. Né è fondata la prospettata incostituzionalità dell’art. 10 della legge n. 240/2010, dovendosi e potendosi interpretare la stessa [#OMISSIS#] nel senso di assicurare sufficientemente il principio costituzionale del [#OMISSIS#] processo.

5. Con il terzo motivo, si deduce una violazione del divieto di mutatio libelli, asserendo che la sanzione si baserebbe su contestazioni diverse da quelle mosse con l’avvio del procedimento disciplinare.

5.1. Contrariamente all’assunto di parte, questo Collegio non rileva alcuna discrasia tra quanto contenuto nell’avviso di avvio del procedimento e le motivazioni del Collegio di Disciplina, versate nel verbale del -OMISSIS-, poste alla base della sanzione poi irrogata.

Il Delegato della Rettrice ha stigmatizzato “la violazione dei doveri di correttezza legati allo status di docente e …tali da gettare discredito sull’Ateneo”, concretizzatasi [#OMISSIS#] predisposizione di un bando su misura del candidato poi risultato vincitore, attraverso una “procedura sostanzialmente irregolare da lui promossa e attuata”.

5.1.1. In modo del tutto corrispondente e congruente, il Collegio di Disciplina ha rinvenuto una “condotta gravemente lesiva della dignità e della credibilità della funzione di docente”, sostanziatasi nell’aver predisposto un bando poi modificato nei requisiti essenziali (punti 1 e 2 del verbale), senza aver segnalato al Dipartimento le evidenti difformità (punto 3, lettera a), accettando di fatto la procedura de quo (punto 3, lettere b, c, d) – circostanze, tutte, che non sono, a ben vedere, sostanzialmente differenti da quanto inizialmente contestato, né si caratterizzano in termini di diversità o di [#OMISSIS#] gravità, ma esplicitano ulteriormente aspetti fattuali caratterizzanti la condotta censurata nel suo complesso.

5.2. La giurisprudenza, anche della Cassazione, ha invero ritenuto che non vi sia violazione del principio di immutabilità della contestazione “in ogni ipotesi di divergenza tra i fatti posti a base della contestazione iniziale e quelli che sorreggono il provvedimento disciplinare, ma solo nel [#OMISSIS#] in cui tale divergenza comporti in concreto una violazione del diritto di difesa del lavoratore” (Cassazione, sentenza n. 22127/2016).

5.2.1. Il diritto di difesa, garantito dal divieto di mutatio libelli, risulta quindi violato solo quando a fondamento della sanzione disciplinare vengano poste circostanze sostanzialmente differenti da quelle addebitate, rispetto alle quali l’interessato non sia stato in grado di replicare.

E’ stato poi puntualmente osservato come “il principio di corrispondenza tra la contestazione degli addebiti e l’addebito oggetto del provvedimento finale deve essere inteso in senso sostanziale, essendo esclusa la necessità di una formalistica coincidenza tra le due fasi laddove all’interessato sia stato comunque consentito l’effettivo esercizio delle proprie prerogative difensive attraverso la conoscenza della condotta oggetto di accertamento e degli elementi costitutivi dell’illecito, rientrando i nuovi elementi acquisiti nel corso del procedimento, non modificativi della fattispecie illecita, [#OMISSIS#] dialettica procedimentale che si articola attraverso l’esercizio del diritto di accesso e di presentazione di documenti e scritti difensivi” (in tali termini, TAR Lazio, Sez. II, sentenza n. 4461/2013).

5.3. A ciò si aggiunga che in sede di audizione del -OMISSIS-, l’interessato ha avuto modo di replicare ed esporre le proprie difese in merito alle questioni delle registrazioni audio, della mancata segnalazione delle difformità del bando nonché dei rapporti con i componenti la Commissione, di tal ché non può sostenersi che dette circostanze, evidenziate dal Collegio di Disciplina, abbiano sostanzialmente violato il principio in questione, avendo invece il ricorrente potuto esercitare al riguardo il proprio diritto di difesa.

6. Con il quarto motivo di ricorso, si contesta in particolare l’uso delle registrazioni audio in quanto relative a conversazioni intercorse tra soggetti terzi.

6.1. La censura non coglie nel segno, atteso che l’Amministrazione – [#OMISSIS#] figura del Delegato prima e del Collegio di Disciplina poi – ha utilizzato quanto emerso dai colloqui telefonici in funzione delle successive e autonome valutazioni compiute in sede di istruttoria, non limitandosi all’acquisizione dei contenuti delle registrazioni, ma svolgendo un’accurata istruttoria dalla quale ha autonomamente tratto conferma della sussistenza dei fatti addebitati al ricorrente, su cui, come sopra visto, lo stesso ha avuto più volte modo di argomentare.

7. Infine, con l’[#OMISSIS#] censura, il ricorrente deduce nel merito l’insussistenza degli addebiti, evidenziando in particolare la non imputabilità allo stesso della redazione materiale del bando e successiva pubblicazione, dopo l’approvazione della proposta fatta dal Consiglio di Dipartimento.

7.1. Al riguardo, [#OMISSIS#] restando la discrezionalità spettante all’Amministrazione [#OMISSIS#] valutazione dei fatti e nell’irrogazione della sanzione, questo Collegio non ravvisa alcun travisamento né illogicità nelle argomentazioni e motivazioni seguite dal Collegio di Disciplina, tanto più che, con specifico riguardo alla responsabilità della modifica del bando, detto organo ha espressamente rilevato come le modifiche presupponessero una compiuta e puntuale conoscenza dello stato dell’arte del progetto e conseguentemente delle professionalità ancora da acquisire per il completamento dello stesso in relazione ai fondi disponibili, conoscenza che solo il Responsabile scientifico del progetto e titolare dei fondi, ovvero il ricorrente, poteva avere.

Su questo, [#OMISSIS#] è stato contestato.

8. Conclusivamente, alla luce di tutto quanto sopra, il ricorso non può essere accolto.

9. Si ravvisano tuttavia giustificati motivi, in ragione della particolarità della vicenda, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 5 luglio 2023 con l’intervento dei magistrati:

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario