18100/2023 REG.PROV.COLL.
13846/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 13846 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Chiabotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell’Università e della Ricerca, non costituito in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
del decreto rettorale n. -OMISSIS- del 06.07.2023, notificato per pec il 10.07.2023, con il quale è stata disposta la rettifica dell’inquadramento giuridico ed economico relativo al Dott. -OMISSIS- a decorrere dal 1.11.1997, di ogni altro atto e/o documento antecedente e/o conseguente direttamente e/o indirettamente connesso e/o presupposto con il provvedimento impugnato che sia lesivo dei diritti e/o interessi del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Roma La Sapienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2023 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Giordano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente – ricercatore universitario nella Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza – con gravame ritualmente proposto, ha impugnato, previa sospensiva, il decreto rettorale in epigrafe.
Con esso, l’Ateneo di appartenenza ha rettificato l’inquadramento giuridico ed economico del dott. -OMISSIS-. Il provvedimento gravato ha comportato il peggioramento del trattamento economico sino ad allora fruito dal 1/11/1997, disponendo il recupero, mediante conguaglio a suo carico, delle somme indebitamente erogate rispetto a quelle legittimamente spettanti. Ciò in quanto, per l’erroneo caricamento dell’applicativo informatico CSA “gestione carriera docenti”, dall’ indicata data gli erano state corrisposte retribuzioni di importo superiore a quello dovuto.
Con atto depositato il 3/11/2023, la difesa erariale – con formula di stile – si è costituita in resistenza nell’interesse dell’Ateneo intimato. Alla Camera di Consiglio del 7/11/2023 – previo avviso ex art 60 cpa – il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Parte ricorrente affida il proprio gravame ai seguenti motivi di diritto:
1) Violazione e falsa interpretazione e applicazione degli artt. 2, 7, 8, 9 della Legge 241/90. Eccesso di potere e violazione dell’imparzialità e del buon andamento dell’Amministrazione ex art. 97 della Costituzione.
Il ricorrente sostiene che la comunicazione di avvio del procedimento di rettifica del proprio inquadramento giuridico ed economico – a mezzo nota del 2/2/2023 dell’ Ateneo di appartenenza – non era idonea a garantire il conseguimento dello scopo delle norme sulla partecipazione al relativo procedimento amministrativo, attesa la sua genericità, sommarietà e incompletezza rispetto a quanto prescrive l’art. 8 (Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento) L 241/1990.
In particolare, il dott. -OMISSIS- censura come la comunicazione di avvio del procedimento non contenga le seguenti indicazioni: il nominativo della persona responsabile del procedimento; la data di conclusione del procedimento di rettifica; le modalità telematiche con le quali prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico e partecipare al procedimento avviato; l’ufficio nel quale prendere visione degli atti non accessibili con modalità telematiche.
Secondo parte ricorrente, si tratterebbe di omissioni tali da pregiudicare la stessa effettività del contraddittorio endoprocedimentale, alla luce del relativo esito, sfavorevole per il destinatario del provvedimento impugnato in questa sede.
Inoltre, l’Università ha largamente superato il termine per la durata complessiva del procedimento amministrativo in questione. Per il quale – in difetto di apposita norma regolamentare che ne disponga uno più ampio – vige il termine sussidiario di conclusione del procedimento ex art. 2, comma 2 L 241/1990, pari a 30 giorni.
I vizi procedimentali denunciati col primo motivo di ricorso sono inidonei a incidere sull’annullabilità del provvedimento gravato.
In particolare, la comunicazione del 2/2/2023 – benchè non includa tutte le indicazioni prescritte dall’art. 8 L 241/1990 – è conforme, in concreto, alla ratio della norma di assicurare l’effetto esercizio, da parte degli interessati, dei diritti di partecipazione al procedimento amministrativo. Le censurate omissioni, in effetti, non hanno pregiudicato il diritto del dott. -OMISSIS- a un giusto procedimento, atteso che – nella fase endoprocedimentale, in data 16/2/2023 – l’odierno ricorrente aveva trasmesso al proprio Ateneo apposite osservazioni, ascrivibili alla tipologia delle memorie scritte che gli interessati sono legittimati a produrre a fini difensivi e che l’Università procedente ha comunque valutato ex art. 10, lett. b) L 241/1990, prima di emettere il provvedimento gravato. Ne consegue l’innocuità del dedotto vizio procedimentale. Tanto più che – attesa la natura vincolata del decreto rettorale impugnato, privo di margini di apprezzamento discrezionale, in quanto inteso a porre rimedio a un evidente danno all’erario – il relativo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello, in concreto, adottato. Circostanza, questa, che ne preclude l’annullabilità – trattandosi di irregolarità meramente formali – secondo il successivo art. 21 octies L 241/1990.
Né maggiore consistenza presenta la censura concernente l’inosservanza del termine di conclusione del procedimento in questione, atteso che è correntemente riconosciuto come i termini disciplinati dall’art. 2 L 241/1990 abbiano carattere ordinatorio. Pertanto, non può considerarsi soggetto a consumazione il potere di emettere il provvedimento di rettifica da parte dell’Università, essendo il termine sussidiario di 30 giorni applicabile meramente sollecitatorio e non già perentorio.
2) Violazione, omessa e mancata applicazione della L. 336/1970. Eccesso e straripamento di potere individuato dalla funzione e difetto assoluto di motivazione. Violazione dell’ imparzialità e del buon andamento dell’Amministrazione ex art. 97 della Costituzione. Contraddittorietà interna tra gli atti amministrativi ed esterna.
Il ricorrente prospetta come l’Ateneo di appartenenza – in relazione allo status del dott. -OMISSIS- di profugo italiano rimpatriato dalla Libia, beneficiario dello scatto stipendiale del 2,5% che l’art. 1 L 336/1970 riconosce al personale pubblico, incremento retributivo cumulabile con i tre scatti previsti dal successivo art. 2 alla cessazione dal servizio – con il provvedimento impugnato, a differenza che nel precedente inquadramento economico- giuridico, ora rettificato con effetto dal 1/11/1997, “ non pare aver considerato tale elemento,” incorrendo nel difetto assoluto di motivazione.
Il relativo motivo, per la genericità della relativa prospettazione – evidenziata dalla sua stessa formulazione ipotetica, che difetta di specificità – è inammissibile, a norma dell’art. 40 cpa.
3 ) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della Legge 241/90, nonché per violazione e mancata applicazione dell’istituto della prescrizione. Eccesso di potere per illogicità manifesta. Straripamento di potere individuato dalla funzione. Violazione dell’imparzialità e del buon andamento dell’ Amministrazione ex art. 97 della Costituzione. Contraddittorietà degli atti del procedimento.
Secondo parte ricorrente, sarebbe arbitraria e impropria la qualificazione in termini di rettifica del provvedimento gravato, in quanto atto pienamente soggetto alla disciplina sull’annullamento d’ufficio in sede di autotutela amministrativa, regolata dall’art. 21 nonies L 241/1990. In particolare, l’Università non avrebbe adeguatamente ponderato la sua buona fede rispetto all’interesse a procedere al recupero dell’indebito – in quanto l’interessato è del tutto estraneo al precedente inquadramento, frutto di un errore imputabile esclusivamente all’Ateneo – sostanzialmente svalutando il legittimo affidamento dell’interessato in ordine al precedente inquadramento economico- giuridico. La evidente buona fede del dott. -OMISSIS- avrebbe dovuto determinare l’Università ad adottare una decisione d’irripetibilità delle somme delle quali, invece, ha chiesto la restituzione.
In subordine, il ricorrente eccepisce “ la prescrizione dei maggiori importi attribuiti antecedenti al quinquennio rispetto al provvedimento impugnato”.
Sotto il primo profilo, l’ultima censura è agevolmente superabile. L’esigenza cogente di recuperare somme indebitamente erogate dall’erario costituisce motivazione in re ipsa che non richiede diffuse giustificazioni e preclude che il percipiente – malgrado la sua estraneità all’errore in cui è incorsa l’Università – possa ragionevolmente coltivare un legittimo affidamento nell’irripetibilità dei relativi importi. Nel caso in esame, conformemente all’art. 2033 cc – trattandosi di indebito oggettivo – la buona fede dell’ accipiens non può comportare l’irripetibilità delle somme corrisposte dal solvens. Semmai, di per sé, come emerge pure dalla giurisprudenza indicata dal ricorrente, è idonea ad incidere circa le modalità di recupero – in particolare, mediante rateazione – delle somme indebitamente percepite dall’ accipiens in buona fede.
Invece, l’eccezione di prescrizione parziale delle somme chieste in restituzione dall’Ateneo è, in parte, fondata. Ma – diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, che sostiene l’applicabilità della prescrizione quinquennale ex art. 2948 cc – “L’azione di recupero di somme indebitamente corrisposte al pubblico dipendente da parte della PA datrice di lavoro è soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art.2946 cc e non anche a quello quinquennale previsto dall’art. 2948 dello stesso codice” (Cfr. ex multis TAR Sicilia – Catania –n. 2256/ 2014; Conf. TAR Lazio – n. 7172/2014).
In conclusione, il ricorso viene accolto esclusivamente in ordine all’eccezione, formulata in subordine, di parziale prescrizione delle somme richieste – peraltro, diversamente da quanto prospettato nel terzo motivo, nei limiti consentiti dalla prescrizione ordinaria decennale ex art.2946 cc delle somme indebitamente erogate e percepite dal 1/11/1997 – e rigettato quanto al resto, attesa l’inammissibilità e infondatezza di tutti gli altri mezzi di gravame esaminati dal Collegio. Considerata la parziale soccombenza di entrambe le parti, si ritiene opportuno disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto – come da motivazione – lo accoglie esclusivamente in ordine all’eccezione, formulata in subordine dal ricorrente, di parziale prescrizione delle somme richieste dall’Università resistente, nei limiti consentiti dalla prescrizione ordinaria decennale ex art.2946 cc delle somme indebitamente erogate e percepite dal 1/11/1997 e lo rigetta quanto agli altri mezzi di gravame proposti. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] La [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Giordano, Referendario, Estensore