Cons. Stato, Sez. VII, 15 gennaio 2024, n. 516

Sull’avvio del procedimento disciplinare nei confronti del professore universitario

Data Documento: 2024-01-15
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

La formulazione dell’avviso di avvio procedimentale può richiedere integrazioni successive dopo la prima notizia, al fine di pervenire alla redazione del medesimo avviso in termini il più possibile articolati, con un sufficiente grado di completezza, chiarezza e coerenza. Solo dal momento della chiara e precisa conoscenza dei fatti posti alla base dell’addebito è infatti possibile far decorrere il termine previsto di 30 giorni, perché, altrimenti, sarebbe impossibile apprezzare compiutamente i fatti e quindi l’opportunità di dar avvio o meno al procedimento disciplinare.

Contenuto sentenza

00516/2024 REG.PROV.COLL.

04550/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4550 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, e l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del Rettore pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Università di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane, non costituita in giudizio;

nei confronti

Ministero dell’Istruzione, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 8716/2023

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2023 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti l’avvocato OMISSIS e l’avvocato dello Stato OMISSIS;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, professore -OMISSIS-presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, ha impugnato la sentenza n. 8716 del 2023 con cui il Tar Lazio ha respinto il suo ricorso, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento della sanzione disciplinare della sospensione di due mesi dal servizio irrogatagli dall’Ateneo per avere posto in essere condotte lesive della dignità e della credibilità della funzione docente.

2. In particolare, con il ricorso di primo grado l’interessato aveva articolato quattro censure, tutte partitamente esaminate e respinte dal Tar:

I- Difetto di motivazione – violazione del principio di proporzionalità – eccesso di potere per sproporzione della sanzione irrogata rispetto ai fatti addebitati.

II- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e della motivazione – travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti.

III- Violazione dell’art. 89 R.D. 31-8-1933 n. 1592 – travisamento dei fatti e dei presupposti.

IV- Violazione dell’art. 10, comma 2, l. 30 dicembre 2010, n. 240 e dell’art. 7, comma 5, del regolamento per i procedimenti disciplinari.

3. Nel censurare la correttezza del ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice, l’appellante in sostanza ripropone tutte le originarie censure, articolandole quale ragioni di critica specifica avverso la sentenza impugnata, così nella sostanza devolvendo alla cognizione del giudice di appello tutta l’originaria materia del contendere.

4. Più in particolare, col primo motivo di appello si duole che il Tar, errando nell’applicazione dell’art. 10, comma 2, l. 30 dicembre 2010, n. 240 e dell’art. 5, comma 4, del regolamento per i procedimenti disciplinari, non avrebbe considerato che l’azione disciplinare è stata esercitata tardivamente e, di conseguenza, l’Ateneo non avrebbe potuto irrogare la sanzione disciplinare.

Con il secondo motivo di appello lamenta, invece, che il primo giudice non si sarebbe avveduto della grave sproporzione della sanzione irrogata rispetto ai fatti addebitati.

Con il terzo motivo di appello sostiene poi che il primo giudice non si sarebbe nemmeno avveduto dell’assenza delle condizioni per potere applicare la sanazione in questione, essendo stata omessa ogni valutazione, a suo dire, circa la abitualità della condotta e la violazione dei doveri d’ufficio.

Infine, con il quarto motivo di appello ha ribadito la violazione dei diritti partecipativi e delle garanzie procedimentali, lamentando il mancato riscontro alla richiesta di accesso agli atti e la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio.

5. Il Ministero dell’Università e della Ricerca e l’Università La Sapienza si sono costituiti in giudizio e hanno chiesto il rigetto dell’appello.

6. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive attraverso il deposito di documenti, di memorie integrative e di memorie di replica, approfondendo nello specifico la questione della tempestività dell’azione disciplinare, in ciò sollecitate anche dall’ordinanza cautelare della Sezione n. –OMISSIS-

7. Alla udienza pubblica del 3 ottobre 2023 la causa è stata discussa dalle parti e trattenuta in decisione.

8. L’appello è infondato.

9. Più in particolare, è infondato il primo motivo con cui ci si duole della decadenza dall’azione disciplinare.

A questo proposito mette conto di osservare che il quadro normativo di riferimento (art. 10, legge n. 240/2010) è adeguatamente chiaro e preciso nel prevedere che:

“2. L’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall’articolo 87 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta;

3. Il collegio di disciplina, uditi il rettore ovvero un suo delegato, nonché il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia, entro trenta giorni esprime parere sulla proposta avanzata dal rettore sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare e trasmette gli atti al consiglio di amministrazione per l’assunzione delle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al collegio resta disciplinato dalla normativa vigente;

4. Entro trenta giorni dalla ricezione del parere, il consiglio di amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge la sanzione ovvero dispone l’archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante espresso dal collegio di disciplina;

5. Il procedimento si estingue ove la decisione di cui al comma 4 non intervenga nel termine di centottanta giorni dalla data di avvio del procedimento stesso. Il termine è sospeso fino alla ricostituzione del collegio di disciplina ovvero del consiglio di amministrazione nel caso in cui siano in corso le operazioni preordinate alla formazione dello stesso che ne impediscono il regolare funzionamento. Il termine è altresì sospeso, per non più di due volte e per un periodo non superiore a sessanta giorni in relazione a ciascuna sospensione, ove il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o documenti per motivi istruttori. Il rettore è tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie avanzate dal collegio”.

Nel caso all’esame, le produzioni documentali versate agli atti del giudizio dimostrano che il Garante degli studenti ha inviato tutta la documentazione rilevante in data -OMISSIS-

Non coglie nel segno, invece, il tentativo dell’appellante di far retrocedere il compimento di detta attività al -OMISSIS-, argomentando sul rilievo che la mail del -OMISSIS- sarebbe solo integrativa di quelle inviate nelle precedenti giornate del -OMISSIS-.

Di conseguenza, è destituita di fondamento l’affermazione secondo cui il delegato della Rettrice avrebbe avuto conoscenza dei fatti prima del -OMISSIS-, sostanziandosi, il concetto giuridico di conoscenza, di due fondamentali elementi: l’esistenza di una notizia soggettivamente ed oggettivamente qualificata in quanto pervenuta nella disponibilità dell’Organo preposto istituzionalmente all’avvio del procedimento disciplinare, e l’esistenza di una notizia il più possibile circostanziata, sia ai fini del consapevole esercizio dell’azione disciplinare da parte del suddetto organo, sia nell’interesse dell’incolpato al fine di garantirgli il pieno esercizio del diritto di difesa.

Deve con ciò ribadirsi il principio generale seguito dalla giurisprudenza amministrativa in tema di addebiti disciplinari, e cioè che la formulazione dell’avviso di avvio procedimentale può richiedere integrazioni successive dopo la prima notizia, al fine di pervenire alla redazione del medesimo avviso in termini il più possibile articolati, con un sufficiente grado di completezza, chiarezza e coerenza.

Solo dal momento della chiara e precisa conoscenza dei fatti posti alla base dell’addebito è infatti possibile far decorrere il termine previsto di 30 giorni, perché, altrimenti, sarebbe impossibile apprezzare compiutamente i fatti e quindi l’opportunità di dar avvio o meno al procedimento disciplinare.

Non sussistono inoltre dubbi circa il fatto che la comunicazione del -OMISSIS- sia stata trasmessa al Delegato della Rettrice mediante la nota protocollare n. -OMISSIS-, sicché l’annotazione a penna della data del -OMISSIS- è soltanto indice del fatto che nei giorni precedenti l’Ufficio preposto abbia cominciato a raccogliere tutta la documentazione rilevante via via pervenuta, senza tuttavia che sulla vicenda si fosse delineato alcunché di specifico e definitivo.

Che tale sia la corretta ricostruzione dei fatti è conclusione anche ulteriormente avvalorata dalle specifiche modalità con cui si è svolto il rapporto il docente e la studentessa, attraverso lo scambio di numerosissime comunicazioni e frequenti messaggi, soprattutto telefonici, per un lasso di tempo assai ampio (oltre un anno), che ha dato vita alla formazione di un ingente materiale documentale da sottoporre ad accurata ricostruzione e valutazione.

Anche alla luce di ciò, la “completa ed esauriente cognizione” richiesta dalla giurisprudenza amministrativa ai fini della decorrenza del termine per l’inizio dell’azione disciplinare, non poteva che derivare dalla formale trasmissione di tutto il materiale raccolto sulla base di questi specifici criteri, e quindi in data -OMISSIS- e non prima.

Se ne deve dunque concludere che il procedimento disciplinare originato da detta segnalazione e avviato, dopo apposita istruttoria, al Collegio di disciplina nella successiva data del -OMISSIS-, sia stato assolutamente tempestivo.

In ragione della suddetta tempestività, mette conto ancora osservare che non hanno pregio le ulteriori argomentazioni con cui l’appellante invoca la remissione alla Plenaria della questione circa il contrasto registrato nella giurisprudenza delle Sezioni interne al Consiglio di Stato circa la natura ordinatoria (secondo la Sezione VI, sentenza 2379/2019) e perentoria (secondo la Sezione VII, sentenza 3316/2023) del termine per la contestazione degli addebiti, per la semplice ragione che nel caso di specie il termine è stato osservato: riassuntivamente, il delegato del rettore ha ricevuto la notizia dell’illecito in data -OMISSIS-; il Rettorato ha comunicato all’interessato l’avviso di avvio del procedimento il successivo -OMISSIS-entro il previsto termine di 30 gg e cioè il -OMISSIS- sono stati formalmente contestati gli addebiti; nei 160 gg successivi è stata emessa la sanzione, e dunque nel pieno rispetto del termine perentorio di 180 gg; vi è stata la sospensione del procedimento per esigenze istruttorie, essendo stata fatta perizia nell’interesse dell’incolpato, avendo la denunciante disconosciuto la firma sull’accordo di riservatezza dai medesimi stipulato.

10. Anche i restanti motivi di appello sono infondati.

Anzitutto occorre sottolineare che la giurisprudenza amministrativa consolidata ritiene che nel giudizio impugnatorio di una sanzione disciplinare non possono essere sindacate, in quanto espressione di ampia discrezionalità, la valutazione dei fatti dei quali il dipendente è ritenuto responsabile ed il convincimento sulla gravità delle infrazioni addebitate, non potendo il giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall’Amministrazione, se non in presenza di gravi vizi del procedimento ovvero di palese travisamento dei fatti o evidente irragionevolezza.

Il giudizio disciplinare ha avuto oggetto unicamente la condotta del docente in ragione del ruolo istituzionale dallo stesso ricoperto.

Il Collegio ritiene che la sentenza di primo grado sia corretta nella parte in cui ha vagliato la legittimità dell’operato dell’Amministrazione di appartenenza, dal momento che occorre tenere presente come ai fini disciplinari rilevi esclusivamente la condotta del docente in quanto non in linea con la dignità della funzione, in considerazione dei particolari rapporti intrattenuti con la studentessa.

Il Collegio di Disciplina, infatti, ha legittimamente ritenuto la rilevanza lesiva intrinseca della condotta dell’incolpato per l’immagine dell’Ateneo, a prescindere dalla diffusione all’esterno della condotta, in ragione del rapporto di immedesimazione organica che lega il dipendente all’Università di appartenenza e alla circostanza che egli costituisce espressione diretta e immediata all’esterno dell’Ateneo con conseguente immediata ripercussione delle condotte personali sull’immagine istituzionale dell’Università di appartenenza.

Non è inoltre corretto sostenere che detta sentenza sia viziata per omesso esame e valutazione degli elementi della abitualità della condotta e della violazione dei doveri d’ufficio, che costituiscono il presupposto specifico per l’applicazione della sanzione della sospensione. Né è condivisibile l’ulteriore affermazione secondo cui la sanzione irrogata sarebbe illogica e sproporzionata poiché l’istruttoria non avrebbe tenuto conto né delle argomentazioni contenute nelle memorie difensive prodotte dall’interessato dalle quali emergeva una differente ricostruzione dei fatti, né delle ritrattazioni della studentessa, la quale, dopo avere presentato la denuncia, esplicitamente ha chiesto di non procedere nei confronti dei professore adducendo di non volere essere strumentalizzata.

Trattasi, infatti, di asserzioni inconferenti che non elidono il disvalore giuridico del fatto commesso dal docente, né ab origine né a posteriori, essendo irrilevanti gli atteggiamenti soggettivi tenuti dalla studentessa, e rilevando, il fatto, soltanto in sé ed oggettivamente.

Analoghe considerazioni possono essere svolte circa il giudizio di proporzionalità, essendo una sanzione sospensiva di soli due mesi perfettamente adeguata e commisurata ai fatti commessi, perdurati, come si è già detto, per oltre un anno e caratterizzati anche dal tentativo del docente di nascondere il proprio comportamento attraverso la stipulazione di un formale patto di riservatezza con la studentessa.

Infine, mette conto di osservare che nessuna violazione del diritto di difesa e del contraddittorio si è perpetrata ai danni del docente, essendo stato lo stesso messo a conoscenza di tutto il materiale istruttorio e probatorio raccolto nei suoi confronti.

11. In definitiva, alla luce delle dette considerazioni, l’appello va respinto.

12. Le spese del giudizio sono liquidate come in dispositivo secondo la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna la parte appellante alla refusione delle spese del giudizio in favore delle parti appellate nella misura di euro 4.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellante.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Omissis, Presidente

Omissis, Consigliere

Omissis, Consigliere

Omissis, Consigliere, Estensore

Omissis, Consigliere

L’Estensore OMISSIS

Il Presidente OMISSIS

Pubblicato il 15 gennaio 2024