Le somme corrisposte a titolo di assegno ad personam, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge che ha abrogato l’assegno, nel caso in cui si sia formato un legittimo affidamento, non sono automaticamente irripetibili, poiché è necessario valutare nel singolo caso concreto la proporzionalità dell’interferenza conseguente alla disposta richiesta di restituzione.
TAR Lazio, Sez. III ter, 12 febbraio 2024, n. 2791
Sulla legittimità della revoca dell’assegno ad personam relativo ai c.d. passaggi di carriera e della conseguente ripetizione delle somme indebitamente corrisposte
02791/2024 REG.PROV.COLL.
16445/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 16445 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
a) della nota -OMISSIS- del 20 ottobre 2022 dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane / Ufficio Reclutamento Professori I e II Fascia e Gestione Carriere Personale Docente / Settore Stato Giuridico ed Economico Personale Docente avente ad oggetto “Prof. -OMISSIS-. Professore Ordinario – Revoca assegno personale” con la quale è stata trasmessa copia del D.R. -OMISSIS- 18 ottobre 2022;
b) del decreto-OMISSIS- del 18 ottobre 2022, allegato alla suindicata nota del 20 ottobre 2022, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane / Ufficio Reclutamento Professori I e II Fascia e Gestione Carriere Personale Docente / Settore Stato Giuridico ed Economico Personale Docente con il quale è stato revocato a partire dal 1° febbraio 2014 l’assegno personale interamente pensionabile in quota “A” attribuito, ai sensi dell’art. 3 comma 57, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, al Prof. Avv. -OMISSIS-, richiesta la ripetizione delle somme corrisposte a partire dalla suddetta data e avviato il procedimento volto ad ottenere il rimborso delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sui predetti emolumenti, oltre a comunicare all’INPS la rettifica della posizione previdenziale del Prof. -OMISSIS-;
c) della richiesta di verifica budget di cui al decreto-OMISSIS- del 18 ottobre 2022, sempre allegata alla suindicata nota del 20 ottobre 2022, avente ad oggetto “Conguaglio tra le competenze economiche effettivamente corrisposte al Prof. -OMISSIS- dal 01.02.2014 e il trattamento economico riconosciuto all’interessato ratione temporis”, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione / Settore Programmazione Finanziaria, ciclo autorizzatorio della spesa e variazioni di bilancio;
d) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi quelli volti al recupero delle predette somme come emergenti dai cedolini;
nonché, per l’accertamento del diritto del ricorrente all’assegno personale attribuito, ai sensi dell’art. 3, co. 57, della l. 24 dicembre 1993 n. 537;
e, per l’effetto, per la condanna
dell’Amministrazione resistente a restituire le somme medio tempore non corrisposte/trattenute, oltre interessi, nonché al risarcimento dei danni.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- -OMISSIS- il 13/3/2023:
per l’annullamento
a) della nota -OMISSIS- del 20 ottobre 2022 dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane / Ufficio Reclutamento Professori I e II Fascia e Gestione Carriere Personale Docente / Settore Stato Giuridico ed Economico Personale Docente avente ad oggetto “Prof. -OMISSIS-. Professore Ordinario – Revoca assegno personale” con la quale è stata trasmessa copia del D.R. -OMISSIS- 18 ottobre 2022;
b) del decreto-OMISSIS- del 18 ottobre 2022, allegato alla suindicata nota del 20 ottobre 2022, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane / Ufficio Reclutamento Professori I e II Fascia e Gestione Carriere Personale Docente / Settore Stato Giuridico ed Economico Personale Docente con il quale è stato revocato a partire dal 1° febbraio 2014 l’assegno personale interamente pensionabile in quota “A” attribuito, ai sensi dell’art. 3 comma 57, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, al Prof. Avv. -OMISSIS-, richiesta la ripetizione delle somme corrisposte a partire dalla suddetta data e avviato il procedimento volto ad ottenere il rimborso delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sui predetti emolumenti, oltre a comunicare all’INPS la rettifica della posizione previdenziale del Prof. -OMISSIS-;
c) della richiesta di verifica budget di cui al decreto-OMISSIS- del 18 ottobre 2022, sempre allegata alla suindicata nota del 20 ottobre 2022, avente ad oggetto “Conguaglio tra le competenze economiche effettivamente corrisposte al Prof. -OMISSIS- dal 01.02.2014 e il trattamento economico riconosciuto all’interessato ratione temporis”, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione / Settore Programmazione Finanziaria, ciclo autorizzatorio della spesa e variazioni di bilancio;
d) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi quelli volti al recupero delle predette somme come emergenti dai cedolini;
nonché, per l’accertamento
del diritto del ricorrente all’assegno personale attribuito, ai sensi dell’art. 3, co. 57, della l. 24 dicembre 1993 n. 537;
e, per l’effetto, per la condanna
dell’Amministrazione resistente a restituire le somme medio tempore non corrisposte/trattenute, oltre interessi, nonché al risarcimento dei danni.
nonché, con i presenti motivi aggiunti, per l’annullamento
della nota “-OMISSIS-” dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione del 5 gennaio 2023.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- -OMISSIS- il 3/10/2023:
per l’annullamento
a) della nota -OMISSIS- del 20 ottobre 2022 dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane / Ufficio Reclutamento Professori I e II Fascia e Gestione Carriere Personale Docente / Settore Stato Giuridico ed Economico Personale Docente avente ad oggetto “Prof. -OMISSIS-. Professore Ordinario – Revoca assegno personale” con la quale è stata trasmessa copia del D.R. -OMISSIS- 18 ottobre 2022;
b) del decreto-OMISSIS- del 18 ottobre 2022, allegato alla suindicata nota del 20 ottobre 2022, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Risorse Umane / Ufficio Reclutamento Professori I e II Fascia e Gestione Carriere Personale Docente / Settore Stato Giuridico ed Economico Personale Docente con il quale è stato revocato a partire dal 1° febbraio 2014 l’assegno personale interamente pensionabile in quota “A” attribuito, ai sensi dell’art. 3 comma 57, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, al Prof. Avv. -OMISSIS-, richiesta la ripetizione delle somme corrisposte a partire dalla suddetta data e avviato il procedimento volto ad ottenere il rimborso delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sui predetti emolumenti, oltre a comunicare all’INPS la rettifica della posizione previdenziale del Prof. -OMISSIS-;
c) della richiesta di verifica budget di cui al decreto-OMISSIS- del 18 ottobre 2022, sempre allegata alla suindicata nota del 20 ottobre 2022, avente ad oggetto “Conguaglio tra le competenze economiche effettivamente corrisposte al Prof. -OMISSIS- dal 01.02.2014 e il trattamento economico riconosciuto all’interessato ratione temporis”, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione / Settore Programmazione Finanziaria, ciclo autorizzatorio della spesa e variazioni di bilancio;
d) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi quelli volti al recupero delle predette somme come emergenti dai cedolini;
nonché, per l’accertamento del diritto del ricorrente all’assegno personale attribuito, ai sensi dell’art. 3, co. 57, della l. 24 dicembre 1993 n. 537;
e, per l’effetto, per la condanna dell’Amministrazione resistente a restituire le somme medio tempore non corrisposte/trattenute, oltre interessi, nonché al risarcimento dei danni;
nonché, con i primi motivi aggiunti, per l’annullamento della nota “-OMISSIS-” dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione del 5 gennaio 2023;
nonché, con i presenti secondi motivi aggiunti, per l’annullamento della nota “-OMISSIS-” dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza – Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione del 21 luglio 2023
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Roma La Sapienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2024 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’odierno ricorrente, professore ordinario presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, impugna i provvedimenti con cui l’Ateneo ha disposto la ripetizione, a far data dal 1° febbraio 2014, delle somme già percepite dallo stesso a titolo di assegno ad personamai sensi dell’art. 202 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e per il riconoscimento del suo diritto all’assegno ad personam anche dopo l’entrata in vigore della l. n. 147/2013, che ne ha disposto abrogazione; chiede, in via subordinata, di riconoscere come illegittima l’azione di ripetizione degli assegni personali corrisposti dall’Università, dopo l’entrata in vigore della suddetta legge; in via ulteriormente gradata, chiede di annullare gli atti impugnati, nella parte in cui è stata chiesta la ripetizione delle somme al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali e non anche di quelle fiscali; chiede infine che l’Ateneo sia condannato alla restituzione di tutte le somme medio temporenon corrisposte/trattenute o versate dal ricorrente all’Università, oltre interessi, nonché al risarcimento dei danni subiti e subendi per effetto dell’attività illegittima dell’Amministrazione.
2. Espone in fatto di aver ottenuto l’attribuzione dell’assegno in questione al momento della sua assunzione in servizio quale professore associato, a decorrere dal 3 gennaio 2005, in ragione del precedente maggiore trattamento economico goduto in qualità di magistrato ordinario e di aver beneficiato dello stesso, senza soluzione di continuità, anche dopo l’abrogazione dell’art. 202 del d.P.R. n. 3/57 ad opera dell’art. 1, comma 458, della legge n. 147/2013, avendo l’Università ritenuto di confermare, nel 2014, il suddetto trattamento economico sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con parere n. 49968 del 9 giugno 2014, in merito alle modalità applicative dell’art. 1, commi 458 e 459, della legge n. 147/2013.
2.1. Sennonché, con -OMISSIS- del 18 ottobre 2022 (doc.2) l’Università ha revocato il predetto assegno a decorrere dal 1° febbraio 2014, ha individuato la nuova retribuzione spettante e disposto la ripetizione delle somme corrisposte a tale titolo e il relativo conguaglio, nonché l’avvio del procedimento diretto a richiedere il rimborso delle ritenute previdenziali e assistenziali.
2.2. Quale motivazione della revoca, a fronte dell’iniziale ritenuta inapplicabilità della l. 147/2013, abrogativa dell’art. 202 del d.P.R. n. 3/57, alla retribuzione del ricorrente, in conseguenza della sua assunzione in data anteriore all’entrata in vigore della l. 147/2013, il precedente giurisprudenziale reso dal Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 6620 del 2 ottobre 2019 ha determinato una diversa e corretta interpretazione, ponendo in evidenza che l’efficacia abrogativa del comma 458 della Legge n. 147/2013 è complessiva, poiché colpisce in [#OMISSIS#] l’art. 202 del DPR 3/1957 e non ammette né ultrattività, né tampoco regimi transitori, che in caso contrario snaturerebbero l’abolizione immediata d’ogni e qualunque effetto nocivo perdurante sui conti pubblici e che le disposizioni di cui all’art. 1, commi 458 e 459, della Legge n. 147/2013 hanno in comune la stessa efficacia retroattiva, pur se del peculiare tipo della retroattività c.d. impropria, trovando pertanto applicazione solo relativamente ai ratei stipendiali corrisposti in data successiva alla loro entrata in vigore.
3. Ritenendo la condotta dell’Università contraria ai principi di certezza delle posizioni giuridiche acquisite, di buona fede e di legittimo affidamento del privato, il ricorrente ha proposto il presente ricorso, deducendo, in particolare, i seguenti motivi di diritto:
I – “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 38 Cost. e degli artt. 11 e 117 Cost. in relazione all’art. 1 del protocollo CEDU, dell’art. 1, commi 458 e 459, della l. 147/2013. Violazione del principio del legittimo affidamento e del principio di proporzionalità e ragionevolezza. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e ingiustizia manifesta. accertamento del diritto del ricorrente all’attribuzione dell’assegno ad personam ex art. 3, co. 57, della l. 537/93”.
II- “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21-quinquies, 21-nonies della l. n. 241/90. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, difetto di motivazione e ingiustizia manifesta”.
III – “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11 e 117 Cost. in relazione all’art. 1 del protocollo CEDU. Violazione del principio del legittimo affidamento e del principio di proporzionalità e ragionevolezza. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e ingiustizia manifesta”.
IV- “violazione e falsa applicazione dell’art. 10, co. 2-bis, del tuir. Eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e ingiustizia manifesta”.
3.1. Il ricorrente propone inoltre domanda di restituzione di tutte le somme medio tempore non corrisposte/trattenute o versate dal ricorrente all’Università ovvero di quelle che saranno accertate essere illegittime, oltre interessi e domanda di risarcimento al risarcimento dei danni subiti e subendi per effetto dell’attività illegittima tenuta dalla suddetta Amministrazione, connessi alla necessità del ricorrente di modificare il proprio stile di vita familiare e personale dopo più di quindici anni e di restituire una somma di circa € 300.000,00 con un trattamento retributivo futuro fortemente ridimensionato, danno che si è riservato di provare e specificare in corso di causa.
3.2. Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi Roma La Sapienza a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso.
3.3. Parte ricorrente ha successivamente gravato con due distinti ricorsi per motivi aggiunti, rispettivamente, due note dell’Area Contabilità Finanza e Controllo di Gestione del 5 gennaio 2023 e del 21 luglio 2023, determinative degli importi da recuperare tramite trattenuta stipendiale, riproponendo le censure già azionate con il ricorso principale.
3.4. In corso di causa, il TAR ha emesso l’ordinanza presidenziale -OMISSIS-, con cui ha chiesto al ricorrente il deposito di una serie di documenti reddituali, al fine di valutare la proporzionalità dell’interferenza, conseguente alla disposta richiesta di restituzione delle somme corrisposte a titolo di assegno ad personam.
3.5. In vista dell’udienza di merito del 17 gennaio 2024, parte ricorrente ha depositato una memoria in cui dichiara di rinunciare alla domanda di restituzione proposta, fatte salve le altre domande, e dà atto di non aver presentato in giudizio i documenti conseguenti al disposto incombente istruttorio. L’Università ha inoltre depositato una memoria di replica.
3.6. Alla predetta udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente occorre dare atto della dichiarazione di rinuncia alla sola domanda di restituzione, formulata dal ricorrente nella memoria di merito.
1.1. La sopra evidenziata dichiarazione della parte ricorrente non ha i requisiti per essere considerata una rinuncia agli atti del giudizio, richiedendo quest’ultima l’espletamento delle formalità prescritte dall’art. 84, comma 3, c.p.a. (notifica alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza), che non risultano nella specie poste in essere.
1.2. Della stessa deve, nondimeno, tenersi conto in relazione a quanto disposto dal comma 4 della stessa norma, secondo cui “anche in assenza delle formalità di cui ai commi precedenti il giudice può desumere dall’intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione della causa”.
1.3. Non resta, pertanto, al Collegio che dare atto di tale circostanza e, per l’effetto, dichiarare improcedibile la sola domanda di restituzione proposta con il ricorso e con i motivi aggiunti, ai sensi degli artt. 84, comma 4, c.p.a. e 35, comma 1, lettera c), c.p.a., in linea con i casi giurisprudenziali di rinuncia parziale al ricorso (cfr. TRGA, Trento, 15/2024; CGARS 716 del 25 ottobre 2023).
2. Ciò premesso, il presente giudizio verte sulla legittimità della richiesta di ripetizione delle somme attribuite al ricorrente a titolo di assegno ad personam, ai sensi dell’art. 202 del d.P.R. n. 3/57, dopo l’abrogazione di detta norma ad opera della legge n. 147/2013, a fronte dell’affidamento maturato dal primo nella definitività della percezione delle stesse.
Sull’argomento, questo TAR ha emesso alcune recenti pronunce, dalle cui conclusioni, esaminate le odierne censure, non sussistono ragioni per discostarsi (cfr. TAR Lazio, III-ter, 15042 dell’11 ottobre 2023; 14990 e 14988 del 10 ottobre 2023; 14427 del 29 settembre 2023; 13798 del 14 settembre 2023).
2.1. Si premette che la disciplina dei c.d. passaggi di carriera era dettata dall’art. 202 del d.P.R. n. 3/57, secondo cui “nel caso di passaggio di carriera presso la stessa o diversa amministrazione agli impiegati con stipendio superiore a quello spettante nella nuova qualifica è attribuito un assegno personale, utile a pensione, pari alla differenza fra lo stipendio già goduto ed il nuovo, salvo riassorbimento nei successivi aumenti di stipendio per la progressione di carriera anche se semplicemente economica”, e dall’art. art. 3, comma 57, della legge n. 537/1993, in base al quale “nei casi di passaggio di carriera di cui all’articolo 202 del citato testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, ed alle altre analoghe disposizioni, al personale con stipendio o retribuzione pensionabile superiore a quello spettante nella nuova posizione è attribuito un assegno personale pensionabile, non riassorbibile e non rivalutabile, pari alla differenza fra lo stipendio o retribuzione pensionabile in godimento all’atto del passaggio e quello spettante nella nuova posizione”.
2.2. Sulla disciplina è poi intervenuto l’art. 1, comma 458, della legge n. 147/2013 il quale, nell’abrogare gli articoli sopra riportati, ha altresì disposto che “ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall’incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità”; mentre il successivo comma 459 ha stabilito che “le amministrazioni interessate adeguano i trattamenti giuridici ed economici, a partire dalla prima mensilità successiva alla data di entrata in vigore della presente legge (i.e. dal 1° febbraio 2014, n.d.r.), in attuazione di quanto disposto dal comma 458, secondo periodo, del presente articolo e dall’articolo 8, comma 5, della legge 19 ottobre 1999, n. 370, come modificato dall’articolo 5, comma 10-ter, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 13”.
2.3. In tale quadro, si inserisce quindi la pretesa restitutoria avanzata dall’Università resistente, la quale ha continuato, dopo il 1° febbraio 2014, ad erogare al ricorrente l’emolumento in questione, fino a revocarlo nell’ottobre 2022.
2.4. Considerato il predetto quadro normativo di riferimento, il primo motivo di ricorso, che deduce la inapplicabilità alla fattispecie della legge 147/2013, è infondato.
2.5. Al riguardo deve osservarsi, da un lato, che la “retroattività impropria” che connota la disposizione in questione, che si realizza quando la norma sopravvenuta regola diversamente i tratti non esauriti dei rapporti di durata, esclude che la stessa possa incidere sugli emolumenti già validamente corrisposti sotto la vigenza della precedente normativa, poi abrogata (in tal senso, Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenza n. 10/2022; v. pure questa Sezione, sentenza n. 4186/2023, per ulteriori considerazioni sulla conformità della previsione all’art. 3 Cost.); dall’altro lato, va aggiunto che la capacità di incidere sugli assegni personali già corrisposti ed erogati dopo il 1° febbraio 2014 va semmai ricondotta alla portata dell’art. 2033 c.c., norma che ha superato il vaglio di costituzionalità con la recente pronuncia n. 8 del 2023 della Corte costituzionale, anche con riguardo ai profili di affidamento oggi in rilievo.
2.6. Sostiene la ricorrente che, poiché il secondo periodo del comma 458 dell’art. 1 cit. (“Ai pubblici dipendenti che abbiano ricoperto ruoli o incarichi, dopo che siano cessati dal ruolo o dall’incarico, è sempre corrisposto un trattamento pari a quello attribuito al collega di pari anzianità”) riguarda non già i dipendenti pubblici in caso di passaggio di carriera presso la stessa Amministrazione o un’altra, come il ricorrente, bensì esclusivamente quei dipendenti pubblici che, dopo aver rivestito ruoli o incarichi temporanei, sono rientrati nel ruolo presso l’Amministrazione di appartenenza, il ricorrente non potrebbe essere destinatario della pretesa restitutoria azionata.
2.6.1. In particolare, a dire del ricorrente, una lettura sistematica dei commi 458 e 459 del citato articolo 1, in correlazione all’art.8, comma 5, della l. 370/1999 e alla stessa pronuncia dell’Adunanza Plenaria 10/2022, deporrebbe nel senso di dover considerare consolidati i diritti quesiti riferibili agli assegni già riconosciuti anche dopo il 2014 e fino al loro completo riassorbimento, per i casi di passaggi di carriera come quello in esame.
2.6.2. Siffatto ragionamento è infondato perché trae da una determinata premessa, la regolazione di due fattispecie nelle norme citate, il passaggio di carriera e il rientro nel ruolo di provenienza da altri incarichi o ruoli, una conseguenza indebitamente limitante della normale efficacia della legge nel tempo ex art. 11 delle preleggi al codice civile (“La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”), nel senso che, pur essendo abrogato l’assegno ad personam a partire da una determinata data, il dipendente pubblico che ne sia titolare, e che sia autore di un passaggio di carriera, dovrebbe continuare a fruirne per il futuro nonostante l’abrogazione e in assenza di una espressa disposizione, ad esempio di una disciplina transitoria, regolatoria dell’efficacia della legge nel tempo per come inteso dal ricorrente.
2.6.3. Prevale in ogni caso, sulla lettura interpretativa del ricorrente, l’art. 2033 c.c. e il dovere pubblico di ripetere somme indebitamente corrisposte, una volta che il titolo giuridico sia ex lege venuto meno.
3. Il secondo motivo di ricorso, che deduce in sintesi violazione dell’art.21-quinquiese dell’art. 21-noniesdella L. 241/90, è infondato.
3.1. Occorre osservare che il recupero di erogazioni in generale, disposte erroneamente o in assenza del presupposto, non è una funzione di autotutela ex artt. 21-quinquies o 21-nonies della L. n. 241 del 1990.
Si tratta piuttosto del doveroso esercizio di un potere vincolato, senza che ciò determini la violazione dei principi di tipicità e nominatività della funzione amministrativa, avente a oggetto la rilevazione della ricorrenza dei presupposti normativi richiesti per elidere ex tunc il beneficio assentito senza titolo.
3.2. In tal caso, l’attuazione dell’obbligo di ripetizione dell’indebito si fonda sul dato oggettivo della violazione della normativa di regolazione del settore.
3.3. Emerge quindi la preminenza dell’esigenza per la P.A. di ripetere erogazioni indebite di pubblico denaro senza che vi occorra una motivazione specifica sulle eventuali ragioni d’interesse pubblico concreto e attuale o di comparazione con quello del debitore, anche quando questi sia in buona fede, dato, questo, che assume rilievo al più nel quomodo del recupero, non nell’an (cfr. Cons. Stato, VI, 30 maggio 2017 n. 2614; id., 23 novembre 2018 n. 6659).
4. Con riferimento al terzo motivo di ricorso, ad avviso della ricorrente, la richiesta di restituzione sarebbe illegittima perché violerebbe l’affidamento legittimo di quest’ultimo.
La ripetizione delle somme non potrebbe giustificarsi in quanto il ricorrente verrebbe a sostenere l’onere dell’errore commesso dall’Amministrazione, nel riconoscergli l’indennità economica nonostante il mutato quadro normativo, in violazione dei canoni di proporzionalità, di ragionevolezza e di legittimità dell’attività amministrativa e di parametri costituzionali e convenzionali.
Il motivo è infondato.
4.1. In materia di ripetizione di indebito nel pubblico impiego, come accennato, la giurisprudenza ha da sempre affermato la regola generale dell’art. 2033 cc. a fronte dell’obbligo dell’Amministrazione di recuperare le somme indebitamente versate, escludendo che la semplice buona fede del beneficiario legittimi, di per sé, una soluti retentio del trattamento economico così ricevuto, potendo piuttosto rilevare ai fini del temperamento dell’onerosità del recupero operato dall’Amministrazione.
4.2. Sebbene non siano mancate, anche di recente, pronunce del giudice amministrativo che hanno valorizzato le specifiche connotazioni, giuridiche e fattuali, delle singole fattispecie dedotte in giudizio, hanno escluso volta per volta la ripetizione (ex multis, Consiglio di Stato, Sezione Seconda, sentenza n. 5014/2021 e giur. ivi richiamata; idem, sentenza n. 1373/2022; TAR Sicilia, Palermo, sentenza n. 2087/2023), non può per ciò solo affermarsi la vigenza di un generale principio di irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte a fronte dell’affidamento maturato dal percettore, né lo stesso è stato sancito dalla giurisprudenza della CEDU, in particolare con la sentenza Casarin, n. 4893 dell’11 febbraio 2021.
4.3. Con questa pronuncia, la Corte di Strasburgo, una volta specificati i presupposti che consentono di identificare un affidamento legittimo in capo all’accipiens (i.e., pagamento effettuato dall’amministrazione spontaneamente ovvero su domanda del dipendente in buona fede; apparenza del titolo del pagamento; durata nel tempo dei versamenti; assenza della riserva di ripetizione; buona fede del ricevente), ha piuttosto stigmatizzato la sproporzione dell’interferenza rispetto a detto affidamento, evidenziandone le ulteriori condizioni, quali l’esclusiva imputabilità all’amministrazione dell’errore del pagamento, la natura del versamento indebito quale corrispettivo dell’attività lavorativa ordinaria e la situazione economica del ricevente al momento della domanda di rimborso, pur sempre riconoscendo la legalità dell’ingerenza e la legittimità del suo scopo.
4.4. La Corte EDU ha riscontrato la violazione dell’art. 1 Prot. add. CEDU alla luce delle particolari circostanze del caso concreto e delle condizioni di fragilità economico personali dell’accipiens, ritenendo che la pretesa dell’amministrazione avesse turbato l’equilibrio che deve sussistere tra le esigenze dell’interesse pubblico generale, da un lato, e quelle della protezione del diritto dell’individuo al rispetto della sua proprietà, dall’altro.
4.5. In altri termini, come ben evidenziato dalla Corte costituzionale nella recente sentenza n. 8 del 2023, la pur doverosa considerazione dell’affidamento legittimo dell’obbligato e delle sue condizioni economiche, patrimoniali e personali non impone di “generalizzare un diritto alla irripetibilità della prestazione”.
4.6. La stessa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 2033 c.c., in base al quale chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato, sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 Prot. add. CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza convenzionale, ha respinto la questione in ragione del quadro di tutele offerte dall’ordinamento interno al legittimo affidamento.
4.7. Il giudice delle leggi ha, in particolare, evidenziato il ruolo della clausola della buona fede, che impone in primo luogo al creditore di adeguare, tramite la rateizzazione, il quomodo dell’adempimento della prestazione restitutoria, tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell’obbligato, sicché “la pretesa si dimostra dunque inesigibile fintantoché non sia richiesta con modalità che il giudice reputi conformi a buona fede oggettiva”; inoltre, in presenza di particolari condizioni personali dell’accipiens che “possono immediatamente palesare un impatto lesivo della prestazione restitutoria sulle condizioni di vita dello stesso”, si può giustificare un’ipotesi di inesigibilità temporanea, fino a ritenere “giustificato anche un adempimento parziale, che solo in casi limite potrebbe approssimarsi alla totalità dell’importo dovuto” quando le particolari condizioni personali del debitore siano “correlate a diritti inviolabili”, fino a riconoscere, nell’ipotesi di una lesione dell’affidamento, una possibile tutela risarcitoria nelle forme della responsabilità precontrattuale “sempre che ricorrano gli ulteriori presupposti applicativi del medesimo illecito”.
4.8. Ne deriva che, diversamente dall’assunto del ricorrente, la proporzionalità dell’interferenza non può prescindere dalla situazione economica del ricorrente e dovrà valutarsi con riferimento al quomodo dell’obbligazione restitutoria tenendo conto proprio delle condizioni economico-patrimoniali in cui versa l’obbligato, potendosi solo in presenza di “particolari condizioni personali dell’accipiens e dell’eventuale coinvolgimento di diritti inviolabili”, giungere all’inesigibilità della prestazione.
5. Ad avviso del Collegio quindi, la semplice sovrapponibilità, in punto di fatto, della vicenda esaminata dalla CEDU con quella oggetto del presente scrutinio non comporta di per sé l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, dovendosi invece verificare la ricorrenza nella specie di particolari condizioni del ricorrente nei termini sopra visti.
5.1. A tal fine, è stata pertanto disposta un’istruttoria sulle condizioni economico-patrimoniali e personali della parte, la quale in riscontro non ha prodotto documentazione.
5.2. Alla luce di ciò, tenuto conto anche delle conseguenze del principio di non contestazione e del comportamento processuale, rivenienti dall’art. 64, commi 2 e 4, c.p.a., nella specie non risultano sussistere condizioni economico-patrimoniali (es. totale assenza di reddito del coniuge) o personali (es. particolare stato di salute), né diritti inviolabili che rischino di essere compromessi, che potrebbero giustificare l’inesigibilità della pretesa restitutoria, non risultando questa oltremodo sproporzionata ed onerosa per il ricorrente, in violazione dell’art. 1 Prot. add. CEDU, come invece censurato.
6. In relazione al quarto motivo di ricorso, in adesione alla contestazione di parte, va invece rilevato che l’importo da restituire, sebbene rateizzato dell’Ateneo, è stato conteggiato al lordo delle ritenute fiscali.
6.1. Detta modalità di recupero va invero censurata in ragione dell’ormai affermato principio della ripetizione dell’indebita erogazione stipendiale al netto delle ritenute stipendiali.
6.2. È stato infatti già osservato (Consiglio di Stato, sentenza n. 5014/2021) che “la novella al T.u.i.r. (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) attuata con l’art. 150, comma 1, del d.l. 19 marzo 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2020, n. 77, c.d. “decreto rilancio”, […] positivizza il principio in forza del quale la ripetizione dell’indebita erogazione stipendiale deve sempre avvenire al netto delle ritenute fiscali. La norma, infatti, inserendo il comma 2 bis nell’art. 10 del richiamato Testo unico, ha risolto in maniera definitiva i contrasti, in verità ingenerati da prassi interpretative dell’Agenzia delle Entrate (v. ad esempio le risoluzioni n. 71/E del 29 febbraio 2008 e n. 110 del 29 maggio 2005), circa l’esatto ammontare degli importi da restituire al sostituto d’imposta, determinandoli al netto della ritenuta operata al momento dell’erogazione, e così codificando quanto già affermato in più occasioni dalla giurisprudenza civile (cfr. ex multis Cass., sez. lavoro, 2 febbraio 2012, n. 1464; id., 25 luglio 2018, n. 19735) e amministrativa ( Cons. Stato, sez. III, n. 2903 del 2014, cit. sub § 12.1)”.
6.3. Non conducenti a una diversa decisione sul punto sono le argomentazioni contenute nella memoria di replica dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui l’Università non intenderebbe in realtà provvedere alla ripetizione al lordo delle ritenute fiscali. Al riguardo, il provvedimento rettorale impugnato (doc. 2, art.3) esclude dal recupero le sole ritenute previdenziali e assistenziali, per cui sussiste l’interesse del ricorrente all’annullamento in parte qua.
6.4. Pertanto, in parziale accoglimento del quarto motivo del ricorso principale e dei motivi aggiunti, vanno annullati i provvedimenti impugnati nella parte in cui dispongono la restituzione delle somme al lordo delle ritenute fiscali, con conseguente obbligo dell’Amministrazione di rideterminare le somme al netto di dette trattenute, rimodulando per l’effetto la rateizzazione.
7. Per quanto sin qui esposto e considerato il ricorso e i motivi aggiunti, riproduttivi di censure corrispondenti a quelle esaminate, vanno respinti e la domanda di restituzione va dichiarata improcedibile in conseguenza della richiesta della parte.
8. La domanda di risarcimento del danno va invece respinta perché priva di elementi di allegazione e prova del danno.
9. In considerazione della particolarità della vicenda e della natura degli interessi coinvolti, le spese di lite sono compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:
-accoglie in parte il ricorso principale e i motivi aggiunti nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati limitatamente al recupero delle somme al lordo delle ritenute fiscali;
-dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse la domanda di restituzione e respinge per il resto il ricorso principale e i motivi aggiunti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Omissis, Presidente
Omissis, Referendario, Estensore
Omissis, Referendario
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 12 febbraio 2024