Se è vero che in base a quanto stabilito dallo Student Guidebook 2015/2016 la determinazione del voto finale di laurea da parte della Commissione di laurea non discende automaticamente dal voto aritmetico complessivamente raggiunto dai candidati sulla base della sommatoria della media ponderata degli esami, del voto ottenuto in sede di discussione della tesi di laurea e del punteggio per gli altri titoli valutabili in base alle specifiche previsione regolamentari dell’Ateneo resistente, è pur vero che la determinazione del voto finale di laurea costituisce pur sempre un’attività amministrativa di carattere discrezionale e, pertanto, deve necessariamente recare una specifica motivazione nei casi in cui, come quello in esame, vi sia una diminuzione del voto aritmetico, complessivamente già raggiunto da un candidato, al di sotto della soglia massima di punteggio conseguibile (110/110), e ciò a prescindere dalla questione relativa alla eventuale attribuzione del riconoscimento premiale della lode.
TAR Lazio, Sez. III stralcio, 29 aprile 2024, n. 8394
Voto di laurea inferiore al punteggio aritmetico complessivamente raggiunto dallo studente: l’obbligo di puntuale motivazione gravante sulla Commissione di laurea si rende ancora più stringente
08394/2024 REG.PROV.COLL.
13336/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13336 del 2019, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università Cattolica del Sacro Cuore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via [#OMISSIS#] Bertoloni, 44;
per l’annullamento
– del verbale dell’esame di Laurea Magistrale in Medicine and Surgery a ciclo unico del 25/07/2019, nella parte in cui è stato assegnato alla dott.ssa OMISSIS il voto di laurea di 109/110;
– del verbale della riunione della Commissione di Laurea in Medicine and Surgery del 24/07/2019;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 15 marzo 2024 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente esponeva di aver frequentato il corso di laurea in lingua inglese denominato “Medicine and Surgery” presso la facoltà di medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Roma, completando il percorso di studi con la media ponderata di 27,69 punti, alla quale si aggiungevano ulteriori 3 punti per l’IFOM teste 0,5 punti per le attività formative svolte all’estero; il punteggio totale di partenza raggiunto dalla ricorrente risultava quindi pari a 105,036 punti.
1.1. La Commissione di tesi di laurea, nella seduta del 5 luglio 2019, all’esito della discussione attribuiva alla tesi della ricorrente il punteggio di 10 punti, proponendo altresì che le venisse concessa la lode, affermando testualmente che “The candidate is outstanding” (cfr. doc. 4 della produzione di parte ricorrente).
Il punteggio totale finale raggiunto dalla ricorrente, quindi, risultava pari a 115,036 punti.
1.2. La Commissione di laurea del corso di laurea in Medicine and Surgery, nella sua riunione del 24 luglio 2019, dopo aver discusso le proposte formulate dalle subcommissioni in relazione alla posizione di ciascuno studente e aver svolto una valutazione globale di tutti gli elementi disponibili, deliberava all’unanimità di assegnare alla ricorrente, quale voto finale di laurea, il punteggio di 109/110 (cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente).
1.3. La Commissione di laurea, come risulta dal verbale dell’esame di laurea magistrale del 25 luglio 2019 (cfr. doc. 6 della produzione di parte ricorrente), deliberava di approvare la ricorrente con il voto di 109/110 e con tale votazione il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore la proclamava dottoressa magistrale in Medicine and Surgery.
2. La ricorrente, con la proposizione del presente ricorso affidato a un unico motivo, insorgeva avverso gli atti e i provvedimenti indicati in epigrafe, contestandone la legittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, e ne chiedeva l’annullamento nei limiti dell’interesse azionato con conseguente riesame della propria posizione.
La ricorrente, inoltre, proponeva anche una domanda risarcitoria, lamentando di aver subito danni di natura patrimoniale e non patrimoniale in ragione della condotta asseritamente illegittima e colposa tenuta dall’amministrazione universitaria resistente. In particolare, adduceva che il mancato conseguimento del massimo dei voti ne avrebbe pregiudicato la partecipazione alle procedure selettive per l’iscrizione ai corsi di specializzazione di area sanitaria, altresì cagionandole una ingiusta lesione della professionalità e onorabilità, nonché un danno di immagine ed esistenziale sotto tutti gli aspetti della vita sociale e intersoggettiva.
2.1. L’Università Cattolica del Sacro Cuore si costituiva in resistenza nel presente giudizio ed eccepiva l’infondatezza sia della domanda di annullamento, sia della domanda risarcitoria.
2.2. La Sezione, con ordinanza n. 8440 del 23 dicembre 2019 respingeva la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente.
2.3. La parte ricorrente, in vista dell’udienza di smaltimento dell’arretrato del 15 marzo 2024, in data 23 febbraio 2024 depositava una memoria di replica con la quale controdeduceva alle eccezioni sollevate dall’Università resistente, precisava le proprie domande e chiedeva che il risarcimento del danno, sia con riferimento alle poste di natura patrimoniale, sia con riguardo a quelle di carattere non patrimoniale, venisse liquidato in via equitativa.
2.4. All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 15 marzo 2024 la causa veniva discussa. Il patrono dell’Università resistente eccepiva l’inammissibilità della memoria di replica depositata dalla parte ricorrente in data 23 febbraio 2024 per violazione dei termini di cui all’art. 73 c.p.a., e ciò veniva fatto constare nel verbale d’udienza. All’udienza non risultava, invece, presente il patrono di parte ricorrente, avendo chiesto il passaggio in decisione della causa sulla base degli atti depositati, giusta istanza versata in atti in data 11 marzo 2024.
All’esito della discussione la causa veniva trattenuta in decisione.
3. Il Collegio, in via preliminare, ritiene che l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Università resistente nel corso dell’udienza di smaltimento dell’arretrato del 15 marzo 2024 in ordine alla memoria di replica depositata dalla parte ricorrente in data 23 febbraio 2024, risulti meritevole di pregio e debba essere accolta.
3.1. In proposito, vale innanzitutto evidenziare che la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “‘i termini previsti dall’art. 73 comma 1, cod. proc. amm. per il deposito in giudizio di documenti (fino a quaranta giorni liberi prima dell’udienza) sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove sussistesse accordo delle parti, essendo il deposito tardivo di memorie e documenti ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di richiesta di parte e di dimostrazione dell’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge, siccome previsto dall’art. 54 comma 1, dello stesso cod. proc. amm.’ (Cons. Stato, sez IV, n. 916 del 2013); inoltre, sul carattere perentorio del termine di 40 e di 30 giorni liberi prima dell’udienza, per produrre documenti e per depositare memorie v. anche Cons. Stato, sez. III, n. 1335 del 2015)” (cfr. Cons. Stato, sez. II, sent. n. 6998 del 17 luglio 2023; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 3192 del 18 luglio 2016).
È stato, poi, più specificamente affermato che la previsione di cui all’art. 73, comma 1, c.p.a. secondo la quale “le parti possono […] presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi”, fa esclusivo riferimento alle memorie depositate dalle controparti per l’udienza di discussione; da tale previsione, quindi, viene tratto il corollario secondo il quale “l’oggetto della replica debba restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria, onde evitare che il deposito della memoria di replica si traduca in un mezzo per eludere il termine di legge per il deposito delle memorie conclusionali” (cfr. Cons. Stato, sez. II, sent. n. 6534 del 30 settembre 2019; in senso analogo Cons. Stato, sez. III, sent. n. 6697 del 27 novembre 2018).
Tali principi hanno trovato più volte conferma in seno alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, avendo il giudice amministrativo di seconde cure affermato che “[n]el processo amministrativo la facoltà di replica discende in via diretta dall’esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell’udienza di merito, con la conseguenza che ove quest’ultima facoltà non sia stata esercitata, non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica dilatando il relativo termine di produzione (pari a trenta giorni e non a quello di venti giorni prima dell’udienza, riservato dal menzionato art. 73 appunto alle repliche)” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 5277 del 7 settembre 2018) e che “[l]a giurisprudenza del giudice amministrativo ha chiarito che ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a., nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. q), D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (c.d. primo correttivo al Codice), le repliche sono ammissibili solo ove conseguenti ad atti della controparte ulteriori rispetto a quelli di risposta alle iniziative processuali della parte stessa (ricorso, motivi aggiunti, memorie, documenti, ecc.), atteso che la ratio legis si individua nell’impedire la proliferazione degli atti difensivi, nel garantire la par condicio delle parti, nell’evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, nel contrastare l’espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica con la conseguente impossibilità per l’avversario di controdedurre per iscritto (Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5676). Né la memoria di replica può essere considerata prima memoria se depositata, come nel caso all’esame del Collegio, oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 73 c.p.a. (Cons. St., sez. III, 28 gennaio 2015, n. 390; 4 giugno 2014, n. 2861)” (cfr. Cons. Stato, sez. III, sent. n. 2855 del 2 maggio 2019).
Vale, infine, evidenziare che viene fatta comunque salva la possibilità di replicare alla produzione di nuovi documenti (cfr. Cons. Stato, sez. II, sent. n. 6534/2019, cit.).
3.2. Orbene, nel caso di specie la memoria di replica depositata dalla parte ricorrente in data 23 febbraio 2024 non consegue alla memoria conclusionale della medesima parte ricorrente, né ad una memoria depositata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in vista dell’udienza di smaltimento dell’arretrato del 15 marzo 2024 – atteso che l’unica e ultima memoria depositata dall’Ateneo resistente risulta essere quella depositata in data 13 dicembre 2019 in vista dell’udienza camerale del 18 dicembre 2019, nella quale è stata discussa la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente – né tantomeno contiene repliche specifiche alla produzione documentale dell’Ateneo resistente.
Detta memoria, dunque, risulta inammissibile per violazione dei termini di deposito sanciti dall’art. 73, comma 1, c.p.a. per le memorie di replica, non potendo neppure essere qualificata come memoria conclusionale, in quanto depositata oltre il termine all’uopo fissato dal predetto articolo 73, comma 1, c.p.a. (i.e., trenta giorni liberi).
4. Il Collegio, passando all’esame del merito della controversia, ritiene che la domanda di annullamento esperita dalla parte ricorrente risulti meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni di diritto.
4.1. Con l’unico motivo di ricorso articolato dalla parte ricorrente, la stessa ha lamentato l’illegittimità degli atti e provvedimenti impugnati per “Violazione della normativa di autoregolamentazione delle modalità di svolgimento e linee guida punteggi della Commissione per la seduta di Laurea del corso di studi in Medicine and Surgery, come da allegato C del verbale del 16/01/2019 del Consiglio di Laurea – Carenza di motivazione – Eccesso di potere per irragionevolezza, incongruità e disparità di trattamento”.
In particolare, con tale mezzo di gravame, è stata contestata la legittimità dell’attribuzione del punteggio finale di laurea di 109/110 per violazione della normativa di autoregolamentazione dell’Ateneo resistente, per carenza di motivazione – ritenendo il voto matematicamente errato e privo di alcuna motivazione – nonché per eccesso di potere, ritenendo irragionevole la ingiustificata diminuzione del voto di laurea risultante dal calcolo matematico della media ponderata, sommato agli altri punti riconosciuti e alla votazione ottenuta in sede di discussione della tesi di laurea, oltreché foriero di una palese disparità di trattamento rispetto agli altri studenti per i quali i criteri di calcolo del voto finale di laurea sono stati correttamente applicati.
4.2. Ai fini della valutazione dell’operato dell’Ateneo resistente assume innanzitutto rilievo quanto previsto nei seguenti atti:
– nel verbale del Consiglio del Corso di laurea in Medicine and Surgery della Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore tenutosi in data 16 gennaio 2019, con specifico riferimento alle modalità di svolgimento della seduta di laurea, veniva inter alia stabilito quanto segue: i) “Discussione tesi (sino a 10 punti). La Commissione tesi includerà: supervisor, co-supervisor, e due membri della Facoltà (uno del triennio di base e uno del triennio: uno dei due avrà il ruolo di Presidente della Commissione)”; ii) “La Commissione tesi inoltrerà la votazione (ed eventualmente la proposta di lode) alla Commissione di Laurea”; iii) “la Commissione di Laurea si riunirà per stabilire il voto” (cfr. doc. 4 della produzione dell’Università resistente);
– nell’Allegato A del verbale dell’adunanza del Consiglio del Corso di laurea in Medicine and Surgery dell‘Università Cattolica del Sacro Cuore tenutasi in data 15 aprile 2019, veniva ulteriormente specificato, da un lato, che la Commissione di tesi (menzionata anche come Commissione prova finale) “valuterà esclusivamente la dissertazione della tesi (e non il candidato). Alla fine di ogni discussione la Commissione prova finale, così definita, compilerà il form fornito dagli uffici con la votazione proposta (da 1 a 10 + eventuale lode)” e, dall’altro, che “A conclusione delle discussioni, nella giornata del 24 luglio tutti i form compilati saranno valutati dalla Commissione laurea composta che unitamente al form valuterà il candidato, il suo percorso e relativi punteggi aggiuntivi previsti” (cfr. doc. 2 della produzione di parte ricorrente).
– nello Student Guidebook 2015/2016 “Six-year single-cycle Master’s Degree programme in Medicine and Surgery” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con specifico riferimento alle modalità di attribuzione del punteggio da parte della Commissione di laurea (Final Examination Panel), si disponeva che “The Final Examination Panel [#OMISSIS#] assign a maximum of 110 points. The minimum pass level is 66 points out of the total 110 available. Should a candidate be awarded the full 10 points the Panel [#OMISSIS#] award ‘with highest honours’/magna cum laude if agreed unanimously” (cfr. doc. 3 della produzione dell’Università resistente, pag. 45).
4.2.1. Vale, poi, rilevare che a fronte del fatto che la parte ricorrente ha completato il percorso di studi con la media ponderata di 27,69 punti, ha ottenuto il riconoscimento di 3 punti per l’IFOM test e di 0,5 punti per le attività svolte all’estero, avendo altresì conseguito 10 punti per la discussione della tesi di laurea, per un punteggio aritmetico totale pari a 115,036 punti, la Commissione di laurea ha ribassato tale punteggio al di sotto della soglia massima aritmeticamente raggiungibile dalla parte ricorrente (ossia 110/110), avendole attribuito un voto finale di laurea pari a 109/110.
In particolare, dal citato verbale della riunione del 24 luglio 2019 della Commissione di laurea del corso di laurea in Medicine and Surgery, viene riportato che detta Commissione ha preso in esame il curriculum complessivo dei candidati, ha discusso le proposte delle subcommissioni per ciascuno studente e ha svolto una valutazione globale di tutti gli elementi disponibili, deliberando poi all’unanimità di assegnare alla ricorrente, quale voto finale di laurea, il punteggio di 109/110 (cfr. doc. 5 della produzione di parte ricorrente).
Non risulta, tuttavia, esplicitato l’iter logico che ha condotto la Commissione di laurea a diminuire il punteggio totale aritmeticamente raggiunto dalla ricorrente, pari a 115,036 punti, al di sotto della soglia di 110/110.
4.3. Il Collegio ritiene che il ricorso in esame sia fondato nella parte in cui viene contestata la legittimità dell’operato valutativo dell’Ateneo resistente per carenza di motivazione in ordine alla determinazione del voto di laurea attribuito alla parte ricorrente.
4.3.1. Ad avviso del Collegio, se è vero che in base a quanto stabilito dallo Student Guidebook 2015/2016 (“The Final Examination Panel [#OMISSIS#] assign a maximum of 110 points”) la determinazione del voto finale di laurea da parte della Commissione di laurea non discende automaticamente dal voto aritmetico complessivamente raggiunto dai candidati sulla base della sommatoria della media ponderata degli esami, del voto ottenuto in sede di discussione della tesi di laurea e del punteggio per gli altri titoli valutabili in base alle specifiche previsione regolamentari dell’Ateneo resistente, è pur vero che la determinazione del voto finale di laurea costituisce pur sempre un’attività amministrativa di carattere discrezionale e, pertanto, deve necessariamente recare una specifica motivazione nei casi in cui, come quello in esame, vi sia una diminuzione del voto aritmetico, complessivamente già raggiunto da un candidato, al di sotto della soglia massima di punteggio conseguibile (110/110), e ciò a prescindere dalla questione relativa alla eventuale attribuzione del riconoscimento premiale della lode.
4.3.2. Risulta, in proposito, dirimente considerare che la motivazione dei provvedimenti amministrativi – oggetto di un preciso obbligo gravante sull’amministrazione ai sensi dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 –ne costituisce un requisito sostanziale di legittimità per consolidato orientamento giurisprudenziale, rappresentando “il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo potere amministrativo […] e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 6018 del 23 agosto 2021; Cons. Stato, sez. V, sent. n. 3136 del 27 giugno 2017; Cons. Stato, sez. III, sent. n. 2247 del 30 aprile 2014; vid. anche Corte cost., sentt. n. 92/2015 e n. 58/2017).
La giurisprudenza amministrativa, da tempo, ha chiarito che la locuzione “Ogni provvedimento amministrativo” di cui all’art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990, va interpretata in senso ampio, sì da comprendere non solo l’attività provvedimentale in senso stretto, ma anche quella di giudizio e valutativa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 2331 del 30 aprile 2003), nel cui ambito rientra anche l’attività svolta dalla Commissione di laurea nella fattispecie in esame.
4.3.3. Nel caso di specie, la Commissione di laurea ha sì svolto la propria attività valutativa nell’ambito ad essa riservato dalle previsioni regolamentari dettate dall’Ateneo resistente – in quanto, dai documenti in atti, risulta che ai fini dell’attribuzione del voto finale di laurea detto organo ha preso in esame il curriculum complessivo dei candidati, ha discusso le proposte delle subcommissioni per ciascuno studente e ha svolto una valutazione globale di tutti gli elementi disponibili – ma, con specifico riferimento alla posizione di parte ricorrente, ha esternato la propria attività valutativa ricorrendo unicamente al voto numerico, il che non rende percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del voto finale di laurea, vieppiù considerando che non risultano essere stati predeterminati criteri valutativi di massima in relazione alla valutazione finale di carattere globale dei laureandi (cfr., in generale su tale aspetto, Cons. Stato, sez. II, sent. n. 4247 del 27 aprile 2023; Cons. Stato, sez. V, sent. 2573 del 23 aprile 2019; Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 7 del 20 settembre 2017).
4.3.4. Nel caso di specie la non autosufficienza motivazionale del punteggio numerico si deve anche al fatto che la diminuzione, al di sotto della soglia di punteggio di 110/110, del punteggio aritmetico complessivamente ottenuto dalla ricorrente ha finito per impattare negativamente sia sulla media dei voti dei singoli esami sostenuti durante il corso di laurea in Medicine and Surgery, frutto delle precipue valutazioni discrezionali delle singole commissioni di esame, sia sul voto attribuito, dalla Commissione di tesi, all’elaborato finale della ricorrente all’esito della discussione della tesi di laurea. Tale circostanza ha reso ancor più stringente l’obbligo di puntuale motivazione gravante sulla Commissione di laurea, stante l’impatto pregiudizievole della valutazione da essa svolta rispetto ai risultati oggettivamente raggiunti dalla parte ricorrente durante l’intero percorso di studi universitari di cui si tratta.
4.3.5. Oltretutto, anche nel caso in cui non si intendessero considerare i punti ottenuti dalla ricorrente per gli altri titoli (pari a 3,5), il punteggio aritmetico dalla stessa complessivamente raggiunto risulterebbe pari a 101,536 e, dunque, comunque superiore alla soglia massima di 110/110.
4.3.6. Pertanto, laddove la Commissione di laurea, nell’esercizio della sua discrezionalità, avesse ritenuto di non poter attribuire alla ricorrente il punteggio di 110/110 (come poi effettivamente avvenuto), avrebbe dovuto puntualmente assolvere l’obbligo di motivazione gravante su di essa in base a quanto stabilito dall’art. 3 della legge n. 241/1990, che anche nel caso di specie funge da parametro di legittimità dell’operato valutativo di tale organo amministrativo.
Invero, le ragioni della diminuzione del punteggio aritmetico complessivamente ottenuto dalla ricorrente, nei termini dianzi esposti, risultano del tutto assenti, non essendo suscettibili di essere rinvenute dalle indicazioni metodologiche contenute nel verbale della riunione del 24 luglio 2019 della Commissione di laurea del corso di laurea in Medicine and Surgery, né da quanto riportato nell’allegato riguardante la precipua posizione della parte ricorrente.
4.3.7. L’illegittimità dell’operato dell’Ateneo resistente sotto il censurato profilo di difetto di motivazione risulta vieppiù evidente laddove si consideri che la mancata estrinsecazione dell’iter logico che ha condotto la Commissione di laurea ad attribuire un voto finale inferiore al punteggio aritmetico complessivamente raggiunto dalla parte ricorrente, impedisce di ricostruire ab externo la motivazione del giudizio, il che si pone in stridente contrasto con gli obblighi di trasparenza ai quali è assoggettata anche l’amministrazione universitaria, nonché con il principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione, non ravvisandosi – né essendo state rappresentate dall’Ateneo resistente in corso di causa – specifiche esigenze di rapidità e speditezza nel completamento delle operazioni di valutazione dei laureandi, eventualmente da correlarsi al principio di economicità in un’ottica di amministrazione di risultato.
4.3.8. Peraltro, tenuto conto che lo stesso Ateneo resistente ha evidenziato come l’attribuzione del punteggio finale di laurea non costituisce il risultato di una valutazione comparativa tra gli studenti, essendo esclusivamente incentrato sul percorso individuale del singolo candidato (cfr. pag. 8 della memoria dell’Ateneo resistente del 13 dicembre 2019), la mancata estrinsecazione dell’iter logico che ha condotto la Commissione di laurea all’attribuzione di un voto finale di laurea inferiore a 110/110, pur a fronte del fatto che la ricorrente avesse raggiunto un punteggio aritmetico complessivo superiore a tale soglia, rende ancor più patente l’illegittimità dell’operato valutativo della Università Cattolica del Sacro Cuore, facendo emergere anche profili di irrazionalità nella attribuzione di un voto finale di laurea solamente pari a 109/110 a fronte di un percorso di studi universitari e di un elaborato finale oggettivamente eccellenti sulla scorta di quanto rappresentato in atti alla luce delle valutazioni di altri organi dell’amministrazione universitaria.
5. Il Collegio, invece, non ritiene meritevole di accoglimento la domanda risarcitoria per equivalente proposta dalla parte ricorrente.
5.1. A tale riguardo giova sin da subito evidenziare che la giurisprudenza amministrativa ha affermato che la responsabilità della pubblica amministrazione derivante dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica assume natura extracontrattuale, non potendosi configurare un rapporto obbligatorio nell’ambito del procedimento amministrativo, sia per la sussistenza di due situazioni giuridiche attive – il potere dell’amministrazione e l’interesse legittimo del privato – sia perché tra amministrazione e privato non intercorre un rapporto paritario quando viene in rilievo l’esercizio di un potere pubblico (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 7 del 23 aprile 2021).
5.2. Dalla natura extracontrattuale della responsabilità dell’amministrazione discende che gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria risultano essere quelli previsti dall’art. 2043 cod. civ., vale a dire “sotto il profilo oggettivo, il nesso di causalità materiale e il danno ingiusto, inteso come lesione alla posizione di interesse legittimo, e, sotto il profilo soggettivo, il dolo o la colpa. Sul piano delle conseguenze, il fatto lesivo deve essere collegato, con un nesso di causalità giuridica o funzionale, con i pregiudizi patrimoniali o non patrimoniali lamentati. Occorre allora verificare la sussistenza dei presupposti di carattere oggettivo (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subito), e successivamente quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa della p.a.)” (cfr. Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 3094 del 27 marzo 2023).
Pertanto, il soggetto che si assume danneggiato è tenuto a fornire in giudizio, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., la prova di tutti gli elementi costitutivi della domanda risarcitoria proposta, dunque sia i presupposti di carattere oggettivo – quali, l’ingiustizia del danno, il nesso di causalità e la prova del danno e del suo ammontare – sia quelli di carattere soggettivo – vale a dire, la colpa dell’amministrazione – (cfr. Cons. Stato, sez. II, sent. n. 3414 del 28 aprile 2021; Cons. Stato, sez. II, sent. n. 5219 del 24 luglio 2019; Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 1768 del 5 maggio 2016; Cons. Stato, sez. V, sent. n. 1182 del 9 marzo 2015; Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 2638 del 22 maggio 2014).
5.3. Per quel che concerne l’elemento della ingiustizia del danno, nelle ipotesi di responsabilità aquiliana dell’amministrazione per lesione di interessi legittimi, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che lo stesso si correla alla dimensione sostanzialistica di tali situazioni giuridiche soggettive, per cui “solo se dall’illegittimo esercizio della funzione pubblica sia derivata per il privato una lesione della sua sfera giuridica quest’ultimo può fondatamente domandare il risarcimento per equivalente monetario” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 7 del 23 aprile 2021).
In proposito, è stato ulteriormente chiarito che affinché la lesione dell’interesse legittimo possa considerarsi ingiusta occorre verificare che “risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole dell’amministrazione pubblica), il bene della vita al quale il soggetto aspira; ovvero il risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa non può prescindere dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante dal provvedimento illegittimo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2021, n. 3398; id. Sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1496; Sez. IV, 6 luglio 2020, n. 4338; Sez. IV, 27 febbraio 2020, n. 1437)” (cfr. Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 3094 del 27 marzo 2023).
5.4. L’esistenza del danno ingiusto lamentato in giudizio, pertanto, forma oggetto di un puntuale onere probatorio gravante sul soggetto che agisce per il suo risarcimento, non costituendo quest’ultimo una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale o dell’accertamento dell’illegittimità degli atti e provvedimenti amministrativi impugnati.
Il soggetto che si assume danneggiato dall’operato dell’amministrazione è tenuto, quindi, a dimostrare in giudizio:
– sul piano oggettivo, la presenza di un provvedimento illegittimo causa di un danno ingiusto, con la necessità, a tale ultimo riguardo, di distinguere l’evento dannoso derivante dalla condotta (c.d. “danno-evento”), che coincide con la lesione o compromissione di un interesse qualificato e differenziato meritevole di tutela nella vita di relazione, dal conseguente pregiudizio patrimoniale o non patrimoniale scaturitone (c.d. “danno-conseguenza”), costituente il pregiudizio suscettibile di riparazione in via risarcitoria (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 3 del 23 marzo 2011);
– sul piano della colpevolezza, l’elemento soggettivo dell’illecito aquiliano, declinato dalla giurisprudenza amministrativa in termini di c.d. “colpa d’apparato” (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 2151 del 12 marzo 2021; Cons. Stato, sez. V, sent. n. 601 del 24 gennaio 2020; Cons. Stato, sez. V, sent. n. 2348 del 10 aprile 2019).
5.5. Vale poi evidenziare che la giurisprudenza amministrativa ha affermato che il risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi è escluso quando tale posizione giuridica soggettiva riceve “tutela idonea con l’accoglimento dell’azione di annullamento, ma quest’ultimo sia determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad essa spettante (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 3 dicembre 2008, n. 13; §§ 3.3 – 3.5)” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 7 del 23 aprile 2021).
È stato, altresì, affermato che nei casi di attività amministrativa connotata da ampia discrezionalità – tra i quali può essere ricondotta anche la fattispecie in esame – risulta particolarmente incerto l’esito del giudizio prognostico sull’elemento oggettivo del danno-evento e sul relativo nesso di causalità materiale, da svolgersi facendo applicazione della teoria condizionalistica, temperata dai principi della causalità adeguata (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 7845 del 15 novembre 2019).
Dinanzi all’esercizio di un potere latamente discrezionale dell’amministrazione, quindi, il privato ha titolo al risarcimento ove, sussistendo gli altri requisiti dell’illecito, riesca a dimostrare che la propria aspirazione al provvedimento favorevole (nella specie, l’ammissione alla Scuola di specializzazione) sia destinata, secondo un criterio di normalità e con una elevata probabilità, ad un esito favorevole (cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 2288 del 26 aprile 2006).
5.6. Nella fattispecie in esame, venendo in rilievo la lesione di un interesse legittimo pretensivo a causa dell’illegittimo esercizio di un potere di carattere discrezionale per ragioni legate all’accertato deficit motivazionale, non può dirsi raggiunta la prova di una elevata probabilità, per la parte ricorrente, di ottenere un voto finale di laurea pari ad almeno 110/110 all’esito del riesercizio del potere amministrativo in parola.
Un tale risultato, peraltro, neppure è stato predicato in abstracto ed ex ante dalla parte ricorrente, che si è solo limitata, in termini alquanto generici, a lamentare di aver subito un danno ingiusto di carattere patrimoniale e non patrimoniale.
5.7. Tuttavia, oltre alla carenza di prova del c.d. danno-evento, la parte ricorrente ha anche mancato di dimostrare quale sia il c.d. danno-conseguenza effettivamente subito.
5.7.1. Per quel che riguarda i danni patrimoniali, la parte ricorrente solo con la inammissibile memoria di replica depositata in data 23 febbraio 2024 ha chiesto che venisse operata una liquidazione equitativa del danno che, invero, nel caso di specie non avrebbe comunque potuto essere accordata atteso che “la valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 2 del 12 maggio 2017) e la parte ricorrente non ha fornito detta prova.
5.7.2. Per ciò che riguarda il danno da perdita di chance in relazione all’accesso alle scuole di specializzazione di area sanitaria, come evidenziato dall’Ateneo resistente nei propri scritti difensivi, la parte ricorrente non ha fornito in giudizio la prova di aver effettivamente sofferto la perdita attuale di un esito favorevole, ancorché solo probabile o almeno conseguibile al cinquanta per cento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 6319 del 23 settembre 2019).
Infatti, la parte ricorrente non ha dimostrato di non essere riuscita ad immatricolarsi presso una specifica scuola di specializzazione di interesse a causa del voto di laurea contestato nel presente giudizio. Invero, la parte ricorrente, lungo tutto il corso del giudizio, non ha fornito alcuna prova in ordine alla sua eventuale inutile partecipazione a una determinata procedura selettiva per l’ammissione a una scuola di specializzazione di area sanitaria, con la conseguenza che risulta del tutto indimostrato il lamentato danno da perdita di chance.
5.7.3. Analoghe considerazioni valgono anche per gli invocati danni di natura non patrimoniale.
Per quel che concerne il lamentato danno di immagine, il Collegio ritiene che lo stesso non sia configurabile nel caso di specie, in quanto non è stata fornita la prova che l’Ateneo resistente abbia diffuso il voto finale di laurea della parte ricorrente con modalità tali da renderlo pubblicamente conoscibile.
In proposito, vale evidenziare che in giurisprudenza è stato chiarito che il danno non patrimoniale all’immagine è costituito dalla diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali il danneggiato suole o possa interagire (cfr. C. Cass. Civ., sez. I, sent. n. 8397/2016). Tale danno non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza che deve essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento (cfr. C. Cass. Civ., sez. III, sent. n. 1225/2015). Nella specie, invece, la parte ricorrente si è meramente limitata ad asserire di aver subito un danno di immagine, senza circostanziare in cosa sia effettivamente consistito il pregiudizio lamentato.
Neppure può riconoscersi il ristoro del lamentato danno esistenziale, in quanto la parte ricorrente si è limitata a generiche enunciazioni, senza fornire alcuna prova, né tantomeno allegazione, in ordine al pregiudizio patito.
A riguardo, è d’uopo rilevare che anche il danno non patrimoniale – che costituisce un danno tangibile, concreto e visibile dall’esterno, comportando l’impossibilità di svolgere attività abituali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 6556 del 5 luglio 2023) – non costituisce un danno in re ipsa, sussistendo a carico del soggetto che si assume danneggiato un pregnante obbligo di allegazione attraverso prove documentali, o anche testimoniali, che devono essere specifiche e non generiche (cfr. Cons. Stato, sez. III, sent. n. 5355 del 28 giugno 2022).
6. In definitiva, sulla scorta delle precedenti considerazioni, il ricorso in esame va accolto limitatamente alla domanda di annullamento, nei limiti dell’interesse azionato, degli atti e provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione, senza vincolo di contenuto.
Va, per converso, respinta la domanda risarcitoria, siccome infondata.
7. Stante la natura e la peculiarità della presente controversia, si reputano sussistenti giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le costituite parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
– accoglie la domanda di annullamento e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei limiti dell’interesse azionato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione senza vincolo di contenuto;
– respinge la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Referendario, Estensore
OMISSIS, Referendario
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 29 aprile 2024