TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 11 novembre 2016, n. 1468

Dottorato di ricerca-Ammissione-Commissione-Valutazione-Punteggio numerico

Data Documento: 2016-11-11
Area: Giurisprudenza
Massima

La mera espressione numerica nella valutazione degli elaborati, se accompagnata dall’assenza ovvero dall’assoluta genericità dei criteri di valutazione elaborati dalla commissione, non è sufficiente a palesare le ragioni del giudizio espresso sull’elaborato.

Contenuto sentenza

N. 01468/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00962/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 962 del 2016, proposto da: 
Compagnoni [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] Bezzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, via Diaz, 13/C; 
contro
Università degli Studi di Bergamo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata in Brescia, via S. [#OMISSIS#], 6; 
nei confronti di
Zucchinali [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Giusi Colombo, domiciliato in Brescia, ex art. 25 cpa, presso la Segreteria del T.A.R., via [#OMISSIS#] Zima, 3; 
[#OMISSIS#] Colopi, [#OMISSIS#] Crosato e [#OMISSIS#] Fracalanza, rappresentati e difesi dall’avvocato Franco Bertacchi, domiciliati in Brescia, ex art. 25 cpa, presso la Segreteria del T.A.R., via [#OMISSIS#] Zima, 3; 
[#OMISSIS#] Rozzoni, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Bonasio e domiciliato in Brescia, ex art. 25 cpa, presso la Segreteria del T.A.R., via [#OMISSIS#] Zima, 3; 
[#OMISSIS#] Gimmelli, [#OMISSIS#] Zaru, [#OMISSIS#] Baselli non costituiti in giudizio; 
per l’annullamento
– del Bando di concorso per l’ammissione ai corsi di Dottorato di ricerca con sede amministrativa presso l’Università degli Studi di Bergamo in Ingegneria e scienze applicate ¬studi umanistici interculturali — modelli e metodi per l’economia e l’azienda (analystics economic and business, AEB) — scienze linguistiche, XXXII Ciclo, di cui al Decreto prot.48829/V/2 del 10.5.2016;
– del verbale delle sedute della Commissione giudicatrice pubblicato il 22 giugno 2016, con annesso l’elenco dei candidati ammessi alla prova orale;
– dell’allegato A al detto bando di concorso, adottato con D.R. Rep. n.225/2016 del 10.5.2016, nella parte afferente al corso di dottorato di ricercain Studi Umanistici interculturali;
– di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente e/o collegato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bergamo, di Zucchinali [#OMISSIS#], di [#OMISSIS#] Colopi, [#OMISSIS#] Crosato e [#OMISSIS#] Fracalanza, nonchè di [#OMISSIS#] Rozzoni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2016 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. e ravvisati i presupposti per la definizione con sentenza in forma semplificata;
La ricorrente ha partecipato alla selezione per l’ammissione al Corso di Dottorato di ricerca in Studi Umanistici Interculturali (XXXII ciclo), istituito presso l’Università degli studi di Bergamo.
Tale procedura risulta essere disciplinata dal Regolamento di Ateneo in materia di dottorato di ricerca dell’Università degli studi di Bergamo, approvato con D.R. Rep. n.333/2013 prot. n.15380/I/3 del 28.6.2013, nell’ambito dell’autonomia a tal fine riconosciuta a ciascun ateneo.
L’allegato A al bando approvato, sulla scorta di tale regolamento, dal Rettore, con decreto n. 225 del 10 maggio 2016, prevedeva la modalità di ammissione di cui al “tipo B – valutazione dei titoli e colloquio” e cioè mediante due fasi: valutazione dei titoli e della documentazione presentata, con l’attribuzione di un punteggio massimo di 60 punti e successivo colloquio per i candidati che, nella prima fase, avessero conseguito un punteggio non inferiore a 42/60.
L’allegato A disponeva, peraltro, che il punteggio relativo ai titoli dovesse essere così suddiviso:
“- curriculum studiorum e voto di laurea o del titolo equipollente: punteggio da 0 a 10; – progetto di ricerca attinente a uno dei curricula presenti nel Dottorato: punteggio da 0 a 40; – altri titoli: es. diplomi di specializzazione, corsi di perfezionamento post lauream, ecc., partecipazione a progetti di ricerca, titolarità di contratti, borse di studio, incarichi in enti di ricerca nazionali o internazionali, debitamente attestati, ove compaia la decorrenza e la durata dell’attività svolta: punteggio da 0 a 5; – pubblicazioni: punteggio da 0 a 5″.
Alla ricorrente è stato attribuito un punteggio complessivo di 38/60, senza che tale valutazione fosse accompagnata da alcuna motivazione e, in ragione di ciò, la ricorrente ha dedotto:
1. l’illegittimità della propria esclusione, sostenendo, in primo luogo, la violazione dell’art.8 del Regolamento MIUR 45/2013: né il bando per l’ammissione al corso di dottorato di cui si discute, né il relativo “allegato A”, infatti, avrebbero previsto alcun criterio di valutazione dei titoli rilevanti al fine dell’accesso a tale corso di dottorato, essendosi limitati a predisporre una forbice di valutazione, da un punteggio minimo ad un punteggio massimo, entro la quale la Commissione giudicatrice era chiamata a valutare i titoli di ciascun candidato in modo completamente libero ed arbitrario, senza che, entro tale intervallo, la modulazione del punteggio per ogni titolo fosse in qualche modo riconducibile al ben che minimo, predeterminato, criterio di valutazione.
In particolare, con specifico riferimento ai titoli presentati dalla ricorrente, la mancata specificazione di quanti dei sei punti riconosciuti per la prima voce sia stata attribuita al voto di laurea (110 e lode) e quanti alle ulteriori esperienze di studio dedotte nel curriculum, renderebbe impossibile stabilire se i giudizi espressi dalla commissione giudicatrice siano stati assegnati in modo equilibrato e neutrale ai candidati, nel rispetto del principio di imparzialità. Inoltre, il riferimento al curriculum studiorum sarebbe tanto generico che non sarebbe dato sapere nemmeno se e come la Commissione abbia valutato esami opzionali eventualmente sostenuti dal candidato in “aggiunta” all’ordinaria offerta formativa del corso di studi frequentato, o se e come abbia valutato la coerenza, rispetto ai curricula del corso di dottorato, di eventuali esami opzionali “necessari” superati dal candidato o, perfino, della tesi di laurea.
Non vi sarebbe, dunque, modo di comprendere come e quanto il “diploma di specializzazione o i corsi di perfezionamento post lauream, ecc.” siano stati valutati rispetto, per esempio, alla “partecipazione a progetti di ricerca” o come e quanto siano stati valutati i singoli progetti di ricerca, i contratti, le borse di studio, gli incarichi internazionali e le pubblicazioni;
2. l’illegittimità dell’assegnazione del solo voto numerico, senza meglio esplicitare il percorso valutativo, così da rendere impossibile ripercorrere quello seguito dalla commissione e, dunque, verificare il giudizio tecnico discrezionale operato da essa.
Si è costituito in giudizio il controinteressato Zucchinali, unico tra i candidati cui è stato notificato nei termini il ricorso, sostenendo l’inammissibilità di quest’ultimo, fondato sulla pretesa illegittimità della mancata esplicitazione dei subcriteri di valutazione dei titoli dei candidati. Il bando del concorso, non prevedeva tale ipotesi e, perciò, avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnato sin dalla sua pubblicazione, perché direttamente lesivo per il profilo in questione.
Peraltro, il ricorso non supererebbe la prova di resistenza, in quanto la ricorrente non avrebbe fornito alcun principio di prova del fatto che la fissazione di ulteriori criteri per l’attribuzione del punteggio avrebbe potuto determinare un diverso esito della valutazione dei titoli posseduti.
Infine, secondo il controinteressato, la ricorrente non potrebbe comunque, considerati i titoli, aspirare all’assegnazione della borsa di studio.
L’Università ha prodotto una relazione, nella quale si dà conto che il regolamento di ateneo imponeva che nel bando fosse espressamente indicata “la tipologia dei titoli valutabili e il punteggio ad essi attribuito”: cosa che sarebbe stata fatta nel caso di specie, con la conseguenza che la scelta discrezionale, operata dalla Commissione, di non integrare gli stessi con ulteriori subcategorie sarebbe frutto di una scelta discrezionale, in quanto tale non censurabile. Anzi, la mancata indicazione di sottocategorie di criteri di pesatura costituirebbe, secondo l’Amministrazione, una scelta da tempo generalmente condivisa dalle Commissioni di concorso.
In ogni caso l’attribuzione di un punteggio numerico sarebbe ormai da tempo considerata sufficiente dalla giurisprudenza e il fatto che gli stessi titoli della candidata fossero stati valutati sufficienti in due precedenti procedure concorsuali non potrebbe avere alcun rilievo, atteso che si tratterebbe di valutazioni del tutto discrezionali delle Commissioni (che esprimerebbero maggiore o minore apprezzamento per ciascuno dei titoli).
La riconduzione dei titoli a categorie predeterminate, peraltro, sarebbe particolarmente difficile, ex ante, attesa la congerie di situazioni di studio e di ricerca che possono essere rappresentate.
Alla camera di consiglio del 5 ottobre 2016, il Collegio, constatato il rispetto del presupposto di ammissibilità del ricorso, che impone la notifica ad almeno uno dei controinteressati individuabili dai provvedimenti impugnati, ha comunque ravvisato l’opportunità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i candidati potenzialmente interessati, in ragione dei possibili effetti dell’accoglimento e ha ordinato a parte ricorrente di procedere in tal senso.
Tale ordine è stato puntualmente adempiuto e, a seguito di ciò, si è, quindi, costituito in giudizio il sig. Rozzoni [#OMISSIS#], ultimo dei candidati ammessi al corso di dottorato con borsa di studio, il quale, per poter fruire di tale possibilità, essendo stato, medio tempore, convocato per l’assegnazione di un incarico triennale di insegnamento presso una scuola secondaria di primo grado, ha chiesto ed ottenuto il congedo straordinario senza assegni per motivi di studio (per tutto il triennio di durata del corso, coincidente con il tempo dell’incarico).
Secondo il controinteressato, il ricorso sarebbe inammissibile, poiché la ricorrente avrebbe richiesto solo l’annullamento degli atti impugnati, ma non anche una nuova valutazione dei titoli di tutti i candidati, né la riformulazione della graduatoria finale, né la sostituzione dei membri della commissione.
Inoltre, il fatto stesso di non aver contestato il bando, analogo a quello impugnato, se non ancora più generico, relativo a una simile procedura di selezione per la frequentazione di un corso di dottorato di ricerca presso l’Università di Roma Tre, sarebbe indice di infondatezza del ricorso in esame.
Nel merito, infine, il ricorso sarebbe infondato nella parte in cui deduce l’illegittima, mancata, specificazione dei criteri di valutazione, che sarebbe avvenuta negli incontri della commissione di cui ai verbali n. 1 e 2.
Analoghe difese sono state dispiegate dai ricorrenti Colopi, Fracalanza e Crosato, insistendo su come l’interesse della ricorrente (risultata vincitrice di altra borsa di studio) sarebbe recessivo rispetto a quello, degli altri candidati e dell’Università, alla conservazione dello status quo.
Tutto ciò premesso, debbono essere preliminarmente esaminate le eccezioni in [#OMISSIS#] proposte dall’Amministrazione e dai controinteressati e, in primo luogo, quella di tardività del ricorso in esame.
Essa non appare priva di fondamento, ancorché con riferimento solo alla prima doglianza e non anche all’intero ricorso.
Peraltro, il Collegio ritiene preferibile prescindere dal profilo in [#OMISSIS#] e respingere la prima censura, atteso che il bando risulta essere conforme al Regolamento di Ateneo e al Regolamento MIUR, avendo esso individuato gli elementi che la Commissione avrebbe dovuto valutare, in relazione ai titoli posseduti, indicando le specifiche categorie di quelli rilevanti e il punteggio massimo attribuibile a ciascuna di esse.
Il bando ha, quindi, fornito dei parametri di riferimento certi, senza invadere l’ambito specifico della discrezionalità riservata alla Commissione d’esame, cui è demandata la valutazione del singolo titolo fatto valere.
La Commissione d’esame, però, risulta essere andata oltre i propri limiti, incorrendo in quel vizio di eccesso di potere dedotto con il secondo motivo di ricorso, laddove non ha provveduto a dotarsi di criteri più precisi per l’applicazione dei punteggi previsti dal bando, prima dell’inizio delle operazioni di valutazione, così, di fatto, rendendo impossibile ricostruire l’iter logico seguito nell’attribuzione dei punteggi stessi.
L’argomento sarà più ampiamente trattato dopo l’esame di tutte le eccezioni in [#OMISSIS#].
Così delineato l’oggetto principale del contendere, non può trovare positivo apprezzamento nemmeno l’eccezione di carenza di interesse connessa alla mancata impugnazione della graduatoria finale, proposta dal controinteressato Rozzoni, dal momento che l’annullamento degli atti del procedimento, a partire dalla valutazione dei titoli presentati dai candidati, non può che determinare l’automatico effetto della necessità della rinnovazione di tali operazioni, previa eliminazione delle illegittimità ravvisate e, dunque, fissazione di criteri specifici per l’attribuzione dei punteggi correlati ai vari elementi valutabili, come identificati nel bando.
Né può ritenersi venuto meno l’interesse della ricorrente alla decisione, per il solo fatto che la stessa è risultata vincitrice di un concorso per l’ammissione ad un corso di dottorato, con borsa di studio, presso l’Università di Roma tre, essendo demandata esclusivamente alla scelta della medesima la possibilità di continuare a frequentare quest’ultimo, ovvero di optare per il corso istituito presso la facoltà di Bergamo.
Il fatto, peraltro, che non sia stato censurato l’analogo bando pubblicato dall’Università di Roma Tre, non può avere alcun significato con riferimento alla vicenda in esame, se non l’effetto di dimostrare come la lesività delle previsioni diventi rilevante proprio e solo a seguito dell’applicazione dei generici criteri di cui al bando.
Inoltre, proprio il fatto stesso che la ricorrente non abbia potuto dimostrare la non corretta attribuzione del punteggio, mediante comparazione con altri candidati, risulta utile, oltre che al fine di superare l’eccezione secondo cui il ricorso non supererebbe la prova di resistenza, non avendo, la ricorrente dimostrato di poter ottenere l’ammissione al corso in ragione dei titoli vantati, anche all’accoglimento del ricorso nel merito. La mancata specificazione dei criteri e l’assenza di ogni motivazione in ordine al punteggio assegnato (con voto unico e non ulteriormente motivato) rende, infatti, impossibile ogni giudizio comparativo con i titoli degli altri candidati.
Data la genericità dei criteri di valutazione dei titoli individuati per macrocategorie nel bando, la commissione avrebbe, dunque, dovuto attenersi, data l’ampia discrezionalità che ne deriva in capo alla medesima, ad uno dei seguenti modus operandi: l’ulteriore specificazione dei criteri, introducendo delle subcategorie ovvero la motivazione del singolo voto assegnato, in modo da chiarire le ragioni che hanno determinato l’assegnazione del voto e da consentire la comparazione di tale valutazione con le altre compiute della Commissione.
Solo optando per la prima di tali due soluzioni, la Commissione avrebbe assolto quell’obbligo di motivazione che rende sufficiente l’espressione del giudizio in forma esclusivamente numerica, a fronte dell’esercizio di un’attività connotata da un’elevatissima discrezionalità (cfr., per quanto riguarda l’affermazione del principio, TAR Cagliari, sentenza n. 527/2016), ferma restando, diversamente, l’insufficienza dell’apposizione del solo voto, senza alcuna descrizione delle ragioni sottese alla sua individuazione.
L’indicazione del solo voto complessivamente attribuito per ogni candidato a ciascuna delle tre macrocategorie di titoli individuate dal bando appare, dunque, del tutto inidonea a consentire ogni valutazione della coerenza, logicità e adeguatezza del giudizio espresso rispetto al singolo concorrente e nel confronto con gli altri candidati, con la conseguenza che il provvedimento risulta privo di motivazione.
Del resto, la stessa verbalizzazione dell’attività della commissione induce a ritenere che l’organo giudicante abbia, in qualche modo, percepito la necessità di integrare i generici criteri di valutazione forniti dal bando.
Dalla lettura dei verbali delle sedute, peraltro, sembrerebbe potersi desumere che la Commissione stessa abbia ravvisato l’opportunità di darsi una sorta di “linee guida”, di parametri di riferimento, di cui, però, non è stato dato conto e la mancata esplicitazione di essi determina, pertanto, quella carenza di motivazione che è lamentata dall’odierna ricorrente.
In linea, dunque, con la giurisprudenza maggioritaria, secondo cui deve essere “valorizzata la circostanza che la mera espressione numerica nella valutazione degli elaborati, se accompagnata dall’assenza ovvero dall’assoluta genericità dei criteri di valutazione elaborati dalla Commissione, non è sufficiente a palesare le ragioni del giudizio espresso sull’elaborato” (cfr. la sentenza del TAR Lazio, n. 11342/2015), il ricorso deve essere accolto e le valutazioni espresse dalla Commissione in assenza della specificazione dei criteri, annullate, con effetto caducante su tutti gli atti successivi del procedimento.
La procedura di selezione deve, dunque, essere rinnovata a partire dalla valutazione dei titoli presentati dai candidati.
Peraltro, poiché tali operazioni interverranno dopo lo svolgimento della prova orale, ragioni di tutela della par condicio e di garanzia della indipendenza e terzietà dei valutatori impongono di rimettere le operazioni a una nuova e diversa Commissione, la quale dovrà essere nominata, nel rispetto del Regolamento di Ateneo (di Bergamo) in materia di dottorato di ricerca, dal Rettore dell’Università di Milano, su proposta del Collegio dei docenti del corso di dottorato di studi linguistici, letterari e interculturali in ambito europeo e extraeuropeo (dottorati di area umanistica) della stessa Università di Milano, scegliendone i componenti tra persone terze rispetto all’Università di Bergamo (e, quindi, non dipendenti o titolari di rapporti di collaborazione con tale Ateneo). Pertanto:
– entro cinque giorni lavorativi dalla comunicazione o notificazione del presente provvedimento, l’Università di Bergamo dovrà provvedere a trasmettere al Rettore dell’Università statale di Milano copia di tutta la documentazione relativa alla procedura selettiva in questione, esclusa quella riferita alla fase successiva all’avvenuta presentazione delle domande di partecipazione (e, quindi, dovranno essere inviate, oltre al bando e a copia degli atti ivi citati, copia delle domande di partecipazione presentate, con i relativi allegati);
– entro quindici giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza il Rettore dovrà provvedere alla nomina della Commissione per la valutazione dei titoli;
– entro il 31 dicembre 2016, la Commissione dovrà provvedere alla valutazione dei titoli presentati dai candidati che hanno partecipato alla procedura in questione;
– il colloquio orale e le ulteriori operazioni preordinate alla formazione della graduatoria dovranno essere perfezionate entro il termine del 15 gennaio 2017, così che il corso di dottorato possa essere tempestivamente riavviato dopo tale data.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza, ponendone, però, l’intero onere a carico dell’Università di Bergamo, che dovrà provvedere anche a sostenere le spese dei componenti della nuova Commissione, mentre debbono essere compensate nei confronti dei controinteressati, cui non pare imputabile alcuna responsabilità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, ponendo a carico dell’Amministrazione gli incombenti come ivi specificati.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese del giudizio a favore del ricorrente, nella somma di euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre ad accessori di legge, se dovuti e le compensa nei confronti dei controinteressati costituiti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria di trasmetterla, per i rispettivi adempimenti ivi previsti, al Rettore dell’Università di Bergamo e al Rettore dell’Università statale di Milano.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 11/11/2016