N. 12104/2024 REG.PROV.COLL.
N. 10805/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10805 del 2023, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Dir. Naz. Prof. San. e Ris. Umane Ssn – Uff. II – Ric. Titoli Prof. San. e Lauree Spec. e Magistrali, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
– del provvedimento del 26 maggio 2023, prot. n. DGPROF0030261-P-26/05/2023, ricevuto dalla ricorrente a mezzo posta raccomandata (n. 20156175736-2) l”8 giugno 2023, con il quale il Ministero della Salute – Direzione Generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale ha subordinato il riconoscimento in Italia del titolo di “Odontologo”, rilasciato alla ricorrente in data 17 dicembre 2003 presso la “Universidad Central de Venezuela” di Caracas, corrispondente a quello italiano di “Odontoiatra”, all’espletamento di una misura compensativa consistente al superamento di una prova attitudinale inerente alle materie di Endodonzia, Protesi Dentaria, Parodontologia e Medicina Legale ai fini dell”esercizio in Italia della corrispondente professione sanitaria di Odontoiatra (doc. 1);
– del verbale recante il parere espresso dalla Conferenza dei servizi di cui all”articolo 16, comma 3, del d.lgs. n. 206 del 2007, nella seduta del 18 maggio 2023, nell”ambito della quale l”organo consultivo ha deciso di subordinare il riconoscimento del titolo di Odontoiatra al superamento di una prova attitudinale inerente alle materie di Endodonzia, Protesi Dentaria, Parodontologia e Medicina Legale;
– di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, ancorché non conosciuto, potenzialmente lesivo della sfera giuridica della ricorrente;
PER LA CONDANNA IN FORMA SPECIFICA EX ART. 30, COMMA 2, C.P.A.
– delle Amministrazioni intimate a riconoscere a parte ricorrente automaticamente il titolo abilitante alla professione di Odontoiatra, rilasciato a parte ricorrente in data 17 dicembre 2003 presso l”Università Centrale del Venezuela e riconosciuto in Spagna dal “Ministerio de Universidades” spagnolo, avendo soddisfatto le condizioni minime di formazione di cui al titolo III, capitolo III della direttiva 2005/36/CE, ai fini dell”esercizio in Italia della professione di odontoiatra, ai sensi del D.lgs. n. 206/2007, senza alcuna misura compensativa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2024 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui il Ministero resistente – in ordine alla sua richiesta di riconoscimento del titolo di “Odontologo”, rilasciato alla ricorrente in data 17 dicembre 2003 presso la “Universidad Central de Venezuela” di Caracas, corrispondente a quello italiano di “Odontoiatra” – ha subordinato il riconoscimento al superamento di una prova attitudinale sulle seguenti materie: Endodonzia, Protesi Dentaria, Parodontologia e Medicina Legale.
In particolare la ricorrente deduce che, essendo anche cittadina spagnola, ha chiesto e regolarmente ottenuto in Spagna il riconoscimento del suo titolo di “Odontologo” ai sensi dell’art. 2, par. 2, della direttiva 2005/36/CE, avendo soddisfatto le condizioni minime di formazione stabilite per la professione di cui al titolo III, capitolo III della stessa Direttiva, così come indicato nell’attestato di conformità rilasciato dal Ministero dell’Istruzione spagnolo – Direzione Generale di Politica Universitaria, Vicedirezione Generale dei Titoli e Riconoscimento di qualifiche di Madrid (Spagna). In tale modo ha ottenuto, a tutti gli effetti, da cittadina comunitaria un titolo di formazione in odontoiatria rilasciato da un Paese membro dell’Unione Europea.
La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: 1. Violazione e/o falsa applicazione del principio di libertà di stabilimento di cui agli artt. 49 e ss. del TFUE – violazione e/o omessa applicazione del meccanismo di riconoscimento automatico dei titoli di formazione di odontoiatra negli stati membri UE di cui agli artt. 21 e 34 nonché dell’allegato v, par. 5.3.2 della direttiva 2005/36/CE e della relativa normativa nazionale di recepimento contenuta negli artt. 31 e 41 del d.lgs. n. 206/2007; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, paragrafo 1, lettera c, della direttiva 2005/36/CE e della relativa normativa nazionale di recepimento contenuta nell’art. 4, comma 1, lettera c, del d.lgs. n. 206/2007 – violazione dell’art. 3 Cost. – eccesso di potere per ingiustificata disparità di trattamento e per contraddittorietà con precedenti determinazioni della stessa amministrazione. 2. Difetto di istruttoria per violazione e/o falsa applicazione del principio di libertà di stabilimento di cui agli artt. 49 e ss. del TFUE per violazione e/o omessa applicazione dell’art. 50, paragrafo 2 della direttiva 2005/36/ce e della relativa normativa nazionale di recepimento contenuta nell’art. 8, commi 1 e 4 del d.lgs. 206/2007 –– violazione degli art. 16, 22, 41 e 60 del d. lgs. n. 206 del 9 novembre 2007 – eccesso di potere per travisamento dei fatti. 3. Violazione dell’art, 14, comma 2 e 6, della direttiva 2005/36/CE, trasposta nel d.lgs. 206/2007 – violazione dell’art. 3, l. 241/1990 – violazione art. 3 e 97 Cost. – difetto di motivazione – difetto di istruttoria.
Sostiene la ricorrente:
– che il titolo di odontoiatra per cui è causa rientrerebbe nell’ambito di un numero ristretto di professioni che sarebbero sottoposte al c.d. “regime automatico di riconoscimento” di cui all’art. 21 della citata direttiva (nonché dell’art. 31, comma 7, d.lgs. n. 206/2007), ossia alla procedura semplificata di riconoscimento. A fronte del possesso del certificato di conformità del titolo alla direttiva 2005/36/CE rilasciato in Spagna il Ministero della Salute italiano si sarebbe dovuto limitare a riconoscere il titolo, prescindendo da qualsiasi altra circostanza;
– che ha già sostenuto tutte le materie durante il percorso formativo di laurea prima e specialistico poi, e che il Ministero intimato non ha nemmeno addotto alcuna motivazione circa la decisione assunta nel subordinare il riconoscimento del titolo di odontoiatra al conseguimento di misure compensative proprio su tali argomenti;
– che il provvedimento non è motivato in quanto non fornisce le ragioni per cui sarebbe necessaria una misura compensativa.
Si è costituito il Ministero sostenendo l’inapplicabilità del “regime automatico” di riconoscimento al titolo in possesso della ricorrente.
All’udienza del 28 maggio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
1. Il primo motivo, con cui si deduce l’applicabilità del regime automatico al riconoscimento in questione, è infondato.
In particolare, in fattispecie analoghe alla presente, questo TAR ha ritenuto che:
“La vicenda, invero, ricalca quelle di cui alle sentenze di questo TAR n. 5902/2020 e del Consiglio di Stato n. 6535/2018, nonché il parere definitivo del Consiglio di Stato n. 1749\2019. In quelle circostanze, con argomentazioni che bene si attagliano anche alla presente controversia, è stato osservato che: “Il ricorso è infondato sulla base di quanto già rilevato dal Consiglio di Stato, con il parere 1748/2019, avente ad oggetto il diniego opposto dall’Amministrazione, con le stesse motivazioni di quelle oggetto del presente giudizio, avverso un’ulteriore istanza proposta dallo stesso ricorrente per il riconoscimento dello stesso titolo.” (…) “Il diritto di esercitare libere prestazioni di servizi ai sensi del titolo II della direttiva 2005/36/CE riguarda esclusivamente titoli di studio comunitari, ossia conseguiti in un Paese dell’Unione Europea, sicché non è utile a tal fine il titolo di studio in possesso del sig. (…), che è un titolo extra-comunitario, in quanto conseguito in Serbia, mentre il riconoscimento accademico ottenuto in un altro Stato membro, la Romania” … “non vale a trasformare il titolo serbo in un titolo comunitario” … “Fondata e condivisibile risulta in secondo luogo l’interpretazione che al riguardo il Ministero fornisce della direttiva comunitaria: essa non impone affatto ad uno Stato membro di assumere le proprie determinazioni sulla scorta di decisioni già prese da un altro Paese UE, né uno Stato membro può considerarsi vincolato ad accogliere istanze aventi ad oggetto un titolo extra-comunitario senza compiere alcuna valutazione circa la sua formazione, per il solo fatto che detto titolo abbia ottenuto un primo riconoscimento in un altro Stato membro. Risolutiva risulta al riguardo la lettera del 12° Considerando della direttiva 2005/36/CE: “La presente direttiva riguarda il riconoscimento, da parte degli Stati membri, delle qualifiche professionali acquisite in altri Stati membri. Non riguarda tuttavia il riconoscimento da parte degli Stati membri di decisioni di riconoscimento adottate da altri Stati membri a nonna della presente direttiva”. È dunque perfettamente conforme a diritto e legittima la conclusione ministeriale, secondo la quale da tale premessa “deriva, pertanto, l’inapplicabilità al titolo in questione, sia delle procedure di riconoscimento di cui alla direttiva medesima, sia delle procedure relative al diritto di libera prestazione dei servizi”. 3.2. Le ragioni oggettive addotte dal Ministero per sostenere le insuperabili criticità del titolo di studio di base vantato dal ricorrente risultano – all’esame proprio della presente sede di legittimità ed escluso ogni apprezzamento di merito riservato all’amministrazione competente – immuni dalle censure dedotte in ricorso e fondate su conclusioni logiche, coerenti, ragionevoli e proporzionate desunte da elementi istruttori adeguati e completi” (…) “5. Il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 (recante Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania), come modificato dal decreto legislativo 28 gennaio 2016, n. 15 (di Attuazione della direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (UE) n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno – «Regolamento IMI»), all’art. 4 (Definizioni), comma 1, lettera c), a proposito del «titolo di formazione», recepisce, nel secondo periodo, la disposizione contenuta nell’art. 3, par. 3, della direttiva 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE, prevedendo che “Hanno eguale valore i titoli di formazione rilasciati da un Paese terzo se i loro possessori hanno maturato, nell’effettivo svolgimento dell’attività professionale, un’esperienza di almeno tre anni sul territorio dello Stato membro che ha riconosciuto tale titolo, certificata dal medesimo” (il testo della direttiva è il seguente: “È assimilato a un titolo di formazione ogni titolo di formazione rilasciato in un paese terzo se il suo possessore ha, nella professione in questione, un’esperienza professionale di tre anni sul territorio dello Stato membro che ha riconosciuto tale titolo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2 certificata dal medesimo”)” (cfr. TAR Roma n. 10916/2024; nello stesso senso n. 6153/2022 e n. 01268/2024).
Nel caso in esame la ricorrente non ha provato di aver maturato la prescritta esperienza di almeno tre anni sul territorio dello Stato membro che ha riconosciuto tale titolo.
Pertanto infondate sono le doglianze riferite alla invocata applicazione del regime automatico di riconoscimento.
2. Fondato invece è il motivo con cui si deduce il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
Nella fattispecie in esame, il Ministero resistente non ha motivato in alcun modo quali siano le differenze tra i due percorsi di studio e le ragioni per le quali è stato deciso di prescrivere le misure compensative per quelle determinate materie.
Invero, il Ministero avrebbe dovuto procedere ad una verifica in concreto della corrispondenza delle ore di studio sostenute nell’Università di Caracas e quelle sostenute in Italia,
In conclusione – dato per assodato che la formazione specialistica medica viene effettuata nei due paesi in maniera differente – l’Amministrazione non ha evidenziato in concreto in cosa l’attività formativa realizzata in Venezuela sarebbe deficitaria, rispetto a quella conseguita in Italia.
Pertanto, ritiene il Collegio che le censure siano fondate nei limiti della contraddittorietà e del difetto di motivazione.
In conclusione, il ricorso deve esser accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato provvedimento e rimessione del procedimento all’autorità competente, la quale dovrà svolgere le ulteriori conseguenti valutazioni e rieditare il potere conferitole.
Stante la particolarità della questione le spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Primo Referendario
Pubblicato il 14/06/2024