N. 05330/2024REG.PROV.COLL.
N. 05238/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5238 del 2023, proposto dal
prof. -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Ombrone, n. 12/b;
contro
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Commissione della procedura valutativa per la chiamata a un posto di professore universitario di seconda fascia, non costituita in giudizio;
nei confronti
prof. -OMISSIS–OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. OMISSIS e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2022, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. -OMISSIS-/2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e del prof. -OMISSIS–OMISSIS-;
Viste la memoria del controinteressato e la replica dell’appellante;
Preso atto, altresì, del deposito di documentazione da parte dall’Università;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti gli avv.ti OMISSIS e OMISSIS, nonché l’avv. OMISSIS per delega dell’avv. OMISSIS;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso al T.A.R. Puglia il prof. -OMISSIS- -OMISSIS- ha impugnato il decreto del Prorettore dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” del 22 marzo 2018 recante approvazione degli atti della procedura selettiva di chiamata a un posto di professore universitario di seconda fascia per il settore concorsuale (S.C.) “06/F1 – Malattie Odontostomatologiche”, settore scientifico-disciplinare (S.S.D.) “MED/28 – Malattie Odontostomatologiche” presso il Dipartimento di Scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso della predetta Università, con contestuale indicazione del prof. -OMISSIS–OMISSIS- quale candidato più titolato.
Il ricorrente ha impugnato altresì gli atti presupposti e connessi, tra cui i verbali della Commissione giudicatrice (con i relativi giudizi), il decreto del Rettore dell’Università di Bari del 21 marzo 2017 di indizione della procedura, gli atti di proposta di chiamata del vincitore della procedura selettiva e di approvazione della chiamata ed il decreto del Rettore di nomina del prof. -OMISSIS-.
Il ricorrente ha chiesto, da ultimo, l’annullamento ovvero la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato tra l’Università e il predetto prof. -OMISSIS-.
Nel corso del giudizio il ricorrente ha dichiarato la persistenza dell’interesse ad agire a fini risarcitori o di ricostruzione della carriera, essendo nelle more risultato vincitore di una successiva procedura selettiva.
L’adito Tribunale, con sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2022, dopo aver assorbito e comunque disatteso l’eccezione di improcedibilità sollevata dal controinteressato, ha integralmente respinto nel merito il ricorso.
Con il ricorso in epigrafe il prof. -OMISSIS- ha proposto appello avverso tale sentenza, chiedendone l’annullamento e deducendo i seguenti motivi:
1) error in iudicando, illogicità della decisione, carenza di motivazione, travisamento dei fatti, errata valutazione delle prove documentali prodotte in atti, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto pertinenti alla fattispecie e delle regole concorsuali, omesso rilievo della fondatezza del primo motivo di ricorso nel quale si è denunciata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge, violazione della l. n. 240/2010, del d.P.R. n. 487/1994, degli artt. 6 e 8 del Regolamento per la chiamata dei professori di ruolo dell’Università di Bari e dell’art. 9 del bando di concorso, eccesso di potere, erronea presupposizione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, carenza di motivazione, disparità di trattamento e violazione del principio di trasparenza, poiché il T.A.R. sarebbe incorso in errore nel disattendere il primo motivo di ricorso ritenendo che, in base alla disciplina della procedura, la Commissione non avesse un obbligo di predeterminare criteri o sub-criteri diversi da quelli indicati nel bando, né di definire griglie di valutazione o sotto-punteggi, al fine di rendere più intellegibili i giudizi espressi;
2) error in iudicando, erroneità della decisione, carenza di motivazione, travisamento dei fatti e delle norme di diritto, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto pertinenti alla fattispecie e delle regole concorsuali, omesso rilievo della fondatezza del secondo motivo di ricorso nel quale è stata denunciata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge, violazione della l. n. 240/2010, del d.P.R. n. 487/1994, degli artt. 6 e 8 del Regolamento per la chiamata dei professori di ruolo e dell’art. 9 del bando, eccesso di potere, erronea presupposizione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, carenza di motivazione, disparità di trattamento e violazione del principio di trasparenza, in quanto la sentenza appellata avrebbe errato, altresì, nel disattendere il secondo motivo di ricorso, sostenendo che la Commissione avrebbe effettuato una comparazione analitica dei titoli valutabili, documentata dagli allegati al verbale n. 3;
3) error in iudicando, disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà della decisione, carenza di motivazione, travisamento dei fatti, errata valutazione delle prove documentali prodotte, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto pertinenti alla fattispecie e delle regole concorsuali, omesso rilievo della fondatezza del terzo motivo di ricorso, nel quale è stata denunciata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge, della l. n. 240/2010, del d.P.R. n. 487/1994, degli artt. 6 e 8 del Regolamento per la chiamata dei professori di ruolo e degli artt. 1 e 9 del bando, eccesso di potere, erronea presupposizione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, carenza di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento e violazione del principio di trasparenza, giacché il T.A.R. avrebbe respinto il terzo motivo di ricorso sulla base di valutazioni erronee, frettolose, illogiche e contrastanti con le evidenze documentali, oltre che contraddittorie rispetto ai contenuti dell’avviso di concorso e delle norme disciplinanti la procedura;
4) error in iudicando, disparità di trattamento, illogicità e contraddittorietà della decisione, carenza di motivazione, travisamento dei fatti, errata valutazione delle prove documentali prodotte, violazione e falsa applicazione delle norme di diritto pertinenti alla fattispecie e delle regole concorsuali, omesso rilievo della fondatezza del quarto motivo di ricorso nel quale è stata denunciata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione di legge, della l. n. 240/2010, del d.P.R. n. 487/1994, dell’art. 6 del Regolamento per la chiamata dei professori di ruolo (decreto rettorale n. 2161 del 5 luglio 2017) e dell’art. 9 del bando, eccesso di potere, erronea presupposizione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta, carenza di motivazione, disparità di trattamento, violazione del principio di trasparenza e sviamento dell’attività di valutazione, in quanto il primo giudice avrebbe erroneamente disatteso il quarto motivo di ricorso, affermando che la Commissione avrebbe fatto corretta applicazione delle regole concorsuali che ponevano in posizione equiordinata i vari ambiti valutativi (attività scientifica, didattica e assistenziale) e negando sia che la Commissione dovesse dare prevalenza al criterio basato sull’ambito scientifico-didattico, sia che tale organo abbia assegnato un valore eccessivo al criterio dell’attività assistenziale, favorevole al controinteressato.
Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Bari, depositando in prossimità della discussione della causa documentazione sui fatti di causa e resistendo all’appello di controparte.
Si è altresì costituito in giudizio il prof. -OMISSIS–OMISSIS-, depositando una memoria difensiva con cui ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello, atteso che le censure con esso dedotte consisterebbero nella riproposizione dei motivi del ricorso di primo grado, con una confutazione solo apparente delle statuizioni impugnate; nel merito, ha eccepito l’infondatezza dei motivi di gravame, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o la reiezione dello stesso.
L’appellante ha a sua volta depositato una replica con cui ha ribattuto alle eccezioni di rito e di merito del controinteressato, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
All’udienza pubblica del 26 marzo 2024 il Collegio, sentiti i difensori comparsi dell’appellante e del controinteressato, ha trattenuto la causa in decisione.
DIRITTO
Viene in decisione l’appello del prof. -OMISSIS- -OMISSIS- contro la sentenza del T.A.R. Puglia che ha respinto il ricorso da lui presentato avverso il decreto rettorale di approvazione degli atti della procedura di selezione indetta dall’Università di Bari per la chiamata di un professore di seconda fascia del settore concorsuale 06/F1 – Malattie Odontostomatologiche, S.S.D. MED/28 – Malattie Odontostomatologiche presso il Dipartimento di Scienze mediche di base, neuroscienze e organi di senso, nonché avverso gli atti presupposti, connessi e conseguenti.
Alla procedura valutativa hanno partecipato l’appellante e il prof. -OMISSIS–OMISSIS-, ambedue ricercatori confermati e professori aggregati di Odontoiatria all’Università di Bari dal 2005 e all’esito della stessa è risultato vincitore il prof. -OMISSIS-: a fondamento della prevalenza di quest’ultimo la Commissione – osserva la sentenza appellata – ha posto la netta superiorità dell’attività assistenziale da lui prestata negli ultimi dieci anni, a fronte della discontinuità e lacunosità di quella svolta dal ricorrente (anche in ragione della sospensione dell’attività decretata a carico di costui dall’Università: v. infra), mentre per quanto riguarda sia l’attività didattica, sia quella scientifica (di ricerca), i due candidati si sono in sostanza equivalsi.
Tanto premesso in fatto, il Collegio deve preliminarmente esaminare in diritto:
a) la questione della tardività del deposito documentale effettuato dall’Università in data 22 marzo 2024, dunque a ridosso dell’udienza pubblica;
b) l’eccezione di inammissibilità del gravame per violazione del principio di specificità dei motivi ex art. 101, comma 1, c.p.a., sollevata dal controinteressato.
Con riguardo alla documentazione depositata in appello dall’Università, la tardività di detto deposito è irrilevante nella parte in cui l’Ateneo è tornato a produrre in appello documenti già versati in atti in modo tempestivo nel giudizio di primo grado (ad es.: i verbali della Commissione valutatrice, la nota del Rettore recante richiesta di chiarimenti sulla valutazione delle pubblicazioni e il riscontro a detta nota fornito dalla Commissione), mentre è rilevante per gli atti prodotti per la prima volta in appello (ad. es.: la nota del Rettore dell’Università del 31 luglio 2023, indirizzata all’Avvocatura Generale dello Stato): questi ultimi, infatti, in quanto depositati in violazione dei termini ex art. 73, comma 1, c.p.a., senza che siano state fornite giustificazioni di tale deposito tardivo ai sensi dell’art. 54 c.p.a., non possono essere presi in considerazione.
In ordine all’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione del principio di specificità dei motivi ex art. 101 c.p.a., osserva il Collegio che la stessa è infondata e da respingere.
Lamenta in proposito il controinteressato che l’appellante si sarebbe limitato a riproporre le censure già dedotte nel ricorso di primo grado, avanzando argomenti che non si sostanzierebbero in una critica effettiva al ragionamento giuridico contenuto nella sentenza gravata.
Al riguardo il Collegio richiama preliminarmente il consolidato indirizzo giurisprudenziale, secondo cui il principio di specificità dei motivi di impugnazione prescrive che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non bastando la riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo: ciò, perché il giudizio di appello innanzi al giudice amministrativo ha natura di revisio prioris instantiae, i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 22 giugno 2023, n. 6147; id., 9 maggio 2023, n. 4680; Sez. V, 7 marzo 2022, n. 1619; id., 30 novembre 2021, n. 7988; id., 8 aprile 2021, n. 2843; Sez. II, 2 febbraio 2022, n. 717; Sez. IV, 24 febbraio 2020, n. 1355). Pertanto, l’appello deve censurare le motivazioni della sentenza impugnata ed esporre le ragioni per le quali questa sarebbe erronea e da riformare (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. II, 12 marzo 2021, n. 2152; Sez. V, 4 aprile 2017, n. 1543; Sez. III, 3 aprile 2017, n. 1529; Sez. IV, 26 settembre 2016, n. 3936; Sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 158). È stato precisato che non è necessario che i motivi di gravame siano rubricati in modo puntuale, né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, rilevando invece che gli stessi vengano esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile all’identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale (cfr. C.d.S., Sez. V, 27 settembre 2022, n. 8321) e che, in ogni caso, la specificità si articola in relazione alla natura delle controversie (C.d.S., Sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4006).
Tanto premesso, nel caso di specie il precetto dell’art. 101, comma 1, c.p.a. risulta rispettato, in quanto l’appellante ha mosso critiche specifiche e puntuali alla sentenza di prime cure (in disparte la loro fondatezza), individuando con sufficiente chiarezza le ragioni per le quali, suo avviso, tale sentenza sarebbe errata e da riformare, tant’è vero che il prof. -OMISSIS-, nelle sue difese, ha replicato in modo analitico alle stesse.
Nel merito, il Collegio osserva quanto segue.
Iniziando l’analisi dal primo motivo di gravame, con esso l’appellante torna a censurare la mancata previsione di una griglia di valutazione di criteri e sub-criteri, con i punteggi attribuiti a ciascuno di essi, criticando la sentenza appellata per aver disatteso l’analoga censura dedotta nel primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio.
Lamenta l’appellante che ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b), del decreto rettorale del 5 luglio 2017, n. 2161 (regolamento di Ateneo sulla chiamata dei professori di ruolo), nonché dell’art. 9 del decreto rettorale n. 905/2017 (recante l’avviso pubblico della procedura de qua), la Commissione valutatrice avrebbe dovuto specificare i criteri ponderali di valutazione, anche alla luce del principio generale di controllabilità dell’azione amministrativa, mentre essa, come emergerebbe dal verbale n. 1, si sarebbe limitata a riproporre i criteri generali già previsti dal citato regolamento di Ateneo.
Sarebbe del tutto mancata una valutazione ponderale, in riferimento sia ai criteri generali, sia ai titoli valutabili: non solo non sarebbe stata indicata una “forchetta” di punteggio in relazione a ogni criterio, o sub-criterio, ma neppure sarebbe stata prevista una diversa forma di standardizzazione dei giudizi, tale da consentire un confronto non arbitrario tra i due candidati.
I criteri elencati nel verbale n. 1 della Commissione – lamenta l’appellante – non consentirebbero di comprendere il peso specifico di ciascun titolo ai fini del giudizio complessivo, la rilevanza attribuita dalla Commissione ai titoli e, in ultima analisi, le ragioni giustificative delle valutazioni comparative finali, cosicché l’interprete non sarebbe messo in grado di ricostruire l’iter logico-giuridico che sta alla base dei giudizi espressi.
La mancata previsione di griglie di valutazione puntuali dei titoli, ovvero di un metodo di valutazione logico, coerente e comprensibile, determinerebbe l’appiattimento del giudizio: l’appellante sottolinea che la comparazione si dissolverebbe in giudizi finali stereotipati, in cui risulterebbe neutralizzato il “peso” specifico dei titoli dei candidati, con conseguente aleatorietà delle determinazioni finali della Commissione.
Il T.A.R. avrebbe errato ad affermare che la normativa di settore è di ostacolo alla fissazione di criteri più puntuali rispetto a quelli generici dell’avviso di selezione, poiché ciò sarebbe smentito dai casi – documentati nel giudizio di primo grado – di analoghi concorsi universitari relativi allo stesso S.S.D.; nella vicenda in esame, conclude l’appellante, sarebbe stato violato anche l’art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 487/1994, in base al quale l’atto con cui si avvia una selezione pubblica indica i titoli valutabili e il punteggio massimo agli stessi attribuibile singolarmente e per categorie.
Le doglianze ora viste non possono essere condivise.
Le modalità di espletamento delle procedure di reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori sono disciplinate dal d.P.R. 20 marzo 2017, n. 2000, il quale si occupa all’art. 4 dei lavori delle Commissioni valutatrici volti alla predeterminazione dei criteri di valutazione comparativa dei candidati e alla loro applicazione.
In particolare, l’art. 4, al comma 1, dispone che “Le commissioni giudicatrici predeterminano i criteri di massima e le procedure della valutazione comparativa dei candidati”, quindi elenca, nei commi 2 e 3, i criteri per la valutazione e specifica, nel comma 4, i titoli comunque da valutare, con previsione ampia e puntuale e perciò anche idonea rispetto ai diversi settori scientifici. Per quanto qui interessa, il comma 6 dell’art. 4 rinvia ai regolamenti delle Università la possibilità di adottare disposizioni che modifichino o integrino i criteri di cui al comma 2.
L’appellante ha lamentato che nel caso di specie la Commissione si sia limitata a riprodurre i criteri dettati dal regolamento dell’Ateneo, senza aggiungerne altri, ma la giurisprudenza ha osservato che è legittimo l’operato della Commissione, che si limiti a richiamare i criteri normativamente prefissati, senza aggiungerne altri, né introdurre sub-criteri, quando i criteri prefissati siano già sufficientemente prescrittivi e dettagliati da costituire una traccia operativa idonea su cui incardinare l’attività della Commissione e tenuto conto che l’art. 4 cit. delinea l’introduzione di criteri suppletivi come mera facoltà e non come obbligo per la Commissione stessa (C.d.S., Sez. VI, 29 aprile 2013, n. 2330; id. 23 maggio 2012, n. 2999).
Orbene, nel caso di specie il Collegio ritiene che i criteri di valutazione individuati dalla Commissione nel verbale n. 1, riferiti ai vari aspetti presi in considerazione (attività didattica, di didattica integrativa e servizio agli studenti; attività scientifica, di ricerca e servizi prestati; produzione scientifica; attività clinico-assistenziali), fossero sufficientemente specifici e idonei a dar conto delle ragioni per le quali è stata attribuita la preferenza all’un candidato, rispetto all’altro.
Invero, la valutazione effettuata dai Commissari non risulta in alcun modo viziata da carenze sotto l’aspetto della motivazione per quanto emerge dalla lettura del verbale n. 5 del 18 dicembre 2017, in cui sono espressi i giudizi finali complessivi su ciascuno dei due candidati e la loro comparazione, che ha visto prevalere il prof. -OMISSIS-. I giudizi sull’attività didattica dei candidati, di tenore positivo per entrambi, risultano in sostanza equivalenti e lo stesso deve dirsi per i giudizi sull’attività di ricerca scientifica e sulle pubblicazioni. Invece, una netta prevalenza del citato controinteressato emerge nei giudizi sull’attività assistenziale e sulla prova di lingua inglese, dove il prof. -OMISSIS- ha riportato un giudizio di “conoscenza della lingua molto buona”, a fronte del giudizio di “conoscenza della lingua appena sufficiente” conseguito dal prof. -OMISSIS-: profilo, questo della prova di lingua straniera, su cui, peraltro, nell’appello nulla viene detto, nonostante esso sia entrato nella valutazione complessiva dei candidati (e in senso non favorevole all’appellante).
Che la notevole preponderanza del controinteressato nell’attività clinico-assistenziale abbia costituito (unitamente alla prova in lingua) la ragione della preferenza accordatagli dalla Commissione, è, del resto, una circostanza che è stata indubbiamente colta dall’appellante, tanto è vero che costui con altra doglianza (v. pagg. 25 e segg. del gravame) ha contestato tale motivazione.
Dunque, il giudizio di prevalenza del controinteressato sull’appellante è assistito da una motivazione che riesce ad assolvere alla funzione che le è propria, cioè quella di esternare le ragioni dell’atto, in modo di consentire al destinatario dell’atto stesso di ricostruire l’iter logico-giuridico in base al quale l’Amministrazione è pervenuta alla sua adozione e ciò al fine di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato e rendere possibile al predetto destinatario la difesa delle proprie ragioni, restando altrimenti vanificati sia il principio costituzionale del buon andamento della P.A., sia la possibilità di difesa dell’interessato, sia la possibilità stessa del sindacato giurisdizionale (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2627; id., 6 agosto 2013, n. 4096; Sez. III, 4 febbraio 2020, n. 923; id., 2 maggio 2016, n. 1656; Sez. IV, 18 aprile 2019, n. 2520; id., 1° ottobre 2004, n. 6361; id., 22 febbraio 2001, n. 938; Sez. V, 11 dicembre 2013, n. 5956; id., 4 aprile 2006 n. 1750).
In definitiva, nel caso in esame non vi era alcun dovere della Commissione (per superare il presunto, ma invero inesistente, deficit motivazionale) di elaborare sub-criteri, ulteriormente specificativi di quelli enunciati nel verbale n. 1.
Neppure la Commissione era tenuta ad elaborare una griglia di punteggi numerici (con eventuali sub-punteggi), da riconnettere a ciascun criterio (e sub-criterio).
Come osservato dal T.A.R. con una motivazione che questo Collegio condivide, la procedura per cui è causa ha dato luogo a una valutazione comparativa dei candidati senza formazione di graduatoria e senza necessità di attribuire dei punteggi (operazione, questa, meramente facoltativa): la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni è infatti avvenuta attraverso la formulazione di un giudizio collegiale su ciascun candidato e poi attraverso la comparazione dei giudizi collegiali sui singoli candidati, per effetto della quale la Commissione ha individuato il concorrente valutato come idoneo alla chiamata, esprimendo su quest’ultimo un giudizio globale e sottoponendo le proprie conclusioni al Rettore per la successiva nomina.
L’attribuzione di punteggi numerici non era prevista dal bando, né è stata prevista dalla Commissione, la quale, perciò, ha pronunciato, all’esito della valutazione comparativa dei candidati, giudici analitici che non si sono tradotti nei suddetti punteggi (C.d.S., Sez. VII, 18 gennaio 2023, n. 615). Un simile modus operandi non si colora di illegittimità, poiché ciò che conta è che i criteri individuati non siano né vaghi, né generici, ma siano idonei a oggettivizzare, per quanto possibile, l’ampia discrezionalità valutativa tipica delle selezioni a posti di professore universitario e a consentire di ricostruirne ex post l’iter logico seguito (C.d.S., Sez. VI, 3 maggio 2022, n. 3445; id., 14 gennaio 2021, n 454): il che – come detto – è quanto si è verificato nel caso di specie.
La stessa giurisprudenza, anzi, ha posto in evidenza la necessità di evitare il rischio che la fissazione dei criteri da parte della Commissione sia operata in maniera meccanica e formalistica, ciò che può accadere proprio a causa della predisposizione di una griglia di punteggi numerici.
Come sottolineato da un recente arresto di questo Consiglio (Sez. VI, n. 3445/2022, cit.), infatti, va considerato che “alle Commissioni si chiede di individuare il candidato migliore. Criteri, parametri e indicatori sono fondamentali nel guidare il lavoro valutativo. Ma le loro incidenze ponderali ai fini del giudizio finale non devono diventare delle gabbie meccanicistiche, ancorate addirittura a puntuali pesi specifici di ognuno di essi. Per fare un esempio, non si può chiedere alle Commissioni di predeterminare il “peso” (in termini di punteggio) di un dottorato o il “peso” di un incarico di insegnamento al MIT. Sia perché bisognerebbe stilare ex ante una “classifica” dei valori di ogni possibile titolo/pubblicazione che i candidati potrebbero in teoria produrre, cosa che, ovviamente, non è neanche ipotizzabile. Sia perché è il buon senso (o meglio: i criteri e i parametri riconosciuti nelle comunità scientifiche di riferimento) a far concludere che aver tenuto un incarico di insegnamento in una delle più prestigiose università del pianeta “pesa” di più di più anni di insegnamento in Atenei molto meno prestigiosi.
La previsione di un “peso” specifico per ogni criterio/parametro/indicatore (ammesso che sia possibile fare in concreto questa operazione) porterebbe ad un automatismo assorbente e insuperabile che non necessariamente propizierebbe l’esito auspicato, ovvero l’individuazione del candidato migliore. Naturalmente questo non significa consegnare il lavoro delle Commissioni all’arbitrio. Ciò che i Commissari devono fare, una volta fissati criteri, parametri e indicatori, e la loro eventuale incidenza ponderale è giustificare con una congrua motivazione la scelta finale così da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente possibile le ragioni della prevalenza di un candidato sull’altro”.
Da quanto detto si evince, pertanto, la complessiva infondatezza del motivo.
Venendo al secondo motivo di gravame, con lo stesso l’appellante lamenta che il primo giudice abbia disatteso il secondo motivo del ricorso introduttivo, a mezzo del quale era stato censurato l’operato della Commissione per avere questa riportato a verbale non l’elenco completo dei titoli posseduti dai candidati, con indicazioni di quelli ammessi e quelli non ammessi, ma unicamente i titoli ammessi: ciò, ad avviso del ricorrente, avrebbe reso poco trasparente la valutazione, non essendo comprensibile se, per i titoli non indicati, la mancata indicazione sia dipesa dalla non ammissione a valutazione o dalla mera pretermissione.
Il T.A.R. ha respinto la censura sostenendo, da un lato, che la Commissione ha effettuato un’analitica comparazione dei titoli valutabili, come si ricava dagli allegati nn. 1 e 2 al verbale n. 3; dall’altro, che la tesi del ricorrente, della necessità della redazione di un elenco preliminare dei titoli presentati dai candidati prima di procedere alle operazioni valutative, non trova appiglio in alcuna disposizione di settore.
L’appellante contesta tale motivazione, sostenendo che la necessità che la Commissione dia conto di tutti gli elementi sottoposti al proprio scrutinio discenderebbe da elementari principi di trasparenza: tali principi non sarebbero, invece, soddisfatti dalla scelta della Commissione di riportare in allegato al verbale n. 3 solo i titoli da essa ritenuti valutabili e non tutti i titoli dichiarati dai concorrenti. La Commissione – secondo l’appellante – avrebbe dovuto redigere un elenco di tutti i titoli prodotti dai candidati ed esternare le proprie determinazioni su ciascun singolo titolo, così da dar contezza delle ragioni per cui alcuni titoli non sono stati ammessi a valutazione: l’omissione di tale adempimento impedirebbe di verificare ab aexterno se i titoli presentati non compresi negli allegati al verbale n. 3 siano stati o no esaminati, ovvero se siano stati ritenuti non ammissibili e perché.
Il motivo non è suscettibile di positivo apprezzamento.
Al riguardo il Collegio osserva che la doglianza è infondata in fatto sotto due profili:
I) da un lato, gli allegati nn. 1 e 2 del verbale n. 3 della Commissione elencano i titoli “valutabili” e dunque, evidentemente, gli eventuali titoli non compresi in detto elenco – che peraltro il ricorrente omette di specificare (v. infra) – sono quelli non ammessi a valutazione. Non vi è invece alcuna prova, né tantomeno principio di prova, che tali titoli non siano stati inseriti nell’elenco per dimenticanza, in quanto pretermessi dalla Commissione, quest’ultima restando una mera illazione avanzata nel ricorso e poi reiterata (senza alcun supporto probatorio) nell’appello;
II) dall’altro lato, per la valutazione delle attività clinico-assistenziali svolte dal prof. -OMISSIS-, il relativo riquadro contenuto nell’allegato n. 2 al verbale n. 3 osserva che “parte della documentazione prodotta e dell’attività dichiarata e documentata è riferita a periodo anteriore al 2007 e pertanto non valutabile ai fini della procedura, in base a quanto previsto all’art. 1 del bando”. Ne consegue che, al contrario di quanto lamenta il ricorrente, la Commissione, quando ha individuato titoli che a suo giudizio non erano valutabili, ha esplicitato la loro non ammissione alla valutazione, indicandone le ragioni.
In ogni caso la doglianza pecca di genericità, non avendo il prof. -OMISSIS- precisato con la stessa (né in primo grado, né in appello) quali sarebbero i titoli da lui prodotti che la Commissione avrebbe omesso di valutare, oltre a quelli che la stessa Commissione ha individuato come non valutabili, in relazione all’attività clinico-assistenziale del candidato, come visto al punto II).
Con il terzo motivo di gravame l’appellante contesta la sentenza impugnata, per avere questa ritenuto legittime le valutazioni effettuate dalla Commissione in merito a ciascun profilo da questa esaminato (percorso formativo, attività didattica, comprensiva dell’attività di didattica integrativa e di servizio agli studenti, attività di ricerca e di produzione scientifica, attività assistenziale).
Iniziando dalle contestazioni riguardanti il percorso formativo dei candidati, lamenta l’appellante che il Tribunale abbia giudicato legittima la mancata considerazione, da parte della Commissione, delle Specializzazioni ulteriori da lui possedute oltre a quella in Odontostomatologia (in Chirurgia Maxillo-Facciale, in Igiene e Medicina Preventiva, in Medicina Sperimentale) con la motivazione che le prime due non sono attinenti al S.S.D. MED/28 e la terza non è una vera Specializzazione.
In contrario l’appellante sostiene che nella valutazione del percorso formativo dei candidati sarebbe da valutare l’intera carriera universitaria e post-universitaria degli stessi e non solo la parte inerente lo specifico S.S.D. oggetto di concorso, non assorbente dell’intero orizzonte valutativo. In tal senso deporrebbero: il verbale n. 1 (che avrebbe previsto la valutazione dei Diplomi di Specializzazione, pur se non strettamente attinenti al S.S.D. MED/28); l’art. 6, comma 1, lett. b), del d.r. n. 2161/2017, che richiederebbe la coerenza con il settore concorsuale o con il S.S.D. solo per la valutazione della produzione scientifica; la tabella dell’art. 1 del bando di concorso, che imporrebbe la coerenza con il S.S.D. MED/28 solo per la valutazione dei profili didattico, scientifico e assistenziale e non per quella del percorso formativo. Pertanto, avrebbe errato il primo giudice a non riconoscere la netta superiorità del ricorrente e ciò tanto più che quest’ultimo è laureato in Medicina e Chirurgia con Specializzazione in Odontoiatria e iscrizione ad ambedue gli albi professionali, a fronte della più settoriale Laurea in Odontoiatria posseduta dal controinteressato.
L’appellante lamenta, inoltre, che la Commissione avrebbe ignorato alcuni corsi di perfezionamento allegati al suo curriculum, consistenti in titoli universitari di alta formazione post lauream, e che il T.A.R. avrebbe svilito tali titoli con l’affermare che essi sarebbero dei corsi privati non assimilabili a “Master” universitari: ma in realtà i predetti corsi di perfezionamento sarebbero stati conseguiti dal prof. -OMISSIS- presso Atenei universitari e rientrerebbero appieno tra gli “altri titoli accademici” che il verbale n. 1 elenca tra i titoli valutabili.
Anche per questo aspetto, dunque, emergerebbe la superiorità del profilo dell’appellante, rispetto al suo avversario, in relazione al criterio del percorso formativo.
Le doglianze non possono essere condivise.
In primo luogo, è del tutto logica e ragionevole la scelta della Commissione di limitare la valutazione del percorso formativo dei candidati ai titoli da essi posseduti attinenti al S.S.D. MED/28. In caso contrario, infatti, si correrebbe il pericolo di allargare la valutazione a titoli scientifici che, pur se in ipotesi significativi e di pregio, non siano tuttavia in grado di dare alcuna evidenza del possesso da parte dei candidati delle conoscenze e abilità richieste dal predetto settore scientifico disciplinare di Malattie Odontostomatologiche.
Si richiama, sul punto, la declaratoria dei contenuti del S.S.D. MED/28, di cui all’Allegato B – Area 06 del d.m. 4 ottobre 2000 (“rideterminazione e aggiornamento dei settori scientifico-disciplinari e definizione delle relative declaratorie”), in base alla quale il S.S.D. Malattie Odontostomatologiche “si interessa dell’attività scientifica e didattico-formativa, nonché dell’attività assistenziale a essa congrua nel campo della fisiopatologia e clinica delle malattie dell’apparato odontostomatologico in età pediatrica e adulta e dell’odontoiatria preventiva e di comunità; il settore ha specifica competenza nei campi della chirurgia orale, dell’odontoiatria restaurativa, ortognatodonzia, gnatologia clinica, pedodonzia, parodontologia e implantologia e nello studio delle protesi dentarie e della riabilitazione implantoprotesica ed odontostomatologica e dei materiali dentari”.
Si richiama, altresì, la pressoché identica declaratoria dei contenuti del settore concorsuale 06/F1 (Malattie odontostomatologiche), stabilita dall’Allegato B (parte 1) al d.m. 30 ottobre 2015, n. 855 (“rideterminazione dei macrosettori e dei settori concorsuali”), che è così formulata: “Il settore si interessa dell’attività scientifica e didattico-formativa, nonché dell’attività assistenziale a essa congrua nel campo della fisiopatologia e clinica delle malattie dell’apparato odontostomatologico in età pediatrica, adulta e geriatrica e dell’odontoiatria preventiva e di comunità. Il settore ha specifica competenza nei campi della chirurgia orale e speciale odontostomatologica, dell’odontoiatria restaurativa, endodonzia, ortognatodonzia, gnatologia clinica, odontoiatria pediatrica, parodontologia, implantologia, protesi dentaria, tecnologie protesiche e di laboratorio, materiali dentari”.
In secondo luogo, la declaratoria del S.S.D. MED/28 dimostra l’indubbia attinenza della Laurea in Odontoiatria a tale settore scientifico disciplinare: e lo stesso si deve dire per il settore concorsuale 06/D1. Risulta, perciò, inconferente e infondata l’invocazione di una pretesa “maggiore importanza” della Laurea in Medicina e Chirurgia, in quanto meno settoriale di quella in Odontoiatria, così come è del tutto indimostrato, in relazione al settore scientifico disciplinare messo a concorso, il corollario che l’appellante pretende di desumerne e cioè che egli, nell’ambito assistenziale, sarebbe abilitato ad effettuare uno spettro di interventi maggiore rispetto al controinteressato.
In merito, infine, ai corsi di perfezionamento che non sarebbero stati valutati dalla Commissione, si osserva che a corsi analoghi, se non identici, ha partecipato anche il prof. -OMISSIS–OMISSIS-, che, però, li ha inseriti nel paragrafo del suo curriculum dedicato all’aggiornamento professionale (pagg. 61 e ss.): soluzione che si rivela senz’altro più opportuna, essendo indimostrata l’equiparazione di tali corsi ai veri e propri “Master” universitari.
Con un ulteriore gruppo di doglianze l’appellante contesta poi l’affermazione del T.A.R. secondo cui, anche in relazione ai titoli inerenti l’attività didattica, la didattica integrativa e il servizio agli studenti, non sarebbe ravvisabile la prevalenza di un candidato sull’altro.
In particolare, non sarebbe vero che il prof. -OMISSIS- ha svolto n. 56 insegnamenti contro i n. 48 del prof. -OMISSIS-, come sostenuto dal primo giudice, per le seguenti ragioni:
– anzitutto, il dato riportato si riferirebbe solo agli incarichi di insegnamento presso il Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria, mentre l’appellante avrebbe tenuto diversi insegnamenti anche presso il Corso di Laurea in Igiene Dentale, il Diploma Universitario di Igiene Dentale e il Corso di Laurea in Infermieristica riconosciuti come attinenti al S.S.D. MED/28 dalla stessa Commissione, e presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale. Relativamente a questa parte dei titoli, la Commissione sarebbe incorsa in una lunga serie di errori, omissioni, lacune istruttorie e travisamenti, che il T.A.R. avrebbe ritenuto erroneamente di giustificare, o su cui avrebbe addirittura omesso di pronunciarsi;
– la sentenza sbaglierebbe ad adombrare una discontinuità didattica nel prof. -OMISSIS-, che sarebbe smentita dai giudizi contenuti nel verbale n. 3, in cui si riconoscerebbe al ricorrente il possesso della piena continuità didattica dall’anno accademico 1999/2000 fino all’attualità;
– ancora, la Commissione avrebbe illegittimamente ignorato numerosi altri insegnamenti tenuti dal ricorrente presso l’Università di Bari, attinenti al S.S.D. MED/28, ai sensi del certificato dell’Ateneo n. 8 del 20 aprile 2017, ma sul punto la sentenza avrebbe omesso di pronunciarsi e parimenti non si sarebbe pronunciata sulla mancata valutazione, da parte della Commissione, di altri due corsi tenuti dall’appellante (rispettivamente presso l’Università di Bari e presso l’University Hospital Coventry and Warwickshire), pur se da lui allegati alla propria domanda di concorso;
– non si capirebbe se i corsi siano stati calcolati facendo riferimento al numero degli anni accademici o a quello degli insegnamenti. In ogni caso, anche prendendo in considerazione i soli corsi attinenti al S.S.D. MED/28, il computo dei corsi tenuti dal prof. -OMISSIS- e non valutati (o valutati per meno anni di quelli effettivi) dalla Commissione dimostrerebbe la prevalenza del profilo del ricorrente su quello del controinteressato.
Le doglianze non sono suscettibili di positivo apprezzamento.
Il bando di concorso (d.r. n. 905/2017) ha definito in uno specifico riquadro dell’art. 1 gli standard qualitativi da considerare, individuandoli, per l’attività didattica, nell’attività svolta in corsi ufficiali presso le Università italiane nei Corsi di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria, nei Corsi di Laurea Triennale delle Professioni Sanitarie, e ancora nelle Scuole di Specializzazione. L’art. 1 ha poi indicato, sempre in un apposito riquadro, le funzioni che il vincitore sarebbe stato chiamato a svolgere come impegno didattico, ossia la “copertura degli insegnamenti di Malattie Odontostomatologiche (SSD MED/28) nel Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria e Protesi Dentaria e nei Corsi di Laurea Triennali in Professioni Sanitarie”. Infine, l’art. 1, ancora in un apposito riquadro (“ulteriori elementi di qualificazione didattica e scientifica”), ha precisato che nella valutazione del profilo didattico si sarebbe dovuto garantire “uno standard qualitativo basato sulla coerenza con i suddetti ambiti del SSD MED/28 e con le tematiche delle neuroscienze applicate al distretto oro-facio-mandibolo-trigeminale”.
Dal canto suo, la Commissione nel verbale n. 1 ha precisato che ai fini della valutazione dell’attività didattica sarebbero stati valutati i seguenti aspetti: a) il numero dei corsi tenuti presso l’Università di Bari e presso altre Università “con particolare riferimento agli insegnamenti del SSD MED/28 ed ai corsi di cui gli stessi hanno assunto la titolarità” b) la continuità della loro tenuta; c) il coordinamento di iniziative in campo didattico.
Tanto premesso, il controinteressato ha eccepito nelle sue difese, senza che l’appellante abbia saputo replicare sul punto, che per gli insegnamenti affidati al prof. -OMISSIS- con delibera del 24 settembre 2012 l’Ateneo ha proceduto il 26 novembre 2012 alla sospensione dell’incarico a causa della vicenda che ha coinvolto il predetto docente (il “deconvenzionamento”, ossia la cancellazione dall’elenco del personale medico dell’Università di Bari in convenzione con l’Azienda Ospedaliera – Policlinico di Bari: cfr. infra) e quindi alla sua sostituzione con altro docente (con decreto del Preside ratificato in data 17 aprile 2013): ciò, in quanto la presenza in tali insegnamenti anche di Crediti Formativi Pratici, ossia di attività di assistenza e cura su pazienti, ha reso impossibile il loro svolgimento da parte di un docente allontanato dall’attività assistenziale e non più convenzionato.
A carico del prof. -OMISSIS- si è verificato, perciò, un vulnus nel criterio della continuità nella tenuta dei corsi, che come si è appena visto è stato indicato dalla Commissione nel verbale n. 1 quale criterio di valutazione dell’attività didattica. In particolare, negli anni accademici successivi al 2011/2012 il prof. -OMISSIS-, per le ragioni ora dette, non ha più potuto ricoprire insegnamenti nel Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria, ad eccezione dell’insegnamento di Chirurgia Maxillo-Facciale (privo di Crediti Pratici), che però non appartiene al S.S.D. MED/28.
La conseguenza di tale sospensione degli insegnamenti e attribuzione degli stessi ad un altro docente è quella della sottrazione di n. 5 insegnamenti dai n. 53 dichiarati dal prof. -OMISSIS- per il Corso di Laurea Magistrale in Odontoiatria, con il corollario che la cifra di n. 48 insegnamenti per tale Corso di Laurea è del tutto corretta (ciò che, a ben vedere, lo stesso appello ammette).
Il controinteressato, inoltre, eccepisce che ventitré insegnamenti dichiarati dall’appellante nel Corso di Laurea in Igiene Dentale afferiscono al S.S.D. MED/50 e non al S.S.D. MED/28 messo a concorso e neppure a tale eccezione l’appellante ha saputo replicare.
Ne discende, in definitiva, l’infondatezza del suesposto gruppo di censure, non emergendo dagli atti di causa – per quanto riguarda l’attività di didattica – quella superiorità del profilo del ricorrente sul profilo del controinteressato rivendicata nell’appello.
Successivamente l’appellante passa a contestare il mancato accoglimento da parte del T.A.R. delle censure da lui dedotte nel ricorso introduttivo in riferimento alla valutazione dell’attività scientifica e di ricerca e dei servizi prestati.
Anzitutto il prof. -OMISSIS- nega che fossero valutabili solo le attività di direzione o partecipazione a gruppi di ricerca del tipo “PRIN o Progetti ex 60%”, tale limitazione non emergendo nel verbale n. 1. Contesta poi l’affermazione del T.A.R. secondo cui egli non avrebbe svolto attività di ricerca con ruoli di direzione, sia perché ciò non sarebbe vero, sia perché comunque sarebbero valutabili anche le partecipazioni a progetti di ricerca. In realtà – aggiunge l’appellante – egli avrebbe diretto gruppi di ricerca in più occasioni (elencate nel gravame), per un totale di sette partecipazioni con compiti di direzione, a cui dovrebbero aggiungersi le svariate partecipazioni (anch’esse elencate nel gravame) come componente di gruppi di ricerca anche internazionali, a fronte delle sole cinque partecipazioni del controinteressato, con compiti di direzione o meno.
In secondo luogo l’appellante lamenta di essere stato relatore in oltre cento congressi dal 1991 in poi, a fronte di sole diciassette relazioni in congressi dichiarate dal prof. -OMISSIS-, e di aver ottenuto quattro tra premi e riconoscimenti, contro solo tre del controinteressato.
Ancora, egli censura la sentenza appellata per non essersi espressa sulla mancata valutazione, da parte della Commissione, di una serie di titoli da lui presentati e relativi ad incarichi di coordinamento per l’Università di Bari di progetti di ricerca e didattica con Università straniere, elencando anche i citati titoli. La Commissione non avrebbe neppure considerato, tra le esperienze internazionali, l’attività da lui svolta come Editorial Board Member, a far data dal 1° gennaio 2016 per una lunga serie di riviste internazionali, laddove il controinteressato presenterebbe come attività di coordinamento di progetto di ricerca la partecipazione come peer revewer a due riviste di settore.
Le censure non sono fondate.
In merito alla doglianza di mancata valutazione di ben sette partecipazioni dell’appellante a progetti di ricerca, si evidenzia che il curriculum vitae di costui, alla voce “collaborazione nella ricerca e didattica con Università estere e attività istituzionali, organizzative e di servizio dell’Ateneo”, riporta dati attinenti alla sua collaborazione con l’Università “Victor Babes” di Timisoara (Romania) e con l’University of Pittsburgh Cancer Institute, che sono stati puntualmente elencati tra i titoli valutabili nell’allegato n. 2 al verbale n. 3 della Commissione (recante la scheda valutativa del prof. -OMISSIS-). La collaborazione con la Casa di Cura -OMISSIS- di Crotone è citata sia nel giudizio collegiale sul candidato, sia nel riquadro con i titoli valutabili dedicato alle “attività istituzionali, organizzative di servizio all’Ateneo e di terza missione” e in ambedue i casi si riferisce che da tale collaborazione è scaturita la domanda di un brevetto per invenzione industriale.
Con riguardo alla partecipazione a “Progetti d’Ateneo ex 60%” ed a “Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN)”, si tratta di titolo che è vantato dal solo prof. -OMISSIS- (v. l’allegato n. 1 al verbale n. 3, recante la sua scheda valutativa) e non anche dall’appellante: è, dunque, corretta l’affermazione che sul punto fa la sentenza appellata, la quale non dice – come si sostiene erroneamente nel gravame – che il prof. -OMISSIS- non ha mai partecipato a gruppi di ricerca nazionali o internazionali, ma precisa che “dall’elenco titoli non si evince alcuna partecipazione [del ricorrente], con impegno di direzione, a “Progetti d’Ateneo ex 60%”, né alcuna partecipazione a Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN), diversamente dal controinteressato”. Il maggior peso attribuito alla partecipazione a questi progetti rientra, poi, nell’ampia sfera di discrezionalità valutativa della Commissione, non sindacabile al di fuori dei casi in cui risulti affetta dai vizi di illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 30 giugno 2023, n. 6416; id., 27 ottobre 2022, n. 9263; id., 2 febbraio 2022, n. 743; Sez. II, 23 febbraio 2021, n. 1568; Sez. V, 2 ottobre 2019, n. 6591; Sez. IV, 26 luglio 2018, n. 4585; id., 12 marzo 2018, n. 1128): ma tali vizi non sono ravvisabili nel caso ora in esame, tenuto conto anche del fatto che non è contestato che i progetti a cui ha partecipato il prof. -OMISSIS- sono presenti nella banca dati ufficiale del Ministero “loginmiur”.
La scheda valutativa del prof. -OMISSIS- contenuta nell’allegato n. 2 al verbale n. 3 riporta, poi, le dichiarazioni, presenti nel suo curriculum: a) di essere stato relatore, dal 1991 in poi, in oltre cento congressi internazionali e di aver presentato, nello stesso periodo, almeno cinque relazioni per anno a congressi nazionali; b) di essere revisore di tredici riviste internazionali e componente dell’Editorial Board di diciotto riviste internazionali, e di aver svolto la peer review per alcuni articoli. È, pertanto, infondata in fatto qualsiasi doglianza di mancata considerazione e valutazione di detti titoli da parte della Commissione; in ogni caso, l’appellante non ha saputo replicare all’affermazione della sentenza di prime cure, secondo cui in relazione ai congressi “l’attività documentata [dal ricorrente] è minore di quella reclamata”.
Analogo giudizio di infondatezza deve poi formularsi in ordine alle doglianze relative alla valutazione dei “premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca”: per questa voce, infatti, i titoli valutabili sono riportati in modo accurato per ambedue i candidati sia nelle rispettive schede valutative, sia nei giudizi collegiali su ciascuno di essi e da tale voce si evince una lieve superiorità (quattro titoli contro tre) dell’appellante nei confronti del controinteressato.
Alla luce di quanto esposto, va condivisa la conclusione del T.A.R. di una sostanziale equivalenza dei due candidati per quanto riguarda l’attività scientifica e di ricerca, poiché la prevalenza dell’uno per uno o più dei criteri a cui la Commissione ha avuto riguardo in relazione alla suddetta attività, è compensata dalla superiorità del secondo per altro o altri criteri: e così, ad es., la prevalenza mostrata dal prof. -OMISSIS- per i premi e riconoscimenti ottenuti (invero assai lieve) e il ruolo da lui svolto in numerose riviste internazionali risultano controbilanciati dalla superiorità del prof. -OMISSIS- per il prestigio dei progetti di ricerca a cui ha partecipato (talora con ruoli di direzione).
Da ultimo, con il terzo motivo l’appellante lamenta che la sentenza di primo grado sarebbe erronea nella parte in cui non avrebbe valorizzato (rectius: non avrebbe riconosciuto che la Commissione non ha valorizzato) nel modo dovuto la sua netta superiorità sul controinteressato per quanto concerne la consistenza complessiva della produzione scientifica, nonché nella parte in cui avrebbe sottostimato l’attività assistenziale da lui svolta.
Per quanto riguarda la produzione scientifica, l’affermazione del T.A.R. secondo cui i due candidati presentano per questo aspetto profili sostanzialmente omogenei, sarebbe contro ogni evidenza; né il primo giudice si sarebbe avveduto della palese disparità di trattamento e dell’erronea valutazione che caratterizzerebbero l’operato della Commissione sul punto, in relazione ai seguenti parametri, tutti favorevoli al prof. -OMISSIS-: a) H-Index; b) Impact-factor totale; c) numero di citazioni; d) coerenza dei lavori con il S.S.D. MED/28; e) partecipazione alla redazione di riviste, collane editoriali, trattati ed enciclopedie.
In ordine all’attività assistenziale, invece, il T.A.R. ha affermato la prevalenza del prof. -OMISSIS-, ma – lamenta l’appellante – tale giudizio sarebbe inficiato dall’eccessiva valorizzazione della circostanza che, per un’ampia parte del periodo di riferimento (decorrente, a norma del bando di concorso, dal 2007), il ricorrente è stato sospeso dal servizio.
Sul punto l’appellante aggiunge che, nonostante il periodo di sospensione assistenziale, egli avrebbe svolto molti più interventi chirurgici dell’altro candidato, per un totale di oltre cinquemila (a fronte di n. 3.586 svolti dal controinteressato). La sentenza avrebbe ignorato la documentazione prodotta in giudizio, che attesterebbe la valutazione ottima ricevuta dall’appellante per l’esercizio dell’attività chirurgica nel periodo di svolgimento, mentre una documentazione analoga non sarebbe stata prodotta dal controinteressato, con il corollario della non valutabilità dei titoli da costui presentati per l’attività assistenziale. Inoltre, la sentenza non avrebbe riportato il fatto che il prof. -OMISSIS-, diversamente dal controinteressato, avrebbe rivesto incarichi dirigenziali di rilievo, quale dirigente responsabile dei pazienti a rischio presso la U.O.C. di Odontoiatria: questo elemento avrebbe dovuto avere un “peso” significativo in sede concorsuale, a prescindere dal dato temporale delle prestazioni assistenziali, in quanto esso dimostrerebbe che il ricorrente ha svolto attività assistenziale anche con l’assunzione di ruoli di direzione, assenti nel curriculum del controinteressato.
Le doglianze sono prive di pregio.
Per quanto riguarda l’attività clinico-assistenziale, che è opportuno trattare in via prioritaria per le ragioni di economia processuale di seguito indicate, va premesso che il bando di concorso, nel definire gli standard qualitativi in un apposito riquadro dell’art. 1, ha prescritto che venisse presa in esame l’attività “documentata e continuativa” svolta “nell’ambito della gestione diagnostica e terapeutica del paziente affetto da malattie odontostomatologiche e da manifestazioni oro-facciali correlate a patologie sistemiche, riguardante gli ultimi 10 anni, nell’ambito della UOC di Odontoiatria dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico di Bari”. La Commissione, pertanto, era tenuta a valutare l’attività assistenziale svolta in modo continuativo dai candidati negli ultimi dieci anni, cioè dall’aprile 2007 all’aprile 2017, nella U.O.C. di Odontoiatria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Bari.
Orbene, nella scheda valutativa dei titoli del prof. -OMISSIS- contenuta nell’allegato 2 al verbale n. 3 si legge, nel riquadro relativo alla “valutazione delle attività clinico-assistenziali”, che il candidato ha svolto attività assistenziale e di cura in regime convenzionale in favore dell’Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari, presso l’Unità Operativa di Odontoiatria: dal 15 ottobre 1991 al 31 dicembre 1993 come collaboratore tecnico medico equiparato all’assistente medico ospedaliero; dal 1° gennaio 1994 al 31 ottobre 2002 come dirigente medico ospedaliero; dal 26 ottobre 2001 come dirigente di tipo II (responsabile di struttura operativa semplice) con incarico di “chirurgia orale in assistenza ai pazienti disabili”; dal 1° novembre 2002 al 28 settembre 2008 come ricercatore confermato medico equiparato al dirigente medico ospedaliero.
Di tutta questa attività, tuttavia, poteva essere valutata ai fini della procedura in esame solo una parte di quella relativa all’ultimo incarico, mentre, come ricorda la predetta scheda valutativa, non poteva essere valutata l’attività dichiarata e documentata “riferita a periodo anteriore al 2007”, ai sensi del bando di concorso (art. 1).
La scheda valutativa aggiunge che il candidato è stato sospeso dal servizio il 28 settembre 2008, poi riammesso all’attività assistenziale dal 1° gennaio 2012 e quindi sospeso a tempo indeterminato dal 9 novembre 2012. Occorre precisare che il contenzioso promosso dal prof. -OMISSIS- nei confronti della sospensione a tempo indeterminato dall’attività assistenziale dell’A.O. Policlinico di Bari (in ragione della sua cancellazione dall’elenco del personale medico-universitario in convenzione con la predetta Azienda Ospedaliera) si è concluso con un esito sfavorevole per il ricorrente (v. C.d.S., Sez. III, 15 giugno 2017, n. 2933).
Per effetto dei riferiti periodi di sospensione, come si legge nel giudizio analitico finale sul candidato formulato dalla Commissione nel verbale n. 5 del 18 dicembre 2017, l’attività assistenziale prestata dal prof. -OMISSIS- “risulta limitata e svolta in modo non continuativo negli ultimi dieci anni, presso la UOC di Odontoiatria dell’AOU Policlinico di Bari, ed è circoscritta ad un breve periodo dal 2007 al 2012 [circa 27 mesi] e completamente assente dal novembre 2012”, con la precisazione – su cui ci si è già soffermati – che “la sospensione dall’incarico assistenziale ha influito dall’AA 2013-2014 anche sulla tipologia degli insegnamenti” affidati al concorrente.
Il T.A.R. parla al riguardo di un totale di n. 252 prestazioni a firma del ricorrente risultanti dai registri di prestazioni assistenziali in regime di DH (saletta operatoria) nel periodo da aprile 2007 ad aprile 2017 e di un totale di n. 5 interventi effettuati dal ricorrente stesso in regime di narcosi, risultanti dal registro di sala operatoria sempre nel periodo di riferimento. E tale dato non viene confutato in alcun modo dall’appellante, il quale cerca di aggirarlo invocando l’attività da lui prestata in periodi diversi da quello indicato dal bando, che, per quanto indubbiamente significativa e prestigiosa, non rientra ai sensi dell’art. 1 del bando stesso nell’oggetto della valutazione.
La scheda valutativa del prof. -OMISSIS- (allegato n. 1 al verbale n. 3) riporta che costui ha dichiarato, nel periodo di riferimento, n. 3.586 prestazioni assistenziali, espletate sia in regime ambulatoriale che di “Day Surgery/Day Hospital” e comprensive di turni di servizio d’urgenza, reperibilità e turni di guardia. Emerge, quindi, in definitiva, una schiacciante supremazia del controinteressato in relazione all’ambito ora considerato, visto che il numero delle prestazioni di quest’ultimo è, nell’arco temporale de quo, quasi quattordici volte superiore a quello dell’appellante.
Di tale dato ha preso atto la Commissione valutatrice, la quale, nel giudizio collegiale espresso sul prof. -OMISSIS- nel verbale n. 3, ha affermato che “l’attività assistenziale da considerare ai fini della procedura e riferita agli ultimi dieci anni […] è ottima e pienamente coerente con il SSD MED/28. Tale attività è svolta, in particolare, nell’ambito della chirurgia orale e della gnatologia in modo continuativo ed ininterrotto […] prevalentemente come primo operatore. Relativamente al livello di responsabilità, si evidenzia la nomina a sostituto del Direttore della U.O.C. di Odontoiatria [2014, 2015 e 2016]” Nel giudizio analitico riassuntivo sul predetto candidato contenuto nel verbale n. 5 la Commissione ha evidenziato che “l’attività assistenziale [da lui espletata] risulta ottima e molto ben rappresentata, documentata e continuativa, svolta ininterrottamente negli ultimi 10 anni anche con il ruolo di Sostituto del Direttore della UOC in caso di sua assenza”. Per il prof. -OMISSIS-, invece, il giudizio collegiale espresso dalla Commissione nel verbale n. 3 afferma che “l’attività clinica da considerare […], pur essendo coerente con il SSD MED/28 e in alcuni momenti di responsabilità, si presenta discontinua ed esigua” e negli ultimi dieci anni risulta documentata solo per brevi periodi, a causa della già riferita sospensione dal servizio, mentre si è già osservato come il giudizio analitico di cui al verbale n. 5 parli di un’attività assistenziale del concorrente “limitata e svolta in modo non continuativo negli ultimi dieci anni”.
In altre parole, come afferma il verbale integrativo del 5 marzo 2018, redatto dalla Commissione a seguito della richiesta di chiarimenti rivoltale dal Rettore, a fronte di un’idoneità scientifica garantita da entrambi i candidati, pur se con modulazioni diverse, “si è constatata una profonda divaricazione sul piano assistenziale, visto che il candidato -OMISSIS- ha dimostrato una continuità soddisfacente, rispondendo appieno agli standard qualitativi del bando, mentre il candidato -OMISSIS- ha mostrato carenze significative sul piano della continuità e della prossimità temporale”, peraltro – ribadisce il verbale – “con ricadute anche didattiche dall’AA 2013-2014, a seguito della sospensione a tempo indeterminato dal novembre 2012 dall’attività assistenziale”. E la Commissione conclude che “detti elementi sono stati il fulcro della valutazione comparativa”.
Il controinteressato nota giustamente nelle sue difese che in contrario non può valere la transazione intervenuta tra il prof. -OMISSIS- e l’Ateneo, per effetto della quale vi è stata la piena ricostruzione giuridica della carriera del docente, senza soluzione di continuità: questa, infatti, non può far sì che, ai fini che qui interessano, l’attività assistenziale e quella didattica non espletate siano “recuperate”, giacché l’una e l’altra restano mai svolte in concreto.
In conclusione, pertanto, la “profonda divaricazione” tra i due candidati nel periodo di riferimento (e per le cause esterne sopra ricordate) sotto il profilo dell’attività clinico-assistenziale, con nettissima prevalenza del prof. -OMISSIS-, in presenza di una sostanziale equivalenza per i profili più sopra visti del percorso formativo, dell’attività didattica e dell’attività di ricerca, rende superflua una disamina approfondita delle doglianze attinenti alla produzione scientifica. Per questo ambito, infatti, si può al più ipotizzare, sulla base della documentazione in atti, una leggera superiorità del prof. -OMISSIS-, di dimensioni, quindi, assai minori rispetto a quella “soverchiante” di cui il controinteressato gode in relazione all’ambito dell’attività clinico-assistenziale e tale da non poter portare in alcuna maniera a un eventuale capovolgimento dell’esito della procedura.
Questa conclusione dà conto dell’infondatezza non solo delle doglianze ora in esame, ma anche di quelle formulate con il quarto motivo di gravame, a mezzo delle quali l’appellante si sforza invano di sminuire il “peso” della supremazia riconosciuta al prof. -OMISSIS- dalla Commissione con riguardo all’ambito dell’attività clinico-assistenziale e di enfatizzare la propria pretesa superiorità in relazione all’ambito della produzione scientifica.
Ma un’eventuale leggera prevalenza del prof. -OMISSIS- in ordine alle pubblicazioni nulla toglie alla vistosissima supremazia del vincitore per quanto riguarda l’attività assistenziale e la conferma di ciò si coglie nel già descritto tentativo dell’appellante di allargare il campo dei giudizi su detta attività, facendovi rientrare periodi che, però, sono stati testualmente esclusi dal bando di concorso. È d’uopo richiamare, al riguardo, i ben noti insegnamenti giurisprudenziali in tema di c.d. prova di resistenza, nel senso che l’appellante, a causa del forte divario nell’attività assistenziale, non riesce a fornire la prova che la sua eventuale supremazia nella produzione scientifica, pur se comprovata, gli avrebbe procurato il bene della vita anelato, cioè il giudizio di candidato idoneo alla chiamata (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 17 aprile 2023, n. 3840; Sez. VI, 9 gennaio 2023, n. 219; id., 25 febbraio 2022, n. 1350; Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5837; Sez. III, 27 aprile 2018, n. 2569; Sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4963).
Né potrebbe sostenersi che l’attività assistenziale “pesi” meno delle altre, vista la compenetrazione tra detta attività e quella didattico-scientifica per il personale medico universitario (cfr. Corte cost., 16 marzo 2001, n. 71; id., 16 maggio 1997, n. 136; id. 10 luglio 1981, n. 126; id., 2 giugno 1977, n. 103): e la prova di detta compenetrazione la fornisce proprio la vicenda in esame, in cui – come già più volte sottolineato – la sospensione del prof. -OMISSIS- dall’attività assistenziale ha inciso anche sull’attività didattica da lui svolta, poiché a causa di tale sospensione egli è stato sostituito con un altro docente negli insegnamenti affidatigli nel settembre 2012 e non ha più potuto tenere corsi che comportassero anche attività di assistenza e cura su pazienti.
Da ultimo, va rammentato anche il giudizio nettamente superiore riportato dal prof. -OMISSIS- rispetto all’appellante in relazione alla prova orale in lingua inglese.
In definitiva, per tutte le ragioni esposte l’appello risulta nel suo complesso infondato e deve, perciò, essere respinto, meritando la sentenza appellata di essere confermata.
Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza e sono liquidate in favore delle controparti costituite (Università e controinteressato) nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Settima (VII^), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante a rifondere all’Università e al prof. -OMISSIS- le spese del giudizio di appello, che liquida in via forfettaria in € 4.000,00 (quattromila/00) per ciascuna di dette controparti, per un totale di € 8.000,00 (ottomila/00), oltre a spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, ed all’art. 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti e della dignità degli interessati, manda alla Segreteria di procedere ad oscurare le generalità e qualsiasi altro dato idoneo a consentire l’identificazione delle persone fisiche indicate in sentenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024, con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 13/06/2024