Cons. Stato, Sez. VII, 24 giugno 2024, n. 5556

L'incarico professionale di Responsabile Unico dei lavori (R.U.L.) integra l'esercizio di attività libera-professionale ed è pertanto incompatibile con lo status di professore universitario a tempo pieno

Data Documento: 2024-06-24
Autorità Emanante: Consiglio di Stato, Sez. VII
Area: Giurisprudenza
Massima

L’incarico professionale di Responsabile Unico dei lavori (R.U.L.) non configura una mera consulenza di carattere scientifico, ma integra l’esercizio di attività libero-professionale come tale incompatibile con lo status di professore universitario a tempo pieno.

Contenuto sentenza

N. 05556/2024REG.PROV.COLL.

N. 07789/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7789 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli Studi Napoli Federico II, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi Napoli Federico II;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la nota depositata in data 20 dicembre 2023 con la quale la parte appellata ha chiesto il passaggio in decisione della causa senza preventiva discussione;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2024 il Cons. OMISSIS e udito per la parte appellante l’avvocato OMISSIS;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Avanti il giudice di prime cure l’originario ricorrente, odierno appellante, ha chiesto l’annullamento:

a) della ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639 con cui l’Università degli Studi di Napoli Federico II intimava il pagamento della somma di euro 196.697,68;

b) di ogni atto presupposto, connesso o consequenziale, comunque lesivo degli interessi del ricorrente.

Il primo giudice ha accolto parzialmente il ricorso, disponendo l’annullamento dell’atto gravato nei limiti indicati in parte motiva, respingendolo nel resto.

In particolare il ricorrente, professore ordinario di “-OMISSIS-” presso l’Università Federico II dal -OMISSIS- al -OMISSIS-, ha impugnato l’ingiunzione ex R.D. 14.04.1910 n. 639 con la quale il predetto Ateneo gli intimava il pagamento della somma di euro 196.697,68, per il recupero ex art. 53 del d. lgs n. 165/2001 del compenso percepito per l’incarico, svolto da -OMISSIS- ad -OMISSIS-, senza autorizzazione dell’Università, quale Responsabile Unico dei Lavori di trasformazione edilizia di un fabbricato cimiteriale – -OMISSIS-.

Durante detto periodo il ricorrente svolgeva l’incarico di professore universitario a tempo pieno.

Il TAR ha respinto il primo motivo di gravame con il quale si assumeva che, pendendo all’epoca dell’adozione dell’atto impugnato un analogo procedimento attivato su iniziativa della competente Procura della Corte dei Conti, l’Ateneo non avrebbe potuto perseguire il ricorrente per il medesimo titolo.

Il TAR ha respinto anche il secondo motivo di gravame, con il quale parte ricorrente ha eccepito il decorso del termine prescrizionale, quinquennale o triennale, applicabile al caso di specie, ritenendo detta censura destituita di fondamento, poiché il termine di prescrizione dell’azione di recupero delle somme percepite è quello decennale previsto dall’art. 2946 c.c..

Con il terzo motivo di censura l’appellante ha dedotto che l’apporto professionale alla realizzazione del progetto di che trattasi si sarebbe sostanziato in una mera attività di coordinamento e supervisione scientifica rispetto all’opera prestata da altri ed agli elaborati dagli stessi redatta e che, comunque, non si apprezzerebbe alcun danno all’Ateneo.

Tuttavia, alla luce degli accertamenti documentali, il TAR non ha accolto tale prospettazione, considerando altresì non rilevante la dedotta insussistenza di pregiudizio per l’Ateneo vertendosi in tema di esercizio di un potere sanzionatorio e non una misura di tipo risarcitorio.

Il Tar ha respinto anche il quarto motivo di censura, con il quale si invocava l’applicazione dell’art. 4 del decreto rettorale n. 703/2003, contenente il “Regolamento di ateneo per la disciplina delle attività per conto terzi e la cessione di risultati di ricerca”, ritenendo la normativa citata riferita alla diversa fattispecie delle attività svolte dall’Ateneo per conto di committenti pubblici o privati mediante convenzioni o contratti approvati dal Consiglio della struttura interessata, mentre nel caso in esame non è contestato che l’attività professionale sia stata svolta dal ricorrente a titolo esclusivamente personale.

Il TAR ha invece accolto l’ultimo motivo di gravame, nella parte in cui l’appellante ha lamentato che non potrebbe ordinarsi la restituzione delle somme comprensive delle ritenute fiscali, alla luce della giurisprudenza prevalente secondo cui la ripetizione può riguardare solo le somme percepite al netto delle ritenute fiscali.

Conclusivamente, il provvedimento impugnato è stato annullato nella parte in cui esso richiede la restituzione anche delle ritenute fiscali e previdenziali e non solo dell’importo netto incassato dal ricorrente e respinto per il resto.

Avverso la sentenza in epigrafe in data 27 settembre 2023 è stato depositato ricorso in appello.

Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Nella camera di consiglio del -OMISSIS-, con ordinanza della Sezione n. -OMISSIS-/2023, è stato dato atto della rinuncia dell’appellante all’istanza cautelare.

Nell’udienza pubblica del 4 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

In sede di appello, è stato dedotto:

-violazione e falsa applicazione dell’art 6 comma 10 della legge 30.12.2010, alla luce dell’interpretazione autentica fornita dalla legge n. 240 del 21.06.2023 n. 74

Con il primo motivo, evidenzia l’appellante di aver premesso nel ricorso introduttivo che l’attività svolta in favore delle -OMISSIS- fosse soltanto di consulenza e dunque non soggetta al regime di autorizzazione ex art. 6 della l. n. 240/2010, sottolineando la natura scientifica della propria attività di consulenza.

Secondo l’appellante, l’interpretazione autentica dell’art. 6, comma 10 della l. n. 240/2010, fornita dalla l. n. 74/2023 n. 74, ha chiarito il concetto di consulenza, che consiste in una attività extra-istituzionale in favore di privati, enti pubblici, senza vincolo di subordinazione del docente rispetto al committente e senza un’organizzazione di mezzi e persone finalizzate a tale attività professionale.

Deduce l’appellante di non essere mai stato dipendente delle -OMISSIS-, né di avere mai avuto uno studio professionale, né dipendenti organizzati al fine di adempiere all’incarico.

In definitiva, il decreto rettorale si rivelerebbe completamente illegittimo.

-insussistenza dei presupposti – attività scientifica effettivamente svolta – carenza di prova

Con il secondo motivo, subordinato a quello che precede considerato assorbente, evidenzia l’appellante che l’attività di consulenza di cui è causa aveva un contenuto chiaramente scientifico e di coordinamento.

L’ appellante sostiene di non aver infatti rivestito né il ruolo di progettista, né quello di esecutore, né di controllore dell’esecuzione, laddove tali attività sono state espletate da differenti figure professionali.

Questo spiega, d’altra parte, anche l’ammontare del compenso pattuito, non rapportato alla quantità di lavoro svolto, quanto piuttosto ed unicamente all’elevatissimo standard concettuale e scientifico richiesto.

L’assioma espresso dall’Ateneo in ordine alla incompatibilità, per l’appellante non è suffragato da alcuna prova, ma dà solo un’interpretazione, del tutto soggettiva del contenuto della convenzione ed in quanto tale va rigettato.

La sentenza impugnata afferma apoditticamente, sottolinea l’appellante, che l’attività di che trattasi non avrebbe avuto carattere scientifico, mentre l’Università non ha mai assolto l’onere di dimostrare la natura non scientifica dell’attività svolta dall’appellante.

Con la memoria depositata in data 13 ottobre 2023 argomenta per converso l’amministrazione appellata che a seguito di specifiche richieste istruttorie dell’Ateneo, perveniva nota della Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Napoli con la quale si trasmetteva ampia documentazione e copia delle fatture rilasciate in favore dell’appellante.

Sui motivi di appello, nella citata memoria si deduce la legittimità del procedimento di recupero dei compensi percepiti dalla parte appellante per attività extraistituzionale, posto in essere dal resistente Ateneo, con lo strumento dell’ingiunzione ex R.D. 639/1910, in applicazione dell’art. 53 d.lgs. n. 165/2001, argomentando per l’infondatezza dei motivi di appello.

L’appello è infondato.

Osserva il Collegio, preliminarmente, che entrambi i motivi di appello vertono sulla circostanza, dedotta dall’appellante, che l’attività da questi svolta sia da considerare legittima o non rientri invece nell’ambito di applicazione dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001.

Esulano pertanto dal presente giudizio la questione della restituzione al netto delle ritenute fiscali di quanto dovuto con passaggio in giudicato della relativa statuizione del Tar, la determinazione del termine prescrizionale, nonché il rapporto con il procedimento in corso presso la Corte dei Conti, oggetto di specifici motivi in primo grado non riproposti in appello.

Tanto premesso, il Collegio non ravvisa la fondatezza dei motivi di censura rispetto a quanto statuito dal primo giudice sul punto, ritenendo sufficientemente documentato e provato che l’attività retribuita svolta dall’appellante in favore delle -OMISSIS- -OMISSIS-, in virtù di convenzione sottoscritta il -OMISSIS- avente ad oggetto il conferimento dell’incarico professionale di Responsabile Unico dei lavori (R.U.L.) di costruzione di un fabbricato cimiteriale nel Cimitero di -OMISSIS-, configuri non una mera consulenza di carattere scientifico, bensì lo svolgimento di attività libero professionali incompatibili con lo status di professore universitario a tempo pieno e comunque svolte senza autorizzazione.

Depongono in tal senso la natura dell’attività svolta, la durata dell’incarico e l’ammontare dei compensi percepiti e fatturati in regime di partita IVA, come puntualmente indicato dall’amministrazione nel provvedimento conclusivo del procedimento e come può evincersi dalla elencazione dei compiti affidati all’appellante alla luce della Convenzione del -OMISSIS-, stipulata tra l’appellante e le -OMISSIS-, di carattere chiaramente operativo per il profilo progettuale.

Non convincono, al riguardo, le generiche contestazioni mosse sul punto nel secondo motivo di appello, ferma restando la valenza probatoria delle fatture emesse in relazione ai compensi ricevuti.

L’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 recita “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”.

L’art. 6, comma 10, della legge n. 240 del 2010 dispone che “I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché attività pubblicistiche ed editoriali. I professori e i ricercatori a tempo pieno possono altresì svolgere, previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza, a condizione comunque che l’attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’università di appartenenza”.

La successiva norma di interpretazione autentica di cui all’art. 9, comma 2-ter, del d.l. n. 44/2023 ha previsto che “Il primo periodo del comma 10 dell’articolo 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, con specifico riferimento alle attività di consulenza, si interpreta nel senso che ai professori e ai ricercatori a tempo pieno è consentito lo svolgimento di attività extra-istituzionali realizzate in favore di privati o enti pubblici ovvero per motivi di giustizia, purché prestate senza vincolo di subordinazione e in mancanza di un’organizzazione di mezzi e di persone preordinata al loro svolgimento, fermo restando quanto previsto dall’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214”.

Prima ancora di verificare il requisito della assenza del vincolo di subordinazione e della mancanza di una organizzazione di mezzi e persone, risulta dirimente il fatto che nel caso di specie dalla semplice lettura della Convenzione del -OMISSIS-, stipulata tra l’appellante e le -OMISSIS-, emerge in modo chiaro che l’attività svolte non fosse di tipo consulenziale in quanto estesa a profili che non hanno nulla a che vedere con la consulenza, quali il coordinamento e la vigilanza dei soggetti incaricati alla progettazione ed esecuzione dell’opera e il coordinamento dell’intero iter dell’appalto, compresa la progettazione esecutiva strutturale e la progettazione definitiva delle facciate.

È priva di rilievo la considerazione svolta dall’appellante, secondo cui la progettazione non sarebbe da lui stata effettuata, in quanto tali attività di coordinamento e vigilanza non possono certamente rientrare nel concetto di attività di consulenza.

Non trattandosi di attività di consulenza non trova quindi applicazione la richiamata norma di interpretazione autentica riferita appunto alle attività di consulenza.

Tale interpretazione trova coerente rispondenza anche nell’art. 3, comma 1, del Regolamento di Ateneo, che individua tra le attività assolutamente incompatibili con lo status di professore a tempo pieno l’esercizio di attività libero-professionale, come deve qualificarsi l’attività svolta dall’appellante in qualità di Responsabile Unico dei lavori per le attività di cui è causa.

L’appello, pertanto, va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono quantificate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l ‘appello.

Condanna l’appellante alla refusione delle spese del presente grado di giudizio in favore della parte appellata quantificate in Euro 5000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

OMISSIS, Presidente

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere, Estensore

Pubblicato il 24/06/2024