N. 00512/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00159/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 159 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato OMISSIS in OMISSIS;
contro
Università OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, v.le Brigate Partigiane, 2;
per l’annullamento
previa adozione di ogni più opportuna misura cautelare
della nota, ricevuta il -OMISSIS-, con cui il Rettore dell’Università OMISSIS ha riscontrato negativamente la “istanza di cessazione degli effetti del decreto rettorale n. -OMISSIS-, con il quale è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio della Prof.ssa -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 91, c. 1, I parte del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3”, presentata dalla prof.ssa -OMISSIS-, nonché
per la condanna dell’Università OMISSIS
a provvedere all’immediata reintegrazione in servizio della prof. -OMISSIS- – ancorché con l’esclusione della possibilità di prendere parte, quale componente, a commissioni giudicatrici di concorsi universitari –, nonché all’immediata corresponsione alla stessa dell’intero stipendio; anche disponendo la nomina sin da ora, ai sensi dell’art. 34, co. 1, lett e) cod. proc. amm., di un commissario ad acta che si sostituisca all’Amministrazione nel caso di inerzia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2024 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La ricorrente, professore ordinario di diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Scuola di scienze sociali dell’Università OMISSIS (“Università”), è indagata per taluni reati (procedimento iscritto al n. -OMISSIS- R.G.N.R.) che sarebbero stati commessi in relazione ad alcuni procedimenti per la selezione di assegnisti di ricerca, ricercatori e docenti universitari. Con ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Genova del -OMISSIS-è stata applicata nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari, successivamente sostituita (con ordinanza del -OMISSIS-) – in conseguenza del ritenuto affievolimento delle esigenze cautelari – con la misura cautelare dell’obbligo di dimora; quest’ultima misura cautelare è stata sostituita, da ultimo (con ordinanza del -OMISSIS-), con la misura interdittiva della sospensione dal pubblico ufficio dell’insegnamento universitario e di presidente e componente di commissioni giudicatrici di concorsi universitari.
A seguito dell’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, con provvedimento n. -OMISSIS- è stata disposta nei confronti dell’odierna ricorrente la sospensione cautelare obbligatoria dal servizio (con conseguente corresponsione, in luogo dello stipendio, di un assegno alimentare non superiore alla metà dello stipendio stesso), ai sensi dell’art. 91, co. 1, seconda parte, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. Successivamente alla sostituzione degli arresti domiciliari con l’obbligo di dimora, con provvedimento n. -OMISSIS- è stata disposta la sospensione cautelare facoltativa dal servizio; ciò sul presupposto che, nonostante l’affievolimento delle esigenze cautelari rilevato dal G.I.P. nell’ambito del procedimento penale, permanessero i “gravi indizi di reato a carico della dipendente e un pur attenuato rischio di recidiva che hanno determinato l’organo procedente a mantenere una misura cautelare, se pure più attenuata” e, conseguentemente, “l’esigenza di allontanamento della docente dalle proprie funzioni”.
A seguito della cessazione, in data -OMISSIS-, dell’efficacia della misura cautelare interdittiva allora in atto, l’odierna ricorrente ha presentato (in data -OMISSIS-) istanza di cessazione degli effetti del provvedimento di sospensione cautelare facoltativa dal servizio, istanza che è stata respinta con il provvedimento (n. -OMISSIS-) in questa sede gravato. Si chiede altresì la condanna dell’Università alla reintegrazione in servizio della ricorrente e alla corresponsione alla stessa della retribuzione nella misura integrale, nonché la nomina di un commissario ad acta per l’eventuale inerzia. Il ricorso è corredato da istanza di adozione delle opportune misure cautelari.
2. Con un primo motivo si deducono la violazione dei principi di correttezza e di buon andamento dell’azione amministrativa, nonché del principio di proporzionalità, per essere stata la sospensione cautelare dal servizio confermata nonostante la cessazione dell’efficacia delle misure cautelari in precedenza applicate nell’ambito del procedimento penale e in presenza di una motivazione apodittica (si deduce anche il difetto di motivazione). Si evidenzia, tra l’altro, che il provvedimento del -OMISSIS-, che per la prima volta aveva disposto la sospensione cautelare (obbligatoria) dal servizio, ne prevedeva l’applicazione fino alla revoca della misura cautelare penale o fino alla cessazione degli effetti di quest’ultima e che il successivo provvedimento del -OMISSIS- era stato adottato sul presupposto della perdurante applicazione di una misura cautelare (ancorché meno restrittiva di quella in precedenza applicata) nell’ambito del procedimento penale, con la conseguenza che, a seguito del venir meno di qualsivoglia misura cautelare nell’ambito del procedimento penale medesimo, sarebbe parimenti venuto meno il presupposto legittimante l’adozione del provvedimento la cui caducazione è stata invocata dalla ricorrente e negata con il provvedimento impugnato.
Con un secondo motivo si deducono la violazione dell’art. 10-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241 e, più in generale, delle garanzie partecipative connesse ai principi di correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa.
Con un terzo motivo, subordinato al mancato accoglimento dei primi due, si chiede al Tribunale di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 91, co. 1, prima parte, d.P.R. n. 3/1957 per contrasto di detta disposizione con una pluralità di norme costituzionali o, in alternativa, di disapplicarla per contrasto con l’art. 5 del Trattato sull’Unione europea e con alcune disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
3. Si è costituita in giudizio l’Università, la quale ha chiesto, preliminarmente, che il ricorso venga dichiarato inammissibile, in ragione della ritenuta natura meramente confermativa (rispetto al provvedimento che ha disposto la sospensione cautelare facoltativa) del provvedimento impugnato (natura che implicherebbe, altresì, l’infondatezza del secondo motivo di ricorso). Nel merito, l’Università ha evidenziato che i presupposti per la conservazione dell’efficacia del provvedimento impugnato (che, lungi dal poter permanere sine die, è assoggettata al termine di cinque anni di cui all’art. 9, co. 2, legge 7 febbraio 1990, n. 19) prescindono dalla attuale applicazione di misure cautelari in sede penale; inoltre, si sostiene l’irrilevanza delle intenzioni della ricorrente (da quest’ultima rappresentate nel ricorso) in ordine alla mancata partecipazione, in futuro, a commissioni giudicatrici nell’ambito di concorsi universitari, trattandosi di incarichi attribuiti dall’Università che rientrano negli ordinari doveri istituzionali dei docenti universitari.
4. Alla camera di consiglio del 22 marzo 2024 la ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.
Nelle successive memorie le parti hanno insistito nelle argomentazioni spese in precedenza. La ricorrente, inoltre, ha replicato all’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall’Università.
All’udienza del 7 giugno 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deve essere scrutinata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall’Università in relazione alla ritenuta natura meramente confermativa del provvedimento impugnato. In particolare, secondo l’Università il provvedimento che ha rigettato l’istanza di cessazione degli effetti della sospensione cautelare facoltativa dal servizio si sarebbe limitato a confermare il provvedimento che ha disposto detta sospensione facoltativa, richiamando le ragioni poste a fondamento di quest’ultimo e considerando insussistenti i presupposti per l’avvio del procedimento di secondo grado sollecitato dall’istanza presentata dall’odierna ricorrente.
Il Collegio ritiene che detta eccezione sia infondata, in quanto il provvedimento impugnato non ha natura meramente confermativa del provvedimento che ha disposto la sospensione cautelare facoltativa dal servizio.
1.1. Per consolidata giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 2 febbraio 2024, n. 1076 e le ulteriori pronunce ivi richiamate), sono atti meramente confermativi quelli con i quali l’Amministrazione afferma l’insussistenza di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con una precedente determinazione. La mancanza di detta riapertura e della conseguente, nuova ponderazione degli interessi coinvolti che ne deriverebbe (sul modello dei provvedimenti di secondo grado, quali quelli adottati nell’esercizio dei poteri di autotutela) implica che gli atti meramente confermativi sono insuscettibili di autonoma impugnazione, per carenza di un effetto autonomamente lesivo (riconducibile, a ben vedere, al provvedimento “confermato”). In particolare, si ritiene che l’atto meramente confermativo ricorra “quando l’amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3867), perseguendo la sola funzione di illustrare all’interessato che la questione è stata già valutata con una precedente espressione provvedimentale di cui si opera un integrale richiamo. Si tratta di un sostanziale diniego di esercizio del riesame dell’affare, espressione di lata discrezionalità amministrativa, che lo rende privo di spessore provvedimentale, da cui, ordinariamente, l’intrinseca insuscettibilità di una sua impugnazione” (Cons. St., n. 1076/2024, cit.).
L’atto di conferma in senso proprio, al contrario, è adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi, ed è caratterizzato da una nuova motivazione. Caratteri, quelli di cui sopra, che danno luogo ad un provvedimento diverso dal precedente, pertanto suscettibile di autonoma impugnazione.
1.2. Il provvedimento impugnato contiene una prima parte della motivazione con cui si limita a richiamare le ragioni poste a fondamento del provvedimento che ha disposto la sospensione cautelare facoltativa dal servizio (“[c]ome risulta dal provvedimento in considerazione, la decisione relativa alla professoressa -OMISSIS- è stata adottata in ragione della natura e della particolare gravità dei reati contestati e con particolare riferimento alla qualifica di docente”). Tuttavia, la motivazione prosegue nei termini che seguono: “[n]el caso di specie la cessazione della misura interdittiva di per sé non influisce sulla qualificazione dei comportamenti contestati permanendo l’esigenza di tutela degli interessi di rilievo pubblico coinvolti. Tutto ciò premesso si ritengono tuttora sussistenti le motivazioni che hanno determinato l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare assunto con D.R. n. -OMISSIS-”.
Detta motivazione, facendo riferimento alla cessazione degli effetti della misura cautelare interdittiva applicata nell’ambito del procedimento penale e alla rilevanza di detta cessazione rispetto alle condotte contestate all’odierna ricorrente, nonché alla permanente necessità di tutela degli interessi pubblici coinvolti e alla perdurante attualità delle ragioni che in precedenza avevano determinato l’adozione del provvedimento di sospensione, non si limita a replicare la motivazione che aveva giustificato l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare facoltativa dal servizio, ma costituisce una nuova motivazione a corredo di una altrettanto nuova (per quanto sommaria) valutazione dei presupposti per la conservazione del provvedimento e degli interessi pubblici in gioco. Ciò dipende, d’altra parte, dallo stesso contenuto dell’istanza riscontrata con il provvedimento impugnato. Detta istanza, infatti, era volta a chiedere l’adozione di un “provvedimento di cessazione degli effetti della sospensione cautelare dal servizio” in precedenza disposta, sulla base sia della cessazione degli effetti della misura cautelare applicata (peraltro in sostituzione di altre e più gravi misure) nell’ambito del procedimento penale, sia degli ulteriori elementi (sproporzione della misura adottata alla luce sia della durata della stessa rispetto alla ormai cessata efficacia della misura cautelare applicata dal G.I.P., sia della possibilità di limitare gli effetti della sospensione cautelare alla partecipazione a commissioni di concorso) indicati nell’istanza suddetta.
Trattandosi, dunque, di atto di conferma in senso proprio, il ricorso è ammissibile.
2. Nel merito, risulta fondato, nei limiti di seguito esposti, il primo motivo di ricorso.
2.1. Il provvedimento impugnato è immune da censure nella parte in cui, rinviando al provvedimento di sospensione cautelare facoltativa (che faceva riferimento alla permanenza di “un pur attenuato rischio di recidiva che [ha] determinato l’organo procedente [il G.I.P.] a mantenere una misura cautelare”), pone a fondamento della decisione la scelta del G.I.P. di mantenere la misura cautelare (ancorché meno grave di quella applicata in origine): non si può, infatti, sostenere che la mera cessazione degli effetti (per decorso dei termini di durata massima delle misure cautelari di cui agli artt. 303 e 308 cod. proc. pen., e non a seguito di un provvedimento di revoca ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen.) di una misura cautelare comporti il venir meno dei presupposti (gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen. e esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen.) sulla base dei quali detta misura cautelare è stata adottata. Ciò in quanto la cessazione degli effetti consegue, automaticamente, al decorso del termine di durata massima stabilito dalla legge e non ad una nuova valutazione circa la sussistenza dei presupposti per il mantenimento della misura cautelare in atto.
2.2. Tuttavia, il motivo di ricorso in esame è fondato nella parte in cui deduce l’eccesso di potere ravvisabile nella sproporzione che connota l’estensione degli effetti del provvedimento stesso rispetto agli addebiti mossi all’odierna ricorrente in sede penale.
Come detto, i reati contestati all’odierna ricorrente riguardano esclusivamente le procedure di selezione di alcune figure della carriera universitaria. Ne consegue che non si ravvisa (né è stato ravvisato dall’Università, posto il silenzio sul punto dei provvedimenti che, a vario titolo, hanno disposto o confermato la sospensione cautelare dal servizio) alcun pericolo (specie alla luce del tempo trascorso dai fatti) nella ripresa dell’attività didattica e di ricerca, ad esclusione di tutte (e sole) le attività che a qualsiasi titolo riguardino la selezione del personale della carriera universitaria o il conferimento di borse di studio o assegni di ricerca (quali, a titolo esemplificativo, la partecipazione a commissioni di concorso o di valutazione comparativa, o all’attività istruttoria, deliberativa o di ratifica svolta dai competenti organi dell’Ateneo). La stessa ricorrente, d’altra parte, ha manifestato il proposito di astenersi da qualsiasi attività di tale natura, limitando nel senso sopra esposto la domanda di condanna formulata nei confronti dell’Università.
Anche il riferimento, contenuto nel provvedimento impugnato, alla necessità di salvaguardare l’immagine e il prestigio dell’Università – riferimento peraltro generico, in quanto riferito a orientamenti giurisprudenziali menzionati a sostegno (in punto di diritto) della decisione assunta, senza alcun riferimento al caso concreto – è privo di rilievo, in quanto la ricorrente ha dimostrato che l’Università, nel periodo in cui era operante la sospensione cautelare facoltativa dal servizio, ha pubblicato su un sito web che utilizza il proprio dominio istituzionale la notizia (recante la data del 24 gennaio 2024 e tuttora visibile) della partecipazione dell’odierna ricorrente, nell’ambito della “squadra dei dipendenti universitari”, ai campionati nazionali universitari invernali (inclusi l’indicazione del premio conseguito e la fotografia dell’odierna ricorrente).
3. Ne conseguono l’assorbimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, in ragione, rispettivamente, della natura meramente procedimentale delle censure formulate e dell’espresso condizionamento dell’esame del terzo motivo al riconoscimento dell’infondatezza del primo e del secondo motivo.
4. In definitiva, il ricorso deve essere accolto. Ne conseguono l’annullamento, nei limiti e agli effetti sopra stabiliti, del provvedimento che ha confermato la sospensione cautelare facoltativa dal servizio e la condanna dell’Amministrazione a reintegrare in servizio l’odierna ricorrente e a corrisponderle la retribuzione dovuta, e non corrisposta, dalla data di adozione del provvedimento impugnato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato e condanna l’Università OMISSIS a reintegrare in servizio la ricorrente e a corrispondere alla stessa la retribuzione dovuta a far data dall’adozione del provvedimento impugnato.
Condanna l’Università OMISSIS alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese di lite, che liquida in euro 5.000,00, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la ricorrente.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Primo Referendario
OMISSIS, Referendario, Estensore