Non costituisce trattamento discriminatorio, in contrasto agli artt. 3 e 33 Cost. , la proposta di un’Università tradizionale di modificare il Regolamento sugli incarichi di docenza e classificare quale attività concorrenziale e in conflitto di interessi lo svolgimento di incarichi di insegnamento presso le Università telematiche, così da limitare la discrezionalità nel rilascio delle singole autorizzazioni e impedirne del tutto lo svolgimento.
TAR Veneto, Sez. IV, 30 luglio 2024, n. 2020
E' legittimo classificare quale attività concorrenziale e in conflitto di interessi lo svolgimento di incarichi di insegnamento presso le Università telematiche
N. 02020/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01336/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1336 del 2023, proposto dall’Università Telematica OMISSIS, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.to prof. OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in OMISSIS;
contro
l’Università OMISSIS, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS,OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
dell’Università Telematica OMISSIS e dell’Università TelematicaOMISSIS, ciascuna in persona del rispettivo Rettore pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in OMISSIS;
per l’annullamento
del verbale dell’adunanza del Consiglio di Amministrazione dell’Università OMISSIS assunto al n. 10 del 26.09.2023, nella parte in cui si delibera “di individuare, come attività concorrenziale con l’Università OMISSIS, l’assunzione presso le università telematiche di incarichi di insegnamento di cui all’art. 5, comma 1, lettera j), del “Regolamento di Ateneo sui criteri e le procedure per il rilascio ai Professori e ai Ricercatori dell’autorizzazione allo svolgimento di incarichi esterni”, anche se svolti a titolo gratuito ai sensi della lettera f) dell’art. 6 del medesimo Regolamento”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il dott. OMISSIS e rinviato al verbale d’udienza quanto alla presenza dei difensori delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’università telematica “OMISSIS” è insorta avverso gli atti in epigrafe i quali, in applicazione dell’art. 3 del “Regolamento di Ateneo sui criteri e le procedure per il rilascio ai professori e ai ricercatori dell’autorizzazione allo svolgimento di incarichi esterni” dell’Università OMISSIS, hanno individuato l’assunzione di incarichi di insegnamento presso le università telematiche quali attività concorrenziali determinanti un conflitto di interesse con la stessa università OMISSIS Conseguentemente, è stato ristretto il margine di discrezionalità nel rilascio delle singole autorizzazioni a professori o ricercatori dell’Università OMISSIS mediante l’individuazione di una categoria di incarichi che, per loro natura e per la tipologia del committente (le università telematiche), viene ritenuta ex ante idonea a determinare una situazione concorrenziale.
2. L’impugnativa è affidata ad un unico, articolato, motivo di illegittimità così rubricato: “Violazione degli artt. 3 e 33 Cost. – violazione dell’art. 26, comma 5°, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – violazione dell’art. 1 della legge 29 luglio 1991, n. 243 – violazione dell’art. 23 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 – difetto di motivazione – incoerenza e illogicità manifesta – Irragionevolezza”.
Secondo la ricorrente la misura adottata dall’Università OMISSIS costituirebbe una illegittima barriera allo sbocco sul mercato frapposta in danno delle università telematiche, che così verrebbero discriminate rispetto alle altre università “tradizionali”, anche private, privandole della possibilità di avvalersi, a fini didattici, delle professionalità presenti nel sistema universitario statale (nel caso di specie patavino). L’impianto motivazionale dei provvedimenti in epigrafe, al di là della declamata esigenza di contrastare un fenomeno concorrenziale, sarebbe illogico, incoerente e pure fondato su affermazioni pretestuose e decontestualizzate. Per giunta la delibera impugnata sarebbe abnorme nella parte in cui non recherebbe un termine di validità/efficacia delle sue determinazioni che violerebbero la disciplina, anche costituzionale, vigente.
3. Sono intervenute ad adjuvandum le università telematiche “OMISSIS” e “OMISSIS”, sostenendo le ragioni del ricorso introduttivo e concludendo per il suo accoglimento.
4. L’Università OMISSIS si è costituita in giudizio per resistere all’impugnativa deducendone in primis l’inammissibilità, sotto il profilo del difetto di legittimazione ed interesse ad agire, nonché per l’ampia discrezionalità che connoterebbe il potere di autodichìa esercitato nel caso di specie, e in ogni caso mettendo in evidenza la sua infondatezza nel merito, a questo proposito, in particolare, rilevando che la ratio della misura adottata, quale estrinsecazione dell’autonomia organizzativa dell’Università OMISSIS risulterebbe quella di salvaguardare la competitività e, in definitiva, il buon andamento dell’Ateneo pubblico.
5. Con dichiarazione dell’11.12.2023 la ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare e, in accoglimento di una sua successiva istanza di prelievo, l’udienza pubblica di discussione è stata fissata per l’11.7.2024.
6. Nell’approssimarsi della trattazione le parti ricorrente e resistente si sono scambiate le memorie conclusive controdeducendo alle argomentazioni avverse ed insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.
7. Alla detta udienza pubblica la causa è passata in decisione.
8. Il ricorso non può trovare accoglimento e tanto esime il Collegio dallo scrutinio delle questioni di rito.
9. Per il corretto inquadramento della controversia appare opportuno prendere le mosse dalla disciplina che regola i criteri e le procedure per il conferimento di incarichi ai dipendenti pubblici, quali pacificamente sono i professori e i ricercatori dell’Università degli studi di Padova, istituzione pubblica statale di alta cultura.
Sovviene anzitutto l’art. 98 della Cost. a sancire il principio di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico (“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”), principio che non ha una valenza assoluta traducendosi, sul piano sistematico, anche in un sistema “depubblicizzato” del rapporto di lavoro qual è quello attualmente in vigore, nell’introduzione del regime delle cc.dd. incompatibilità del dipendente pubblico. In particolare l’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001 (c.d. Testo Unico del pubblico impiego), accanto a situazioni di incompatibilità assoluta (primo comma), individua, al comma 7°, attività occasionali espletabili dal dipendente pubblico previa autorizzazione datoriale (“I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi”).
E con specifico riguardo ai professori universitari a tempo pieno, la norma demanda agli statuti o ai regolamenti il compito di disciplinare “i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto”. Sempre con riguardo alle Università l’art. 6, comma 10°, della L. n. 240/2010, nel disciplinare lo stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo, tra l’altro prevede che “I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere … previa autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza, a condizione comunque che l’attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali loro affidate dall’università di appartenenza”.
Da tale dettato normativo scaturisce, anche nei confronti dei docenti universitari, un principio di tendenziale divieto di assunzione di incarichi retribuiti, fatta salva la possibilità di essere a tal fine autorizzato preventivamente (nel caso di specie) dal Rettore dell’Università, e ciò non solo ai fini del rispetto del citato art. 98 della Cost., ma anche al chiaro scopo di conseguire l’obiettivo di garantire l’imparzialità, l’efficienza ed il buon andamento della pubblica Amministrazione, nel rispetto dei principi sanciti dall’art. 97 della Cost..
Questo generale regime autorizzatorio è stato fatto proprio dall’Università OMISSIS, che ai sensi dei citati artt. 53 del D.lgs n. 165/2001 e 6 della L. n. 240/2010 si è dotata di un proprio regolamento sui “criteri e le procedure per lo svolgimento di incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri d’ufficio conferiti da soggetti pubblici e privati diversi dall’Università OMISSIS a professori e ricercatori dell’Ateneo”.
L’art. 2, comma 4°, del citato Regolamento afferma in via generale che “Non è consentito svolgere attività, ivi comprese quelle soggette a sola comunicazione o liberamente esercitabili, che possano arrecare pregiudizio all’espletamento dell’attività istituzionale di didattica, di ricerca e gestionale o al prestigio e all’immagine dell’ateneo, ovvero che possano determinare una situazione concorrenziale o di conflitto di interesse con l’Ateneo”. E il successivo art. 3, nello specificare la disciplina dei casi di “conflitto di interesse e divieto di concorrenza”, al comma 5° attribuisce agli organi di governo dell’Ateneo il potere di individuare “categorie di incarichi che, per la loro natura o per tipologia di committente, determinano una situazione concorrenziale o di conflitto di interesse con l’Università OMISSIS”.
Giova da ultimo evidenziare che per lo stesso impiego privato, che invero non conosce un regime di incompatibilità, il codice civile vieta espressamente attività extralavorative del dipendente che si pongano in concorrenza con l’attività del datore (cfr. l’art. 2105 del cod. civ.).
10. Su questo sfondo normativo il Consiglio di Amministrazione dell’Università OMISSIS, previo parere favorevole del Senato Accademico, ha individuato l’assunzione, presso le università telematiche, di incarichi di insegnamento (ex art. 5, comma 1°, lettera ‘j’, del Regolamento di Ateneo), anche se svolti a titolo gratuito, quali attività concorrenziali con l’Università OMISSIS. E questo così motivando: “Si ricorda che, accanto agli atenei statali e non statali, a partire dagli anni 2000 sono state introdotte in Italia le Università telematiche, che erogano corsi in modalità e-learning per tutti e tre i cicli della formazione superiore, con l’obbligo di svolgere in presenza solamente gli esami di profitto e la discussione della tesi. Attualmente sono undici, tutte di diritto privato.
Le università telematiche, caso peculiare nel panorama europeo, stanno assumendo crescente rilevanza nel panorama dell’istruzione superiore nazionale con un incremento degli iscritti che negli ultimi anni ha raggiunto ritmi esponenziali, complici gli effetti della pandemia sulla digitalizzazione della didattica e un’aggressiva e per certi versi spregiudicata campagna di autopromozione.
L’ultimo rapporto ANVUR 2023 evidenzia infatti che gli iscritti alle telematiche rappresentano l’11,5% del totale nell’a.a. 2021/2022, rispetto al 2,5% di dieci anni prima, con una crescita del 410,9%, a fronte di una lieve flessione degli atenei statali, ma con un rapporto studenti per docente che si attesta per l’anno 2022 su una media di 384,8 rispetto ai 28,5 delle università pubbliche.
Si sottolinea che la competizione tra Atenei, di per sé fisiologica e stimolante per il sistema, si prospetta in questo caso squilibrata e distorta: profondamente diverso è infatti l’impegno in qualità e numerosità del corpo docente nonché sul piano economico, organizzativo e gestionale richiesto agli Atenei impegnati strutturalmente in didattica, ricerca e terza missione con quello, essenzialmente didattico e finalizzato al rilascio di titoli, in capo alle università telematiche.
La questione ha valenza politica nazionale e non è un caso che la stessa Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – CRUI, in sede di revisione del proprio Statuto lo scorso giugno 2023 (approvato dal Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo con delibera rep. 203 nella seduta del 18 luglio u.s.), abbia sentito l’esigenza di marcare questa differenza modificando la composizione dell’associazione ed escludendo le università telematiche dalla possibilità di associarsi alla CRUI.
Rispetto alla situazione delineata si ravvisa nello specifico l’esigenza di tutelare l’Ateneo evitando di alimentare con le competenze dei propri docenti un sistema, quello delle università telematiche, che si sta ponendo in modo concorrenziale sul panorama nazionale dell’istruzione superiore muovendo da presupposti ideali diversi e potendo inoltre avvalersi di una sostanziale posizione di vantaggio per quanto riguarda gli oneri economici e organizzativi richiesti per approntare l’offerta formativa. Per tale ragione la Rettrice ha espresso diniego a richieste pervenute da parte di docenti dell’Ateneo, per contratti di insegnamento presso le università telematiche”.
11. Il provvedimento impugnato resiste alle censure dell’OMISSIS.
12. Con un primo ordine di doglianze la ricorrente ha criticato la motivazione del provvedimento rilevando che sarebbe illogica, incoerente e priva di fondamento, e che oltretutto essa ingenererebbe l’effetto di discriminare gli atenei telematici rispetto a quelli tradizionali, sia pubblici che privati, in violazione degli artt. 2, 3, e 33 della Cost..
Il motivo non è persuasivo.
12.1. La delibera impugnata non è infatti né pretestuosa né decontestualizzata nella parte in cui motiva l’individuazione degli incarichi di insegnamento come attività concorrenziali adducendo i ritmi esponenziali dell’incremento degli iscritti nelle undici Università telematiche.
12.1a. La ricorrente sostiene in proposito che il successo delle Università telematiche sarebbe sì generalizzato nell’Unione Europea (si citano Spagna e Germania), ma soprattutto esso dovrebbe intendersi alla stregua di un risultato “relativo”. Ossia da imputarsi al fatto che nel periodo considerato dal rapporto dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (acronimo A.N.V.U.R.), preso in considerazione dalla delibera impugnata (ossia gli anni aa. aa. 2011/2012-2021/2022), il numero degli iscritti alle università telematiche sarebbe aumentato in proporzione all’incremento del numero totale degli iscritti al sistema universitario italiano. E tale crescita avrebbe interessato anche gli atenei tradizionali non statali (cioè privati), che di contro nemmeno sarebbero stati incisi dalla delibera.
Il fatto è però che la lettura del “rapporto sul sistema della formazione superiore e della ricerca”, redatto dall’A.N.V.U.R. e depositato in giudizio dalla stessa ricorrente che non ne ha messo in discussione i dati, restituisce una realtà più complessa rispetto a quella descritta nell’atto introduttivo del giudizio.
Il rapporto premette che al tempo della sua redazione il sistema universitario italiano era costituito da 99 atenei, di cui 68 statali e 31 non statali, precisando che i primi sono costituiti da 61 università (compresi 3 Politecnici) e 7 scuole superiori ad ordinamento speciale. Nel quadro delle 31 università non statali risulta invece “fondamentale la distinzione tra le 20 università che organizzano la didattica in presenza e le 11 università telematiche”. Ciò posto, l’A.N.V.U.R. passa a fornire il quadro dei dati della popolazione studentesca con riferimento sia agli iscritti al sistema universitario, sia al numero di immatricolati. L’analisi, che si è appuntata sui dati dell’a.a. 2021/2022, analizzando le variazioni principali intervenute nel corso degli ultimi 10 anni, ha messo in chiara luce il fatto che la geografia del sistema universitario nazionale è gradualmente cambiata nell’arco di un decennio. In particolare, “se da un lato la popolazione studentesca è complessivamente aumentata, dall’altro si evidenzia una sostanziale stabilità degli studenti iscritti alle università tradizionali (con una riduzione per le università statali compensata da un aumento per le università non statali) e una crescita importante degli iscritti alle università telematiche”. In numeri, l’A.N.V.U.R. ha specificato che “dell’aumento del numero di iscritti nel corso dell’ultimo decennio hanno beneficiato in modo più significativo le università telematiche. Mentre le università tradizionali hanno registrato un leggero incremento di circa 2 mila studenti (erano circa 1,723 milioni nell’a.a. 2011/12 e sono circa 1,725 milioni nell’a.a. 2021/22), le università telematiche nello stesso arco temporale li hanno visti crescere di 180 mila unità (erano circa 44 mila nell’a.a. 2011/12 e si attestano a circa 224 mila nell’a.a. 2021/22). Nell’a.a. 2021/22 l’11,5% degli studenti universitari sono iscritti in atenei telematici, a fronte del 2,5% dell’a.a. 2011/12. Per le università tradizionali la variazione degli iscritti si differenzia nel confronto tra atenei statali e non statali. Mentre le università statali hanno registrato una leggera riduzione di circa 19 mila studenti (-1,2%), le università non statali hanno visto un aumento di circa 22 mila studenti (+21,3%). La fotografia relativa all’a.a. 2021/22 vede, nell’ordine, 1,6 milioni di studenti iscritti alle università statali (82,2%), 224 mila iscritti alle università telematiche (11,5%) e 123 mila iscritti alle università non statali (6,3%)”.
Quanto precede chiarisce che, dal raffronto tra i dati dell’a.a. 2011/2012 e dell’a.a. 2021/2022, l’incremento del numero degli iscritti presso le università telematiche (180 mila unità) è stato di 90 volte superiore rispetto a quello degli iscritti in tutte le università definite dall’A.N.V.U.R. come “tradizionali”, pubbliche e private (ossia 2 mila studenti), con una quintuplicazione del numero degli iscritti alle università telematiche nell’intero periodo decennale (dall’anno accademico 2011/2012 al 2021/2022), che è passato da circa 44 mila nell’a.a. 2011/12 a circa 224 mila nell’a.a. 2021/22). Il tutto con una riduzione, nell’a.a. 2021/2022, di circa l’1,2% degli iscritti presso le università statali come la resistente, cui corrisponde un aumento del 21,3% degli iscritti nelle università non statali.
Questi dati dimostrano una crescita ben più che proporzionale del trend degli iscritti alle università telematiche, confermando il dato di base che ha legittimato il provvedimento impugnato, vale a dire l’ampio “crescendo” della rilevanza delle università telematiche nel panorama dell’istruzione superiore nazionale ingenerato dall’incremento esponenziale, negli ultimi anni, degli iscritti.
È certamente vero che anche le università private tradizionali hanno fatto registrare una sensibile variazione in aumento del numero dei loro iscritti, ma essa, sotto un primo aspetto (22 mila studenti in più, per un incremento del 21,3%), non è paragonabile al trend di aumento delle telematiche (circa 180.000 studenti in più, per un incremento del 410,9%). E in ogni caso, questo è il punto, il fatto che l’aumento degli iscritti nelle università tradizionali non statali non sia stato ritenuto tale da farle rientrare tra i destinatari del provvedimento impugnato, non esclude che esse e, in particolare, gli incarichi ai professori di Padova nelle università tradizionali private, siano da considerarsi automaticamente autorizzabili e/o autorizzati.
Per tali incarichi residua sempre il meccanismo di concessione dell’autorizzazione previsto dall’art. 5 del Regolamento, che in tanto consente ai professori ed i ricercatori in regime di impegno a tempo pieno di svolgere incarichi extra moenia in quanto siano debitamente autorizzati dal Rettore, che anche in questo caso dovrà considerare la compatibilità dell’impegno richiesto per l’incarico con lo svolgimento dei compiti istituzionali, il verificarsi di situazioni di incompatibilità e di conflitto di interessi” vd. il comma 1°, in relazione alla lettera ‘j’ del medesimo articolo:
Detto in altri termini, non appare affatto illegittimo che l’Università di Padova, con una deliberazione di carattere generale applicativa dell’art. 3, comma 5°, del sopra citato regolamento -che prevede espressamente tale facoltà-, abbia da un lato ristretto i margini di discrezionalità nel rilascio delle singole autorizzazioni allo svolgimento di incarichi esterni, individuandone una categoria che, visto il consistente aumento degli iscritti, per la natura degli incarichi e per la tipologia del committente è stata ritenuta ex ante idonea a determinare una situazione concorrenziale, dall’altro lato riservandosi, per le Università tradizionali non telematiche, di decidere di volta in volta circa la sussistenza o meno della incompatibilità ai sensi del citato art. 5 del Regolamento.
E tanto consente di escludere la presunta disparità di trattamento delle telematiche rispetto alle tradizionali non statali, a fronte della diversità dei dati di base su esposti e del fatto che permane per le ultime, in ogni caso, il controllo esercitato dall’Università di OMISSIS in fase di rilascio dell’eventuale titolo autorizzatorio.
12.1b. Non è poi affatto secondario analizzare un altro dato chiaramente emergente dal rapporto dell’A.N.V.U.R., richiamato dalla delibera in esame, dato che conferma la prevalenza competitiva delle università telematiche su quelle tradizionali.
A pag. 34 del rapporto si afferma che “come anticipato nell’introduzione al capitolo, notevole è stato l’incremento di studenti che nel corso degli ultimi dieci anni hanno deciso di iscriversi a un’università telematica. Rispetto all’a.a. 2011/2012, quando gli iscritti erano circa 44 mila, nell’a.a. 2021/2022 il numero di studenti che hanno scelto questo tipo di ateneo ha raggiunto circa 224 mila unità (+180 mila in dieci anni). Certamente l’ampliamento dell’offerta formativa ha consentito a molti studenti, soprattutto lavoratori, di intraprendere la carriera universitaria in discipline che solo negli ultimi anni accademici sono state attivate in modalità a distanza. È interessante analizzare la composizione degli studenti anche al fine di distinguere quanti tra essi sono stati precedentemente iscritti a un’università tradizionale ma poi hanno scelto di proseguire la loro carriera in un ateneo telematico, rispetto a coloro che fin dall’inizio hanno avviato la carriera in un’università telematica. Nell’a.a. 2021/2022 ben 101 mila studenti (45,2% del totale) provengono da una precedente esperienza in università tradizionali: un dato in crescita rispetto all’a.a. 2011/2012, quando tale percentuale si attestava al 40,7%”.
Se dunque le immatricolazioni (ossia le prime iscrizioni presso le università) sono incrementate sia per le università tradizionali che per quelle telematiche, l’altro dato rilevante è che è stata registrata una non trascurabile percentuale di studenti (più del 45%) già immatricolati presso università tradizionali che migrano proprio verso le università telematiche. E tale percentuale risulta in aumento rispetto al passato, a conferma della capacità delle telematiche di intercettare proprio la domanda di istruzione di studenti precedentemente iscritti ad atenei tradizionali.
Vi è dunque un’effettiva interferenza tra l’offerta delle università tradizionali e quella delle telematiche, che consente di escludere la tesi della ricorrente per cui la misura deliberata dall’Università OMISSIS non sarebbe stata ideata per contrastare un fenomeno concorrenziale ma per frapporre una barriera allo sbocco sul mercato delle università telematiche. Queste ultime vedono del resto già sensibilmente aumentato, negli ultimi dieci anni, il loro mercato di riferimento in termini di neo immatricolazioni, rivolgendo la propria offerta a discenti che si orientano sin da subito per la didattica on line. Mentre le prime, specie quelle statali, constatando un decremento dei loro iscritti, una migrazione degli studenti verso le telematiche e prendendo atto delle proiezioni negative dei dati per gli anni a venire -la riduzione della popolazione, in Italia, nella fascia d’età 18 – 25 anni (età di accesso e permanenza ai percorsi universitari), a partire dal 2030 e fino al 2046, comporta scenari di contrazione della popolazione studentesca e di riduzione delle entrate per gli Atenei pubblici (vd. la fig. 1.2.19 di pag. 51 del rapporto A.N.V.U.R.)-, con la deliberazione in esame hanno inteso fronteggiare e contrastare un fenomeno concorrenziale. Per l’effetto individuando una categoria di incarichi dei propri docenti che, in ragione della tipologia del committente, sono stati ritenuti di per sé idonei a determinare una situazione di conflitto di interessi.
In ciò il Tribunale non ravvisa uno sviamento di potere ma più semplicemente una misura regolatoria nei confronti del proprio corpo docente, adeguata a scongiurare, per quanto possibile in linea teorica, la dispersione degli studenti del proprio ateneo attratti in quello telematico di destinazione (anche) dalla qualità del corpo docente formato e/o reclutato dall’Università OMISSIS.
12.2. Pure la censura di irragionevolezza della motivazione del provvedimento, nella parte che richiamerebbe a suo supporto il rilievo per cui la stessa Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (acronimo C.R.U.I.) avrebbe modificato la composizione dell’associazione escludendo le università telematiche dalla possibilità di associarsi, non trova seguito.
La ricorrente deduce che, così motivando, l’Università OMISSIS avrebbe giustificato le sue intenzioni invocando un’ulteriore, irragionevole, discriminazione operata, nei confronti dello stesso destinatario (le università telematiche), da un diverso autore (la C.R.U.I.), alla quale peraltro la stessa Università resistente aderirebbe. Sennonché il detto richiamo alle determinazioni della C.R.U.I. non va letto isolatamente dalle argomentazioni che lo precedono e sulle quali si appunta specificamente la reale (ulteriore) motivazione delle statuizioni provvedimentali qui contestate.
L’Università OMISSIS ha in proposito rilevato che la competizione tra Atenei, pur essendo fisiologica e stimolante per il sistema, nel caso delle università telematiche si rivela squilibrata e distorta avuto riguardo all’impegno in termini di qualità e numerosità del corpo docente nonché sul piano economico, organizzativo e gestionale richiesto agli Atenei (come Padova) impegnati strutturalmente nella didattica, ricerca e terza missione, rispetto a quello, essenzialmente didattico e finalizzato al rilascio di titoli, in capo alle università telematiche.
In effetti è stata così ravvisata una sostanziale differenza di base tra i due atenei (tradizionale e telematico), attestata dal rapporto dell’A.N.V.U.R. affermando ad esempio che l’offerta didattica delle telematiche è più elastica non svolgendosi in presenza, e che per altro verso risulta pure confermata dalla stessa ricorrente, allorquando espone che la sua intera organizzazione è sostenuta da soli 85 docenti alle sue dipendenze (c.d. “strutturati”) e da 250 insegnanti reclutati a contratto, attinti dall’ampio serbatoio dei docenti strutturati in Atenei pubblici e, specificamente, da quello di Padova.
A fronte dei dati dimostrativi della effettiva sussistenza di una problematica di concorrenzialità tra l’università tradizionale e quella telematica, l’Ateneo di Padova ha motivato il suo provvedimento senza dare decisiva rilevanza alle statuizioni del C.R.U.I., ma appuntando le sue valutazioni sulle differenze sostanziali che sussistono, sul piano economico, organizzativo e gestionale, tra le due tipologie di università. Differenze che secondo l’Università, se non eliminerebbero la concorrenza, ne distorcerebbero gli effetti.
Difatti, come correttamente evidenziato dalla difesa dell’Università OMISSIS, quest’ultima ha preso in considerazione anche il profilo dell’allocazione dei costi sottesi ai benefici che la scelta del suo personale docente pubblico ha comportato, in termini di ingenti investimenti di risorse pubbliche, anche sul piano organizzativo, non solo per il reclutamento del personale docente ma anche per la sua crescita qualitativa. Costi che evidentemente l’università telematica non ha sopportato, potendosi però appropriare dei vantaggi che comporta la scelta di un modello organizzativo prevalentemente incentrato sulla docenza pubblica a contratto già formata e/o reclutata dall’Università di provenienza.
In questo senso la motivazione risulta rafforzata da queste considerazioni, che non appaiono affatto irragionevoli nella misura in cui, in definitiva, ritengono che il perseguimento di una maggiore efficienza, quale corollario di un confronto competitivo, non possa realizzarsi nel caso di specie attesa la diversa sopportazione dei costi legati all’eterogeneo modello organizzativo tra le università pubbliche tradizionali, da un lato, e quelle telematiche, dall’altro, con la necessità per le prime di improntare la loro gestione ai fondamentali canoni di pubblica buona amministrazione.
12.3. Da altra angolatura ancora, non è condivisibile la deduzione per cui l’Università OMISSIS non sarebbe competente ad esprimersi sulla sussistenza della distorsione della concorrenza tra le università tradizionali e quelle telematiche.
Difatti l’Amministrazione resistente ha reso un tale giudizio esclusivamente nell’ambito applicativo delineato dagli artt. 2 e 3 del regolamento di Ateno, che conferendo agli organi dell’Ateneo il potere-dovere di individuare gli incarichi che determinano situazioni concorrenziali o di conflitto di interesse, si riferisce a fattispecie in grado di arrecare pregiudizio all’Ateneo, ricomprendendo logicamente anche i casi in cui tanto derivi da una concorrenza falsata o distorta dal diverso assetto, sul piano economico, organizzativo e gestionale, dei due operatori in competizione.
12.4. Il Tribunale non ravvisa dunque nemmeno l’ipotizzato effetto discriminatorio tra le università telematiche e quelle tradizionali.
Sul punto va richiamata la costante giurisprudenza amministrativa che ha messo in evidenza come la censura di disparità di trattamento, a fronte di scelte discrezionali dell’Amministrazione, possa essere riscontrata soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato ai due soggetti (cfr. C.d.S., n. 5464/2023 e la giurisprudenza ivi richiamata). Ma nel caso di specie, come detto, tra le università telematiche e quelle tradizionali sussistono rilevanti differenze sul piano organizzativo, gestionale e delle modalità di svolgimento dell’attività, che appaiono del tutto idonee a poter giustificare una diversità di trattamento.
13. Non può essere accolta nemmeno la doglianza con la quale la ricorrente ha rilevato che la delibera impugnata violerebbe l’art. 23 della L. n. 240/2010, fonte gerarchicamente sovraordinata a quella regolamentare: la citata previsione legislativa, nel disciplinare la possibilità per le Università di stipulare contratti per attività di insegnamento, non consentirebbe di restringere il regime giuridico dei professori e ricercatori, impedendo loro di assumere incarichi di insegnamento presso le università telematiche.
In proposito il Tribunale rileva anzitutto che la ricorrente non è legittimata a dedurre una tale asserita violazione di legge, che semmai solo il personale docente direttamente attinto dalla presunta restrizione della propria sfera giuridica soggettiva (ossia i professori dell’Università OMISSIS non già quelli dell’OMISSIS) sarebbe titolato a far valere in giudizio.
In ogni caso, come già accennato in precedenza, il rapporto di lavoro di pubblici dipendenti è storicamente caratterizzato dal c.d. regime delle incompatibilità per tutelare il buon andamento dell’Amministrazione. Sicché limitazioni alla possibilità di assumere centri di interesse alternativi o concorrenti rispetto all’ufficio pubblico rivestito dal dipendente, specie quando siano suscettibili di ingenerare conflitti di interesse, sono in realtà connaturali rispetto alla sua posizione e teleologicamente orientate al superiore interesse di tutela della buona amministrazione.
14. Infine è infondata anche la doglianza con cui si mette in risalto il carattere abnorme della delibera in esame, che non recando né un termine di decorrenza né uno finale di efficacia, lascerebbe così perpetuare sine die la illegittima discriminazione.
La censura manca di presupposto non sussistendo, per quanto visto, la discriminazione invocata a suo supporto.
Si aggiunge solo il fatto che la delibera di individuazione della categoria di incarichi, non ricompresi nei compiti e doveri d’ufficio, conferibili dalle università telematiche, è stata ritenuta tale da determinare ex se un conflitto di interesse in danno dell’Ente resistente in ragione della sussistenza di condizioni di reale concorrenza tra gli atenei tradizionale e telematico legate a ben specifici dati del momento storico. Il termine è dunque legato alla sussistenza e persistenza della situazione concorrenziale e di conflitto di interessi ravvisata con riferimento ai dati ostesi dall’A.N.V.U.R..
15. In conclusione il ricorso va pertanto rigettato, e cionondimeno sussistono, anche in ragione della peculiarità e novità della vicenda controversa, giusti motivi per disporre la compensazione tra tutte le parti in lite delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Referendario, Estensore
OMISSIS, Referendario