La sentenza costitutiva di annullamento di un regolamento amministrativo, in quanto generale ed astratto, ne procura l’eliminazione dall’ordinamento con effetti erga omnes ed ex tunc, derogando, dunque, alla regola generale recata dall’art. 2909 c.c., secondo cui “la sentenza fa stato tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa” e, quanto ai limiti soggettivi del giudicato, da un lato, l’estensione ultra partes della sentenza di annullamento del regolamento si spiega in quanto il carattere generale ed indivisibile dell’atto normativo non consente il frazionamento del suo contenuto e trova, pertanto, applicazione il principio dell’effeicacia ultra partes della pronuncia caducatoria generalmente applicato agli atti a contenuto inscindibile; dall’altro, l’estensione soggettiva del relativo giudicato risponde a istanze di certezza giuridica, garantendo che l’atto normativo, dichiarato illegittimo, non sia più applicato dall’amministrazione, essendo la sua natura, sostanzialmente unitaria, incompatibile con un’applicazione limitata soltanto ad alcuni destinatari, ovvero solo a quelli che non hanno preso parte al relativo procedimento.
Quanto, invece, ai limiti oggettivi del giudicato, il problema principlae è quello di verificare quale sia la sorte dei provvedimenti attuativi del regolamento annullato, dovendosi, al riguardo, distinguersi l’ipotesi dei provvedimenti attuativi, impugnati contestualmente al regolamento, c.d. doppia impugnativa, i quali sono sicuramente travolti dalla caducazione di quest’ultimo, per invalidità derivata, atteso che l’annullamento dell’atto presupposto, ossia il regolamento, si rilfette sull’atto successivo a valle, che ne assimila il vizio, dall’ipotesi dei provvedimenti applicativi medio tempore adottati e non impugnati, tuttavia, tempestivamente da parte del diretto interessato
TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 23 gennaio 2017, n. 1142
Abilitazione scientifica nazionale-Annullamento regolamento amministrativo
N. 01142/2017 REG.PROV.COLL.
N. 06790/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6790 del 2016, proposto da:
[#OMISSIS#] Cappiello, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. GTTSFN63L16H501U, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Monte Fiore n. 22;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca – Anvur e Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del giudizio di non idoneità per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di ii fascia – settore concorsuale 12/a1 – diritto privato – esecuzione del giudicato sent. n. 13121/2015 del T.A.R. Lazio – sez. III bis;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2017 la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in trattazione il dott. [#OMISSIS#] Cappiello ha dedotto che:
– ha partecipato alla selezione per l’Abilitazione Scientifica Nazionale, tornata 2012, indetta con Decreto Direttoriale del 20 luglio 2012, n. 222, alle funzioni di professore universitario di II fascia nel settore concorsuale 12B1 Diritto Commerciale e della Navigazione;
– all’esito della procedura di valutazione, la Commissione valutatrice, preso atto dei giudizi individuali, ha però espresso tre voti favorevoli e due contrari, e pertanto il ricorrente, non avendo riportato la maggioranza qualificata di legge, è stato dichiarato non idoneo;
– non ha contestato l’esito del procedimento di valutazione, conclusosi negativamente in quanto la predetta fase concorsuale è stata regolata dal d.P.R. 14 settembre 2011, n. 222, il cui art. 8, comma 5, prevedeva che l’abilitazione potesse essere conseguita in presenza di una maggioranza qualificata di quattro commissari sui cinque che componevano la commissione valutatrice;
– la previsione regolamentare è stata considerata illegittima, e quindi annullata, con la sentenza n. 13121 pronunciata dal T.A.R. Lazio, sez. III bis, il 20 novembre 2015, in quanto ritenuta contrastante con i criteri di delegazione/delegificazione posti dall’art. 16 della 1. 30 dicembre 2010, n. 240;
– tale decisione di prime cure è stata, poi, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza n. 470 del 5 febbraio 2016;
– l’Amministrazione, in forza della estensione degli effetti del giudicato di annullamento della citata norma regolamentare e in via di autotutela, sarebbe dovuta intervenire immediatamente, e all’uopo riconoscere il conseguimento della idoneità a tutti coloro che avevano riportato il giudizio favorevole della maggioranza semplice della commissione, e cioè di tre membri su cinque;
– al contrario, il M.I.U.R., con la nota dell’11 febbraio 2016, impugnata comunque in questa sede, ha dato direttive alle Commissioni per l’A.S.N. nel senso di limitare l’effetto erga omnes del giudicato sull’annullamento della norma regolamentare, ovvero escludendo i “provvedimenti emessi antecedentemente all’annullamento de quo nei confronti di candidati che non abbiano tempestivamente proposto ricorso”, individuando nella “proposizione del ricorso” il discrimen per la piena tutela della posizione sostanziale vantata dai candidati;
– una corretta e doverosa applicazione dell’effetto caducatorio, ripristinatorio e conformativo dell’annullamento della norma regolamentare comporta il ripristino con efficacia retroattiva del criterio riconosciuto legittimo dal giudice, ovvero della regola della maggioranza semplice dei 3/5, con conseguente e inevitabile travolgimento di tutti i giudizi di non idoneità pronunciati a seguito della espressione di soli tre giudizi positivi;
– sussiste l’obbligo dell’amministrazione di conformarsi intervenendo anche in autotutela per convertire detti giudizi di non idoneità in giudizi di idoneità, senza neppure la riconvocazione della commissione né la rinnovazione della valutazione;
– il principio di effettività della tutela giurisdizionale è garantito, oltre che dal C.P.A., anche dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dagli art. 24, 11 e 113 della Costituzione, tutte univoche nello stabilire che la funzione primaria ed essenziale del processo sia quella di attribuire l’utilità che le compete non solo alla parte che risulti vittoriosa in giudizio;
Considerato che il ricorso è infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto, sulla base del consolidato orientamento nella materia della sezione (cfr., da ultimo, sentenza n. 468/2017), per le seguenti considerazioni:
– la pretesa sostanziale azionata da parte ricorrente è quella dell’estensione del giudicato di annullamento discendente dalla sentenza del C.d.S. n. 470 del 2015 ai giudizi di non abilitazione fondati sul voto favorevole di tre commissari e su quello negativo dei restanti due commissari;
– al riguardo, si rileva che la sentenza del C.d.S. n. 470 del 2015 ha confermato l’annullamento di una norma contenuta in un atto normativo di rango secondario, stabilendo, conseguentemente, in modo implicito, la regola della maggioranza assoluta per tutte le deliberazioni delle Commissioni nazionali per l’abilitazione scientifica nazionale;
– quanto alle conseguenze che derivano dal predetto annullamento, si rileva che:
— mentre, per le procedure abilitative che sono ancora aperte, non può esservi dubbio che il quadro normativo applicabile sia stato inciso dalla decisione del Consiglio di Stato e, pertanto, le Commissioni di cui sopra dovranno necessariamente conformarsi a esso con l’ulteriore conseguenza che, nelle procedure abilitative ancora in corso, in relazione alle quali, pertanto, gli atti della procedura non siano ancora stati approvati formalmente da parte dell’amministrazione, le Commissioni dovranno attenersi al principio secondo cui, in presenza della maggioranza qualificata dei tre quinti dei giudizi individuali favorevoli, il candidato deve ritenersi abilitato;
— invece, ci si deve chiedere se, e in quali termini, la sentenza di cui trattasi possa produrre effetti giuridici anche nei confronti delle procedure abilitative che sono ormai concluse, e nell’ambito delle quali l’abilitazione scientifica non è stata attribuita proprio in virtù del voto contrario di soli due commissari;
– quanto a quest’ultima ipotesi, appare necessario distinguere due diversi piani di indagine, il primo, che assume [#OMISSIS#] prettamente processuale, attiene agli eventuali effetti diretti della sentenza di cui trattasi mentre, invece, il secondo, riconducibile all’ambito operativo sostanziale dell’amministrazione, attiene proprio alle autonome iniziative che l’Amministrazione può adottare sulla base della richiamata sentenza:
— quanto al primo piano di indagine, si rileva che, per [#OMISSIS#] giurisprudenza, la sentenza costitutiva di annullamento di un regolamento amministrativo, in quanto atto generale ed astratto, ne procura l’eliminazione dall’ordinamento con effetti erga omnes ed ex tunc, derogando, dunque, alla regola generale recata dall’art. 2909 c.c., secondo cui “la sentenza fa stato tra le parti, i loro eredi e gli aventi causa” e, quanto ai limiti soggettivi del giudicato, da un lato, l’estensione ultra partes della sentenza di annullamento del regolamento si spiega in quanto il carattere generale e indivisibile dell’atto normativo non consente il frazionamento del suo contenuto e trova, pertanto, applicazione il principio dell’efficacia ultra partes della pronuncia caducatoria generalmente applicato agli atti a contenuto inscindibile e, dall’altro, l’estensione soggettiva del relativo giudicato risponde a istanze di certezza giuridica, garantendo che l’atto normativo, dichiarato illegittimo, non sia più applicato dall’amministrazione, essendo la sua natura, sostanzialmente unitaria, incompatibile con un’applicazione limitata soltanto ad alcuni destinatari, ovvero solo a quelli che non hanno preso parte al relativo procedimento e, quanto, invece, ai limiti oggettivi del giudicato, il problema principale è quello di verificare quale sia la sorte dei provvedimenti attuativi del regolamento annullato, dovendosi, al riguardo, distinguersi l’ipotesi dei provvedimenti attuativi, impugnati contestualmente al regolamento, c.d. doppia impugnativa, i quali sono sicuramente travolti dalla caducazione di quest’ultimo, per invalidità derivata, atteso che l’annullamento dell’atto presupposto, ossia il regolamento, si riflette sull’atto successivo a valle, che ne assimila il vizio, dall’ipotesi dei provvedimenti applicativi medio tempore adottati e non impugnati tuttavia tempestivamente da parte del diretto interessato;
– con specifico riferimento a questa ultima fattispecie, le soluzioni prospettate sono sostanzialmente due, atteso che, secondo un primo orientamento, più radicale, opera l’invalidità derivata a effetto caducante, prodotta dall’annullamento del regolamento nei confronti degli atti applicativi medio tempore adottati, e quindi l’effetto retroattivo dell’annullamento del regolamento procura la caducazione retroattiva automatica dei provvedimenti attuativi senza che sia necessaria l’apposita impugnazione degli stessi, mentre, invece, secondo un opposto e prevalente indirizzo, dall’annullamento giurisdizionale del regolamento consegue un’invalidità derivata a effetto soltanto viziante dell’atto applicativo, cosicché all’annullamento del regolamento non consegue la caducazione automatica dei provvedimenti applicativi medio tempore adottati, attesa la loro definitività per effetto della decorrenza del termine decadenziale, sebbene resti salva, comunque, la possibilità, per l’amministrazione, di procedere alla loro rimozione agendo in via di autotutela, qualora ricorrano ragioni di pubblico interesse che sollecitino la rimozione del provvedimento attuativo divenuto oramai inoppugnabile;
Considerato che il Collegio ritiene di dovere aderire, attesa la sua maggiore persuasività, proprio al suddetto secondo orientamento, con la conseguenza che, dall’annullamento del regolamento di cui trattasi nella parte interessata, non consegue che debba ritenersi che i giudizi collegiali resi con tre giudizi individuali positivi e solo due giudizi individuali negativi siano di per sé nulli e/o annullabili e/o inefficaci, quando sia oramai decorso il termine per la loro impugnazione e gli stessi siano, pertanto, divenuti definitivi;
Considerato che, pertanto, un limite all’estensione del giudicato di annullamento di un regolamento deve rinvenirsi nei rapporti già esauriti e, quindi, il principio dell’efficacia erga omnes dell’annullamento di atti normativi e di cui sopra incontra proprio il suddetto “limite delle situazioni esaurite”, ne consegue che, appunto, il provvedimento demolitorio non travolge gli atti, attuativi del regolamento, che siano divenuti inoppugnabili per mancata impugnazione nei termini decadenziali brevi di legge e non può nemmeno interferire sulle situazioni oramai definite con sentenza passata in giudicato anche perché, altrimenti, si andrebbe incontro a un grave sovvertimento dell’operato dell’amministrazione che si vedrebbe costretta a riprendere in esame una lunga serie di atti e provvedimenti alcune volte già da anni pacificamente eseguiti, con tutte le relative conseguenze, con la conseguenza che l’annullamento di cui trattasi non è in grado di travolgere retroattivamente tutti i giudizi collegiali di non abilitazione, adottati prima della pubblicazione della sentenza e fondati sul voto contrario di soli due commissari;
Considerato che le argomentazioni che precedono sono svolte con precipuo riferimento alla situazione dell’interessato che non abbia impugnato nei termini decadenziali di legge il giudizio di inidoneità al conseguimento dell’abilitazione fondato sulla base del mancato raggiungimento della maggioranza qualificata di cui ai 4/5 e di cui al comma 5 dell’art. 8 del d.P.R. n. 222/2011 che è stato appunto annullato definitivamente con la sentenza del C.d.S. n. 470 del 2016, deve, altresì, rilevarsi che, un problema peculiare si potrebbe porre, invece, solo nell’ipotesi in cui il giudizio di non abilitazione sia stato, in effetti, impugnato in sede giurisdizionale e il relativo giudizio non si sia, tuttavia, ancora definitivamente concluso qualora, tra gli specifici motivi di censura, non sia stato articolato anche quello concernente l’illegittimità del criterio della maggioranza qualificata di cui al comma 5 dell’articolo 8 del d.P.R. n. 222 del 2011, atteso che, si potrebbe, infatti, ritenere, al riguardo, che, attesa la persistente vigenza nel giudizio amministrativo del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., il Collegio eventualmente adito non possa accertare l’invalidità di un provvedimento sulla base di un motivo non presente nel thema decidendum;
Considerato che, nella fattispecie, tuttavia, non ricorre la predetta ipotesi, atteso che parte ricorrente ha evidenziato al riguardo di non avere mai impugnato il giudizio negativo di non abilitazione;
Considerato, peraltro, che, se è vero che, se il privato, o per aver esaurito i mezzi di impugnazione che l’ordinamento gli garantisce o per aver lasciato trascorrere senza attivarsi il termine previsto a pena di decadenza, si trova di fronte ad un provvedimento inoppugnabile e può solo sollecitare l’esercizio del potere da parte dell’amministrazione, tuttavia, dall’altro, è anche vero che l’amministrazione, a fronte della domanda di riesame del privato, non ha, appunto, alcun obbligo di rispondere (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 27 agosto 2014, n. 4374; Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309; Id., sez. IV, 7 luglio 2014, n. 3426; Tar Sicilia, Catania, sez. I, 23 maggio 2014, n. 1437) e che, pertanto, da tutto quanto esposto consegue che, nella fattispecie, non sussisteva, comunque, alcun obbligo per l’amministrazione di provvedere esplicitamente sull’istanza di parte ricorrente;
Considerato che il ricorso deve essere respinto siccome infondato nel merito ma che si ravvisano, data la peculiarietà della fattispecie, giusti motivi per disporre tra le parti costituite la compensazione delle spese del presente giudizio;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Savoia, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Immacolata Pisano, Consigliere
Pubblicato il 23/01/2017