Una critica moderata verso l’operato dell’Università non può comportare l’applicazione di una sanzione disciplinare, altrimenti si verrebbe a pretendere piena deferenza all’Ateneo e a censurare qualsivoglia manifestazione del pensiero critico da parte del personale, così compromettendo una elementare libertà, riconosciuta sin dall’art. 21 Cost.
TAR Lombardia, sez. V, 13 dicembre 2024, n. 3657
Una critica moderata verso l'operato dell'Università non può comportare l'applicazione di una sanzione disciplinare
03657/2024 REG.PROV.COLL.
00786/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 786 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Milano, piazza Cinque Giornate n. 5;
contro
Università degli Studi dell’Insubria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege in Milano, via Freguglia n. 1;
per l’annullamento
del decreto del rettore dell’Università degli Studi dell’Insubria rep. n. 159/2023 del 15 febbraio 2023;
della delibera n. 30 del consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi dell’Insubria del 3 febbraio 2023, trasmessa in data 15 febbraio 2023;
del parere del collegio di disciplina dell’Università degli Studi dell’Insubria – sezione professori associati – in data 30 gennaio 2023, trasmesso in data 17 febbraio 2023;
nonché di ogni atto presupposto, connesso e conseguente, anche di estremi non conosciuti, ivi compreso il d.r. in data 15 giugno 2022 prot. n. 35040 rep. n. 547/2022 di avvio del procedimento disciplinare nei confronti della ricorrente a la nota del rettore prot. n. 26862 del 30 maggio 2022 prot. particolare n. 81/2022.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi dell’Insubria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2024 la dott.ssa OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 13 aprile 2023 e depositato il 5 maggio 2023, la ricorrente, professoressa associata di lingua spagnola presso il Dipartimento di scienze umane e dell’innovazione per il territorio (in breve DISUIT) dell’Università degli Studi dell’Insubria, ha domandato l’annullamento della sanzione disciplinare della censura, irrogatale con provvedimento del rettore il 15 febbraio 2023.
1.1. Occorre preliminarmente fornire una sintetica illustrazione del quadro fattuale in cui si inserisce il procedimento.
È accaduto che, tra marzo e aprile 2022, la stampa locale aveva diffuso notizie in ordine ad asserite anomalie del concorso bandito dall’Università per un posto da ricercatore a tempo determinato in lingua inglese, vinto dal dottor-OMISSIS-, tra le quali figurava la circostanza che gli atti della selezione fossero stati “secretati”, nel senso che la relazione finale e la valutazione dei candidati non erano state pubblicate, a differenza dei concorsi precedenti, sul sito dell’Ateneo.
Per rispondere alle accuse della stampa, alla seduta del consiglio di Dipartimento del 2 maggio 2022, è stata proposta la votazione della seguente mozione: «Di fronte ai ripetuti attacchi rivolti al Dipartimento di Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio, fondati su notizie fatte trapelare in modo distorto per indurre in errore alcuni giornalisti, e diffuse in particolare da un organo di stampa locale, il Consiglio di Dipartimento esprime la massima vicinanza al personale docente e amministrativo ingiustamente e incautamente colpito. In più di un’occasione i tentativi di replicare nel merito di specifiche questioni hanno originato ulteriori fraintendimenti, sempre rivolti contro l’Ateneo. Ci auguriamo che sia presto ripristinata la necessaria serenità e che le ferite inferte al prestigio del DISUIT e dell’Ateneo possano essere giustamente risanate».
Sulla mozione, poi approvata, si è aperto un acceso dibattito, al quale ha partecipato la professoressa -OMISSIS-, che si è, di seguito, astenuta dalla votazione.
Il dottor-OMISSIS-, vincitore del concorso sul quale si erano diffuse le notizie di irregolarità, presente alla discussione del 2 maggio 2022, ha denunciato la professoressa per aver reso due dichiarazioni disdicevoli, ossia: a) che le date del concorso sarebbero state fissate ad hoc per favorirlo; b) che gli atti del concorso sarebbero stati insolitamente segretati e che «questa secretazione sarebbe avvenuta soltanto per il concorso in questione e […] non avverrebbe per nessun altra procedura dell’ateneo o di altra università».
Dopo aver assunto ulteriori informazioni, specialmente dal denunciante, il rettore ha avviato il procedimento disciplinare contro la ricorrente, proponendo l’irrogazione della sanzione della sospensione dall’ufficio senza retribuzione per quindici giorni.
All’esito dell’istruttoria procedimentale, il collegio di disciplina:
– non ha potuto confermare che fosse stata resa la prima dichiarazione, viste le divergenti versioni dei testimoni presenti alla seduta, mentre ha appurato che la ricorrente aveva fatto riferimento alla “secretazione” degli atti concorsuali, in un senso però diverso rispetto alle notizie di stampa e, cioè, che tali atti non erano stati resi disponibili ai membri del Dipartimento chiamati a esprimersi sull’operato della commissione di concorso e sulla chiamata del vincitore;
– ha ritenuto integrate le seguenti violazioni in ordine alla seconda deliberazione:
i) l’art. 13, co. 3, d.p.r. 3/1957 (sul rispetto del principio di assidua o solerte collaborazione da parte del pubblico impiegato), poiché, benché la mancata condivisione della documentazione rilevante ai fini delle deliberazione di chiamata del ricercatore fosse un modo di procedere scorretto, la professoressa «avrebbe potuto esprimere la propria opinione durante l’adunanza con una scelta linguistica più moderata e avvalorare la propria tesi attraverso la ricerca successiva di elementi a supporto per poi condividerli con gli interlocutori del proprio Dipartimento»;
ii) l’art. 7, co. 1, dello Statuto d’Ateneo (disponente l’obbligo di tenere comportamenti consoni alla natura e alle funzioni dell’istituzione universitaria e conformi al Codice etico), perché la professoressa, per un verso, «si è pronunciata sulla scorta delle scelte linguistiche utilizzate da una serie di articoli di un quotidiano locale[…] senza peraltro evidenziare durante il proprio intervento che il termine era tratto da quelle fonti» e, per altro verso, ha reso la dichiarazione al cospetto del dottor-OMISSIS-;
iii) il Codice etico dell’Università e, precisamente, l’art. 16, co. 1 e 2, (per il quale ogni appartenente alla comunità universitaria è libero di esprimere opinioni sull’attività e sul governo dell’Università, ma esse devono essere improntate al rispetto personale e alla moderazione del linguaggio) e l’art. 27, co. 1, (relativo al rispetto, da parte del dipendente, dei principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità, ragionevolezza, indipendenza e imparzialità), in quanto sarebbero mancate «la moderazione del linguaggio e l’obiettività», visto che, da un lato, dall’istruttoria è emerso che la mancata condivisione, con i componenti del consiglio di Dipartimento, della documentazione rilevante per le delibere di chiamata si è verificata, oltre che in relazione al concorso del dottor-OMISSIS-, anche nel concorso per ricercatore vinto dalla dottoressa-OMISSIS-, parimenti antecedente alla dichiarazione del 2 maggio 2022, e, dall’altro lato, la dichiarazione è stata resa dinanzi a più persone, incluso l’interessato, ridondando a condotta non rispettosa del collega;
– ha espresso parere favorevole all’irrogazione della sanzione della censura (definita dall’art. 88 r.d. 1592/1933 quale «dichiarazione di biasimo per mancanze ai doveri d’ufficio o per irregolare condotta, che non costituiscano grave insubordinazione e che non siano tali da ledere la dignità e l’onore del professore»), in riduzione della proposta sanzione della sospensione dall’ufficio, in considerazione della mancata conferma della prima dichiarazione imputata alla professoressa e della verità del fatto attestato nella seconda dichiarazione (i.e. la mancata condivisione degli atti concorsuali al consiglio di Dipartimento).
Indi, su conforme deliberazione del consiglio di amministrazione dell’Università, il rettore ha irrogato alla ricorrente la sanzione della censura.
1.2. Nel ricorso, viene denunciata l’illegittimità del provvedimento per cinque motivi di diritto:
I) «Violazione e falsa applicazione art. 88 r.d. n. 1592/1933, art. 13 d.P.R. n. 3/1957, art. 7 Statuto dell’Università degli Studi dell’Insubria, artt. 16 e 27 del “Codice etico, di comportamento e norme per l’integrità nella ricerca dell’università degli studi dell’Insubria: testo unificato”. Eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità», poiché l’utilizzo del termine “secretazione”, relativo a un fatto realmente accaduto, in un contesto nel quale la ricorrente argomentava le ragioni della propria astensione dal voto, in riferimento a una mozione su articoli di stampa che utilizzavano quella medesima espressione, non integrerebbe gli estremi né di una “mancanza ai doveri d’ufficio” né di una “condotta irregolare”, per come indicate all’art. 88 r.d. 1592/1933 relativo alla censura;
II) «Eccesso di potere per sviamento, illogicità», poiché sarebbe anomalo che l’Università non punisca chi pone in essere condotte scorrette (e.la mancata ostensione degli atti al consiglio di Dipartimento ai fini della valutazione della chiamata dei ricercatori), mentre si accanisca contro chi denuncia le scorrettezze;
III) «Violazione art. 25, comma 2, Cost. e artt. 6 e 7 CEDU quali parametri interposti all’art. 117, comma 1, Cost.», poiché l’evanescenza delle condotte descritte dalle norme asseritamente violate si porrebbe in contrasto con il principio di stretta legalità che sorregge le sanzioni disciplinari;
IV) «Eccesso di potere per sproporzione e disparità di trattamento», poiché la giurisprudenza amministrativa avrebbe ritenuto legittima l’irrogazione della sanzione della censura solo per fattispecie ben più gravi di quella qui rilevante, dove la ricorrente si è limitata a segnalare un’irregolarità dell’Ateneo;
V) «Violazione art. 10 l. n. 240/2010; art. 1, comma 2-bis, l. n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria», giacché il rettore avrebbe dovuto coinvolgere l’incolpata nell’istruttoria preliminare alla contestazione dell’addebito.
2. Si è costituita, per resistere al ricorso, l’Università degli Studi dell’Insubria.
3. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 6 dicembre 2024.
DIRITTO
4. Preliminarmente, si rileva la tardività della memoria difensiva depositata dall’Università il 5 novembre 2024 alle ore 18.52, ossia l’ultimo giorno utile exart. 73, co. 1, cod. proc. amm., ma dopo le ore 12.00, atteso che – secondo il più recente indirizzo giurisprudenziale, che il Collegio condivide – l’apparente antinomia, rilevabile tra il primo ed il terzo periodo dell’art. 4, co. 4, disp. att. cod. proc. amm., va risolta nel senso che il termine delle ore 24.00 per il deposito degli atti di parte vale solo per quegli atti processuali che non siano depositati in vista di una camera di consiglio o di un’udienza di cui sia (in quel momento) già fissata o già nota la data, mentre, in presenza di una camera di consiglio o di un’udienza già fissata, il deposito effettuato oltre le ore 12.00 dell’ultimo giorno utile è inammissibile (tra le ultime, Cons. Stato, Sez. III, 28 marzo 2022, n. 2247; Id., Sez. IV, 11 gennaio 2022, n. 197; Id., 3 novembre 2021, n. 7365). Di conseguenza, le argomentazioni contenute nella memoria non vengono prese in considerazione ai fini del decidere e, correlatamente, non si considerano le repliche a tale memoria, depositate dalla ricorrente.
5. Nel merito, il ricorso merita accoglimento, ritenendosi fondato il primo motivo.
5.1. Come si evince dalla sintesi dei fatti, la ricorrente è stata sanzionata per aver utilizzato l’espressione “secretazione” in relazione alla mancata messa a disposizione dei membri del consiglio di Dipartimento, chiamati a valutare la chiamata dei ricercatori, degli atti della procedura di selezione per un posto da ricercatore a tempo determinato in lingua inglese, vinta dal dottor-OMISSIS-.
Lo stesso collegio di disciplina, nel rendere il parere sulla sanzione (doc. 28 ricorrente), nonché, di riflesso, il consiglio di amministrazione, che tale parere ha fatto proprio (doc. 24 ricorrente), e il rettore, che ha ratificato gli atti procedimentali e irrogato la sanzione (doc. 1 ricorrente), hanno constatato che il fatto è di per sé vero, ossia realmente accaduto, e che esso integra una prassi scorretta, perché impedisce all’organo universitario di avere un quadro completo della procedura sulla quale è chiamato a esprimersi.
Alla ricorrente viene, però, recriminato che tale espressione «sia caratterizzata da disvalore», sia «suggestiva e inappropriata» e, in definitiva, sostituibile con altre locuzioni maggiormente moderate e rispettose dell’Ateneo e del collega ricercatore (cfr. parere del collegio di disciplina sub. doc. 28 ricorrente). Per queste ragioni, la dichiarazione della ricorrente sull’intervenuta segretazione degli atti della procedura concorsuale integrerebbe la violazione:
– dell’art. 13, co. 3, d.p.r. 3/1957, che impone ai pubblici dipendenti di ispirarsi al principio di assidua e solerte collaborazione nei rapporti con i colleghi;
– dell’art. 7, co. 1, dello Statuto d’Ateneo, che obbliga il personale universitario ad assumere, nei rapporti reciproci e con soggetti esterni, comportamenti consoni alla natura e alle funzioni dell’istituzione universitaria e conformi alle disposizioni del Codice etico;
– degli artt. 16, co. 1 e 2, e 27, co. 1, del Codice etico dell’Università, i quali, rispettivamente, stabiliscono che le opinioni sull’attività e sul governo dell’Ateneo debbano essere improntate al rispetto personale e alla moderazione del linguaggio e che il dipendente deve osservare i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità, ragionevolezza, indipendenza e imparzialità.
Di conseguenza, si è ritenuto di applicare la sanzione della censura, definita dall’art. 88 r.d. 1592/1933 quale «dichiarazione di biasimo per mancanze ai doveri d’ufficio o per irregolare condotta, che non costituiscano grave insubordinazione e che non siano tali da ledere la dignità e l’onore del professore».
5.2. Ritiene il Collegio che la dichiarazione per cui gli atti del concorso per ricercatore siano stati “secretati” e che tale circostanza sia un unicum nell’esperienza universitaria non integri gli estremi delle violazioni riscontrate né giustifichi l’applicazione di una sanzione disciplinare.
“Secretare” (o, nella versione più moderna del termine, “segretare”) significa sottoporre a segreto, non divulgare, nascondere o comunque rendere non accessibili documenti. L’espressione indica esattamente quanto denunciato dalla ricorrente, ossia la mancata ostensione al consiglio di Dipartimento di alcuni atti della procedura per la chiamata di un ricercatore, ed ha un significato neutro, di per sé privo di accezioni positive o negative.
Vero è che la parola è stata utilizzata per recriminare all’Università un’irregolarità, rilevando, altresì, che non vi fossero altri precedenti nell’esperienza dei concorsi universitari. Tuttavia, non può sostenersi che la dichiarante abbia esorbitato dal canone della moderazione e della continenza verbale, ella avendo, al contrario, utilizzato un linguaggio appropriato al significato del termine e del tutto invalso nell’uso corrente.
Occorre, inoltre, rimarcare che la dichiarazione si riferisce a un avvenimento realmente accaduto e, per come riconosciuto dallo stesso collegio di disciplina, integrante un modus procedendi scorretto da parte degli organi universitari, il che giustifica a pieno il tono di critica non tanto del termine in sé quanto della complessiva dichiarazione.
Non può, poi, sottacersi il contesto entro il quale l’affermazione è stata resa. Era, difatti, in corso un dibattito, che lo stesso verbale della seduta del consiglio del dipartimento del 2 maggio 2022 (doc. 4 ricorrente) definisce «ampio ed articolato», sull’opportunità di rispondere alle illazioni effettuate dalla stampa locale su anomalie del concorso per ricercatore universitario vinto dal dottor-OMISSIS-. Ebbene, anzitutto si evidenzia come l’espressione “secretazione” sia stata utilizzata in primis dagli articoli di giornale (v. doc. 5-8 ricorrente) – pur nella diversa accezione della mancata pubblicazione degli atti sul sito dell’Università – e come, plausibilmente, il ricorso a tale termine da parte della ricorrente sia stato indotto dai richiami giornalistici sui quali si stava discutendo. In secondo luogo, la professoressa ha reso la propria dichiarazione mentre stava giustificando perché, di lì a poco, si sarebbe astenuta dalla votazione sulla mozione di risposta alla stampa, evidentemente mostrando di non dissociarsi dai sospetti di irregolarità denunciati negli articoli di giornale. Pertanto, è logico che la denuncia di una insolita segretazione degli atti fosse espressiva di un’opinione critica verso l’operato dell’Università.
5.3. Ebbene, avuto riguardo alla moderazione delle espressioni utilizzate e al contesto in cui il fatto ha avuto luogo, addebitare alla ricorrente una condotta irregolare o non consona ai doveri d’ufficio equivale a pretendere piena deferenza all’Ateneo e a censurare qualsivoglia manifestazione del pensiero critico da parte del personale, così compromettendo una elementare libertà, riconosciuta sin dall’art. 21 Cost. Del resto, oltre che nell’ambito del diritto penale, anche nel contesto dei rapporti di lavoro si è osservato che l’esercizio, da parte del lavoratore, del diritto di critica, anche aspra, nei confronti del datore di lavoro, garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., incontra i limiti della correttezza formale, imposti dall’esigenza, anch’essa costituzionalmente assicurata (art. 2 Cost.), di tutela della persona umana e che solo ove tali limiti siano superati con l’attribuzione al datore di lavoro di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati, il comportamento del lavoratore può essere legittimamente sanzionato in via disciplinare (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 14 maggio 2012, n. 7471; Id., 5 settembre 2024, n. 23850).
5.4. Infine, a un rilievo disciplinare della dichiarazione non possono condurre:
– né la circostanza che essa sia stata resa dinanzi ad altre persone, ivi incluso il ricercatore coinvolto nella vicenda, poiché il diritto di critica è esercitabile in pubblico oltre che in privato e perché, nel caso di specie, le esternazioni non potevano non essere svolte nella sedes materiae della discussione sulla mozione da votare, perciò, necessariamente, dinanzi a tutti gli intervenuti alla riunione;
– né il fatto che la medesima segretazione sia avvenuta con riferimento al concorso da ricercatore vinto dalla dottoressa-OMISSIS- e svoltosi pressoché contestualmente all’altro, poiché la reiterazione della scorrettezza in un’altra circostanza non priva il comportamento dell’Università del carattere insolito ad esso ascritto, visto che non risulta che, in precedenza, gli atti dei concorsi fossero tenuti nascosti al consiglio di Dipartimento, senza contare che, quand’anche le anomalie denunciate dalla ricorrente in relazione al concorso del dottor-OMISSIS- non celassero irregolarità, comunque non si potrebbe privare la stessa della facoltà di esternare i propri dubbi e di giustificare la sua astensione dalla votazione sulla mozione di risposta alla stampa.
6. Vista la portata assorbente del vizio riscontrato, non vi è necessità di scrutinare le restanti censure.
7. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Università degli Studi dell’Insubria al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, liquidate in euro 2.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, co. 1 e 2, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE OMISSIS
IL PRESIDENTE OMISSIS
Pubblicato il 13 dicembre 2024