Cons. Stato, Sez. VII, 25 febbraio 2025, n. 1656

Nella valutazione dei titoli e delle pubblicazioni occorre la valutazione solo dei titoli costituenti espressione di una significatività scientifica rilevante ai fini del giudizio di piena maturità scientifica del candidato

Data Documento: 2025-02-25
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

Nella valutazione dei titoli e delle pubblicazioni occorre la valutazione non di ogni singolo titolo o pubblicazione, ma solo di quelli costituenti espressione di una significatività scientifica rilevante ai fini del giudizio di piena maturità scientifica del candidato. Infatti, il senso della previsione sul carattere analitico della valutazione da compiere dalla commissione non può che essere quello di imporre alla stessa di tenere, bensì, conto di tutti i dati curriculari indicati dai candidati (titoli e pubblicazioni), ma di sceverare – ovviamente, secondo percorsi logici coerenti e di congruo apprezzamento scientifico – i dati rilevanti al fine della compiuta valutazione della maturità scientifica dei candidati da quelli non significativi e di esprimere il giudizio sui dati così (motivatamente) enucleati.

Contenuto sentenza

01656/2025REG.PROV.COLL.

06618/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6618 del 2024, proposto dal dott. OMISSIS, rappresentato e difeso dall’Avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da pec da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del suo Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

Università degli Studi di Milano, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza 3318/2024 pronunciata dal TAR Lazio – sede di Roma – Sezione Terza bis pubblicata il giorno 19 febbraio 2024 non notificata

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2025 il Cons. OMISSIS;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’odierno appellante ha concorso per l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia per il Settore scientifico 12/D2 “Diritto tributario”, nell’ambito della procedura di abilitazione indetta con Decreto Direttoriale n. 1532/2016.

La Commissione giudicatrice all’uopo nominata ha espresso un giudizio collegiale di inidoneità che l’odierno appellante aveva impugnato dinanzi al TAR Lazio – Roma (sezione Terza bis) per i seguenti motivi:

Violazione dell’art. 8, primo comma, DPR 95 del 4-4-2016. Eccesso di potere;

Violazione dell’art. 5, comma 2, del DM 7 giugno 2016, n. 120. Eccesso di potere per difetto di motivazione e per irragionevolezza;

Violazione di legge: art. 3, L. n. 241/1990; art. 16, L. n. 240/2010; art. 8, DPR n. 95/2016; artt. 3,5,6, D.M. n. 120/2016 e allegati. – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto istruttorio. Insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione. Incongruità e illogicità manifesta;

Violazione di legge: art. 4 DM n. 120/2016; art. 8 DPR n. 95/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà intrinseca ed utilizzo di criteri restrittivi.

Il Ministero dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi di Milano si erano costituiti in resistenza, instando per la reiezione del gravame.

Con la sentenza ora appellata (n. 3318/2024) il TAR Lazio-Roma, sezione Terza bis, ha respinto il ricorso.

Con l’odierno atto di appello ritualmente notificato e depositato presso la segreteria di questo Consiglio di Stato, il ricorrente impugna la sentenza che ha respinto il proprio ricorso. L’atto di appello è affidato a 4 distinti motivi di gravame che verranno più avanti diffusamente scrutinati.

Il Ministero dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi di Milano si sono ritualmente costituiti in giudizio, instando per la reiezione dell’appello e per la conferma della sentenza gravata.

All’udienza pubblica del 11 febbraio 2025, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

Con il 1° motivo di appello (intitolato “Erroneità e ingiustizia della sentenza appellata del T.A.R. Fondatezza del primo motivo del ricorso originario: “1) Violazione dell’art. 8, primo comma, DPR 95 del 4-4-2016. Eccesso di potere”) l’appellante censura la sentenza appellata per avere erroneamente rilevato – in contrasto con quanto emergerebbe dalla documentazione in atti – l’assenza di prova del fatto che la Commissione giudicatrice avrebbe fissato soltanto ex posti criteri di valutazione dei titoli (e cioè soltanto dopo aver conosciuto i nominativi dei candidati).

In particolare, la ricorrente sostiene che la sentenza di 1° grado sarebbe viziata da un grave difetto di istruttoria e da un travisamento dei documenti processuali, lì dove afferma che in base al verbale di commissione n. 1 del 16 febbraio 2021 la Commissione si sarebbe soltanto limitata a stabilire – una volta conosciuti i nomi dei candidati – la mera programmazione delle riunioni (e non anche i criteri di valutazione dei titoli).

Tale statuizione sarebbe smentita per tabulas dallo stesso contenuto del verbale citato dalla sentenza gravata, atteso che:

a) alla pag. 2 del suddetto verbale si afferma che “La Commissione accede per via telematica alle domande, all’elenco dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, nonché alla relativa documentazione presentati dai candidati”;

b) alla successiva pag. 3 si afferma poi che “La commissione, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del D.M. n. 120/2016, procede quindi a scegliere … i titoli tra quelli di cui ai numeri da 2(due) a 11 (undici) dell’Allegato A al suindicato Decreto, e a definirne, ove necessario, i criteri di valutazione”.

Soggiunge l’appellante, inoltre, che per consolidata giurisprudenza la previa cognizione dei nominativi dei candidati in un momento temporalmente anteriore rispetto a quello della fissazione dei criteri di valutazione dei titoli – cagionando un vulnus all’imparzialità della Commissione giudicatrice – rileva ex se a prescindere dal fatto che il soggetto istante dimostri il concreto impatto negativo di tale condotta sulla propria posizione, con la conseguenza che sarebbe errata la statuizione della sentenza gravata secondo la quale “parte ricorrente non indica quali sarebbero stati i concreti effetti pregiudizievoli dell’addotto modus operandi sulla sua posizione”.

Il motivo di appello testè delineato è infondato.

Al fine di comprendere meglio l’infondatezza del gravame, è doveroso ricostruire l’esatto significato di ciò che era stato verbalizzato dalla Commissione esaminatrice in data 16 febbraio 2021, in quanto l’estrapolazione selettiva e decontestualizzata di singoli passaggi di tale verbale può condurre ad un fraintendimento del loro significato enunciativo, poiché impedisce di comprenderne il contesto.

Il verbale in questione era stato redatto al precipuo fine di:

a) certificare l’insediamento della Commissione esaminatrice (si veda a tal proposito l’incipit dell’atto citato, ove si afferma testualmente che “Il giorno 16 del mese di febbraio 2021 alle ore 14.00 si insedia la Commissione nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia del Settore Concorsuale 12/D2 – Diritto tributario, nominata con Decreto Direttoriale n. 295 del 08.02.2021”);

b) nomenclare ex ante(a mo’ di declaratoria programmatica di intenti) tutti gli adempimenti che si sarebbero dovuti adottare da lì in avanti in esecuzione dell’espletanda procedura, in ossequio alle scansioni procedimentali puntualmente definite in sede normativa dal d.P.R. n. 95 del 2016 (“Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011 n.222, concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’art.16 della legge 30 dicembre 2010, n.240”) e dal DM n. 120 del 2016 (“regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’art. 16, comma 3, lettere a), b), c) della legge 30 dicembre 2010, n.240 e successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2016, n.95”);

c) procedere sin da subito alla scelta – ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del DM n. 120/2016 – delle tipologie di titoli valutabili dalla Commissione nell’ambito delle 11 tipologie nomenclate dall’Allegato A di detto DM.

Quel che si evince chiaramente dal verbale del 16 febbraio 2021, pertanto, è che la Commissione esaminatrice – una volta insediatasi – ha innanzitutto enunciato l’elenco delle azioni da intraprendere (e non già intraprese).

Ciò come risulta da pag. 2 di detto verbale, lì dove si afferma che “La Commissione stabilisce le modalità organizzative dei propri lavori per l’espletamento delle procedure di Abilitazione alla prima e alla seconda fascia di professore, come di seguito indicato: …”.

Tale affermazione è immediatamente seguita da un’elencazione di adempimenti che – come si evince chiaramente da una loro lettura contestuale e sistematica – non sono stati ancora posti in essere, e cioè nell’ordine:

a) l’esame dell’elenco delle domande presentate dai candidati e dei relativi titoli e pubblicazioni scientifiche (esame che avverrà – come più avanti puntualmente chiarito – in via telematica);

b) la predisposizione di un calendario di massima delle riunioni;

c) la trasmissione del predetto calendario al responsabile unico del procedimento;

d) lo svolgimento effettivo delle riunioni con strumenti telematici di lavoro (in considerazione della nota situazione sanitaria in quel periodo in atto);

e) la predisposizione dei verbali delle varie riunioni;

f) infine l’attribuzione con “motivato giudizio espresso” dell’Abilitazione Scientifica Nazionale, in base alla regola della maggioranza assoluta dei componenti della Commissione.

La suelencata descrizione di plurime attività che sostanzialmente esauriscono l’intero iter della procedura di abilitazione scientifica nazionale al ruolo di professore universitario di prima e seconda fascia, fa chiaramente comprendere che questa descrizione è una mera verbalizzazione di plurime attività ancora da svolgere (e non già svolte).

La conferma più evidente di quanto precede si ritrae dalla dichiarazione a verbale con cui si afferma che “la Commissione attribuisce l’Abilitazione con motivato giudizio espresso sulla base di criteri, parametri e indicatori differenziati per funzioni e per settore concorsuale, definiti dagli articoli 3, 4, 5 e 6 del D.M. 120/2016, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.P.R. 95/2016”.

Ora è del tutto evidente che al momento del verbale del 16 febbraio 2021 la Commissione esaminatrice non aveva ancora attribuito alcuna abilitazione, posto che in quella data i lavori di detta Commissione stavano soltanto cominciando.

In senso analogo, va rimarcato che il verbale del 16 febbraio 2021 – pur affermando che “il Presidente, previa intesa con gli altri membri della Commissione, predispone un calendario di massima delle riunioni a valere quale convocazione della Commissione per le relative date” – non reca però alcuna indicazione di tale calendario, il che conferma che in data 16 febbraio 2021 non è stato predisposto alcun calendario.

In base ad una lettura sistematica ed integrata del verbale in questione, pertanto, appare chiaro che in data 16 febbraio 2021:

a) la Commissione esaminatrice non aveva ancora esaminato l’elenco dei nominativi dei candidati e dei relativi titoli e pubblicazioni;

b) la Commissione esaminatrice si era soltanto limitata a dichiarare ex anteche avrebbe più avanti esaminato detto elenco.

Detto in altri termini, nel suddetto verbale non v’è alcuna univoca e chiara attestazione del fatto che già allora la Commissione esaminatrice avesse effettivamente esaminato l’elenco dei candidati (come visto, anzi, la lettura di tale verbale depone nel senso esattamente contrario): in mancanza di detta attestazione, pertanto, è evidente che il fatto in questione (id est la preventiva cognizione dei candidati) non può dirsi assolutamente provato, a fortiori se si considera che la portata fidefacente dell’atto pubblico può essere riconosciuta soltanto a quei fatti che sono inequivocabilmente avvenuti in presenza del pubblico ufficiale (art. 2700 c.c.). Il che non è nel caso di specie.

Va da sé che l’operazione di individuazione dei titoli – indubitabilmente effettuata dalla Commissione esaminatrice nella riunione del 16 febbraio 2021 – risale ad un momento in cui la Commissione ancora non conosceva i nomi dei candidati.

In ragione di quanto sopra esposto, pertanto, il 1° motivo di appello va respinto in quanto infondato.

Con il 2° motivo di appello (“Erroneità e ingiustizia della sentenza appellata del T.A.R. Fondatezza del secondo motivo del ricorso originario: “2) Violazione dell’art. 5, comma 2, del DM 7 giugno 2016, n. 120. Eccesso di potere per difetto di motivazione e per irragionevolezza”) l’appellante censura la sentenza gravata anche nella parte in cui ha ritenuto legittima e adeguatamente motivata la decisione della Commissione giudicatrice di circoscrivere a 6 specifici titoli (nell’ambito di un complessivo bacino di scelta di 10 titoli puntualmente nomenclati dall’art. 5 del DM n. 120 del 2016) i titoli oggetto di valutazione.

A tal riguardo, giova rammentare che la sentenza appellata dichiara legittima tale decisione non soltanto perché conforme al parametro normativo di riferimento (l’art. 5 del DM n. 120 del 2016 prevede, infatti, che “la Commissione, nella seduta di insediamento sceglie, in relazione alla specificità del settore concorsuale e distintamente per la prima e per la seconda fascia, almeno sei titoli tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11 e ne definisce, ove necessario, i criteri di valutazione”) ma anche perché l’onere motivazionale è soddisfatto dall’attinenza dei titoli alla “specificità del settore concorsuale”.

L’appellante si duole di tale capo di sentenza perché:

a) la Commissione non avrebbe fornito alcuna motivazione a sostegno della ragione di ridurre a 6 (su 10) i titoli suscettibili di valutazione;

b) il riferimento alla specificità del settore concorsuale sarebbe meramente tautologico e riproduttivo del testo di legge;

c) il difetto di motivazione sul punto sarebbe ancor più grave se lo si considera (come voluto dal ricorrente con l’originario ricorso) in stretta correlazione con l’anticipata cognizione dei nominativi dei candidati (la tesi del ricorrente, infatti, è che alcuni dei 10 titoli che la Commissione giudicatrice ha escluso ex ante avrebbero certamente avvantaggiato – ove prescelti – l’odierno appellante).

Anche questo motivo di appello è però infondato.

L’art. 5, commi 1 e 2, del DM n. 120 del 2016 (“regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’art. 16, comma 3, lettere a), b), c) della legge 30 dicembre 2010, n.240 e successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2016, n.95”) dispone quanto segue:

1. Nella valutazione dei titoli presentati dal candidato, la Commissione:

a) accerta l’impatto della produzione scientifica dei candidati, utilizzando obbligatoriamente i parametri e gli indicatori relativi al titolo di cui al numero 1 dell’allegato A;

b) accerta il possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione ai sensi del comma 2.

Ai fini di cui al comma 1, lettera b), la Commissione, nella seduta di insediamento sceglie, in relazione alla specificità del settore concorsuale e distintamente per la prima e per la seconda fascia, almeno sei titoli tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11 e ne definisce, ove necessario, i criteri di valutazione. Allo scopo di garantire l’oggettività, la trasparenza e l’omogeneità delle procedure e dei metodi di valutazione, la delibera ha validità per l’intera durata dei lavori della Commissione, anche nel caso in cui uno o più commissari siano sostituiti. Tale delibera può essere rivista esclusivamente nel caso in cui la Commissione decada per il mancato rispetto dei termini di conclusione delle valutazioni dei candidati”.

Se ne evince, pertanto, che la Commissione esaminatrice deve scegliere “almeno sei titoli tra quelli di cui all’allegato A ai numeri da 2 a 11”.

Poiché la soglia di 6 titoli è una soglia minima che è espressamente consentita direttamente dalla cornice normativa di riferimento, il Collegio ritiene che l’Amministrazione non doveva affatto giustificare la scelta di non aggiungere ulteriori titoli.

La congruità e ragionevolezza della soglia numerica di 6 è già stabilita a monte dalla legge, sicchè va esclusa la necessità di una motivazione puntuale e specifica su ciò che è già stato autorizzato ex lege.

9.3. Del tutto corretto, inoltre, è anche il riferimento che l’Amministrazione ha fatto alla coerenza oggettiva tra i 6 titoli prescelti e la “specificità del settore concorsuale”, atteso che il summenzionato art. 5, co. 2, del DM n. 120 del 2016 prevede proprio tale vincolo di coerenza.

Vincolo che l’amministrazione ha dichiarato di aver rispettato e che l’odierno appellante, dal canto suo, non ha mai specificamente contestato, posto che egli non ha mai indicato le ragioni per cui i 6 titoli prescelti dall’Amministrazione striderebbero con la specificità del settore concorsuale.

9.4. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, anche il 2° motivo di appello va respinto in quanto infondato.

Con il 3° motivo di appello (“Erroneità e ingiustizia della sentenza appellata del T.A.R. Fondatezza del terzo motivo del ricorso originario: “3) Violazione di legge: art. 3, L. n. 241/1990; art. 16, L. n. 240/2010; art. 8, DPR n. 95/2016; artt. 3,5,6, D.M. n. 120/2016 e allegati. – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto istruttorio. Insufficienza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione. Incongruità e illogicità manifesta”), l’appellante censura la sentenza gravata per aver erroneamente confermato la legittimità del giudizio con cui la Commissione giudicatrice – a fronte di uno standard di sufficienza di almeno 3 titoli (sui 6 scelti a monte) – ha ritenuto che il ricorrente fosse in possesso di 2 soli titoli.

In proposito, osserva in punto di fatto l’appellante che:

a) il titolo ritenuto mancante dalla Commissione esaminatrice è stato quello della “direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto pregio”;

b) per tale titolo l’appellante aveva fatto valere il suo ruolo di membro del comitato editoriale della rivista di Giurisprudenza ed Economia d’Azienda, nonché il ruolo di membro del comitato di redazione della Rivista di Diritto Tributario e il ruolo di membro del consiglio accademico della rivista argentina di diritto tributario pubblicata dall’Universidad Austral di Buenos Aires;

c) la Commissione giudicatrice ha ritenuto tali ruoli insufficienti ai fini della comprova del possesso del requisito sublettera a) che precede, in quanto a tal scopo non si possono considerare “né l’affiliazione ad associazione di studiosi, né la partecipazione a Commentari o studi in onore”.

La sentenza appellata ha ritenuto che tale giudizio di inidoneità del titolo in questione non possa essere infirmato dal gravame proposto con il ricorso di 1° grado, atteso che “Il ricorrente pare sostanzialmente chiedere la sostituzione della valutazione della Commissione (negativa) con la propria (positiva), da un lato non dimostrando l’idoneità di quanto attestato a conseguire il riconoscimento del titolo in questione e, dall’altro lato, limitandosi a contestare la motivazione della Commissione in quanto “talmente priva di pertinenza da indurre a chiedersi come possa essere stata formulata”.

L’odierno appellante censura tale capo di sentenza per travisamento dei fatti e difetto istruttorio, atteso che i ruoli spesi dal ricorrente per provare il possesso del titolo di “direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto pregio” (id est i ruoli di membro del comitato editoriale della rivista di Giurisprudenza ed Economia d’Azienda, di membro del comitato di redazione della Rivista di Diritto Tributario e di membro del consiglio accademico della rivista argentina di diritto tributario pubblicata dall’Universidad Austral di Buenos Aires) sarebbero ex se pertinenti e rilevanti e non possono essere derubricati a mera “affiliazione ad associazione di studiosi né la partecipazione a commentari o studi in onore”.

L’appellante censura la sentenza gravata anche per aver ritenuto adeguatamente motivato il giudizio con cui è stato negato il titolo della “formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca presso qualificati istituti di ricerca esteri o sopranazionali”.

Osserva in proposito l’appellante di aver provato di aver ottenuto un incarico semestrale di ricerca (nel 2001) presso l’istituto di diritto tributario dell’Università di Colonia (direttore prof. OMISSIS): ciononostante, tale titolo non è stato considerato dalla Commissione giudicatrice e il capo di sentenza gravato – nel respingere la doglianza sul punto – si è limitato a stigmatizzare l’apoditticità di tale doglianza, non avendo essa indicato le ragioni per cui tale titolo consentirebbe di rispettare il requisito della “formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca presso qualificati istituti di ricerca esteri o sopranazionali”.

L’appellante sostiene, tuttavia, che l’incarico in questione – oggettivamente considerato – è da solo idoneo a soddisfare il titolo richiesto.

Anche il 3° motivo di appello è infondato, sebbene sulla base di un percorso argomentativo parzialmente diverso rispetto a quello seguito dal giudice di prime cure.

Al fine di comprendere meglio l’infondatezza del motivo in esame, il Collegio reputa essenziale rammentare che con la propria domanda di partecipazione alla procedura l’appellante aveva dichiarato il possesso di 5 specifiche categorie di titoli nell’ambito delle 10 categorie nomenclate dall’Allegato A del DM n. 120 del 2016. In particolare, come si evince dalla consultazione di detta domanda, le 5 categorie di titoli auto-dichiarate dall’odierno appellante erano le seguenti: “organizzazione o partecipazione come relatore a convegni di carattere scientifico in Italia o all’estero” (n. 2 Allegato A), “direzione o partecipazione alle attività di un gruppo di ricerca caratterizzato da collaborazioni a livello nazionale o internazionale” (n. 3 Allegato A), “responsabilità di studi e ricerche scientifiche affidati da qualificate istituzioni pubbliche o private” (n. 4 Allegato A), “direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto prestigio” (n. 6 Allegato A), “specifiche esperienze professionali caratterizzate da attività di ricerca attinenti al settore concorsuale per cui è presentata la domanda per l’abilitazione” (n. 11 Allegato A).

Orbene, la Commissione esaminatrice aveva selezionato, nell’ambito dei 10 titoli nomenclati dall’Allegato A del DM n. 120 del 2016, i seguenti 6 titoli:

(i) “organizzazione o partecipazione come relatore a convegni di carattere scientifico in Italia o all’estero” (n. 2 Allegato A, indicato sub lettera a) nell’atto collegiale impugnato);

(ii) “Direzione o partecipazione alle attività di un gruppo di ricerca caratterizzato da collaborazioni a livello nazionale o internazionale” (n. 3 Allegato A, indicato sub lettera b) nell’atto collegiale impugnato);

(iii) “Responsabilità scientifica per progetti di ricerca internazionali e nazionali, ammessi al finanziamento sulla base di bandi competitivi che prevedano la revisione tra pari” (n. 5 Allegato A, indicato sub lettera d) nell’atto collegiale impugnato);

(iv) “direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto prestigio” (n. 6 Allegato A, indicato sub lettera e) nell’atto collegiale impugnato);

(v) “Partecipazione al collegio dei docenti ovvero attribuzione di incarichi di insegnamento, nell’ambito di dottorati di ricerca accreditati dal Ministero” (n. 7 Allegato A, indicato sub lettera f) nell’atto collegiale impugnato);

(vi) “Formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca (fellowship) presso qualificati atenei e istituti di ricerca esteri o sovranazionali” (n. 8 Allegato A, indicato sub lettera g) nell’atto collegiale impugnato).

Dall’analisi incrociata delle tipologie di titoli auto-dichiarate dall’appellante (in tutto 5) e delle tipologie di titoli selezionate dalla Commissione esaminatrice (in tutto 6) si ricava, pertanto, che le tipologie di titoli concretamente “spendibili” dal candidato nella procedura in esame erano 3, e cioè l’“organizzazione o partecipazione come relatore a convegni di carattere scientifico in Italia o all’estero” (n. 2 Allegato A, indicato sub lettera a) nell’atto collegiale impugnato), la “Direzione o partecipazione alle attività di un gruppo di ricerca caratterizzato da collaborazioni a livello nazionale o internazionale” (n. 3 Allegato A, indicato sub lettera b) nell’atto collegiale impugnato) e infine la “direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto prestigio” (n. 6 Allegato A, indicato sub lettera e) nell’atto collegiale impugnato).

10.3. Tanto premesso, l’atto collegiale impugnato ha correttamente rilevato che il candidato è in possesso di soltanto 2 delle 3 tipologie di titoli concretamente valutabili nella procedura in esame.

Come si evince, infatti, da una lettura globale e complessiva dell’atto valutativo impugnato (considerando, quindi, non soltanto il giudizio collegiale ma anche le valutazioni individuali) la Commissione – contrariamente a quanto affermato con l’atto di appello – ha rilevato la carenza non già del titolo costituito dalla “direzione o partecipazione a comitati editoriali di riviste, collane editoriali, enciclopedie e trattati di riconosciuto prestigio” (indicato sub lettera e) dell’atto impugnato) bensì la carenza del diverso titolo denominato “Direzione o partecipazione alle attività di un gruppo di ricerca caratterizzato da collaborazioni a livello nazionale o internazionale” (indicato sub lettera b) nell’atto collegiale impugnato).

Ciò è quanto puntualmente rilevato da ciascun componente con la rispettiva valutazione individuale, nella quale si fa inequivocabile riferimento al fatto che il candidato non possiede “il titolo “direzione o partecipazione alle attività di gruppi di ricerca”, non essendo questo integrato né dalla mera adesione ad associazione tra studiosi della materia, né dalla partecipazione a collettanee per studi in onore ovvero a commentari” (cfr. per tutti la valutazione del prof. OMISSIS).

Questa rilevazione è stata correttamente replicata anche nel giudizio collegiale finale, nel quale tuttavia compare un mero refuso, atteso che la Commissione – all’atto di affermare che una delle 3 tipologie di titoli indicate dal candidato è assente “non potendosi considerare a tal fine né l’affiliazione ad associazione di studiosi, né la partecipazione a Commentari o studi in onore” – fa erroneamente riferimento al titolo “di cui al punto e)” (anziché al titolo di cui al punto b).

Sennonchè, la lettura complessiva dell’atto impugnato lascia chiaramente intendere – senza tema di smentita – che la Commissione stava facendo riferimento al diverso titolo di cui al punto b), titolo che infatti non può essere attestato né dall’affiliazione ad un’associazione di studiosi, né dalla mera partecipazione a commentari o studi in onore.

Viene in rilievo, pertanto, un mero lapsus calami dell’Amministrazione, facilmente riconoscibile; lapsus che naturalmente non infirma la legittimità dell’atto impugnato e che conduce, pertanto, alla reiezione della doglianza veicolata con il 3° motivo di appello.

Va respinto, infine, anche il tentativo dell’appellante di sostenere di essere comunque in possesso di un’altra delle 6 tipologie di titoli selezionate dalla Commissione esaminatrice (id est la “formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca presso qualificati istituti di ricerca esteri o sopranazionali”) in virtù dell’incarico semestrale di ricerca assunto nel 2001 presso l’istituto di diritto tributario dell’Università di Colonia (direttore prof. OMISSIS)

La doglianza è smentita per tabulas dalla stessa elencazione di titoli che l’appellante aveva trasmesso all’Amministrazione, elencazione nell’ambito della quale il succitato incarico non veniva classificato come “formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca presso qualificati istituti di ricerca esteri o sopranazionali”, bensì come “specifiche esperienze professionali caratterizzate da attività di ricerca attinenti al settore concorsuale per cui è presentata la domanda per l’abilitazione”.

Del resto, il fatto che l’attività di ricerca svolta dal candidato nel 2001 presso l’istituto di diritto tributario dell’Università di Colonia non integrasse un “formale” incarico di insegnamento o ricerca (bensì soltanto un’esperienza professionale caratterizzata da attività di ricerca) risulta vieppiù confermato dall’ulteriore fatto (anch’esso risultante dall’elencazione di titoli trasmessa dal candidato) che l’attività di ricerca svolta presso l’Università di Colonia rientrava nel periodo durante il quale l’appellante era titolare di un assegno di ricerca rilasciato dall’Università di Ferrara.

Va da sé che il formale incarico di ricerca nell’ambito del quale è stata svolta l’attività di ricerca presso l’Università di Colonia, non era un incarico rilasciato da un’università estera o sovranazionale, bensì da un’università italiana (quella di Ferrara).

Il che esclude – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’appellante – che il candidato fosse in possesso del titolo della “formale attribuzione di incarichi di insegnamento o di ricerca presso qualificati istituti di ricerca esteri o sopranazionali”.

Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, anche il 3° motivo di appello va respinto in quanto infondato.

Con il 4° motivo di appello (“Erroneità e ingiustizia della sentenza appellata del T.A.R. Fondatezza del terzo motivo del ricorso originario: “4) Violazione di legge: art. 4 DM n. 120/2016; art. 8 DPR n. 95/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà intrinseca ed utilizzo di criteri restrittivi”), l’appellante censura la sentenza gravata per aver confermato il giudizio di inadeguatezza delle pubblicazioni minori del candidato.

Va osservato, in proposito, che il ricorrente aveva contestato in 1° grado l’operato della Commissione per aver omesso ogni valutazione (sia nei giudizi individuali che nel giudizio collettivo) delle sue pubblicazioni c.d. minori, avendo considerato soltanto le due monografie.

La sentenza appellata ha respinto tale censura sulla scorta di due ordini di motivazione logicamente collegati, e cioè:

a) in primo luogo perché “Alla luce dell’esito negativo della valutazione delle monografie, la doglianza mossa relativamente al fatto che non sarebbero state esaustivamente esaminate le opere minori del candidato neppure supera la prova di resistenza”;

in secondo luogo perché, comunque, “anche tali opere sono state valutate nel loro contenuto dai commissari”, tanto che “il giudizio negativo risulta essere stato congruamente motivato” e che “I giudizi individuali dei Commissari, prodromici alla redazione del giudizio conclusivo, sono dotati sul punto di una propria idonea motivazione che ha trovato sintesi nel giudizio collegiale”.

L’appellante censura tale capo di sentenza e richiama, a tal fine, ciò che è stato detto sia dalla Commissione in sede collegiale, sia dai singoli commissari in sede individuale, in relazione alle c.d. opere minori del candidato. In particolare, l’appellante osserva che:

a) la Commissione in sede collegiale si sarebbe limitata a fare un breve cenno soltanto ad una delle opere minori del candidato, segnatamente quella avente ad oggetto “Origine storica, significato e limiti di indirizzo del place of effective management”;

b) i Prof.ri OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS menzionano gli scritti minori soltanto genericamente in un paio di righe, senza alcuna specifica valutazione degli stessi;

c) il prof. OMISSIS, a pag. 6, ha svolto soltanto apprezzamenti per gli scritti minori: “Le pubblicazioni “minori” presentate ai fini della procedura in parola, si connotano per avere un discreto impianto teorico e ricostruttivo, e confermano i plurimi interessi del candidato. In particolare, si segnala il contributo del 2010 “Origine storica, significato e limiti di utilizzo del place of effective management, quale criterio risolutivo dei casi di doppia residenza delle persone giuridiche” (DPT) e il contributo del 2009 “Rimborsi d’ufficio dei costi della fideiussione e perdurante assenza di disciplina attuativa. Il principio immanente del divieto di abuso non riguarda solo il contribuente” (Rass. Trib.)”;

d) anche il Prof. OMISSIS ha apprezzamenti per le pubblicazioni minori: a pag. 7 si legge, infatti, che “tra le pubblicazioni minori, spesso caratterizzate da un’analisi di tipo comparato, particolarmente apprezzabili il contributo sul criterio del c.d. POEM nella residenza fiscale delle società (2010), quello sul regime IVA delle prestazioni di medicina legale (2005) e quello sulle dichiarazioni di terzi (1999)”;

e) nessuno dei commissari avrebbe poi valutato i due scritti in lingua spagnola dell’odierno appellante.

In sintesi, l’appellante ritiene che il giudizio di inidoneità delle pubblicazioni c.d. minori – contrariamente a quanto statuito dalla sentenza gravata – sarebbe sprovvisto di un’adeguata motivazione (ciò in aperta violazione sia dell’art. 16, comma 3, lett. a), L. n. 240 del 30-12-2010, sia dell’art 8, comma 4, DPR n 222 del 14-9-2011 secondo cui l’attribuzione dell’abilitazione avviene “con motivato giudizio…fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche presentati da ciascun candidato…”) atteso che le valutazioni espresse in sede collegiale e individuale o sarebbero palesemente generiche, oppure sarebbero addirittura favorevoli al candidato, da ciò discendendo in tesi il sostanziale difetto di sostrato motivazionale della valutazione di inidoneità delle pubblicazioni in questione.

Lo stesso tipo di censura viene sollevato dall’appellante anche con riguardo al giudizio di inidoneità delle monografie: in proposito, premesso che le valutazioni individuali dei commissari sono costellate di considerazioni anche favorevoli (oltre che sfavorevoli) circa la qualità della produzione scientifica del candidato, l’appellante lamenta che la Commissione non avrebbe esposto le ragioni per le quali le considerazioni sfavorevoli dovrebbero prevalere su quelle favorevoli, a fortiori se si considera che lo scopo della valutazione per l’abilitazione scientifica del professore di seconda fascia sarebbe solo quello di “esaminare la maturità scientifica del candidato anche sotto un profilo prognostico, pertanto anche eventuali carenze degli scritti delle pubblicazioni del candidato non possono avere una rilevanza preclusiva per il conseguimento dell’abilitazione” (cfr. pag. 16 dell’appello).

L’appellante osserva, infine, che il giudizio negativo qui impugnato richiama – oltre all’assenza del requisito del possesso del numero minimo di titoli – anche il fatto che il percorso di ricerca del candidato non ha raggiunto un positivo livello circa la qualità e l’originalità delle ricerche affrontate, tale da conferirgli una posizione “riconosciuta e affermata” nel panorama nazionale della ricerca: sennonchè, l’art. 3 co. 2 lett. b, d.m. n. 120 del 2016 richiede soltanto una posizione “riconosciuta” (e non anche “affermata”). La prospettata necessità di riscontrare una posizione anche “affermata” disvelerebbe, pertanto, un errore metodologico di fondo, e cioè quello di esigere – anche per l’abilitazione scientifica del professore di seconda fascia – quel gradino qualitativo ulteriore della “piena” maturità che è invece richiesto soltanto per l’abilitazione del professore di prima fascia, di fatto introducendo una restrizione che è già stata ritenuta illegittima dalla giurisprudenza pronunziatasi sul tema.

11.1. Il motivo di appello testè descritto sarebbe innanzitutto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che l’atto impugnato – quand’anche vulnerato da un’eventuale erronea valutazione delle pubblicazioni scientifiche – resterebbe comunque impregiudicato, stante la sufficienza motivazionale del giudizio negativo sui titoli (la cui correttezza è stata già scrutinata).

11.2. Fermo quanto precede, il Collegio ritiene comunque necessario soffermarsi sul merito del 4° motivo, il quale è anch’esso infondato.

11.3. In proposito, va preliminarmente richiamata la consolidata trama di principi che la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha foggiato nella materia de qua.

Al riguardo, è stato ripetutamente affermato che le valutazioni della Commissione nell’ambito della procedura di abilitazione scientifica nazionale costituiscono espressione dell’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica, o meglio costituiscono valutazioni tecniche.

Si tratta di valutazioni certamente sindacabili dal giudice amministrativo sia sotto il profilo della ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, che sotto l’aspetto più strettamente tecnico.

Ciò significa che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a. può svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’Autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo. Ma tutte le volte in cui, come nella specie, non emerge alcun vizio della logicità e della ragionevolezza, la motivazione espressa dalla Commissione, costituendo il frutto di discrezionalità tecnica, non può essere sostituita con il diverso avviso del giudice (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 aprile 2022, n. 2598).

Con specifico riferimento alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, inoltre, il Consiglio di Stato ha chiarito – con una giurisprudenza univoca integralmente condivisa dal Collegio – che “nella valutazione dei titoli e delle pubblicazioni occorre la valutazione non di ogni singolo titolo o pubblicazione, ma solo di quelli costituenti espressione di una significatività scientifica rilevante ai fini del giudizio di piena maturità scientifica del candidato. Infatti, il senso della previsione sul carattere analitico della valutazione da compiere dalla commissione non può che essere quello di imporre alla stessa di tenere, bensì, conto di tutti i dati curriculari indicati dai candidati (titoli e pubblicazioni), ma di sceverare – ovviamente, secondo percorsi logici coerenti e di congruo apprezzamento scientifico – i dati rilevanti al fine della compiuta valutazione della maturità scientifica dei candidati … da quelli non significativi … e di esprimere il giudizio sui dati così (motivatamente) enucleati” (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 786 del 2020; n. 2423 del 2016; n. 4219 del 2015, in cui si sottolinea il rilievo del “metodo della analiticità tipologica e non dell’analiticità oggettuale”, posto che altrimenti vi sarebbe “una sostanziale ingestibilità delle procedure valutative”).

11.4. Tracciate le coordinate ermeneutiche nel solco delle quali occorre muoversi, il Collegio ritiene che nel caso di specie il giudizio espresso dalla Commissione esaminatrice sia conforme ai canoni di logicità e ragionevolezza al lume dei quali valutare la discrezionalità tecnica della PA.

11.5. In base all’art. 6 del DM n. 120 del 2016, infatti, l’abilitazione scientifica nazionale di professore di prima e seconda fascia è attribuita ai soli candidati che, all’esito dei cinque giudizi individuali dei singoli commissari (almeno tre dei quali positivi) e del giudizio finale a carattere collegiale, ottengano:

a) una valutazione positiva del titolo di cui al numero 1 dell’allegato A del DM n. 120 del 2016 (impatto della produzione scientifica);

b) il riconoscimento del possesso di almeno tre dei titoli individuati dalla Commissione;

c) la valutazione positiva delle pubblicazioni scientifiche, che ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale dei professori di seconda fascia deve disvelare “la maturità scientifica del candidato, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca” (cfr. art. 3, comma 2, lett. b), DM n. 120 del 2016).

11.6. Tanto premesso, occorre ora valutare se il giudizio di inidoneità delle pubblicazioni scientifiche dell’appellante (sia monografie che opere minori) sia intrinsecamente illogico o meno.

11.7. Per quel che concerne le monografie, nel giudizio collegiale si legge: “La prima monografia “Diniego di detrazione per consapevolezza nel contrasto alle frodi iva” (2013), non è stata pubblicata in collana universitaria. Il lavoro affronta una tematica molto dibattuta e di grande rilevanza pratica. L’indagine, pur caratterizzandosi per vivacità e taluni profili di originalità, sembra procedere nel solco di assiomi di fondo non adeguatamente argomentati e per certi versi eccessivamente svalutativi degli orientamenti della Corte di giustizia. Ciò, in particolare, induce l’A. a privare di ogni rilievo giuridico il parametro della “consapevolezza” dell’acquirente, con argomentazioni che appaiono “sbrigative” sul piano della metodologia d’indagine del diritto tributario.

La seconda monografia, (Il principio di proporzionalità come “giusta misura” del potere nel diritto tributario. Premesse generali”, 2017) è pubblicata su collana universitaria di diritto tributario. Il lavoro è ben articolato sulle premesse ideologiche e giuridiche del principio di proporzionalità, con ampie citazioni storiche, filosofiche e di teoria generale, ma minimamente con riguardo agli aspetti prettamente tributari, sia per l’analisi della giurisprudenza costituzionale che per l’applicazione al diritto positivo. L’opera, dunque, pur sicuramente apprezzabile, rimane fondamentalmente una premessa per un’indagine propriamente giuridico tributaria che, tuttavia, non è rinvenibile nella stesura attuale del lavoro”.

Il senso complessivo del giudizio collegiale testè richiamato corrisponde esattamente a quello espresso da ciascun commissario su base individuale, riscontrandosi a tal riguardo una precisa e unanime convergenza.

Emergono da tale giudizio due punti di debolezza di fondo delle due monografie in questione: la prima monografia palesa, infatti, una svalutazione argomentativa degli orientamenti della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, in ciò ravvisandosi dunque un’incompletezza di fondo del metodo d’indagine del diritto tributario, mentre la seconda monografia – seppur sostenuta da premesse giuridiche generali apprezzabili – è stata ritenuta carente sempre sotto il profilo del metodo d’indagine giuridico-tributario.

Tale giudizio tecnico – oltre ad essere sostanzialmente unanime – appare anche coerente con la valutazione finale di inidoneità delle monografie. Se si considera, infatti, che gli standard valutativi prescritti dalla suindicata normativa sono proprio il rigore metodologico e l’elevata qualità dell’indagine giuridica in ambito tributario, appare evidente che i punti di debolezza riscontrati dalla Commissione nelle due monografie in questione confliggono apertamente con detti standard.

Il che esclude in radice la possibilità di qualificare come manifestamente illogica (o irragionevole) la valutazione tecnica espressa dalla Commissione esaminatrice.

Né rileva il fatto che la Commissione abbia riscontrato anche alcuni elementi positivi in dette monografie.

Il riconoscimento di alcuni elementi positivi non esclude, infatti, una valutazione finale negativa, tenuto conto dell’autonomia dei criteri previsti dalla disciplina di riferimento, i quali devono essere tutti soddisfatti senza che possano ammettersi forme di compensazione tra gli stessi (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VII, 9 dicembre 2024, n. 9838). La circostanza, quindi, che la Commissione abbia attestato l’originalità e vivacità di alcuni profili d’indagine coltivati dal candidato, non è sufficiente ai fini del positivo esito della procedura, in assenza di una valutazione di qualità della produzione scientifica imperniata anche sul rigore metodologico.

11.8. Per quel che concerne, poi, le pubblicazioni c.d. minori, nel giudizio collegiale si legge quanto segue: “I lavori minori, pur confermando la vivacità intellettuale del candidato (apprezzabile in particolare il contributo del 2010 “Origine storica, significato e limiti di utilizzo del place of effective management), non consentono di superare le carenze evidenziate nei lavori monografici”.

Si tratta di un giudizio sintetico che appare pienamente conforme con ciò che è stato espresso in proposito dalla maggioranza dei componenti della Commissione. Ed invero:

a) quanto al prof. OMISSIS, la produzione scientifica dell’appellante consta “di 10 pubblicazioni, approssimativamente congruenti con il Settore Scientifico Disciplinare IUS 12/Diritto Tributario, tra cui due monografie e sette articoli pubblicati in riviste di fascia A”; le opere minori “si caratterizzano tutte per i connotati meramente compilativi. È in esse assente una lettura ragionata delle tematiche trattate e, dunque, risultano prive dell’indefettibile approfondimento degli istituti su cui è incentrata l’analisi. Nel complesso, l’attività scientifica, malgrado le significative potenzialità del candidato, non attinge a livelli elevati”;

b) quanto al prof. OMISSIS, “Il candidato presenta, nel numero massimo consentito, pubblicazioni parzialmente coerenti con il settore concorsuale (come si vedrà, si reputa parzialmente congruente con il settore 12/D2 il più recente lavoro monografico del 2017) e distribuite nel tempo con una parziale continuità (la produzione di articoli su riviste scientifiche o contributi in volume dotati di ISBN denota alcuni periodi di discontinuità – 2012-2015 -, testimoniati anche dal mancato superamento dell’indicatore 1 ai fini delle mediante), tra le quali due lavori monografici e sette articoli in riviste di fascia A. … I lavori minori, pur confermando la vivacità intellettuale del candidato, non consentono di superare le carenze metodologiche evidenziate”;

c) quanto al prof. OMISSIS, “In ordine alla produzione scientifica, il candidato presenta dieci pubblicazioni, tutte congruenti con il Settore Scientifico Disciplinare IUS 12/Diritto Tributario e non continue nel tempo, ravvisandosi salti temporali importanti … Le pubblicazioni “minori” presentate ai fini della procedura in parola, si connotano per avere un discreto impianto teorico e ricostruttivo, e confermano i plurimi interessi del candidato. In particolare, si segnala il contributo del 2010 “Origine storica, significato e limiti di utilizzo del place of effective management, quale criterio risolutivo dei casi di doppia residenza delle persone giuridiche” (DPT) e il contributo del 2009 “Rimborsi d’ufficio dei costi della fideiussione e perdurante assenza di disciplina attuativa. Il principio immanente del divieto di abuso non riguarda solo il contribuente” (Rass. Trib.). Complessivamente, la valutazione delle opere scientifiche evidenzia che il percorso di ricerca del candidato è ancora in fase di completamento”;

d) quanto al prof. OMISSIS, “In ordine alla produzione scientifica, il candidato presenta n. 2 monografia e n. 8 altri contributi, di cui n. 7 su Riviste scientifiche di fascia A. e n. 1 contributo su collettanee … Tra le pubblicazioni minori, spesso caratterizzate da un’analisi di tipo comparato, particolarmente apprezzabili il contributo sul criterio del c.d. POEM nella residenza fiscale delle società (2010), quello sul regime IVA delle prestazioni di medicina legale (2005) e quello sulle dichiarazioni di terzi (1999). Qualche ripetizione tematica rispetto ai lavori monografici nelle restanti pubblicazioni (n. 4 e n. 6)”;

e) quanto al prof. OMISSIS, “I lavori minori, confermano le capacità espositive e l’autonomo spirito di giudizio critico del Candidato, ma anche la mancanza di quel necessario rigore di metodo che – contrariamente a quanto si rileva in tali scritti – richiede una puntuale e argomentata giustificazione delle soluzioni prospettate con un grado di profondità direttamente proporzionale alla originalità degli approdi cui si perviene. Profilo questo che avrebbe in ogni caso precluso un positivo giudizio quanto al raggiungimento della maturità scientifica per l’assolvimento delle funzioni di professore universitario di seconda fascia”.

La maggioranza dei giudizi individuali espressi dai membri della commissione (cfr. giudizi Astone, Fiorentino e Police) attesta chiaramente che anche le pubblicazioni c.d. minori disvelano il medesimo punto di debolezza delle due monografie, e cioè l’assenza di un adeguato rigore metodologico.

Vanno poi ritenuti irrilevanti:

a) sia il fatto che alcuni componenti della Commissione abbiano espresso valutazioni di apprezzamento nei confronti delle opere c.d. minori, posto che la maggioranza dei commissari si è comunque determinata in senso negativo;

b) sia il fatto che alcuni componenti della Commissione abbiano omesso di indicare analiticamente le pubblicazioni scrutinate, posto che il metodo di analisi delle pubblicazioni – come affermato dalla giurisprudenza sopra citata – è un metodo di analiticità tipologica e non di analiticità oggettuale.

11.9. Per tutto quanto sopra esposto, pertanto, anche il 4° motivo di appello deve essere respinto in quanto infondato.

Conclusivamente, pertanto, l’appello va respinto e, per l’effetto, la sentenza appellata va confermata (seppure sulla base del diverso iter argomentativo testè tratteggiato) con conseguente conferma degli atti amministrativi gravati.

Quanto alle spese del giudizio di appello, il Collegio – avuto riguardo alla costituzione meramente formale delle Amministrazioni intimate – ritiene che sussistano giustificati motivi per disporne la compensazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:

OMISSIS, Presidente

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere, Estensore

Pubblicato il 25 febbraio 2025