Spetta soltanto alla Commissione valutare i candidati, sicché, a men che non ricorra l’ipotesi dell’errore logico, non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo, quali che siano la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze ed esperienze acquisite nelle materie oggetto di esame.
Cons. Stato, Sez. VII, 15 maggio 2025, n. 4185
Spetta soltanto alla Commissione valutare i candidati
N. 04185/2025REG.PROV.COLL.
N. 04784/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4784 del 2024, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Ferrara, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Giudicatrice di selezione per la copertura di un posto di professore di prima fascia ex art. 24, comma 6, non costituita in giudizio;
nei confronti
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00219/2024, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Ferrara e di OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2025 il consigliere OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS e OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in epigrafe, la professoressa OMISSIS ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza n. 219 del 27 marzo 2024 con cui il TAR dell’Emilia Romagna ha respinto il ricorso proposto dalla medesima avverso il decreto rettorale n. 413 del 18 marzo 2022 di approvazione degli atti e dell’ordine di preminenza della procedura di selezione indetta dall’Università degli Studi di Ferrara per la copertura di un posto di professore universitario di prima fascia per il settore concorsuale 04/A2 – Geologia Strutturale, Geologia Stratigrafica, Sedimentologia e Paleontologia, SSD GEO/01 – Paleontologia e Paleoecologia del Dipartimento di Fisica e Scienza della Terra, nonché avverso tutti gli atti e i giudizi espressi dalla Commissione giudicatrice.
2. La sentenza appellata, ripercorsi brevemente i fatti di causa a partire dall’indizione della procedura, all’esito della quale veniva individuato nell’unico altro partecipante, il professor OMISSIS, il candidato maggiormente qualificato a ricoprire il posto messo a concorso, ha prescisso dall’esame dall’eccezione di improcedibilità sollevata dal controinteressato ed ha respinto il ricorso nel merito.
2.1. In particolare, il Tribunale non ha condiviso le articolate censure formulate nell’unico motivo di ricorso con cui si lamentava l’erroneità dei giudizi della commissione esaminatrice, in quanto inficiati da plurime anomalie e illogicità tali da portare al primo posto il concorrente – in tesi – meno titolato sia per produzione scientifica, che per attività didattica e curriculum.
2.2. La sentenza, dopo aver richiamato i principi in materia di sindacato sulle valutazioni comparative delle commissioni ai fini della nomina a professore universitario, ha ritenuto inammissibile per genericità la censura relativa ad una asserita “forzatura” dei criteri da parte della Commissione ed ha dichiarato in parte infondate, in parte inammissibili le censure mediante le quali il ricorso ha contestato i giudizi della Commissione in relazione ai tre ambiti di valutazione, rappresentati dall’attività didattica, dall’attività di ricerca e dalle pubblicazioni.
3. L’appellante ha riproposto tutte le originarie censure, articolandole come ragioni di critica specifica avverso la sentenza impugnata, così in buona sostanza devolvendo alla odierna cognizione tutta l’originaria materia del contendere.
3.1. Si sono costituiti in giudizio l’Università di Ferrara, con il patrocinio dell’avvocatura dello Stato, e il controinteressato, contestando puntualmente l’appello e chiedendone il rigetto per infondatezza.
3.2. In vista dell’udienza di discussione la parte appellante ha depositato ulteriori memorie difensive con cui ha ribadito le proprie argomentazioni e replicato a quelle avversarie.
3.3. Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2025, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
4. Con un unico articolato motivo di censura l’appellante deduce l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza di primo grado per “incongruenza e travisamento delle risultanze istruttorie o, più esattamente, documentali; eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità e difetto della motivazione; violazione dell’art. 16, comma 3 della legge 240 del 2010; eccesso di potere difetto di motivazione, difetto di istruttoria, sviamento di potere logico ed errore sui presupposti di fatto e di diritto con particolare riferimento all’analisi della produzione scientifica, dell’attività didattica e dei curricula, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, sviamento logico e di potere; eccesso di potere per violazione art. 3 e 7 del bando di gara; violazione DPR 4/4/2016, n. 95, D.M. Miur 7/6/2016 n. 120 e 8/8/2018 n. 589, d.d. (decreto direttoriale) 9/8/2018 n. 2175”.
4.1. Con tali censure l’appellante, già professoressa associata presso il medesimo dipartimento dell’Università di Ferrara, è tornata a lamentare l’erroneità delle valutazioni comparative dei due candidati ai fini della copertura di un posto di professore universitario di prima fascia nella materia sopra indicata, in relazione ai tre ambiti esaminati dalla commissione, rappresentati dall’attività didattica, dall’attività di ricerca e dalle pubblicazioni, sostenendo che il Tar si sia di fatto limitato a richiamare i principi in materia di sindacato del giudice amministrativo sui giudizi tecnici e che avrebbe, quindi, immotivatamente concluso per l’assenza di profili di manifesta irragionevolezza, arbitrarietà ed evidenti errori di fatto nei giudizi contestati.
Ad avviso dell’appellante il giudice di primo grado parrebbe non aver colto “la sostanza dei concetti qualificanti le valutazioni concorsuali” e, quindi, “la differenza tra una valutazione insindacabile nel merito ed una affermazione apodittica, sostanzialmente incontrollabile”.
5. L’appello è infondato sotto tutti i profili dedotti, alla stregua delle seguenti osservazioni.
6. Preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza della principale critica mossa dall’appello alla sentenza, cioè che sostanzialmente il primo giudice si sia “trincerato” dietro lo schermo di astratte petizioni di principio sull’insindacabilità dei giudizi e delle valutazioni della Commissione nell’ambito di una procedura concorsuale per la nomina a professore universitario, dimenticando che, per consolidato orientamento, tali valutazioni tecnico-discrezionali sono, invece, pienamente sindacabili dal giudice amministrativo: e non solo mediante un controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dalla Autorità amministrativa, ma anche mediante la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo (così ex multis Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2018, n. 3013); il che sarebbe certamente ammissibile nel caso all’esame, in presenza di elementi idonei ad evidenziare lo sviamento, la contraddittorietà ed errori di fatto immediatamente rilevabili nei giudizi della commissione.
6.1. Ritiene il Collegio che la sentenza appellata, lungi dall’arrestarsi al mero generico richiamo all’insindacabilità delle valutazioni tecniche della commissione non arbitrarie né manifestamente irragionevoli, come sostiene l’appellante, si è invece pronunciata concretamente su tutte le specifiche censure, chiarendo, con articolata ed esaustiva motivazione, le ragioni della loro inammissibilità e infondatezza.
6.2. Infatti, il primo giudice – dopo aver richiamato i principi che governano il sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica nell’ambito delle valutazioni comparative espresse dalle commissioni esaminatrici nei concorsi universitari (rammentando che tutte le volte in cui non viene violata la soglia della logicità e della ragionevolezza, la motivazione espressa dalla Commissione, costituendo il frutto di discrezionalità tecnica, non può essere sostituita con il diverso avviso del giudice: v. Consiglio di Stato, sez. VII, 7 agosto 2023, n. 7586, che richiama Consiglio di Stato, sez. VI, 8 aprile 2022, n. 2598) – ha puntualmente esaminato le molteplici censure e motivato sul rigetto dei vizi dedotti.
La sentenza ha quindi spiegato, in relazione alle singole contestazioni, perché ogni censura formulata in ricorso che si estrinseca in una ritenuta superiorità qualitativa dell’attività e della produzione della ricorrente rispetto a quella del controinteressato si risolva, in mancanza dei ricordati presupposti, in una personale –e quindi inammissibile- auto valutazione diretta a sostituire il giudizio tecnico – discrezionale espresso dalla Commissione. Ed ha quindi concluso, coerentemente alle premesse, che nel caso in esame non si rinvengono profili di manifesta irragionevolezza, arbitrarietà ovvero evidenti errori di fatto che consentano di censurare le valutazioni espresse dalla Commissione, a meno di non voler effettuare una inammissibile sostituzione del giudizio espresso dall’organo tecnico.
7. Tanto premesso, deve rilevarsi, sempre in via generale, che correttamente la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile per genericità la censura relativa ad una asserita “forzatura” dei criteri da parte della Commissione, poiché in effetti non sono indicati con precisione quali sarebbero i criteri aggiuntivi e i parametri ulteriori, rispetto a quelli fissati nella seduta del 29 settembre 2021 (allegato A al verbale n. 1), che la Commissione avrebbe introdotto in sede di valutazione comparativa dei candidati.
7.1. Non è, infatti, dimostrata in alcun modo l’illegittima integrazione dei criteri di valutazione ad opera della Commissione, non potendo essere considerato un criterio aggiuntivo il c.d. insegnamento secondario che, come infra si dirà, deve considerarsi ricompreso nel criterio del “numero di moduli/corsi tenuti e continuità nella tenuta degli stessi”, né tale potendo considerarsi il criterio della “discontinuità annuale”, che ha recepito i rilievi mossi dalla Rettrice sul criterio quindicennale, sì da valutare in modo conforme la continuità temporale della produzione scientifica dei candidati.
8. Le statuizioni della sentenza sono corrette e non scalfite dai rilievi dell’appellante anche per quanto concerne l’esame delle specifiche doglianze con cui la ricorrente ha contestato i giudizi della Commissione in relazione ai tre ambiti di valutazione, rappresentati dall’attività didattica, dall’attività di ricerca e dalle pubblicazioni
9. In primo luogo, non possono essere condivise le critiche rivolte alla sentenza nella parte in cui ha respinto le doglianze relative alla valutazione sull’attività didattica (che a dire della ricorrente sarebbe approssimativa e carente sotto il profilo istruttorio), ritenendo infondata in primis quella sulla illegittima valutazione del c.d. insegnamento secondario e, quindi, dei corsi SISS svolti dal controinteressato.
9.1. Secondo l’appellante la Commissione prima e il T.a.r. poi non avrebbero considerato che la scelta di valutare un corso per l’insegnamento secondario (corsi SISS, PAS e TFA) sarebbe completamente sbagliata, in quanto non consentirebbe di selezionare “il miglior paleontologo” e, quindi, il candidato più qualificato per coprire il posto di professore universitario di prima fascia messo a concorso. Pertanto, non si sarebbe potuta attribuire alcuna rilevanza all’insegnamento secondario – preso, invece, in considerazione con valenza decisiva in relazione al candidato OMISSIS – trattandosi di parametro di valutazione non previsto e ammesso, in quanto privo di attinenza con la materia specialistica della paleontologia: utilizzare tale attività, di “discutibile rilevanza” per il caso in esame, per desumere la prevalenza dell’attività didattica di un candidato rispetto all’altro – come avvenuto nel presente concorso – rappresenterebbe un vero e proprio errore, sintomo di irragionevolezza ed arbitrarietà.
9.2. Rileva in contrario il Collegio che il primo giudice ha correttamente ritenuto che detti corsi rivolti alla formazione del personale docente di scuola secondaria, erogati dall’Università e affidati alla docenza universitaria, rientrano a pieno titolo tra quelli oggetto di valutazione da parte della Commissione, senza che ciò implichi una violazione dei criteri a suo tempo stabiliti, ovvero l’introduzione di criteri nuovi.
9.2. Si tratta, invero, di corsi rivolti a soggetti già in possesso del diploma di laurea che intendano svolgere un percorso di perfezionamento e approfondimento proprio in vista dello svolgimento della professione di docente presso le scuole secondarie. Ciò che quindi andava verificato – a prescindere dal “livello” del corso – era la sua attinenza al settore disciplinare, che è stata valutata dalla Commissione e la cui sussistenza non è stata adeguatamente confutata dall’appellante.
9.3. Inoltre, come correttamente rilevato in sentenza, la considerazione di parte ricorrente secondo cui si tratterebbe di corsi “di dubbia rilevanza” è frutto di una valutazione del tutto personale, diretta a sostituire il giudizio della Commissione e, come tale, non ammissibile in questa sede.
9.4. Non è poi decisivo il richiamo all’art. 3, comma 13 del bando di concorso, che l’appellante pone a sostegno del suo assunto.
9.5. Tale norma contiene un elenco di documenti da allegare alla domanda di partecipazione al concorso, tra cui i “titoli didattici e scientifici attinenti al settore concorsuale oggetto del bando”.
9.6. Da tale formulazione non può, tuttavia, ricavarsi, come vorrebbe parte appellante, la non valutabilità dei corsi per l’insegnamento secondario nell’ambito del presente concorso universitario.
9.7. Infatti, è appena il caso di soggiungere che un’altra norma del bando di selezione, ossia l’art. 7, contenente l’elenco dei parametri di valutazione stabiliti dal D.M. 4 agosto 2011 n. 344, che la Commissione è tenuta a rispettare in sede di predeterminazione dei criteri di valutazione, indica tra questi parametri, ai fini della valutazione dell’attività didattica, “il numero dei moduli/corsi tenuti e continuità della tenuta degli stessi”.
Ebbene, come evidenziato nella sentenza impugnata, il criterio in questione è stato fatto proprio dalla Commissione che, in relazione all’attività didattica, come emerge dal verbale n. 1 – allegato A del 19 settembre 2021, aveva precisato che si sarebbe tenuto conto del “numero di moduli/corsi tenuti e continuità nella tenuta degli stessi”, con indicazione di carattere generale che è evidentemente riferita a tutti i corsi tenuti presso l’Ateneo, quindi anche ai corsi universitari relativi all’insegnamento secondario (ovvero ai corsi SISS -Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario, TFA – Tirocinio Formativo Attivo e PAS – Percorsi Abilitativi Speciali).
9.8. Ne consegue che la Commissione, allorché ha proceduto alla valutazione dell’attività didattica dei candidati, ha utilizzato un criterio a suo tempo già prestabilito.
Pertanto, anche sul punto non si ravvisa l’asserita violazione dei criteri stabiliti dalla Commissione ovvero l’introduzione di criteri nuovi.
9.9. Va detto, peraltro, che, come rilevato dal giudice di primo grado, il criterio dell’attività didattica per l’insegnamento secondario non è stato di per sé decisivo ai fini della prevalenza del controinteressato, che è stata ritenuta sulla base di una valutazione globale, tenendo conto di tutti i parametri stabiliti ai fini della comparazione dei candidati.
Diversamente da quanto sostenuto in appello, oltre tutto, dal giudizio espresso dalla Commissione non emerge che l’espletamento di corsi per l’insegnamento secondario abbia rivestito un ruolo determinante nell’individuazione del miglior candidato, atteso che la Commissione, nell’ambito della comparazione dei curricula, ha semplicemente evidenziato che il OMISSIS –a differenza dell’appellante–ha svolto “anche” una intensa attività didattica in tale ambito.
10. Anche le altre doglianze più specifiche riferite ad asseriti errori nella valutazione dell’attività didattica dei candidati non possono essere accolte.
10.1. L’appellante è tornata, in particolare, a lamentare che sarebbe del tutto approssimativa e arbitraria la valutazione della commissione sui corsi universitari tenuti dai candidati –quarantasette quelli dell’appellante (senza considerare l’attività seminariale, l’assistenza in laboratori, due corsi master) a fronte dei trentasei corsi tenuti dal controinteressato – e che, inoltre, non sarebbe adeguatamente evidenziata la diversità tra i due candidati in relazione all’assistenza a tesi di laurea magistrale e dottorato, atteso che l’appellante vanta un numero ben superiore rispetto a quello del controinteressato (quarantacinque tesi e tre dottorati per la prima, rispetto alle dodici tesi e quattro dottorati del OMISSIS).
10.2. Anche sul punto la sentenza impugnata sarebbe erronea per non aver apprezzato i dati numerici obiettivi risultanti dalla documentazione in atti, dai quali emergerebbe la “violazione della soglia di logicità e ragionevolezza” ad opera dei giudizi contestati.
10.3. Il Collegio rileva che il ragionamento della sentenza muove da una premessa del tutto condivisibile, e cioè che il solo dato quantitativo, in sé considerato, non assume particolare rilievo ove non venga specificata la modalità di calcolo degli stessi e riportato il reale numero di insegnamenti: infatti, un elevato numero di corsi potrebbe dipendere dalla mera moltiplicazione del medesimo corso per gli anni di docenza e potrebbe essere meno significativo di un minor numero di corsi riferiti, però, a diversi insegnamenti (nel proprio curriculum OMISSIS indica ben otto insegnamenti differenti).
10.4. Su queste basi la sentenza ha, quindi, correttamente concluso che, in buona sostanza, il mero riferimento al maggior numero di corsi svolti, senza ulteriore specificazione, non integra un elemento dal quale poter trarre ex se la sussistenza di una illogica o irrazionale valutazione operata dalla Commissione.
10.5. Sul punto l’appellante ha formulato una censura del tutto generica, limitandosi a rimandare ai documenti già depositati agli atti, senza specificare, anche in questa sede, quale sia il criterio di calcolo applicato per determinare il numero dei corsi effettuati dalla medesima, e quale sia stato, concretamente, il reale numero di insegnamenti svolti.
10.6. Nel caso di specie la Commissione ha valutato complessivamente i dati contenuti nei curricula dei candidati, attestando che entrambi “hanno tenuto numerosi insegnamenti per diversi corsi di laurea dell’Università di Ferrara”: la Commissione ha, dunque, effettivamente considerato ed esaminato tali elementi nella valutazione complessiva effettuata, che è immune dai lamentati profili di illogicità e arbitrarietà.
10.7. Quanto alla censura relativa alla inadeguata valorizzazione dell’attività di assistenza alle tesi di laurea– a prescindere dal fatto che il controinteressato ha elencato nel proprio curriculum un numero di quattordici (e non dodici) tesi di laurea e di abilitazione all’insegnamento – si osserva che, come ben evidenziato nella sentenza di prime cure, la Commissione, nel giudizio analitico, ha dato atto della diversità numerica in questione ed ha adeguatamente differenziato le rispettive valutazioni, utilizzando due diversi aggettivi (“elevato” e “buono”) per distinguere – in favore dell’appellante – l’attività svolta dai due candidati.
Anche sul punto non si ravvisano, pertanto, profili di irragionevolezza nel giudizio della Commissione.
10.8. Infine, la sentenza di prime cure è corretta e merita di essere confermata anche laddove ha considerato strumentale e non condivisibile la doglianza con cui la ricorrente ha lamentato che nel giudizio analitico la Commissione avrebbe dato conto di una circostanza che non emergerebbe dal curriculum del controinteressato, ovvero la sua partecipazione alle commissioni per gli esami di profitto: la suddetta attività, infatti, non può che essere implicita nella titolarità riconosciuta al controinteressato di numerosi insegnamenti, in relazione ai quali il docente ha effettuato anche i relativi esami di profitto.
11. L’appello ha poi contestato le statuizioni della sentenza che hanno respinto le censure sull’esame comparativo dell’attività di ricerca e delle pubblicazioni scientifiche.
11.1. Al riguardo, l’appellante lamenta anzitutto che la Commissione abbia dato eccessiva rilevanza all’attività di ricerca svolta per due anni in Giappone dal controinteressato, senza «rimarcare sulla valutazione dei risultati di tale attività in relazione all’esito delle specifiche pubblicazioni, frutto di tale attività».
Deduce, inoltre, che la valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche sarebbe confliggente con le disposizioni dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010, sia perché mancherebbe la “previa sintetica descrizione del contributo individuale”, sia perché per valutare lo spessore scientifico della attività di ricerca vanno considerate le pubblicazioni presentate nel numero massimo indicato e non quelle “non presentate e non presentabili perché in soprannumero”.
La Commissione nella valutazione comparativa su tali aspetti avrebbe, quindi, disatteso i criteri di legge e del bando, che essa stessa aveva ribadito nell’allegato A al verbale n. 1, limitandosi ad elencare le attività di ricerca scientifica e il numero di pubblicazioni del professor OMISSIS, ritenendole complessivamente prevalenti per originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza rispetto a quelle dell’appellante, senza però specificare per singola pubblicazione e “titolo per titolo” le ragioni di siffatta prevalenza sul piano comparativo.
Inoltre, la Commissione avrebbe dovuto considerare, nel giudizio finale, che le pubblicazioni presentate dall’appellante sarebbero “omogeneamente scaglionate negli anni”, mentre quelle del controinteressato sarebbero limitate a un periodo antecedente rispetto al concorso; e questo, tra l’altro, avrebbe comportato una sensibile incidenza sul numero delle citazioni, in quanto le opere più datate hanno avuto più tempo per essere citate.
La Commissione sarebbe poi incorsa negli ulteriori errori di valutare la continuità dell’attività scientifica dei candidati sulla base della banca dati Scopus, di aver ignorato i parametri di valutazione del peso scientifico delle opere di ricerca e di ricorrere a tal fine al curriculum in maniera oltretutto apodittica, anziché far riferimento, per valutare la prevalenza delle pubblicazioni (e conseguentemente delle citazioni), a criteri di giudizio consolidati quali l’impact factor delle riviste e l’l’H-index, generalmente riconosciuti nella comunità scientifica.
Sarebbe, insomma, del tutto carente una rigorosa comparazione che consenta al giudice di valutare (non il merito) ma la congruità dei parametri di giudizio utilizzati.
11.2. La sentenza appellata sarebbe, a sua volta, incorsa nei medesimi errori di giudizio, ingiustamente avallando l’operato della Commissione
11.3. Anche tali doglianze sono infondate.
11.4. In proposito, giova anzitutto rammentare che, nell’ambito dei concorsi universitari, il giudizio finale della Commissione rappresenta il risultato di una valutazione complessiva tra i candidati, effettuata sulla base delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica, che, oltre ad essere connotata da ampia discrezionalità tecnica, non è frutto di una addizione numerica o meccanica di fattori, ma di una valutazione complessiva di tutta l’attività del candidato e del suo curriculum, alla luce dei singoli e specifici parametri indicati dal bando.
In questo tipo di procedure, in cui i candidati presentano in genere tutti curricula ricchi di elementi pregevoli, come è anche nel caso di specie, la distinzione deriva da una valutazione complessiva degli aspetti qualitativi, che diviene incensurabile laddove non trasmodi in giudizi incoerenti, contraddittori o espressione di irragionevolezza o di evidente disparità di trattamento.
Pertanto, il fatto che la valutazione compiuta dalla Commissione sia di carattere comparativo non implica che, per ciascun punto che compone il giudizio comparativo finale, debba essere espressamente esplicitato ogni singolo elemento preso in esame e le relative considerazioni in merito. Infatti, la valutazione comparativa si realizza attraverso un raffronto complessivo delle capacità e dei titoli dei candidati.
Con particolare riferimento a questi ultimi, la giurisprudenza ha avuto di recente modo di chiarire che “la valutazione dei titoli deve essere svolta non con un dettaglio tale da instaurare una valutazione comparativa puntuale di ciascun candidato rispetto agli altri per ciascuno dei titoli, poiché si perderebbe in tal modo la contestualità sintetica della valutazione globale, risultando perciò necessario e sufficiente che i detti titoli siano stati acquisiti al procedimento e vi risultino considerati nel quadro della detta valutazione.” (v. Consiglio di Stato, sez. VII, 26 giugno 2024, n.5633 e giurisprudenza ivi richiamata).
11.5. Alla luce di quanto poc’anzi evidenziato, non può di per sé determinare l’illegittimità delle operazioni valutative operate dalla Commissione il fatto che questa non abbia esplicitato per ciascuna pubblicazione una specifica e analitica valutazione.
Rileva, invece, che sia accertato il grado di maturità scientifica dei candidati attraverso una legittima e corretta valutazione di sintesi, di cui deve darsi puntualmente conto.
11.6. Tanto precisato in linea generale, quanto alle specifiche censure che attingono la valutazione sull’attività di ricerca svolta dai candidati deve anzitutto rilevarsi che la ricorrente in prime cure aveva contestato il giudizio analitico della Commissione che aveva enfatizzato i ripetuti incarichi di ricerca presso università giapponesi ricevuti dal OMISSIS sul rilievo che tale attività consisterebbe, in realtà, nell’aver svolto ricerca e non nell’aver ricevuto “incarichi di ricerca”, mentre in questa sede contesta l’omessa valutazione dei risultati di tale attività in relazione all’esito delle specifiche pubblicazioni.
11.7. Ora, a parte la modifica del contenuto della censura, deve rilevarsi come non siano state specificamente confutate le statuizioni della sentenza che, dopo aver constatato – del tutto correttamente – che dal relativo curriculum emerge che il controinteressato ha ottenuto una borsa di ricerca JSPS – Japan Society for the Promotion of Sciences della durata di circa due mesi e sei inviti come visiting professor provenienti da università giapponesi, hanno quindi tratto da tali dati pacifici l’assenza di qualsivoglia irragionevolezza o illogicità nelle valutazioni compiute dalla Commissione sul punto.
11.8. La sentenza di prime cure merita di essere confermata anche nella parte in cui ha disatteso la doglianza sulla omessa considerazione dell’attività svolta dalla ricorrente fin dal 1999 con collaboratori internazionali, correttamente rilevando, sotto un primo profilo, che aver effettuato pubblicazioni in comune con ricercatori stranieri non implica, in via automatica, l’aver svolto attività di ricerca all’estero e, sotto altro profilo, la genericità della censura relativa alla effettuazione, da parte di entrambi i candidati, di relazioni in contesti internazionali.
Infatti, posto che la Commissione ha evidenziato che entrambi i candidati hanno effettuato relazioni in contesti internazionali, non è dato comprendere in che termini la circostanza della mancata indicazione del numero di quelle svolte dalla ricorrente e l’asserito vago riferimento alle attività svolte dal controinteressato inficerebbero irrimediabilmente il giudizio finale espresso dalla Commissione.
11.9. In relazione alla dedotta mancata considerazione di affidamenti di importanti incarichi presso l’Ateneo e di ulteriori titoli valutati anche in altre procedure concorsuali, si osserva che la Commissione, come già evidenziato, ha ampia discrezionalità sia nella determinazione dei criteri di valutazione, sia nell’applicazione degli stessi e nella valutazione dei titoli posseduti dai candidati.
In tale quadro di riferimento, correttamente la sentenza ha ritenuto priva di rilievo la circostanza che una differente Commissione, in un differente concorso, abbia ritenuto di valutare un elemento che, al contrario, non è stato predeterminato e successivamente valutato in una diversa procedura. Inoltre, come emerge dal verbale n. 1, nel quale sono stati definiti i criteri di massima, alcun rilievo è stato attribuito a ruoli gestionali rivestiti presso l’Ateneo.
12. Vanno altresì condivise le statuizioni di prime cure che hanno respinto le censure relative alla valutazione delle pubblicazioni e dei titoli.
12.1. In sostanza parte appellante deduce che la Commissione non avrebbe valutato adeguatamente le pubblicazioni del controinteressato, sia per non aver valorizzato, per ciascuna di esse, il contributo individuale del candidato, sia perché ne avrebbe ritenuto in maniera apodittica ed erronea la prevalenza, trascurando anche che le opere sottoposte al giudizio dal controinteressato, a differenza di quelle dell’appellante (che sono ripartite in maniera omogena negli anni), sono temporalmente limitate (arrestandosi al 2013), per cui non potrebbe neppure ritenersi soddisfatto il criterio della continuità della produzione scientifica.
12.2. Al riguardo, preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità delle censure in ordine al pregio delle pubblicazioni esaminate così come quelle sul prestigio degli incarichi ricoperti dai candidati o sul valore delle riviste con cui i medesimi hanno collaborato, in quanto esse sconfinano nel merito delle valutazioni compiute dalla Commissione, senza peraltro evidenziare in che termini tali valutazioni siano inficiate da evidente irragionevolezza, erroneità, illogicità, ovvero fondate su errori di fatto.
Infatti, il giudizio della Commissione è connotato da discrezionalità tecnica e la parte ricorrente non può pretendere di sostituire le proprie personali valutazioni a quelle espresse dall’organo a ciò deputato, in mancanza dei presupposti sopra ricordati.
12.3. Inoltre, quanto alla censura circa la mancanza di una rigorosa valutazione comparativa per ciascuna pubblicazione, deve rilevarsi che – come ben evidenziato nella sentenza impugnata – nei concorsi universitari non può pretendersi la formulazione di una motivazione analitica, titolo per titolo e per ciascuna pubblicazione (che peraltro in molti casi sarebbe di difficile attuazione pratica, di fronte a curricula che sono in genere corposi e articolati).
12.4. È, invece, sufficiente un giudizio sintetico sui vari candidati che sia però in grado di descrivere il complessivo profilo dello studioso, il suo grado di maturità, le sue principali o più ricorrenti tematiche di ricerca, la sua aderenza al profilo oggetto del bando, anche attraverso riferimenti esemplificativi alle pubblicazioni e ai titoli ritenuti di maggiore interesse o il sommario richiamo alla produzione scientifica ritenuta più qualificante.
In tal senso è il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, poiché la valutazione comparativa che la commissione è chiamata a svolgere consiste in un raffronto complessivo delle capacità e dell’attività dei vari candidati, il giudizio in questione è globale e sintetico (Consiglio di Stato, sez. VI, 8 luglio 2022 n. 2598).
12.5. Tanto precisato in linea generale, si osserva nello specifico che ogni candidato aveva la facoltà di scegliere le venticinque pubblicazioni che, a suo avviso, meglio rappresentavano e caratterizzavano la propria attività di ricerca, da sottoporre a valutazione.
La circostanza che il controinteressato abbia indicato pubblicazioni fino al 2013 si giustifica, evidentemente, con il fatto che tali pubblicazioni sono state ritenute dal medesimo di maggior pregio e valore, mentre la omogenea ripartizione negli anni delle venticinque pubblicazioni – invocata in appello– non è prevista, in realtà, quale requisito o criterio, per cui la Commissione ben poteva esaminare il solo valore delle pubblicazioni presentate, nei limiti del numero massimo consentito.
Diversamente, la continuità nella produzione scientifica – indicata quale criterio sia dal bando (art.7) che dalla Commissione nel verbale n. 1 – va apprezzata sulla base della cronologia risultante dall’elenco completo delle pubblicazioni ricavabile dal curriculum del candidato.
12.6. Ciò è quanto avvenuto nel caso in esame.
La Commissione ha valutato le pubblicazioni indicate dai due candidati e ha puntualmente motivato le ragioni per le quali all’esito della valutazione – per originalità, innovatività, rigore e collocazione editoriale delle opere sottoposte a giudizio – risultava prevalente il controinteressato, evidenziando anche che il numero complessivo di citazioni raccolte dalle venticinque pubblicazioni presentate risulta leggermente superiore per il candidato OMISSIS (1066 contro 1037; Scopus luglio 2021).
Con riferimento a quest’ultimo aspetto – oltre all’assenza di specifiche contestazioni sul dato aritmetico – deve rimarcarsi che la scelta delle venticinque pubblicazioni da presentare in sede concorsuale era lasciata alla discrezionalità dei candidati, i quali, sulla base delle proprie valutazioni, hanno presentato quelle ritenute più meritevoli.
Pertanto, se le pubblicazioni presentate dalla appellante riportano un numero inferiore di citazioni rispetto a quelle proposte dal controinteressato (ad esempio perché più recenti rispetto a quelle più risalenti nel tempo del OMISSIS), ciò non denota alcuna illegittima attività della Commissione nel calcolo delle citazioni, potendo ciascun candidato rendersi conto ex ante della rilevanza e della data di pubblicazione della propria produzione scientifica che, liberamente, è stata presentata in sede concorsuale.
Sotto tali profili, pertanto, le censure di parte appellante si dimostrano infondate.
12.7. Quanto poi alla mancata citazione di alcune attività svolte dalla ricorrente, anche qui correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che il giudizio della Commissione, formulato all’esito delle proprie valutazioni, deve essere motivato, ma complessivo e non analitico. Pertanto, la circostanza che alcune attività svolte dalla ricorrente non siano state espressamente citate nel giudizio finale espresso dalla Commissione non implica, in via automatica, che esse non siano state oggetto di valutazione, dovendo tali attività considerarsi inserite nella valutazione finale come uno degli elementi su cui la stessa è fondata.
12.8. Inoltre, la discontinuità nella produzione rilevata a carico dell’appellante è stata correttamente riscontrata dall’esame della banca dati Scopus, costituente modalità di verifica che consente di contemplare in modo oggettivo l’intera carriera dei candidati.
A fronte di ciò, non sovvertono il giudizio della Commissione i rilievi dell’appellante volti a sostenere che la discontinuità dell’attività di ricerca sarebbe solo apparente e che la continuità non possa valutarsi solo con riferimento al dato cronologico.
12.9. La sentenza va altresì confermata nella parte in cui ha ritenuto che non siano condivisibili le doglianze tese a sminuire i lavori del controinteressato svolti nel ruolo di “corrispondente” che, di contro, appare di tutto rilievo, essendo finalizzato al successo e alla bontà della pubblicazione, seguendone tutte le vicissitudini editoriali (cfr. la definizione di corresponding author fornita dalle parti resistenti, come ripresa dall’editore “Elsevier”).
13. Infine, non possono essere condivise le critiche rivolte alla sentenza per non aver tenuto conto ai fini della decisione del parere pro veritate reso da una qualificata accademica depositato dalla ricorrente nel giudizio di primo grado.
13.1. Al riguardo, l’appellante precisa che il parere in questione, allegato al ricorso con lo scopo di fornire elementi chiarificatori al fine di valutare non il merito bensì le carenze dello sviluppo logico delle decisioni della Commissione giudicatrice, non contraddice la prevalenza del giudizio favorevole, ma individuerebbe semplicemente gli elementi ignorati o trascurati dalla Commissione che sarebbero stati indispensabili per esprimere un giudizio di prevalenza fondato, completo e “obiettivamente comparativo” per tutti e tre gli ambiti di valutazione.
13.2. Anche sul punto la sentenza è immune da censure.
13.3. Accertata la mancanza di profili di erroneità, illogicità e irragionevolezza nei giudizi contestati (avendo il Tribunale, come sopra detto, dato puntualmente atto dell’assenza di vizi nell’operato della commissione esaminatrice, quanto a logicità, congruità, correttezza e motivazione dell’attività di valutazione svolta dalla medesima), deve anche escludersi che le valutazioni dei candidati svolte dall’organo tecnico competente possano essere sindacate o sostituite mediante quelle effettuate unilateralmente da un esperto scelto dall’appellante.
13.4. Infatti, esclusa per le ragioni evidenziate la sussistenza del vizio di eccesso di potere sotto tutti i profili dedotti, contrario convincimento non può trarsi dal parere pro veritate allegato al ricorso, che non può essere contrapposto all’attività di valutazione della commissione connotata da discrezionalità tecnica.
13.5. Valutazioni di tale genere sono sostanzialmente irrilevanti ai fini di confutare il giudizio della commissione, in quanto spetta a quest’ultima la competenza a valutare i candidati sicché, a men che non ricorra l’ipotesi dell’errore logico, non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo, quali che siano la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze ed esperienze acquisite nelle materie oggetto di esame (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 2024, n. 3235; id., sez. IV, 20 giugno 2012, n. 3620).
14. In definitiva, alla luce di tutto quanto sopra esposto, emerge che il giudizio espresso dalla Commissione non risulta viziato nei termini prospettati in ricorso, né le valutazioni tecnico discrezionali ivi espresse risultano inficiate da profili di evidente erroneità, irragionevolezza o illogicità.
15. L’appello va, pertanto, respinto.
16. Sussistono, nondimeno, giusti motivi, per la complessità e la particolarità delle questioni trattate, per compensare interamente le spese di causa tra tutte le parti costituite in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
Pubblicato il 15 maggio 2025