A nulla rileva il fatto che sia stata la stessa amministrazione a quantificare erroneamente il trattamento stipendiale corrisposto al docente, atteso che, a fronte di un pagamento indebito di somme ad un proprio dipendente, essa ha il dovere di provvedere al recupero, non essendo di ostacolo a ciò neppure lo stato soggettivo di buona fede del percipiente.
Una volta accertato l’indebita corresponsione di somme al dipendente, l’amministrazione non è tenuta a fornire alcun’altra motivazione in ordine agli elementi soggettivi quali l’affidamento e lo stato di buona fede del dipendente, nonché l’avvenuta destinazione delle somme alla soddisfazione delle esigenze di vita, né ad effettuare una valutazione comparativa di tali elementi con l’interesse pubblico, atteso che gli elementi soggettivi predetti rilevano solo ai fini della determinazione delle modalità del recupero, le quali devono essere tali da non incidere sui bisogni essenziali della vita.
TAR Marche, Ancona, Sez. I, 22 maggio 2015, n. 411
Recupero somme indebidamente corrisposte al dipendente
N. 00411/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00997/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 997 del 2007, proposto da:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv.ti [#OMISSIS#] Paoli e [#OMISSIS#] Marolda, con domicilio eletto presso l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Taddei in Ancona, via Monte Marino, 26/B;
contro
Università degli Studi di Urbino “[#OMISSIS#] Bo”, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza [#OMISSIS#], 29;
per l’annullamento
– della disposizione dirigenziale del Servizio Risorse Umane n. 97/2007 del 27 settembre 2007, a firma del Dirigente, notificata in data 14.11.2007, con la quale l’Università degli studi di Urbino per le cure del Servizio Risorse Umane – Ufficio I – Professori Ordinari e Associati – ha disposto la rideterminazione dell’assegno personale di cui all’art. 3, comma 57, della legge n. 537/93, spettante al docente medesimo, in € 1.191,20, con decorrenza 1° ottobre 2007, rispetto al precedente trattamento in godimento dal 1° marzo 2002 di € 1.909,71 – e contestuale avviso di recupero, a decorrere dal mese di novembre 2007, dell’indebito maturatosi nel periodo 1° marzo 2002 – 30 settembre 2007, pari a € 17.689,13;
– e per il risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Urbino “[#OMISSIS#] Bo”;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2015 la dott.ssa [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I. Il ricorrente è professore associato confermato per il settore scientifico-disciplinare GEO/05-Geologia applicata presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie dell’Università degli studi di Urbino “[#OMISSIS#] Bo” (decreto rettorale n. 1180 del 25 agosto 2005); poiché prima della nomina a professore associato, avvenuta con decreto rettorale n. 277/02 del 1° marzo 2002, svolgeva le funzioni di dirigente di seconda fascia presso altra Amministrazione (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), all’atto dell’immissione in servizio presso l’Università, in applicazione della legge n. 370/1999, al medesimo veniva attribuito un assegno personale riassorbibile spettante quale differenza tra lo stipendio in godimento al momento della cessazione del rapporto con l’Amministrazione di provenienza e lo stipendio annuo lordo corrisposto al professore associato.
In sede di rideterminazione dell’assegno personale sulla base della nuova certificazione prodotta dall’interessato relativa al trattamento economico in godimento presso l’Amministrazione di provenienza, veniva riscontrato un errore nell’importo sino a quel momento corrisposto al docente, dovuto ad imprecisioni nella certificazione rilasciata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (nota prot. n. 11415 del 6.7.2007 dell’Università degli studi di Urbino).
Conseguentemente, con l’atto impugnato, l’assegno personale di cui all’art. 3, comma 57, della legge n. 537/1993 è stato rideterminato in diminuzione, risultando un indebito a carico del ricorrente pari a € 17.689,13, di cui l’Università ha disposto il recupero, anche mediante rateizzazione dell’importo (nota dell’Università prot. 16154 del 2 ottobre 2007).
Di qui il presente ricorso, affidato a tre motivi di censura, con cui l’interessato lamenta la violazione degli artt. 3 e 21 quinquies della legge n. 241/1990 e 97 Cost. e l’eccesso di potere per violazione dei principi in materia di autotutela, l’eccesso di potere per sviamento e l’insufficienza di motivazione.
L’Amministrazione, nel costituirsi in giudizio, ha contestato in fatto e diritto le avverse doglianze, chiedendo la reiezione del gravame.
Alla pubblica udienza del 19 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.
II. Il ricorso è infondato e va respinto.
Con le censure sollevate parte ricorrente fa valere solo vizi formali (mancata ponderazione dell’interesse pubblico nel provvedimento di autotutela, difetto di motivazione ed eccesso di potere), senza contestare nel merito la sostanza del provvedimento e quindi la debenza della somma di cui si è disposto il recupero.
Quest’ultimo è dipeso dal fatto che l’Amministrazione, per mero errore, non aveva computato, nella determinazione delle differenze stipendiali, l’assegno aggiuntivo, come previsto dall’art. 8, comma 5, della legge n. 370/1999, che, nel testo ante modifica, vigente ratione temporis, stabiliva che “nei casi in cui la normativa vigente consenta al personale assunto o rientrato nei ruoli dei professori e ricercatori universitari di conservare l’importo corrispondente alla differenza tra il trattamento economico complessivo goduto nel servizio o nell’incarico svolto precedentemente e quello attribuito al professore o ricercatore universitario di pari anzianità, tale importo è attribuito come assegno ad personam da riassorbire per effetto sia della progressione economica e dell’assegno aggiuntivo di cui agli articoli 36, 38 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sia di ogni altro incremento retributivo attribuito al personale docente e ricercatore delle università”.
A nulla rileva il fatto che sia stata la stessa Amministrazione a quantificare, erroneamente ed utilizzando sin dall’inizio i parametri di cui all’art. 8, commi 4 e 5, della legge n. 370/1999, il trattamento stipendiale corrisposto al docente, atteso che, a fronte di un pagamento indebito di somme ad un proprio dipendente, disposto per errore, essa ha il dovere di provvedere al recupero, non essendo di ostacolo a ciò neppure lo stato soggettivo di buona fede del percipiente.
E’ infatti principio pacifico, in giurisprudenza, quello secondo cui l’affidamento e lo stato soggettivo di buona fede del pubblico dipendente nel percepire dall’Amministrazione di appartenenza somme non dovute, nonché l’avvenuta destinazione delle somme alla soddisfazione delle esigenze di vita e gli effetti della ripetizioni su tali esigenze, non costituiscono ostacolo al recupero dell’indebito, attesa la doverosità e necessarietà del comportamento dell’Amministrazione nel riavere quanto erogato indebitamente, in linea con il canone di buon andamento proprio dell’agire pubblico e nell’esercizio del potere/dovere nascente direttamente dal disposto dell’art. 2033 c.c.; di conseguenza, una volta accertato l’indebito stesso, l’Amministrazione non è tenuta a fornire alcun’altra motivazione in ordine agli elementi soggettivi in parola né ad effettuare una valutazione comparativa di tali elementi con l’interesse pubblico, atteso che gli elementi soggettivi predetti rilevano solo ai fini della determinazione delle modalità del recupero, le quali devono essere tali da non incidere sui bisogni essenziali della vita (T.A.R. Napoli (Campania), sez. V, 2 dicembre 2014, n. 6285; T.A.R. Parma (Emilia-Romagna), sez. I, 30 aprile 2014, n. 122; T.A.R. Pescara (Abruzzo) sez. I, 3 marzo 2014, n. 100; Consiglio di Stato, sez. III, 4 settembre 2013, n. 4429).
Nel caso di specie, l’Università di Urbino si è resa disponibile a concordare le modalità di recupero più confacenti alle esigenze del docente, anche mediante rateizzazione dell’importo, proprio avuto riguardo alla buona fede del medesimo nella percezione degli importi non dovuti.
In conclusione, stante la mancata contestazione in giudizio del merito del preteso recupero e, quindi, il sostanziale riconoscimento della correttezza della rideterminazione dell’assegno personale operata dall’Amministrazione, le censure di violazione delle norme e dei principi che regolano l’esercizio del potere di autotutela, nonché di sviamento e di difetto di motivazione sollevate dal ricorrente si rivelano, per i motivi innanzi esposti, destituite di fondamento, sicchè il ricorso va respinto.
III. Avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, al tempo trascorso e alla buona fede del ricorrente, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)