Condizione per il conferimento e il mantenimento della borsa non è il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, né la persistenza di uno “stato di non lavoro”, bensì la regolare frequenza del corso e lo svolgimento effettivo dell’attività di studio e ricerca.
TAR Campania, Sez. IV, 9 dicembre 2025, n. 7942
Condizione per il conferimento e il mantenimento della borsa di dottorato è la regolare frequenza del corso e lo svolgimento effettivo dell’attività di studio e ricerca
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1357 del 2025, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Santa Brigida n.39;
contro
Università degli Studi di Napoli Parthenope e Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;
per l’annullamento
del Decreto n. 98 del 28.01.2025, a firma del Rettore dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, con il quale è stata disposta la decadenza della ricorrente dal corso di dottorato in “Imprenditorialità ed Innovazione” XXXVIII ciclo con conseguente revoca della borsa, alla stessa precedente riconosciuta e la restituzione “dell’importo di euro 11.688,46, quali ratei della borsa di studio nonché degli oneri versati dall’Ateneo per il periodo dal 1 novembre 2023 al 1 giugno 2024”, prevendendo altresì, nella nota di trasmissione di detto decreto, a firma del Dirigente della Ripartizione Didattica Orientamento e Affari Istituzionali, l’obbligo di restituire tale importo “entro 30 giorni dal ricevimento della presente”;
B) una agli atti preordinati, connessi e consequenziali, tra i quali, precipuamente, la nota Prot. n. 133972 del 12.12.2024, a firma del Dirigente della Ripartizione Didattica Orientamento e Affari Istituzionali, recante comunicazione di avvio del procedimento amministrativo ex artt. 7 e ss. della L. n. 241/1990 e ss.mm.ii. di decadenza della stessa dal proseguimento del corso di dottorato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Napoli Parthenope e dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2025 la dott.ssa OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.La presente decisione può essere redatta, in ossequio al principio di sinteticità ex art. 3 c.p.a., senza l’analitica ricostruzione del fatto, che risulta incontestato tra le parti.
Giova solo osservare che:
– la ricorrente era stata ammessa al dottorato XXXVIII ciclo “Imprenditorialità e Innovazione”, (con Decreto del Rettore n. 986/2022) presso l’Università degli Studi “Parthenope”, con diritto alla borsa di studio sui fondi finanziati dall’Università degli Studi “Luigi Vanvitelli” e che aveva chiesto e ottenuto, nel corso del II anno di dottorato, una sospensione di 6 mesi, al fine di poter svolgere il periodo di prova all’Agenzia delle Entrate, propedeutico all’assunzione presso la medesima Agenzia.
– superato positivamente tale periodo, la ricorrente non ha però ottenuto dall’Agenzia delle Entrate, pur avendone fatto richiesta, la concessione del congedo straordinario “senza stipendio” per poter continuare lo svolgimento del dottorato e pertanto non ha potuto riprendere la frequenza del corso (invero, la decisione in tal senso è stata assunta dall’Ateneo con l’atto impugnato, nonostante il parere favorevole che era stato espresso dal Collegio dei docenti, del 19 novembre 2024, circa la possibile “compatibilità dell’attività lavorativa con le attività didattiche e di ricerca”).
2. L’oggetto centrale della presente controversia non riguarda però la legittimità della scelta dell’Ateneo di subordinare la prosecuzione del corso di dottorato, in status di borsista, all’ottenimento dell’aspettativa senza stipendio, quanto la legittimità della pretesa restitutoria dei ratei di borsa che erano già stati erogati dal 1 novembre 2023 al 1 giugno 2024, ossia durante il periodo antecedente la sospensione del corso di dottorato ed in costanza della sua regolare frequenza da parte della dottoranda.
3. Con il ricorso in esame, parte ricorrente solleva in particolare due censure, concernenti, rispettivamente, la violazione delle garanzie partecipative ex art. 7 della legge 241/90 e il difetto di motivazione anche per mancanza di base normativa di riferimento, con specifico riguardo alla richiesta di restituzione retroattiva di somme già percepite a titolo di borsa, per la complessiva cifra di € 11.688,46, comprensivi di oneri versati dall’Ateneo.
4. Il ricorso è fondato.
5. Deve preliminarmente accogliersi l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dall’Università degli Studi “Luigi Vanvitelli” con memoria depositata dall’Avvocatura Distrettuale dello di Napoli in data 27 marzo 2025 (erroneamente però riferita, in sede di deposito, all’Università degli Studi “Parthenope”), poiché la legittimazione passiva nel processo amministrativo spetta ex art. 41 c.p.a. comma 2 all’Amministrazione che ha adottato l’atto impugnato ed esercitato, in tal modo, il potere autoritativo.
Nel caso di specie, il provvedimento di “decadenza” della borsa di studio e la connessa richiesta dei ratei erogati è imputabile unicamente all’Università degli Studi “Parthenope”, che ha infatti svolto il relativo procedimento amministrativo in via esclusiva.
L’Università degli Studi Vanvitelli riveste invece il ruolo, nella complessiva fattispecie, di “ente erogatore del finanziamento”, e pertanto, pur potendo essere indirettamente interessata all’esito del giudizio, deve essere estromessa dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.
6. Nel merito, il ricorso va esaminato alla luce dei principi costituzionali e della consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di borse di studio per dottorato, i quali offrono criteri interpretativi per la disamina del Regolamento di Ateneo di disciplina del dottorato di ricerca (Decreto Rettorale n. 428 del 31 maggio 2022) invocato dall’Università resistente, nonché del Decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca 14 dicembre 2021, n.226 che ha ad oggetto il “Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e criteri per la istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati” (e che dedica alla borsa di studio specifiche disposizioni, tra cui gli artt. 8 e 12).
7. In particolare, è stato precisato, con orientamento condiviso dal Collegio, che la borsa di studio, corrisposta al dottorando, non ha natura retributiva o sinallagmatica, non costituendo il corrispettivo di una prestazione resa in favore dell’Università, bensì di prestazione assistenziale, finalizzata a sostenere economicamente il beneficiario nello svolgimento dell’attività di studio e di ricerca scientifica.
Come riconosciuto, seppure in una fattispecie sostanzialmente “inversa” rispetto a quella in esame, relativa ai dipendenti pubblici ammessi al corso di dottorato e che beneficiano dell’aspettativa ex art. 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476, le prestazioni finanziarie erogate in costanza e per lo svolgimento del dottorato si collocano, pertanto, nell’alveo degli artt. 34, terzo comma, Cost., che riconosce ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, e 35, primo comma, Cost., che impegna la Repubblica a tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1172).
Su tale premessa, la giurisprudenza amministrativa ha osservato che condizione per il conferimento e il mantenimento della borsa non è il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, né la persistenza di uno “stato di non lavoro”, bensì la regolare frequenza del corso e lo svolgimento effettivo dell’attività di studio e ricerca (cfr. TAR Calabria, Reggio Calabria, 20 aprile 2021, n. 300).
Ne discende che, una volta che il dottorando abbia effettivamente frequentato il corso e svolto attività di studio e ricerca nel periodo coperto dai ratei erogati, non è consentito, in via retroattiva, il recupero delle somme già corrisposte per il solo fatto che il percorso non si concluda con il conseguimento del titolo o che intervenga successivamente un rapporto di lavoro, poiché ciò si risolverebbe in un ostacolo irragionevole sia al diritto allo studio superiore sia all’ingresso nel mondo del lavoro, sostanzialmente “condizionato” dal timore di dover restituire quanto già legittimamente percepito durante il corso di dottorato.
8. Nel caso di specie, è pacifico in atti che la ricorrente sia stata ammessa al dottorato XXXVIII ciclo “Imprenditorialità e Innovazione” con borsa, che sia stata regolarmente iscritta al II anno a decorrere dal 1º novembre 2023 e che, fino alla sospensione richiesta per lo svolgimento del periodo di prova presso l’Agenzia delle Entrate, ha svolto ordinariamente le attività previste dal corso.
I ratei oggetto di richiesta di restituzione si riferiscono infatti al periodo compreso tra il 1º novembre 2023 e il 1º giugno 2024, ossia ad un arco temporale nel quale la borsa ha esattamente assolto la propria funzione assistenziale, fino alla deliberata sospensione del corso, per lo svolgimento del periodo di prova presso l’Agenzia delle Entrate.
9. La base normativa espressamente richiamata nell’atto qualificato dall’Università come “decadenza” ed oggetto di odierna impugnazione, è costituita, peraltro, dall’art. 20 del Regolamento di Ateneo, sopra citato, nella parte in cui al comma 1 –riproducendo pedissequamente quanto previsto anche dalla disciplina nazionale, ai sensi dell’art. 12 del D.M. 226/2021 – dispone che “l’ammissione al dottorato comporta un impegno esclusivo e a tempo pieno, ferma restando la possibilità di una disciplina specifica in relazione a quanto previsto dagli art.li 7, 11 e 12, comma 4, del D.M 8 febbraio 2013, n. 45”, sancendo così una generale incompatibilità tra svolgimento di una prestazione di lavoro a tempo pieno e il corso accademico, che non è oggetto di specifica contestazione in questa sede.
10. Solo in sede difensiva, e con memoria depositata in data 25 marzo 2025, l’Amministrazione resistente ha invece invocato il diverso art. 18 comma 3, lett. a) che dispone quanto segue “La revoca della borsa di studio con la restituzione dei ratei percepiti nell’anno del provvedimento può avvenire se il dottorando: a)rinuncia alla fruizione della borsa e/o alla prosecuzione del corso (…)” (invero, a dispetto del nomen iuris utilizzato nell’atto impugnato, il procedimento di “decadenza” è previsto dalla lett. c) del medesimo comma 13, nell’ipotesi diversa da quella in esame di “inadempienze nello svolgimento dell’attività di ricerca” imputabili al dottorando).
In relazione all’art. 18 comma 13 lett. c), merita specifica considerazione proprio il dato letterale che esclude la natura vincolata della richiesta di restituzione dei ratei, già erogati, perfino nell’ipotesi di espressa rinuncia alla prosecuzione del corso di dottorato.
11. Invero, secondo la giurisprudenza oramai consolidata, “in tema di interpretazione della legge ai sensi dell’art. 12 delle preleggi, nelle ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente a individuarne, in modo chiaro e univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca della “mens legis”, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, così come inequivocabilmente espressa dal legislatore e desumibile anche dalla connessione fra i singoli disposti” (Cons. Stato, Sez. V, 18 luglio 2024, n. 6440; Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2025, n. 921)
12. Dirimente, nella disposizione sopra citata che l’Amministrazione invoca a supporto della legittimità dell’atto impugnato, è l’utilizzo del verbo “può”, in luogo di una diversa formulazione doverosa (che ad esempio sarebbe stata evincibile dall’uso di forme indicative diverse come “avviene”) che già di per sé evidenzia come, proprio ai sensi del Regolamento citato, non vi sia alcun meccanismo automatico e vincolato di “revoca” o “decadenza” con contestuale obbligo restitutorio, ma il conferimento in capo all’Amministrazione di un potere facoltativo, da esercitare previa puntuale valutazione in concreto della situazione di fatto, degli interessi coinvolti e della proporzionalità della misura della restituzione, con conseguente onere motivazionale della specifica decisione.
13. Ciò posto, va altresì escluso che la situazione connessa alla mancata concessione da parte del nuovo datore di lavoro dell’aspettativa, dopo l’esito positivo del periodo di prova, possa essere automaticamente equiparata, sul piano giuridico, a una volontà di “rinuncia alla fruizione della borsa e/o alla prosecuzione del corso”, ai sensi dell’art. 18, comma 13, lett. a), del Regolamento di Ateneo.
La disposizione regolamentare si riferisce, infatti, ad un atto di volontà dispositivo chiaro e non equivoco da parte del dottorando, idoneo a manifestare una scelta consapevole di dismettere il beneficio o interrompere il percorso dottorale, espressa o comunque desumibile da comportamenti concludenti univoci, che non ricorre nel caso di specie.
La mancata maturazione o formalizzazione del provvedimento di aspettativa, che attiene a un diverso rapporto – quello di pubblico impiego con l’Agenzia delle Entrate – e coinvolge una distinta Amministrazione, con propri poteri e proprie valutazioni organizzative in qualità di datore di lavoro, rappresenta semmai una sopravvenienza di fatto, che ha inciso sulla possibilità di conciliare il dottorato con il rapporto di lavoro, secondo la valutazione operata dall’organo dirigenziale, ma non si traduce automaticamente in una “volontà abdicativa” rispetto al diritto alla borsa o al diritto alla prosecuzione degli studi.
Diversamente interpretato, tale meccanismo di equiparazione tra la rinuncia e la mancata concessione dell’aspettativa da parte del datore di lavoro, farebbe ricadere integralmente sul dottorando, tra l’altro in un momento delicato del passaggio dal mondo accademico a quello del lavoro, il rischio economico e afflittivo di restituzione di ratei già percepiti in costanza del corso di dottorato, a fronte di una situazione complessa, che attiene a un rapporto giuridico distinto e nel quale l’interessato non ha un potere dispositivo pieno.
14. In conclusione ed in accoglimento del secondo motivo di ricorso, deve essere accolta la domanda di annullamento dell’atto impugnato. Resta assorbita la censura relativa al vizio procedimentale ex art. 7 della legge 241/90.
15. La peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese di lite tra tutte le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il D.R. n. 98 del 28 gennaio 2025.
Dichiara l’estromissione dal giudizio dell’Università degli Studi Luigi Vanvitelli.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
Pubblicato il 9 dicembre 2025

