Corte di Giustizia, Sez. I, 16 giugno 2022 (causa C-577/20)

Condizioni in presenza delle quali l’autorità di uno Stato membro può mettere in discussione il livello di conoscenze e delle qualifiche attestate dal diploma rilasciato da un istituto di un altro Stato membro

Data Documento: 2022-06-20
Autorità Emanante: Corte di Giustizia
Area: Giurisprudenza
Massima

L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, nonché gli articoli 45 e 49 TFUE, devono essere interpretati nel senso che una domanda di accesso a una professione regolamentata e di autorizzazione all’esercizio di tale professione nello Stato membro ospitante, presentata, ai sensi di detto articolo 13, paragrafo 2, da una persona che, da un lato, possiede un titolo di formazione relativo a tale professione, rilasciato in uno Stato membro in cui tale professione non è regolamentata, e che, dall’altro, non soddisfa il requisito di aver esercitato la stessa professione per il periodo minimo richiesto di cui al predetto articolo 13, paragrafo 2, deve essere esaminata dall’autorità competente dello Stato membro ospitante alla luce degli articoli 45 o 49 TFUE.

La libera circolazione delle persone non sarebbe pienamente realizzata qualora gli Stati membri potessero negare il godimento delle libertà garantite dagli articoli 45 e 49 TFUE a quei loro cittadini che abbiano fatto uso delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione e che abbiano acquisito, grazie a queste ultime, qualifiche professionali in uno Stato membro diverso da quello di cui essi possiedono la cittadinanza. Questa considerazione si applica parimenti quando il cittadino di uno Stato membro ha ottenuto, in un altro Stato membro, una qualifica universitaria, della quale egli intenda avvalersi nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza.

Gli articoli 45 e 49 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, devono essere interpretati nel senso che l’autorità competente dello Stato membro ospitante, a cui è stata presentata una domanda di autorizzazione ad esercitare una professione regolamentata in tale Stato membro, è tenuta a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, procedendo a un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalle legislazione nazionale.

Le direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi, e in particolare la direttiva 2005/36, non hanno come obiettivo e non possono avere come effetto quello di rendere più difficile il riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli nelle situazioni da esse non contemplate.

La procedura di valutazione comparativa di cui all’art. 40 direttiva 2005/36 presuppone la fiducia reciproca tra gli Stati membri nei titoli attestanti le qualifiche professionali rilasciate da ciascuno Stato membro. Pertanto, l’autorità dello Stato membro ospitante è in linea di principio tenuta a considerare come veritiero un documento quale, in particolare, un diploma rilasciato dall’autorità di un altro Stato membro.

Tuttavia, quando l’autorità competente di uno Stato membro nutre gravi dubbi, che vadano al di là di semplici sospetti, quanto all’autenticità o alla veridicità di un documento, l’autorità o l’istituto che l’ha emesso è tenuto, su domanda della prima autorità, a riesaminare la fondatezza del documento considerato e, se del caso, a revocarlo.

Tra detti elementi concreti possono figurare, se del caso, in particolare, informazioni trasmesse sia da persone diverse dagli organizzatori della formazione di cui trattasi sia dalle autorità di un altro Stato membro che agiscono nell’ambito delle loro funzioni.

Nel caso in cui le circostanze del caso di specie dovessero rivelare manifestamente l’assenza di veridicità di tale diploma, tale Stato membro non potrebbe essere tenuto a ignorarle, non si può infatti negare allo Stato membro ospitante il diritto di adottare disposizioni volte ad impedire che le libertà di circolazione delle persone sancite dal Trattato FUE siano utilizzate dagli interessati al fine di sottrarsi ai requisiti in materia di formazione professionale imposti ai titolari di un diploma nazionale.

Occorre precisare che l’assenza di veridicità di un diploma è manifesta, in particolare, quando è chiaro che il contenuto reale della formazione impartita differisce notevolmente dal contenuto della formazione quale risultante dal diploma di cui trattasi.