Consiglio di Stato, Sez. consultiva per gli atti normativi, 8 novembre 2022, parere sullo schema di decreto del MUR recante “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto 22 ottobre 2004, n. 270, del Ministro dell'istruzione, dell’università e della ricerca”

Data Documento: 2022-11-12
Area: Giurisprudenza
Allegati:
Contenuto sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 8 novembre 2022
NUMERO AFFARE 01611/2022
OGGETTO:
Ministero dell’Università e della Ricerca-Ufficio Legislativo
Schema di decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca recante “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto 22 ottobre 2004, n. 270, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”
LA SEZIONE
Vista la nota prot. U.0001438 del 21 ottobre 2022, di trasmissione della relazione con la quale il Ministero dell’Università e della Ricerca- Ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto,
esaminati gli atti e udita la relatrice, consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Premesso:
Il Ministero dell’Università e della Ricerca- Ufficio legislativo, con nota prot. U.0001438 del 21 ottobre 2022, ha trasmesso a questo Consiglio, per l’acquisizione del prescritto parere, lo schema di decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca recante “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto 22 ottobre 2004, n. 270, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”, accompagnato dalla relazione illustrativa, vistata dal Ministro.
Sono state altresì trasmesse la relazione tecnica che si dichiara “bollinata” dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’analisi tecnico-normativa (ATN), l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) corredata dalla valutazione di adeguatezza del Nucleo AIR, Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi -Presidenza del Consiglio dei Ministri, il parere favorevole reso dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN), nell’Adunanza del 21 settembre 2022, sul “nuovo schema del decreto di modifica del regolamento di cui al D.M. n.270 del 2004”.
Il Ministero ha inoltre posto [#OMISSIS#] disponibilità del Consesso i pareri espressi da altri soggetti del sistema universitario, che l’Amministrazione ha ritenuto di attrarre nel processo decisionale, acquisendone il contributo su quella che si è poi definita una prima versione del decreto, superata dal secondo schema sottoposto nuovamente alla valutazione del CUN, quale organo parte necessaria del procedimento di approvazione, e qui portato all’attenzione della Sezione. Sono stati così comunicati il parere favorevole circa gli obiettivi perseguiti dal provvedimento, ma con osservazioni e raccomandazioni in merito alle soluzioni in un primo tempo proposte, formulato, il 14 aprile 2022, dal Consiglio Direttivo dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) nonché il parere favorevole reso dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) in esito all’Assemblea del 17 marzo 2022. Ė stato trasmesso anche il parere critico del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) espresso nell’Adunanza del 28 e del 29 aprile 2022.
Come riferisce il Ministero proponente [#OMISSIS#] Relazione illustrativa, lo schema di decreto in esame modifica, con la tecnica della novella legislativa, il dm 22 ottobre 2004, n. 270, già introduttivo di “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509”, al fine di consentire l’adeguamento degli ordinamenti dei corsi di studio universitari [#OMISSIS#] obiettivi del PNRR, segnatamente al rafforzamento dell’interdisciplinarità e alla [#OMISSIS#] flessibilità dell’offerta formativa universitaria, in relazione alla Missione 4, Componente 1, riforma 1.5 ( “Riforma delle classi di laurea”), parte della milestone n. 10 della M4C1, da conseguire entro il quarto quadrimestre 2023.
Sempre a tal fine, con l’art.14 del d.l. 6 novembre 2021, n. 152, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, convertito dalla l. 29 dicembre 2021, n.233, si è modificata la disposizione legislativa che dà titolo all’adozione del decreto in oggetto, ossia l’art.17, comma 95, della l. 15 [#OMISSIS#] 1997, n.127, introducendo un ulteriore periodo nel quale si è stabilito che, “al fine di promuovere l’interdisciplinarità dei corsi di studio e la formazione di [#OMISSIS#] professionali innovativi, una parte dei crediti formativi complessivi può essere riservata ad attività affini o integrative, comunque relative a settori scientifico-disciplinari o ad ambiti disciplinari non previsti per le attività di base o per le attività caratterizzanti del corso di studio. Tali attività possono essere organizzate sotto forma di corsi di insegnamento, laboratori, esercitazioni, seminari o altre attività purché finalizzate all’acquisizione di conoscenze e abilità funzionalmente correlate al profilo culturale e professionale identificato dal corso di studio”, per poi aggiungere che, sempre “in coerenza con gli obiettivi” del PNRR, si sarebbe provveduto, con distinti decreti del Ministro privi di natura regolamentari, adottati su proposta del CUN, alla “razionalizzazione e all’aggiornamento dei settori scientifico-disciplinari, nell’ambito dei quali sono raggruppati gli insegnamenti, anche al fine di assicurare la loro rispondenza [#OMISSIS#] elementi di flessibilità e di interdisciplinarità”.
Come ricorda la Relazione illustrativa, il conseguimento degli obiettivi di flessibilità e interdisciplinarità dei corsi di studio, necessario a fronteggiare il “disallineamento emergente tra offerta formativa e domanda occupazionale”, richiede infatti una serie di modifiche alla disciplina delle classi di laurea e, in particolare, delle classi di laurea magistrale, nel rispetto comunque delle “caratterizzazioni proprie dei singoli percorsi formativi, anche in ragione del necessario ancoraggio al quadro europeo di riconoscibilità delle competenze e dei [#OMISSIS#] professionali”.
Quanto all’iter che ha condotto all’approvazione di questo schema di decreto, il Ministero informa che, in un primo momento, si era pensato di conseguire gli obiettivi di interdisciplinarità e flessibilità, “mediante una modifica della definizione degli àmbiti disciplinari tramite i quali sono definite le materie di base o caratterizzanti dei corsi di studio, sostituendo il riferimento vigente ai settori scientifico-disciplinari con uno ai più ampi settori concorsuali”. Tuttavia, le osservazioni fortemente critiche formulate dal CUN, confluite in un parere non favorevole del 24 marzo 2022, e al contempo l’adozione della legge 29 giugno 2022, n.79, di conversione del d.l. 30 aprile 2022, n. 36, recante “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” il cui art. 14, comma 6-bis, ha modificato l’art.15 della l. 30 dicembre 2010, n. 240, introducendo, in luogo dei settori concorsuali e dei macrosettori, i gruppi scientifico-disciplinari, hanno reso necessaria un’importante riformulazione del testo nel quale si è scelto di fissare principi in tema di “determinazione dei contenuti dei corsi di studio sia negli ambiti di base o caratterizzanti per i corsi di laurea […] sia nelle attività caratterizzanti dei corsi di laurea magistrale […], come pure nelle attività formative affini o integrative […]”, dettagliando “gli interventi in tema di fissazione dei limiti in termini di crediti formativi per ciascuna classe di laurea o di laurea magistrale”, oltre i quali è possibile prevedere insegnamenti o attività formative di altro genere che siano afferenti a settori scientifico-disciplinari ulteriori. Testo sul quale si è, appunto, acquisito un secondo parere favorevole del CUN e che ora è qui all’attenzione della Sezione.
La Relazione tecnica evidenzia che le modifiche apportate al dm n.270 del 2004 non determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l’AIR riconosce la piena funzionalizzazione delle innovazioni introdotte al conseguimento degli obiettivi del PNRR e soprattutto alla necessità di adeguare l’offerta formativa universitaria italiana al contesto internazionale e alle nuove esigenze del mondo del lavoro, favorendo flessibilità e interdisciplinarità.
Lo schema di decreto si compone di un solo articolo (1), intitolato “Modifiche al DM 270/2004”, il cui unico comma, nelle sue diverse partizioni, specifica le variazioni e le integrazioni che [#OMISSIS#] a interessare, secondo la tecnica della novella legislativa, il precedente testo regolamentare.
Considerato:
1.Il contesto: per una [#OMISSIS#] flessibilità e interdisciplinarità della formazione universitaria.
Il provvedimento in esame è adottato, al pari del dm 22 ottobre 2004, n. 270, che va a modificare, ai sensi dell’art.17, comma 3, della l. 23 agosto 1988, n.400, dunque come decreto provvisto di natura regolamentare, in quanto tale sottoposto al parere di questo Consesso, oltre che, come prescrive l’art.17, comma 25, della l. 15 [#OMISSIS#] 1997, n.127, sentiti il Consiglio Universitario Nazionale e le Commissioni parlamentari competenti.
Come ben illustrano le Relazioni di accompagnamento, nei termini prima sinteticamente ricordati, il decreto interviene sui criteri generali in conformità ai quali gli Atenei potranno disciplinare, con propri regolamenti, gli ordinamenti dei corsi di studio universitari, così da farsi veicolo per innovazioni [#OMISSIS#] configurazione delle classi di laurea e delle classi di laurea magistrale che si vogliono idonee ad accrescere la flessibilità e l’interdisciplinarità dell’offerta formativa universitaria, e con essa l’autonomia didattica degli Atenei, visti come obiettivi funzionali alla capacità della stessa di rispondere alle domande di nuove competenze e conoscenze espresse dai contesti sociali, economici e produttivi e, insieme, interagire con i sistemi d’istruzione superiore di altri Paesi.
Al contempo, esso si propone di adeguare i regolamenti delle lauree professionalizzanti o abilitanti all’esercizio delle professioni, introdotte, pur sempre in risposta alla riforma 1.5 inclusa [#OMISSIS#] Missione 4 del PNRR, dalla legge 8 novembre 2021, n. 163, “Disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti”, chiarendone l’obiettivo di fornire conoscenze e competenze immediatamente esercitabili.
Necessità da tempo avvertite, ma il cui soddisfacimento si è confrontato, sino ad esserne compromesso, con la stretta griglia di regole, eterodeterminate, che hanno progressivamente avvolto l’assolvimento dei compiti istituzionali degli Atenei e, fra questi, per quanto qui interessa, l’organizzazione e l’erogazione delle attività didattiche, da sempre oggetto di ricorrenti interventi del legislatore statale volti a ridefinirne condizioni, contenuti e modalità di esplicazione.
In particolare, al dm 3 novembre 1999, n.509, poi parzialmente modificato dal dm 22 ottobre 2004, n.270, sul quale interviene il provvedimento in esame, si è dovuta l’introduzione, ai sensi dell’art. 17, comma 95, della l. 15 [#OMISSIS#] 1997, n.127, dei criteri generali nel cui rispetto gli Atenei avrebbero disciplinato, con propri regolamenti, quello che, attualmente, si definisce l’ordinamento degli studi dei corsi universitari. A successivi decreti ministeriali, del 16 marzo 2007, è stato demandato rideterminare, ai sensi del dm n. 270 del 2004, le classi di laurea e di laurea magistrale, ognuna delle quali connotata da propri obiettivi formativi comuni che diventano obiettivi formativi specifici per ogni corso di studi della classe, correlati a una tabella di attività formative, caratterizzanti e di base, indispensabili alla stessa e corrispondenti ad ambiti disciplinari e perciò a settori scientifico-disciplinari ai quali garantire, in quanto necessari a conseguire gli obiettivi specifici del corso di studi, un numero minimo di crediti. Sebbene non siano mancati interventi normativi, anche recenti, volti a introdurre elementi di flessibilità, i percorsi didattici hanno continuato a conoscere una rigidità, giudicata inadeguata a soddisfare nuove esigenze di formazione.
2. Le “nuove” regole, al cospetto della qualità della regolazione
Lo schema di decreto in esame, anche sulla base della legittimazione fornita dalla nuova formulazione dell’art.17, comma 95, della l. n.127 del 1997, si prefigge, dunque, di conseguire il “rafforzamento della interdisciplinarità e l’inserimento di elementi di [#OMISSIS#] flessibilità nei corsi di studio universitari”, voluti dal PNRR, tramite modifiche puntuali e integrazioni al dm n.270 del 2004.
Questo Consiglio di Stato reputa tuttavia di dover rilevare, in via preliminare, che le innovazioni introdotte s’innestano su un tessuto regolativo che non è in realtà riducibile al solo dm n.270 del 2004 ma, al contrario, estremamente complesso, fatto di una congerie di norme, stratificate nel tempo, oggetto di reiterate riforme “per aggiunzioni” e “per correttivi”, lasciate spesso esenti da ogni coordinamento formale e sostanziale. La moltiplicazione degli atti primari, secondari e terziari, intervenuti a disciplinare il sistema universitario, anche per effetto dell’espansione delle sedi di regolazione, ha infatti generato ricorrenti previsioni, sovente rispondenti alla logica del “[#OMISSIS#] per [#OMISSIS#]”, che non sempre si sono sostituite, ma semmai e più di frequente aggiunte a un insieme di “vecchie” regole i cui termini ed ambiti di applicazione sono stati e sono affidati alla non sempre facile verifica della loro compatibilità con le “nuove” regole.
Il percorso di continue “riforme delle riforme” che ha in tal modo interessato le autonomie universitarie, esponendole, specie dopo l’entrata in vigore e l’adozione dei provvedimenti attuativi della l. 30 dicembre 2010, n 240, al carico di una burdesome regulation, che se è poco costosa per i regolatori impone invece costi diretti e indiretti ai destinatari, ben si può dire si sia, dunque, sviluppato in deroga alle consolidate acquisizioni in merito alla funzionalità della qualità della regolazione al rendimento e al potenziamento di qualsivoglia sistema.
Anche le modifiche qui in esame, a giudizio di questo Consesso, meritano pertanto di essere considerate, innanzi tutto, [#OMISSIS#] loro idoneità a farsi motivo perché si valuti quel più volte [#OMISSIS#], e mai realizzato, riordino della normativa di settore, anche [#OMISSIS#] forma di un testo unico misto, in funzione di una razionalizzazione e di una semplificazione che possano consentire anche al sistema delle autonomie universitarie di accedere a quella better regulation che significa poche regole, fit for purpose, e fra loro coordinate in modo da assicurarne certezza e chiarezza, quale strumento indispensabile a garantire i buoni esiti di ogni intervento normativo.
3.Le soluzioni accolte e quelle attese: rendimento ed effettività della riforma
Quanto alle soluzioni accolte, il provvedimento consegna la creazione delle condizioni perché negli ordinamenti dei corsi di studio universitari possano affermarsi, anche grazie all’ampliamento degli spazi riconosciuti all’autonomia didattica degli Atenei, le istanze della interdisciplinarità e della flessibilità, prioritariamente, alle integrazioni apportate dalla lett.d), pt. 2 e 4, dell’unico comma di cui si compone il suo solo articolo, all’art.10 del dm n.270 del 2004.
Esso viene, infatti, arricchito di due nuovi commi (comma 2-bis e comma 4-bis), nei quali si stabilisce che “negli ambiti relativi alle attività di base o caratterizzanti” potranno essere inseriti anche saperi, ossia “insegnamenti o altre attività formative afferenti a settori scientifico-disciplinari ulteriori rispetto a quelli previsti dalle tabelle allegate ai decreti ministeriali di definizione delle classi”, pur “nel rispetto degli obiettivi formativi della relativa classe, riservando in ogni [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] àmbiti disciplinari previsti dalle tabelle almeno il 40 per cento dei crediti necessari per conseguire il titolo di studio”, quanto ai corsi di laurea, e “almeno il 30 per cento”, quanto ai corsi di laurea magistrale.
Disposizioni che, come vuole il nuovo comma 4-ter, sempre introdotto all’art. 10 del dm n.270 del 2004, dalla lett.d), pt.4, “si applicano ai corsi di studio preordinati all’accesso di attività professionali, ivi compresi quelli abilitanti all’esercizio di professioni ovvero regolati dalla normativa UE o da altre specifiche disposizioni di legge, nel rispetto dei relativi obiettivi formativi, della disciplina di accesso alle professioni medesime, nonché degli ulteriori vincoli derivanti dalla normativa di riferimento”.
[#OMISSIS#] stesso senso, [#OMISSIS#] anche le modifiche apportate dalla lett.d), pt.5 all’art.5 del dm n.270 del 2004, in conseguenza delle quali i corsi di studio, oltre alle attività formative qualificanti, dovranno prevedere attività formative affini o integrative a quelle di base e caratterizzanti, definite dalle Università [#OMISSIS#] loro autonomia anche con riguardo alle culture di contesto e alla formazione interdisciplinare, pur sempre atte, fra il resto, all’acquisizione di una formazione multidisciplinare e interdisciplinare, nonché di conoscenze e abilità funzionalmente correlate al profilo culturale e professionale proposto. Con il “nuovo” comma 4-bis dell’art.11 del dm n.270 del 2004 si ribadisce invece la possibilità, peraltro già prevista, che i regolamenti didattici consentano [#OMISSIS#] studenti, su loro richiesta, di conseguire il titolo secondo un piano di studi individuale comprendente anche attività formative diverse da quelle previste dal regolamento didattico, purché in coerenza con l’ordinamento del corso di studi dell’anno accademico di immatricolazione.
Soluzioni che la Sezione reputa congruenti alle finalità che s’intendono perseguire, non senza interrogarsi, comunque, sulla perdurante significatività delle classi di laurea, specie magistrali, a fronte di una riduzione al 30 per cento dei crediti da riservare [#OMISSIS#] ambiti disciplinari (o forse alle attività formative, per come si rileverà successivamente) previsti dalle relative tabelle.
Nondimeno, è [#OMISSIS#] consapevolezza di questo Consesso che molto del rendimento della riforma cui si dà in tal modo avvio e, dunque, la stessa capacità del sistema universitario di promuovere e favorire le interazioni fra i saperi rese sempre più necessarie dall’evoluzione delle conoscenze e di accrescere le capacità di dialogo con gli altri sistemi formativi oltre che con i contesti sociali, culturali ed economici dipenderanno anche dalla [#OMISSIS#] innovazione che si saprà e si vorrà assicurare alla configurazione dei saperi accademici, nelle nuove sistemazioni “attese” dei gruppi scientifico- disciplinari e dei settori scientifico-disciplinari.
Ė appunto l’altra riforma a questa connessa, quella cui dovrà dare risposta il decreto del Ministro, di natura non regolamentare che, in base a quanto previsto dall’art 14, comma 6-bis, della l. 29 giugno 2022, n. 79, di conversione del d.l. n.36 del 2022, si sarebbe dovuto adottare, su proposta del CUN, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore. A questo decreto il legislatore ha infatti demandato, contestualmente alla modifica dell’art.15 della l. n.240 del 2010, definire, “secondo criteri di affinità e attinenza scientifica, formativa e culturale”, i “nuovi” gruppi scientifico-disciplinari con le relative declaratorie, sostitutivi dei settori e dei macro settori concorsuali, nonché provvedere a quella razionalizzazione e aggiornamento dei settori scientifico-disciplinari, nei quali i gruppi scientifico-disciplinari, concorrenti alla definizione degli ordinamenti didattici, possono essere articolati, altrettanto funzionale, come vuole anche l’art.14, comma 2, della l. n.233 del 2021, [#OMISSIS#] obiettivi di interdisciplinarità e di flessibilità del sistema formativo.
D’altro canto, in molte letture del sistema universitario, poi fatte proprie, come ricorda anche la Relazione illustrativa, dallo stesso Ministero, le rigidità che hanno connotato l’offerta formativa universitaria si ritiene siano state significativamente alimentate anche dal complesso modello di classificazione dei saperi accademici, accolto nel [#OMISSIS#] ordinamento e fattosi progressivamente, ancor più per effetto dei provvedimenti attuativi della l.n.240 del 2010 e delle nuove valutazioni da essa previste, asse portante intorno al quale si è sviluppata l’organizzazione e il funzionamento del sistema universitario e perciò anche la configurazione dei corsi di studio universitari. Un modello di classificazione entro il quale i saperi accademici sono articolati in settori scientifico-disciplinari, conservati in conformazioni che raccontano separazioni culturali codificate in altri tempi, a loro volta raggruppati, sulla base di criteri prevalentemente quantitativi, nei settori concorsuali e nei macro settori, voluti dalla l. n.240 del 2010 quali ambiti di riferimento per la costituzione delle Commissioni preposte al conferimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale; tutti confluenti nelle quattordici aree disciplinari CUN, mantenute [#OMISSIS#] configurazione originaria pensata nel 1997, tra l’altro ai ben diversi fini della elezione dei Professori e dei Ricercatori componenti dell’Organo.
Di là dalle altre soluzioni e dalle altre “nuove” regole alle quali è affidato il completamento e il rendimento della riforma cui si dà qui avvio, è in ogni [#OMISSIS#] indubbio che l’effettivo conseguimento delle finalità alle quali essa tende dipenderanno da come sarà esercitata l’autonomia didattica riconosciuta [#OMISSIS#] Atenei, da come saranno interpretati, in sede di controllo e di accreditamento, i limiti ai quali è assegnata la rispondenza dei percorsi formativi [#OMISSIS#] obiettivi propri di ciascuna classe e di ciascun corso ovvero, ovvero e, più ampiamente, dipenderà da quella che ne sarà la “messa in pratica”.
Questo Consiglio di Stato ha, infatti, più volte evidenziato che una riforma è tale solo quando essa sia effettivamente attuata e avvertita dagli attori dei sistemi sui quali interviene, nonché dai contesti con i quali essi interagiscono. Una effettività per assicurare la quale è, perciò, necessario un attento monitoraggio dell’andamento delle riforme, quale può essere assicurato anche dalla disponibilità e dalla messa in sistema di dati capaci di documentarne il [#OMISSIS#] impatto, ossia i punti di forza e di debolezza, funzionali anche alla loro “manutenzione”.(cfr. Cons. Stato, Sez. Consultiva Atti normativi, pareri n. 515 del 2016 e n.1784 del 2021). Questione lasciata sin qui aperta, per il sistema universitario, con le tante riforme delle quali è stato reiteratamente oggetto e che, come si evidenzierà anche di seguito, suggerisce integrazioni al testo normativo.
4. Il testo normativo.
Tutto ciò premesso, quanto al testo normativo, la Sezione formula le seguenti osservazioni:
-art.1, comma 1, lett.c):
In merito al nuovo comma 5-bis, che si va ad introdurre nell’art.5 del dm n.270 del 2004, al fine di renderne maggiormente comprensibile la portata innovativa, rispetto a quanto già enunciato nel comma 5, in corrispondenza dell’incipit “I regolamenti didattici di Ateneo”, si suggerisce di inserire “inoltre” dopo “disciplinano”, e di eliminare la virgola prima di “sulla base di convenzioni di mobilità stipulate fra le istituzioni interessate”.
-art.1, comma 1, lett.d), nn. 2 e 4:
a)In merito ai due nuovi commi 2-bis e 4-bis introdotti nell’art.10 del dm n.270 del 2004, si [#OMISSIS#] quell’esigenza di coordinamento, della quale si diceva, anche in termini di successione fra norme pur di differente livello, con quanto enunciato nell’art.8, comma 1, del dm 14 ottobre 2021 n. 1154 “Autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio”, e nell’allegato 4, punto B, del dm n.289 del 2021 cui esso fa rinvio, anche e solo al fine di rendere chiaro che cosa sopravviva o meno di questa precedente regolazione.
b) si suggerisce, inoltre, di valutare l’opportunità o meno, per una migliore comprensione del quadro regolativo, e specie a fronte di quanto previsto nel comma 4-ter, di chiarire che le nuove possibilità riconosciute con queste disposizioni sono comunque subordinate ad approvazione ministeriale, sentito il CUN, ai sensi dell’art.11, comma 1, della l. 19 novembre 1990, n. 341.
c) nei commi 2-bis e 4-bis, dopo avere introdotto la possibilità che gli ordinamenti dei corsi, sia di laurea sia di laurea magistrale, prevedano negli “ambiti relativi alle attività caratterizzanti, insegnamenti o altre attività formative afferenti a settori scientifico-disciplinari ulteriori rispetto a quelli previsti dalle tabelle allegate ai decreti ministeriali di definizione delle classi”, si stabilisce che in ogni [#OMISSIS#] debbano essere riservati [#OMISSIS#] “àmbiti disciplinari previsti dalle tabelle”, rispettivamente almeno il 40 o 30 per cento dei crediti necessari per conseguire il titolo di studio, con formulazione perciò stesso ambigua, tale da indurre a suggerire di valutare un differente riferimento, non già [#OMISSIS#] “ambiti disciplinari”, che comunque non sono interessati dalla flessibilità riconosciuta nell’incipit di queste disposizioni, ma “alle attività formative afferenti a settori scientifico-disciplinari previsti dalle tabelle” delle classi, ove questo sia l’intendimento delle modifiche come sembrerebbe appunto dall’incipit della [#OMISSIS#].
-art.1, comma 1, lett.d), n.5:
anche con riferimento alla nuova formulazione proposta per la lett.b) del comma 5, dell’art.10 del dm n. 270 del 2004, si [#OMISSIS#] l’esigenza di curarne, e/o esplicitarne, il coordinamento con quanto disposto nel dm 3 febbraio 2021, n.133 “Modifica delle linee [#OMISSIS#] allegate al dm n.386/2007- Flessibilità dei corsi di studio”.
-art.1, comma 1, lett.f)
Circa il comma 2-bis, introdotto all’art.12 del dm n. 270 del 2004, esso appare di difficile comprensione e applicazione. Innanzi tutto, si fa riferimento ai crediti assegnati “solo” a ciascun insegnamento, laddove le attività formative, come ben esplicita lo stesso comma 95 dell’art.17 della l.n.127 del 1997, sono molto più estese, comprensive, ad esempio, di seminari, esercitazioni, tirocini, laboratori. Si raccomanda pertanto di valutare se, effettivamente, ci si intenda qui riferire solo [#OMISSIS#] insegnamenti o se sia preferibile, per chiarezza, riferire i crediti a “ciascuna attività formativa”. Per quanto concerne poi la necessità di determinare tali crediti “tenendo conto degli obiettivi specifici del corso di studio”, si suggerisce di inserire un riferimento anche [#OMISSIS#] “obiettivi formativi specifici dell’attività, in coerenza con gli obiettivi formativi specifici del corso di studio”.
Infine, quanto alla già evidenziata necessità di assicurare un monitoraggio della riforma, atto a garantirne l’effettività e a consentirne la manutenzione, la Sezione ritiene necessario introdurre nel testo una disposizione finale [#OMISSIS#] quale prevedere l’acquisizione e la messa a sistema, da parte della stessa Amministrazione ministeriale, dei tanti dati, qualitativi e quantitativi, già offerti ed elaborati da diversi attori del sistema universitario, come Anvur, e che ad altri, quali il CUN e la CRUI, potrebbero essere richiesti, perché allo stesso Ministero sia possibile verificare e valutare, ad esempio, quanto i corsi di laurea e i corsi di laurea magistrale abilitanti all’esercizio di professioni, nonché i corsi di laurea professionalizzanti riescano a fornire le previste conoscenze e competenze immediatamente esercitabili, quali e quante convenzioni di mobilità siano stipulate fra gli Atenei, quanto la interdisciplinarità sia perseguita, nelle diverse classi di laurea e di laurea magistrale, quanto gli studenti inseriscano nei loro percorsi anche attività formative differenti.
Un’azione di monitoraggio la cui riconduzione al centro statale, ossia al Ministero, appare d’altro canto strettamente funzionale alla sua capacità di governare le stesse riforme delle quali è promotore e di farsi perciò anche sede di “governo”, inteso come indirizzo e coordinamento, del sistema delle autonomie universitarie.
Tutto ciò premesso, la Sezione, preso atto del parere favorevole, senza alcun rilievo o considerazione, reso dal Consiglio Universitario Nazionale (CUN), esprime parere favorevole, con osservazioni.
P.Q.M.
Nei termini suesposti, è il parere favorevole, con osservazioni, della Sezione
L’ESTENSORE
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
Numero 01917/2022 e data spedizione 02/12/2022