N. 00629/2023REG.PROV.COLL.
N. 01900/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1900 del 2021, proposto da
Università degli Studi di -OMISSIS-“-OMISSIS-”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via Principessa [#OMISSIS#], 2;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] da Carpi n. 6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale -OMISSIS- (-OMISSIS-) n. -OMISSIS-;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del dott. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2022 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; nessuno è comparso per le parti;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Con ricorso in appello, ritualmente notificato e depositato in giudizio, l’Università degli studi di -OMISSIS-“-OMISSIS-” ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il TAR -OMISSIS-ha accolto il ricorso di primo grado, proposto dal dott. -OMISSIS-, avente ad oggetto la domanda di annullamento dei seguenti atti:
– il decreto del Rettore dell’Università degli studi di -OMISSIS-“-OMISSIS-” del -OMISSIS-, che ha inflitto al dott. -OMISSIS-la sanzione della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per mesi quattro;
– la delibera del Consiglio di amministrazione di Ateneo reso [#OMISSIS#] seduta del -OMISSIS-;
– il parere espresso dal Collegio di disciplina di Ateneo in data -OMISSIS- nonché tutti gli atti anteriori preordinati e connessi, tra cui l’atto di avvio del procedimento del Rettore in data -OMISSIS-, la nota del Rettore del -OMISSIS-e il verbale del Collegio di disciplina di Ateneo del -OMISSIS-.
1.2. L’Ateneo appellante ha contestato la sentenza impugnata sotto diversi [#OMISSIS#], che nel prosieguo del presente provvedimento saranno oggetto di specifica disamina.
2. Si è costituito in giudizio il dott. -OMISSIS-, contestando le deduzioni di parte appellante e chiedendo conseguentemente il rigetto dell’appello.
3. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno rappresentato compiutamente le rispettive tesi difensive.
4. All’udienza pubblica del 29 novembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5.1. Con il primo motivo, l’Ateneo deduce: errores in iudicando; violazione ed errata interpretazione della normativa sullo status dei ricercatori universitari.
In particolare, l’Ateneo contesta le conclusioni del [#OMISSIS#] di primo grado, che ha ritenuto fondato il quarto motivo del ricorso introduttivo del giudizio, con il quale il ricorrente aveva denunciato la contraddittorietà tra la comunicazione di avvio del procedimento del Rettore (che si sarebbe soffermato solo sul mancato espletamento di corsi [#OMISSIS#] formula delle lezioni frontali e non sul mancato svolgimento di attività didattica integrativa) e le valutazioni espresse dal Collegio di disciplina e dal Consiglio di amministrazione dell’Ateneo.
Fa rilevare invece che nell’atto di contestazione del Rettore del -OMISSIS- (pagina 4, [#OMISSIS#] capoverso) è espressamente richiamato l’art. 32 del d.P.R. n. 382 del 1980, che contiene un esplicito riferimento alle “esercitazioni” (che rientrano [#OMISSIS#] attività didattica integrativa).
Sostiene l’Amministrazione appellante che, diversamente da quanto ritenuto dal [#OMISSIS#] di prime cure, l’atto di contestazione avrebbe evidenziato, anche in relazione alla attività didattica integrativa, la violazione da parte del ricercatore degli obblighi connessi al suo stato giuridico.
5.2. Con un secondo ordine di censure, l’Ateneo contesta le conclusioni del [#OMISSIS#] di primo grado con riguardo al [#OMISSIS#] motivo del ricorso introduttivo del giudizio, che è stato ritenuto fondato sul presupposto della ritenuta contraddittorietà tra la comunicazione di avvio del procedimento, di cui alla nota rettorale del -OMISSIS-, e il parere del Collegio di disciplina del -OMISSIS-, che contiene un riferimento alla non puntuale consegna dei registri delle lezioni, di cui il Rettore non aveva parlato.
L’Amministrazione fa rilevare che il Collegio di disciplina non ha rilevato d’ufficio nuovi elementi di contestazione, non individuati nell’atto di avvio del procedimento, ma ha segnalato che “Dalla documentazione ricevuta dal Rettore e dal dr. -OMISSIS-emerge peraltro una non puntuale redazione e consegna dei registri delle lezioni”. Trattasi di una espressione, diretta ad individuare un modus operandi del ricercatore in ordine alla tenuta dei registri delle lezioni, che comunque non fa venir meno le motivazioni poste alla base del provvedimento disciplinare. A tale riguardo, si richiama il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui, se un provvedimento è fondato su una pluralità di motivazioni, è sufficiente la fondatezza di almeno una di esse a sorreggere l’intero provvedimento.
5.3. Con un terzo ordine di censure, l’Amministrazione appellante contesta la sentenza impugnata anche con riguardo all’accoglimento del motivo aggiunto, con il quale il ricorrente aveva dichiarato di aver redatto e consegnato i registri delle lezioni e delle attività, che non erano stati presi in esame dal Rettore e dal Collegio di disciplina. Attraverso il motivo aggiunto, il ricorrente sosteneva, in buona sostanza, che dai documenti conseguiti a seguito di istanza di accesso sarebbe emersa la correttezza del suo operato, consistente [#OMISSIS#] regolare redazione e consegna dei registri delle attività didattiche. L’acquisizione dei registri delle attività e delle lezioni era scaturita da due istanze di accesso (datate -OMISSIS-), con le quali il dott. -OMISSIS-aveva chiesto all’Ateneo copia dei propri registri delle lezioni e delle attività svolte nei periodi presi in considerazione dal Collegio di disciplina.
L’Ateneo si duole del fatto che il [#OMISSIS#] di prime cure non abbia adeguatamente esaminato l’eccezione di inammissibilità dedotta a riguardo nel giudizio di primo grado dalla Amministrazione resistente.
Dopo aver ripercorso l’intero procedimento disciplinare, l’Amministrazione ripropone l’eccezione di irricevibilità delle doglianze del dott. -OMISSIS-, che nel ricorso introduttivo del giudizio non aveva dedotto nessuna censura che potesse essere ricondotta alla carenza di istruttoria e al travisamento dei fatti, in modo da dimostrare il regolare assolvimento dei compiti assegnati dall’ordinamento.
In buona sostanza, l’Amministrazione sostiene che attraverso la formulazione di motivi aggiunti il ricorrente abbia ampliato il thema decidendum che era stato perimetrato dal ricorso introduttivo del giudizio.
Oltre a ciò, l’Amministrazione eccepisce l’inammissibilità del motivo aggiunto anche sotto un ulteriore profilo, in quanto alcuni dei registri delle lezioni acquisiti successivamente alla istanza di accesso non presenterebbero sui frontespizi elementi di identificazione delle date di consegna (o ricezione) e la indicazione delle sigle e/o timbri degli addetti alla Segreteria.
Nel merito, l’Amministrazione appellante fa rilevare che le doglianze di parte ricorrente sono infondate, in quanto le contestazioni sollevate in seno al procedimento disciplinare non attengono (tanto) alla regolare tenuta dei registri delle lezioni, quanto piuttosto al mancato espletamento di attività didattica (di tipo frontale o integrativa) e al mancato svolgimento di significativa attività di ricerca nell’arco di quasi dieci anni.
5.4. Con un altro ordine di censure, l’Amministrazione contesta la fondatezza del terzo motivo del ricorso di primo grado, con il quale era stata dedotta la mancata valutazione da parte dell’Ateneo della dichiarata disponibilità del dott. -OMISSIS-ad impartire altri insegnamenti nel corso di laurea di -OMISSIS-, né delle comunicazioni con le quali egli aveva informato l’Ateneo della mancata partecipazione degli studenti ai suoi corsi.
L’Ateneo fa rilevare che il procedimento disciplinare e la consequenziale sanzione sono scaturiti dall’accertamento del mancato assolvimento dei compiti di istituto del ricercatore sul piano dell’attività didattica, cui si sarebbe accompagnato anche il mancato svolgimento di attività scientifica in misura adeguata, con la conseguenza che nel periodo considerato il ricercatore avrebbe percepito lo stipendio senza svolgere in realtà attività lavorativa significativa (né attività didattica frontale, né attività didattica integrativa, né attività scientifica).
Quanto poi alla disponibilità manifestata dal dott. -OMISSIS-a svolgere lezioni frontali in altre discipline, il TAR avrebbe errato nel valutare tale disponibilità quale elemento di per sé solo sufficiente ad assolverlo dal mancato svolgimento dei suoi compiti didattici primari. La disponibilità del dott. -OMISSIS-a svolgere lezioni frontali per altri corsi sarebbe stata sporadica e comunque attinente a discipline estranee al proprio settore scientifico disciplinare (-OMISSIS-).
5.5. Con un [#OMISSIS#] ordine di censure, l’appellante deduce: error in iudicando; violazione dei principi in materia di obblighi conformativi rivenienti dalle sentenze amministrative.
In estrema sintesi, l’Amministrazione appellante si duole del fatto che il [#OMISSIS#] di prime cure non si sia pronunciato sul mancato espletamento da parte del dott. -OMISSIS-di significativa attività di ricerca nel periodo in questione, in violazione di quanto previsto dall’art. 7 della legge 21 febbraio 1980 n. 28 e dall’art. 32 del d.P.R. n. 382/1980.
6. L’appello va accolto, per le ragioni di seguito indicate.
6.1. Occorre preliminarmente ricostruire il quadro fattuale e giuridico di riferimento.
Il dott. -OMISSIS- è ricercatore presso il Dipartimento di -OMISSIS-dell’Università degli studi di -OMISSIS-“-OMISSIS-”.
Con nota del -OMISSIS- il Rettore della predetta Università ha avviato nei suoi confronti un procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 17 dello Statuto dell’Ateneo, svolgendo (con riguardo all’arco temporale compreso tra l’anno accademico -OMISSIS-) le seguenti considerazioni:
– dopo aver fatto rilevare che a partire dall’anno accademico -OMISSIS- non risultava lo svolgimento del numero minimo di 24 ore di didattica frontale previsto dal Regolamento, ha evidenziato il dott. -OMISSIS-non aveva provveduto alla consegna dei registri di attività, con esclusione di quelli relativi [#OMISSIS#] anni accademici -OMISSIS- e -OMISSIS-, e che comunque anche con riguardo ai registri consegnati da essi non risultava lo svolgimento di altre attività didattiche integrative;
– con riguardo alla attività di ricerca, non risultava alcun prodotto di ricerca riconducibile al dott. -OMISSIS-nell’arco temporale compreso tra il -OMISSIS-; solo con riguardo -OMISSIS-risultavano pubblicate due monografie (“-OMISSIS-”; “-OMISSIS-”).
Ricevute le controdeduzioni del dott. -OMISSIS-, il Rettore dell’Ateneo, ritenendo che ne sussistessero i presupposti, proponeva la irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per mesi quattro, ai sensi dell’art. 87, comma 2, del r.d. n. 1592/1933; disponeva quindi la trasmissione degli atti al Collegio di disciplina dell’Ateneo per la formulazione del parere di competenza sulla proposta di irrogazione della sanzione disciplinare.
6.2. Il Collegio di disciplina dell’Ateneo, dopo aver proceduto alla audizione del dott. -OMISSIS-, ha ritenuto che questi fosse venuto ai suoi doveri d’ufficio, avendo tenuto “una condotta abitualmente irregolare in merito alla didattica e alla ricerca”; ha quindi proposto all’unanimità, come sanzione congrua e proporzionata ai fatti contestati, la sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per mesi 4, ai sensi dell’art. 87 n. 2 del r.d. 1592/1933, ritenendo che “la complessiva condotta imputabile al ricercatore integri le mancanze di cui alle lettere: b) abituale mancanza ai doveri di ufficio; c) abituale irregolarità di condotta, dell’art. 89 del RD 1592/1933”.
In particolare, il Collegio di disciplina ha evidenziato che:
– sotto il profilo dell’attività didattica, l’impossibilità di portare di portare a compimento gli incarichi di insegnamento affidati (per mancanza di studenti) comportavano l’obbligo per il dott. -OMISSIS-di svolgere le 24 ore di attività didattica integrativa; in particolare, [#OMISSIS#] seduta del -OMISSIS-, il Collegio di disciplina ha affermato: “Alla luce di tale normativa nazionale e di Ateneo ne deriva che qualora un ricercatore non svolga insegnamenti per affidamento, per qualsiasi ragione compresa quindi l’assenza di studenti che determinano la sospensione del corso stesso, riprende vigore l’obbligo di svolgimento delle 24 ore di carico esercitativo previsto dalla delibera -OMISSIS- Senato accademico. Nel [#OMISSIS#] di specie quindi, l’assenza di studenti a lezione e la conseguente impossibilità di portare a [#OMISSIS#] un incarico di insegnamento affidato con consenso al dott. -OMISSIS-, faceva risorgere in lui l’obbligo di svolgere le 24 ore di didattica integrativa, da quanto emerso nel corso del procedimento, ciò non è avvenuto, e non appaiono sufficienti a esonerare da tale obbligo le poche e tardive, almeno da quanto risulta dalla documentazione presentata, comunicazioni inviate dal dott. -OMISSIS-alla segreteria didattica del suo Dipartimento….”.
– sotto il profilo della ricerca, nel periodo che va dal -OMISSIS-non risultava nel catalogo dell’Ateneo alcun prodotto di ricerca riconducibile al dott. -OMISSIS-, avendo questi pubblicato due monografie -OMISSIS-;
– la redazione soltanto di due monografie in un arco temporale di quasi dieci anni non poteva considerarsi espressione di una attività [#OMISSIS#] di ricerca, tenendo anche conto del mancato espletamento di attività di insegnamento (con lezioni di tipo frontale) o di attività didattiche integrative (esercitazioni).
Ha espresso quindi parere favorevole sulla proposta di sanzione disciplinare formulata dal Rettore.
6.3. Sulla base del parere vincolante del Collegio di disciplina, il Consiglio di amministrazione dell’Ateneo ha disposto la irrogazione della sanzione disciplinare, così come proposta.
6.4. L’art. 32 del d.P.R. n. 382/1980, rubricato “Compiti dei ricercatori universitari”, al comma 1, dispone: “I ricercatori universitari contribuiscono allo sviluppo della ricerca scientifica universitaria e assolvono a compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali. Tra tali compiti sono comprese le esercitazioni, la collaborazione con gli studenti nelle ricerche attinenti alle tesi di laurea e la partecipazione alla sperimentazione di nuove modalità di insegnamento ed alle connesse attività tutoriali.
I ricercatori confermati possono accedere direttamente ai fondi per la ricerca scientifica, sia a livello nazionale sia a livello locale. Essi adempiono a compiti di ricerca scientifica su [#OMISSIS#] di loro scelta e possono partecipare ai programmi di ricerca delle strutture universitarie in cui sono inseriti. Possono altresì svolgere, oltre ai compiti didattici, di cui al precedente comma, cicli di lezioni interne ai corsi attivati e attività di seminario secondo modalità definite dal consiglio del corso di laurea e d’intesa con i professori titolari degli insegnamenti ufficiali. Possono altresì partecipare alle commissioni d’esame di profitto come cultori della materia.
I consigli delle facoltà dalle quali i ricercatori dipendono determinano, ogni anno accademico, gli impegni e le modalità di esercizio delle funzioni scientifiche e di quelle didattiche.
Per le funzioni didattiche il ricercatore è tenuto ad un impegno per non più di 250 ore annue annotate dal ricercatore medesimo in apposito registro. Il ricercatore è inoltre tenuto ad assicurare il suo impegno per le attività collegiali negli Atenei, ove investito della relativa rappresentanza.
Le predette modalità sono definite, sentito il ricercatore interessato, dal consiglio del corso di laurea, per quanto concerne le attività didattiche, e, per quanto concerne la ricerca scientifica e l’accesso ai relativi fondi, dal Dipartimento, se costituito, ovvero dal consiglio di istituto nel quale il ricercatore è inserito per la ricerca”.
L’art. 6 (Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo) della legge 240/2010, al comma 3. stabilisce che “I ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio [#OMISSIS#] studenti, inclusi l’orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell’apprendimento, fino ad un [#OMISSIS#] di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un [#OMISSIS#] di 200 ore in regime di tempo definito”.
L’art. 6 della l. n. 240/2010 attribuisce dunque [#OMISSIS#] Atenei il compito di definire l’attività didattica integrativa che deve essere svolta dai ricercatori; tale aspetto è stato disciplinato dalla Università -OMISSIS-, con delibera del Senato Accademico del -OMISSIS- n. 1, le cui previsioni sono state poi recepite nel Regolamento didattico dell’Ateneo.
L’art. 87 del r.d. n. 1592/1933 individua le sanzioni disciplinari irrogabili ai professori universitari, mentre l’art. 89 del predetto decreto individua le carenze comportamentali che giustificano l’applicazione di alcune sanzioni disciplinari (tra cui quella della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio).
6.5. Tanto premesso, il Collegio deve rilevare che non corrisponde al vero il fatto che già [#OMISSIS#] comunicazione di avvio del procedimento non fosse stata rilevato il mancato svolgimento di attività didattica integrativa da parte dell’odierno appellato.
Come sopra evidenziato, [#OMISSIS#] nota del -OMISSIS-, il Rettore, dopo aver fatto rilevare che a partire dall’anno accademico -OMISSIS- non risultava lo svolgimento del numero minimo di 24 ore di didattica frontale previsto dal Regolamento, sulla base dei registri delle attività relativi [#OMISSIS#] anni accademici -OMISSIS- e -OMISSIS-, ha evidenziato anche che da essi non risultava lo svolgimento di attività didattiche integrative.
6.6. A prescindere dalle contestazioni sollevate dalla Amministrazione appellante in ordine alle modalità di ritrovamento dei registri delle attività e delle lezioni e alle altre anomalie rilevate con riguardo ai frontespizi dei predetti registi, sulla base della documentazione in atti, il Collegio ritiene che gli elementi posti alla base del provvedimento disciplinare impugnato non concernono la più o meno regolare tenuta dei predetti registri, ma il fatto (sostanzialmente non controverso) che l’odierno appellato non ha svolto per un arco temporale di quasi dieci anni attività didattica di tipo frontale né attività didattica integrativa, in contrasto con quanto espressamente previsto dal Regolamento di Ateneo.
Se dunque il mancato espletamento dei corsi di insegnamento non può essere imputato al dott. -OMISSIS-, essendo da attribuire alla mancanza di studenti, il mancato svolgimento di esercitazioni o di altra attività didattica integrativa comporta una sicura violazione dei doveri d’istituto, codificati dal Regolamento dell’Ateneo e giustifica l’irrogazione della sanzione disciplinare contestata, in quanto il ricercatore ha percepito la retribuzione connessa al suo status di ricercatore, senza svolgere in realtà per un arco di tempo considerevole alcuna attività didattica (né di tipo frontale, né di natura integrativa).
5.6. Oltre a ciò, la sentenza impugnata non prende posizione sull’altro addebito, pure posto alla base del provvedimento disciplinare impugnato, ossia la scarsa attività di ricerca svolta dal ricercatore nell’arco temporale di quasi dieci anni.
L’obbligo dei ricercatori universitari di svolgere attività di ricerca trova il suo fondamento normativo nell’art. 32 del d.P.R. n. 382/1980 e nell’art. 6, comma 3, della l. n. 240/2010, sopra richiamati.
L’art. 6, commi 7 e 8, della l. n. 240/2010, da un lato, demanda ai regolamenti di Ateneo la verifica dell’effettivo svolgimento dell’attività didattica e di servizio [#OMISSIS#] studenti dei professori e dei ricercatori, a fini della loro valutazione, dall’altro, attribuisce all’ANVUR il compito di stabilire criteri oggettivi di verifica dei risultati dell’attività di ricerca, prevedendo in [#OMISSIS#] di valutazione negativa, la esclusione dei professori e dei ricercatori dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.
Dalle disposizioni normative sopra richiamate emerge quindi che l’attività di ricerca demandata ai ricercatori universitari assume una rilevanza giuridica fondamentale non solo, ai fini della loro valutazione personale, ma anche più in generale per il prestigio e l’autorevolezza dell’Ateneo di appartenenza.
Orbene, risulta non controverso che l’appellato non ha effettuato alcuna pubblicazione nell’arco temporale compreso tra il -OMISSIS- e, solo con riferimento-OMISSIS-ha comprovato la pubblicazione di due brevi monografie; appare quindi fondato il giudizio formulato dal Collegio di disciplina che ha ritenuto la produzione scientifica dell’appellato sintomatica di un’attività professionale discontinua.
Giuridicamente irrilevante, ai fini dello scrutinio della legittimità del provvedimento disciplinare impugnato, è il fatto che l’appellato abbia comprovato, in seguito ad accesso documentale, la presentazione dei registri delle lezioni e delle attività, in quanto gli obblighi di regolare tenuta dei predetti registri sono solo funzionali alla verifica dell’esecuzione da parte del ricercatore universitario dei suoi doveri di istituto e, nel [#OMISSIS#] di specie, il dott. -OMISSIS-non ha adeguatamente dimostrato, né in sede procedimentale né in sede processuale, il corretto adempimento degli obblighi connessi al suo status di ricercatore, rivenienti dalle disposizioni normative sopra richiamate e dal Regolamento di Ateneo.
6. Per le ragioni sopra richiamate, assorbita ogni altra censura, il ricorso in appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado (come integrato dai motivi aggiunti) deve essere respinto.
7. La natura e la peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio giustificano nondimeno l’equa compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado (come integrato dai motivi aggiunti).
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellato e di qualsiasi elemento idoneo ad identificarlo.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 29 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 18/01/2023