Consiglio di Stato, Sez. VII, 5 aprile 2023, n. 3519

Art. 24, commi 5 e 6 della legge n. 240/2010 - Requisiti di ammissione alle procedure valutative

Data Documento: 2023-04-06
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

Relativamente a una controversia avente ad oggetto una procedura valutativa per la chiamata di un posto di professore di prima fascia, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il Consiglio di Stato ha rilevato che il tenore letterale della disposizione normativa richiamata non depone per la necessità del possesso di un ulteriore requisito, oltre a quelli espressamente previsti, di appartenenza alla medesima Università e di essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale.

Il richiamo contenuto nello stesso comma 6 del citato art. 24 – secondo cui “la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università medesima e che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’art. 16″ – non appare di per sé sufficiente a motivare la presunta assimilazione, per ciò che concerne la valutazione dei requisiti, tra le differenti situazioni disciplinate nei due commi  5 e 6 dell’articolo 24.

Esiste una centrale differenza tra la procedura di cui al comma 5, strumento di stabilizzazione per i ricercatori a tempo determinato che possono avvalersi di un percorso ad hoc per acquisire la qualifica di professore associato, ove nell’ambito di una progressione di tipo verticale emerge come ragionevolmente fondato considerare l’elemento di appartenenza, nella medesima Università, al medesimo settore scientifico-disciplinare del posto da ricoprire, e quella del comma 6, dove una tale condizione, oltre a non trovare riscontro nella previsione di legge, riguardando la mera progressione di carriera di posizioni professionali già strutturate nell’ateneo, sarebbe nel contempo irragionevole e foriera di avanzamenti ad personam, secondo le disponibilità di ciascun Dipartimento, in contraddizione con il principio del favor partecipationis che deve assistere procedure di tipo comparativo quale quella in esame, per la selezione della migliore professionalità in relazione al posto di docenza da assegnare.

Contenuto sentenza

03519/2023REG.PROV.COLL.

05827/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5827 del 2022, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. P. Da Palestrina n.47;

contro

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Università degli Studi “G. D'[#OMISSIS#]” Chieti-Pescara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) n. 00234/2022, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e dell’Università degli Studi “G. D'[#OMISSIS#]” Chieti-Pescara;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2023 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La presente controversia ha ad oggetto la procedura valutativa per la chiamata di un posto di professore di prima fascia, ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, per il settore scientifico disciplinare 14/C1 Generale, settore concorsuale SPS/07, presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche e Sociali dell’Università degli Studi “[#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#]” Chieti-Pescara.

La procedura veniva indetta con decreto rettorale DR n. 1713/2021, il cui articolo 3, sui requisiti di ammissione, stabiliva che sarebbero stati ammessi a partecipare “i professori di seconda fascia, già in servizio presso l’Università degli Studi “G. D’[#OMISSIS#]” di Chieti-Pescara, che siano in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale ai sensi dell’art. 16 della legge 240/2010 per il settore concorsuale ovvero per uno dei settori concorsuali ricompresi nel medesimo macrosettore e per le funzioni oggetto del procedimento”.

Presentavano domanda due candidate, la prof.ssa [#OMISSIS#] e la prof.ssa [#OMISSIS#] – odierna appellante, risultata vincitrice – entrambe in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale nel settore concorsuale oggetto della procedura valutativa.

All’esito, era nominata vincitrice la prof. [#OMISSIS#], attuale appellante.

Avanti il [#OMISSIS#] di prime cure, l’odierna appellata (prof.ssa [#OMISSIS#]), seconda classificata, ha impugnato il decreto rettorale n. 2150 del 21 dicembre 2021, con cui sono stati approvati gli atti della procedura valutativa e nominata la vincitrice della selezione.

In particolare, la ricorrente (impugnando anche il bando e il regolamento di ateneo), contestava alla prof.ssa [#OMISSIS#] la mancanza di un requisito partecipativo, e cioè l’inquadramento in ruolo nel medesimo settore disciplinare (SSD) della disciplina messa a concorso all’atto della presentazione della candidatura.

In altri termini, la ricorrente sosteneva che alla procedura selettiva in oggetto avrebbero potuto partecipare soltanto i candidati i quali, già dipendenti dell’Università che aveva bandito il concorso, oltre ad essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale per il SSD di Sociologia Generale, siano altresì formalmente inquadrati [#OMISSIS#] pianta organica dell’Ateneo, ma in una posizione di ruolo afferente al medesimo SSD di Sociologia Generale.

Poiché la prof.ssa [#OMISSIS#], al momento della presentazione della domanda di partecipazione, era sì dipendente di ruolo dell’Università “G. D’[#OMISSIS#]” quale professore associato in possesso dell’abilitazione nazionale a professore di prima fascia in Sociologia Generale, ma, tuttavia, risultava inquadrata nel diverso SSD Logica e Filosofia della Scienza, afferente ad un settore concorsuale (SC 11/C2) diverso da quello messo a concorso (SC 14/C1), secondo la prospettazione di parte ricorrente non avrebbe potuto essere ammessa alla procedura selettiva.

L’ateneo resistente, in primo grado, ha dedotto invece che ai sensi dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240/2010, è sufficiente il duplice requisito del possesso della abilitazione scientifica nazionale per quel SSD e dell’essere dipendente dell’Università che bandisce il concorso, anche se per un diverso SSD, e, dunque, a prescindere dall’inquadramento in atto.

Il TAR adito ha accolto il ricorso, considerando gli atti impugnati illegittimi, [#OMISSIS#] parte in cui hanno consentito l’ammissione dell’allora controinteressata, odierna appellante, che era inquadrata [#OMISSIS#] Università come professore associato in un diverso settore disciplinare (SSD) rispetto a quello oggetto della procedura.

DIRITTO

In sede di odierno appello, è stato dedotto, in via principale, un unico motivo, volto a contestare in radice la sentenza di accoglimento del TAR:

– Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 L. n. 241/2010. Erroneità ed insufficienza della motivazione. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

In particolare, deduce l’appellante che il Tar sarebbe incorso in un evidente errore giuridico.

La procedura di chiamata di professori di prima fascia di cui all’art. 24, comma 6, della legge n. 240/2010, presuppone, secondo l’appellante, quale unico ulteriore requisito di ammissione, oltre alla appartenenza all’Università che bandisce il concorso interno, il possesso dell’abilitazione scientifica nazionale nel settore concorsuale oggetto della selezione.

Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata, ad avviso dell’appellante, si snoda intorno ad un postulato completamente distonico rispetto alla lettera della legge ed alla ratio sottesa, e cioè che le procedure declinate ai commi 5 e 6 dell’art. 24 della legge sarebbero sostanzialmente analoghe, imponendo ai candidati di appartenere ai ruoli dell’ateneo che bandisce il concorso, di possedere l’abilitazione scientifica nazionale per il SSD del posto messo a concorso e di essere inquadrati nel SSD dell’insegnamento da ricoprire in [#OMISSIS#] di esito favorevole [#OMISSIS#] procedura selettiva.

Il [#OMISSIS#] di prime cure non ha considerato, secondo l’appellante, le intrinseche diversità che caratterizzano le due tipologie di procedure concorsuali riservate, dedicate rispettivamente ai ricercatori a tempo indeterminato per la chiamata a professore associato ed ai professori associati che intendano concorrere per un posto di ordinario.

L’esame complessivo della normativa evidenzia, secondo l’appellante, che per quanto il comma 6 dell’art. 24 della legge n. 240/2010 contenga un richiamo alla procedura di cui al comma 5 dello stesso articolo, è evidente la differenza fra le ratio rispettivamente sottese alle due distinte modalità di progressione di carriera: mentre la prima (comma 5) mira a consentire al ricercatore di tipo B la stabilizzazione nel ruolo del personale docente a tempo indeterminato, quella del comma 6 consente ai docenti già definitivamente inquadrati [#OMISSIS#] pianta organica dell’ateneo di aspirare all’upgrade [#OMISSIS#] fascia superiore.

Tale differenza comporta una significativa asimmetria, sul piano dei requisiti partecipativi, fra le due ipotesi. Mentre appare ragionevole, osserva l’appellante, pretendere dal ricercatore di tipo B, candidato a una valutazione individuale, oltre alla abilitazione scientifica, anche l’afferenza al SSD del posto da ricoprire mediante la progressione verticale di carriera, al contrario il requisito in questione non è funzionale al perseguimento di alcuna finalità in riferimento alla procedura comparativa di cui al comma 6, dato che le figure professionali contemplate sono tutte già inquadrate stabilmente nei ruoli docenti dell’ateneo, anzi con il paradossale effetto, diversamente opinando, di sollecitare gli atenei alla elaborazione di veri e propri bandi fotografia per candidati interni ai dipartimenti, ai quali in tal modo si garantirebbe la certezza [#OMISSIS#] promozione alla fascia superiore del ruolo docente.

Circoscrivere ulteriormente il novero dei potenziali aspiranti ad una procedura ex comma 6 alla categoria dei candidati “interni al dipartimento”, soggiunge l’appellante, significherebbe trasformare indebitamente quella che il legislatore ha delineato come procedura comparativa in una sorta di chiamata diretta.

Il diverso inquadramento formale dell’appellante avrebbe dovuto avere, a differenza di quanto ritenuto dal primo [#OMISSIS#], alcuna rilevanza ai fini della sua ammissione alla procedura di chiamata, posto che il possesso del titolo abilitativo nel settore disciplinare e concorsuale oggetto della procedura assorbe qualsivoglia profilo inerente l’afferenza formale dell’odierna appellante.

-in via subordinata, l’appellante deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 34, comma, lett. a) cpa; violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato; eccesso di potere per sviamento.

Ritiene l’appellante che, qualora non fosse condiviso il motivo di appello appena descritto, non ci si potrebbe tuttavia esimere dal riformare la sentenza impugnata [#OMISSIS#] parte in cui, dettando una sorta di regola conformativa, ha affermato che dall’accoglimento del primo ordine di censure deriverebbe il pieno riconoscimento del diritto della ricorrente alla assunzione, non essendo contestato che la medesima sia risultata idonea, sebbene con una posizione in graduatoria immediatamente successiva a quella dell’allora controinteressata.

Poiché l’art. 34, comma 1, lett. a) cod. proc. amm. stabilisce che, in [#OMISSIS#] di accoglimento del ricorso il [#OMISSIS#], nei limiti della domanda, annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato, secondo l’appellante l’accoglimento del primo ordine di censure formulato dalla prof.ssa [#OMISSIS#] comporta l’annullamento delle conferenti disposizioni di bando e di regolamento di ateneo, con la conseguenza che, per ottemperare alla decisione, l’Università sarà tenuta a modificare il regolamento chiamate di ateneo e ad approvare un nuovo bando emendato del vizio riscontrato, consistente appunto nel non aver contemplato in termini univoci l’ulteriore requisito partecipativo.

Con ordinanza cautelare della Sezione n. 4364/2022 è stata accolta l’istanza cautelare richiesta dall’odierna appellante.

Nelle more del giudizio di appello, sono state presentate memorie: da parte appellante, depositata il 20/01/2023, e da parte appellata, in replica, depositata in data 30/01/2023.

Con la prima, l’appellante ha ribadito la differenza tra le procedure di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 24 della legge n. 240/2010, con riferimento, nel [#OMISSIS#] di specie, all’irrilevanza del diverso inquadramento formale dell’appellante ai fini della sua ammissione alla procedura di chiamata.

In particolare, è stata richiamata la sentenza Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 7155/2018, a sostegno dell’interpretazione prospettata nel ricorso di appello.

La sentenza citata risulta particolarmente significativa, poiché la Sezione Sesta, in tale occasione, attraverso un’ampia motivazione, ha accolto la tesi della più estesa partecipazione alla procedura selettiva, aperta anche ai docenti in servizio incaricati di insegnamenti riguardanti settori disciplinari diversi da quello oggetto del bando, condividendo l’opinione allora sostenuta dai difensori dell’attuale appellata.

L’appellante contro deduce, poi, gli altri motivi, ritenuti assorbiti dal [#OMISSIS#] di primo grado ma riproposti dall’appellata, ritenendoli inammissibili o infondati.

Con la propria memoria, l’appellata si sofferma nuovamente sulle motivazioni poste a base dell’infondatezza dell’appello, richiamando la sentenza del Consiglio di Stato, VI, n. 1841/2020, citata anche dal [#OMISSIS#] di prime cure, in particolare per i [#OMISSIS#] di assimilazione delle procedure di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 24 della legge n. 240/2010.

Si confermano, poi, gli argomenti già spesi in primo grado circa i motivi dichiarati assorbiti.

In particolare, con il secondo motivo di ricorso era stata censurata l’illegittima attribuzione all’odierna appellante, da parte della Commissione, di un punteggio [#OMISSIS#] insegnamenti che quest’[#OMISSIS#] ha impartito e che non sarebbero congruenti con il settore scientifico per il quale era bandita la procedura. Tuttavia, ritiene il Collegio sul punto di non rinvenire [#OMISSIS#] normativa applicabile al [#OMISSIS#] di specie, e cioè le richiamate disposizioni della legge n. 240/2010 e del d.m. n. 243/2011, specifiche e formali limitazioni di ammissibilità alla valutazione di determinate categorie di pubblicazioni, [#OMISSIS#] restando la piena facoltà della Commissione, nelle propria discrezionalità tecnica, di apprezzarne o denegarne la rilevanza ai fini delle proprie valutazioni e dell’attribuzione dei relativi punteggi.

Quanto al terzo motivo di ricorso in primo grado, parte appellata ribadisce che l’Ateneo di Chieti ha recepito nel proprio Piano integrato della performance, della trasparenza e della prevenzione della corruzione 2021/2023, approvato dal Consiglio di Amministrazione in data 26 gennaio 2021, le raccomandazioni dell’aggiornamento 2017 al Piano nazionale anticorruzione, tuttavia non conformando le modifiche del proprio regolamento alle suddette raccomandazioni, in particolare per quanto riguarda il numero dei membri delle commissioni e le modalità di sorteggio dei commissari.

Anche tale motivo non appare al Collegio convincente, ove si consideri, come pure rilevato da parte appellante, e per quanto eventualmente significativo ai fini del presente contenzioso, la natura non vincolante delle raccomandazioni, [#OMISSIS#] restando la necessaria coerenza generale delle disposizioni regolamentari adottate da ciascun Ateneo con gli obiettivi e le finalità della pianificazione nazionale.

Sul quarto motivo dell’originario ricorso, concernente la valutazione analitica delle pubblicazioni presentate dall’odierna appellante, parte appellata ribadisce che alcune di quelle presentate dall’appellante, pur valutate, non risultano congruenti al settore scientifico per cui è stata bandita la procedura. Tuttavia, ad avviso del Collegio – [#OMISSIS#] restando l’apprezzamento tecnico-discrezionale della Commissione, cui non è dato al [#OMISSIS#] amministrativo sostituirsi se non a fronte di macroscopiche ed evidenti illogicità – non appare provato in atti che le pubblicazioni contestate da parte appellata siano da considerarsi estranee o non congruenti al s.s.d. per cui è stata bandita la procedura.

L’appello è fondato.

Osserva il Collegio che, come emerge dagli atti di causa, dirimente ai fini della decisione risulta l’interpretazione della relazione tra i commi 5 e 6 della citata legge n. 240/2010.

Al riguardo, va premesso che il tenore letterale della disposizione normativa richiamata, il comma 6 dell’art. 24, non depone per la necessità del possesso di un ulteriore requisito, oltre a quelli espressamente previsti, di appartenenza alla medesima Università e di essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale.

Si soggiunge che, ad avviso del Collegio, il richiamo contenuto [#OMISSIS#] stesso comma 6 del citato art. 24 secondo cui “ (….) la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università medesima e che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’art. 16 (….)” non appare di per sé sufficiente a motivare la presunta assimilazione, per ciò che concerne la valutazione dei requisiti, tra le differenti situazioni disciplinate nei due commi ( 5 e 6) dell’articolo 24.

Ciò posto, appare al Collegio convincente e qui condiviso l’approccio costituzionalmente orientato espresso dalla giurisprudenza di questo Consiglio con la sentenza n. 7155/2018, secondo la quale, premesso che “Nell’attuale contesto normativo, la copertura dei posti da professore ordinario e associato può avvenire mediante due diverse modalità: mediante procedura selettiva aperta a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e ai professori già in servizio (art. 18, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.); per un [#OMISSIS#] della metà dei posti disponibili, attraverso le procedure di selezione mediante “upgrading”, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Le disposizioni dal [#OMISSIS#] citate consentono alla singola Università, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione», di valutare i docenti titolari di contratto, in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professori ordinari (se professori associati). In particolare, il comma 5, riguarda la procedura di valutazione del ricercatore con contratto a [#OMISSIS#], ai fini della sua chiamata nel ruolo di professore associato; il comma 6, per il periodo transitorio dalla data di entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, prevede che la medesima procedura di cui al comma 5 possa essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima (….)».

Prosegue la citata sentenza evidenziando che “Il tratto differenziale tra i due dispositivi di accesso è costituito dal fatto che, mentre il primo ha natura concorsuale – quindi aperto a tutti i candidati interessati –, il secondo prevede un meccanismo di reclutamento eccezionale riservato ai soli “interni”, ovvero al ricercatore o al professore già incardinato presso l’Università. Sennonché, la rinuncia alla massima concorsualità tipica della procedura aperta, non significa affatto che tale peculiare forma di progressione interna sia rimessa a valutazioni “libere” (secondo un criterio intuitu personae) e non trasparenti”.

Il richiamo a procedure che, per quanto non in stretto senso concorsuali devono mantenere criteri oggettivi e imparziali di valutazione consente al [#OMISSIS#] di preferire “l’interpretazione secondo cui tutti i candidati “interni” alla stessa Università, in possesso dei medesimi requisiti, devono essere posti in grado di partecipare alla procedura di reclutamento in condizioni di parità. Non sarebbe invece conforme a Costituzione una [#OMISSIS#] che consentisse ad una pubblica amministrazione di potere operare progressioni interne “ad personam”.

Risulta desumibile da tali principi la differenza tra la procedura di cui al comma 5, strumento di stabilizzazione per i ricercatori a tempo determinato che possono avvalersi di un percorso ad hoc per acquisire la qualifica di professore associato, ove nell’ambito di una progressione di tipo verticale emerge come ragionevolmente fondato considerare l’elemento di appartenenza, [#OMISSIS#] medesima Università, al medesimo settore scientifico-disciplinare del posto da ricoprire, e quella del comma 6, dove una tale condizione, oltre a non trovare riscontro [#OMISSIS#] previsione di legge, riguardando la mera progressione di carriera di posizioni professionali già strutturate nell’ateneo, sarebbe nel contempo irragionevole e foriera di avanzamenti ad personam, secondo le disponibilità di ciascun Dipartimento, in contraddizione con il principio del favor partecipationis che deve assistere procedure di tipo comparativo quale quella in esame, per la selezione della migliore professionalità in relazione al posto di docenza da assegnare.

Non appare sufficiente e non convince, per [#OMISSIS#], stante la differente finalità delle due progressioni di carriera, una volta alla stabilizzazione, l’altra a selezionare la migliore professionalità per la copertura di un posto disponibile in una determinata area scientifica, il mero riferimento, contenuto nel comma 6, secondo cui “(la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’Università medesima che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’art. 16 (…)”, e ciò a maggior ragione ribadendo, fermi restando i criteri interpretativi appena richiamati, che il requisito ulteriore dell’afferenza al medesimo settore scientifico-disciplinare del posto da ricoprire non è previsto dalla legge.

L’appello, pertanto, va accolto, con conseguente rigetto del ricorso proposto in primo grado.

Sussistono peculiari ragioni, correlate alla non univocità degli indirizzi interpretativi in materia, per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 21 febbraio 2023 con l’intervento dei magistrati:

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere

[#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], Consigliere

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere

[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore

Pubblicato il 05/04/2023