L’art. 6 della Legge n. 240 del 2010 non attribuisce ai ricercatori a tempo determinato il diritto di scegliere tra il regime a tempo pieno e il regime a tempo definito, riconoscendo tale prerogativa soltanto ai ricercatori di ruolo.
TAR Sicilia, Sez. I, 4 gennaio 2024, n. 31
Ai ricercatori a tempo determinato non è attribuito il diritto di scegliere tra il regime a tempo pieno e il regime a tempo definito
00031/2024 REG.PROV.COLL.
01234/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1234 del 2023, proposto da Rosa Geraci, rappresentata e difesa dall’avvocato Cristiano [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e con domicilio fisico eletto presso lo studio del predetto difensore in Palermo, via G. Campolo n. 72;
contro
l’Università degli Studi di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Ducato e [#OMISSIS#] Vincifori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e con domicilio fisico eletto presso i locali del Rettorato siti in Palermo, Piazza Marina n. 61 (Palazzo Steri);
per l’annullamento
– della Delibera del Consiglio di Amministrazione, Numero repertorio: 709/2023 – Numero protocollo: 80663/2023, del 26-5-2023 nella parte in cui ha rigettato l’istanza di opzione a tempo definito della ricorrente;
– della delibera del Consiglio di Dipartimento di Giurisprudenza Numero repertorio: 80/2023 – Numero protocollo: 69244/2023 (UNPA CLE 7278/23) recante il parere negativo richiamato dalla Delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Palermo impugnata;
– ove occorra del Bando di Selezione limitatamente all’art 14. ove interpretato nel senso di impedire l’esercizio del diritto di optare per il tempo definito e di ogni altro atto collegato, prodromico e consequenziale;
E PER LA DECLARATORIA
del diritto della ricorrente a potere svolgere la propria attività lavorativa di ricerca optando per il tempo definito così come previsto dall’art. 6, comma 6, L.240/2010.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Palermo, con le relative deduzioni difensive e la documentazione;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Vista l’ordinanza cautelare n. 480 del 14 settembre 2023;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il consigliere [#OMISSIS#] Cappellano, e uditi i difensori delle parti, presenti come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
A. – Con il ricorso in esame, notificato il 21 luglio 2023 e depositato il 17 agosto, l’odierna istante ha impugnato gli atti indicati in epigrafe e, in particolare, la delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Palermo, del 26 maggio 2023, nella parte in cui ha rigettato l’istanza di opzione a tempo definito presentata dalla ricorrente, e la presupposta delibera n. 80/2023, con cui il Consiglio di Dipartimento di Giurisprudenza ha espresso il parere negativo su tale istanza; nonché, ha gravato, ove necessario, l’art. 14 del bando di selezione se interpretato nel senso di impedire l’esercizio del diritto di optare per il tempo definito.
Espone al riguardo che:
– con decreto rettorale del 5 agosto 2022 è stato emanato il bando per la copertura, tramite procedure selettive per titoli e colloquio, di cinque posti di ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Giurisprudenza, per i settori di diritto amministrativo, diritto commerciale, diritto del lavoro, diritto internazionale e diritto tributario;
– la ricorrente ha partecipato per il settore “diritto tributario” risultando vincitrice e, svolgendo la professione forense, prima di essere incardinata presso l’Ateneo, ha presentato istanza ai sensi dell’art. 6 della l. n. 240/2010 optando per il regime di impegno a tempo definito; istanza, rigettata dal Consiglio di Amministrazione dell’Università con la contestata delibera, sulla base del parere negativo reso dal Consiglio di Dipartimento di Giurisprudenza con la delibera n. 80/2023;
– la stessa istanza era stata presentata da un’altra vincitrice, per il settore “diritto commerciale”, accolta dal Consiglio di Amministrazione;
– l’odierna istante ha pertanto presentato un’istanza di riesame il 30 giugno 2023, ma la predetta è stata convocata per la stipula del contratto con regime a tempo pieno, cui ha fatto seguire una pec ribadendo di optare per il tempo definito.
Si duole di tale esito, affidando il ricorso alle censure di:
1) NULLITA’ EX ART. 21 SEPTIES L. 241/90. VIOLAZIONE DELL’ART. 6 L. 240/2010. VIOLAZIONE ARTT. 16 E 23 REGOLAMENTO PER LA DISCIPLINA DELLA CHIAMATA DEI PROFESSORI DI PRIMA E SECONDA FASCIA E PER IL RECLUTAMENTO DEI RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO, EMANATO CON IL D.R. N. 2663 DEL 9 GIUGNO 2022;
2) ECCESSO DI POTERE PER CARENZA E MANIFESTA CONTRADDITORIETA’ DELLA MOTIVAZIONE. ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI;
3) ECCESSO DI POTERE PER DISPARITA’ DI TRATTAMENTO.
Ha, quindi, chiesto, previa misura cautelare, l’annullamento degli atti impugnati e la declaratoria del diritto a svolgere la propria attività optando per il tempo definito, come previsto dall’art. 6 della l. n. 240/2010; con vittoria di spese da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
B. – Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Palermo, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato, con replica di parte ricorrente.
C. – Con ordinanza cautelare n. 480 del 14 settembre 2023 è stata fissata la data della discussione del ricorso nel merito.
D. – All’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023, presenti i difensori delle parti come da verbale, il difensore della ricorrente ha richiamato la sentenza del C.G.A. n. 583/2023 e la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
A. – Viene in decisione il ricorso promosso dall’odierna istante avverso la delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Palermo, del 26 maggio 2023, nella parte in cui ha rigettato la sua istanza di opzione a tempo definito, e la presupposta delibera n. 80/2023, con cui il Consiglio di Dipartimento di Giurisprudenza ha espresso il parere negativo su tale istanza.
Con detto gravame è stato impugnato, ove necessario, anche l’art. 14 del bando di selezione se interpretato nel senso di impedire l’esercizio del diritto di optare per il tempo definito.
B. – Il ricorso non è fondato.
B.1. – Il primo motivo non è fondato.
Sostiene la ricorrente che, in base all’art. 6, co. 6, della l. n. 240/2010, la predetta sarebbe titolare di un diritto soggettivo alla scelta dell’opzione “tempo definito”, censurando l’art. 14 del bando se inteso nel senso di negare tale diritto in capo al ricercatore a tempo determinato.
La prospettazione non può essere accolta, in quanto priva di aggancio normativo.
Deve a tal fine essere sinteticamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, in relazione alla categoria dei ricercatori a tempo determinato.
L’art. 6 della l. n. 240/2010 – rubricato “Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo” – disciplina, appunto, lo stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo, cioè dei ricercatori a tempo indeterminato disciplinati dalla precedente normativa contenuta prima nel d.P.R. n. 382/1980 e, successivamente, nel d.l. n. 57/1987; per quanto qui di specifico interesse, l’art. 6 al comma 6 stabilisce che “L’opzione per l’uno o l’altro regime di cui al comma 1 è esercitata su domanda dell’interessato all’atto della presa di servizio ovvero, nel caso di passaggio dall’uno all’altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell’inizio dell’anno accademico dal quale far decorrere l’opzione e comporta l’obbligo di mantenere il regime prescelto per almeno un anno accademico”.
Tale disposizione pertanto stabilisce l’opzione per uno dei due regimi – regime a tempo pieno; regime a tempo definito, di cui al comma 1 – delimitando tale disciplina al solo ricercatore di ruolo, il quale è titolare del diritto di scegliere uno dei due regimi “all’atto della presa di servizio”.
Al ricercatore a tempo determinato, per contro, si applica l’art. 24 della stessa l. n. 240/2010 – rubricato “Ricercatori a tempo determinato” – il quale al comma 4 prevede che “I contratti di cui al comma 3 (id est: i contratti per ricercatore a tempo determinato) possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito. L’impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a 350 ore per il regime di tempo pieno e a 200 ore per il regime di tempo definito”.
Tale categoria trova, quindi, la sua disciplina unicamente nel su richiamato art. 24, come indirettamente confermato dalla disciplina attuativa dell’Ateneo contenuta nel “Regolamento per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia e per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato”: invero, l’art. 23 del Regolamento si limita ad estendere ai titolari di contratti a tempo determinato le disposizioni di cui all’art. 6, commi 9, 10, 11 e 12 della l. n. 240/2010 in tema di incompatibilità, senza richiamare – e, quindi, senza rendere applicabile – il comma 6 dell’art. 6.
Ne consegue che, ai fini pretesi dalla ricorrente (di essere titolare di un diritto soggettivo alla scelta tra tempo pieno e tempo definito), l’art. 23 del regolamento si presenta del tutto neutro.
Non convince neppure il richiamo all’art. 16, co. 3, dello stesso Regolamento, il quale – coerentemente con quanto disposto dall’art. 24 della l. n. 240/2010 – fa invero riferimento ai “contratti” di cui al comma 1, i quali “possono” prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito; e la scelta dell’Ateneo, con il bando reso pubblico, è stata univocamente quella di selezionare ricercatori a tempo pieno.
Sotto tale specifico profilo, è infatti sufficiente osservare che il bando – impugnato solo con riferimento all’art. 14 – fa espressamente riferimento al “tempo pieno” anche agli articoli 1, 12 e 13, dando evidenza della precisa scelta dell’Università di reclutare ricercatori a tempo pieno.
Quanto finora rilevato rende, pertanto, destituita di fondamento la premessa di fondo da cui muove la ricorrente circa la titolarità di un diritto soggettivo ad optare per uno dei due regimi; laddove, sussiste piuttosto una posizione di interesse legittimo a fronte dell’ampio potere discrezionale dell’Ateneo di valutare la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento o meno di tale istanza.
Del resto, va osservato che:
– il precedente citato nel ricorso (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 25 gennaio 2022, n. 66) attiene ad un professore di seconda fascia, per il quale, come chiarito, trova applicazione l’art. 6 della l. n. 240/2010;
– la decisione del C.G.A. n. 583/2023 – menzionata dalla difesa del ricorrente in udienza – attiene alla diversa fattispecie di un concorso indetto a dicembre 2010 per ricercatore a tempo indeterminato.
Ne consegue la legittimità dell’art. 14 del bando, in linea con la normativa su richiamata, e altresì coerente con il complessivo impianto della lex specialis.
Il primo motivo, pertanto, deve essere respinto.
B.2. – Anche il secondo e il terzo motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di ordine logico, non sono fondati.
Il nucleo centrale, una volta disattesa la prospettazione circa la sussistenza di un diritto soggettivo in capo all’istante, attiene alla ragionevolezza della decisione di non accogliere l’istanza della ricorrente in relazione al carico didattico, e alla denunciata disparità di trattamento rispetto alle dottoresse Gioé e Bisignano.
I due profili possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
Per quanto attiene alla lamentata disparità di trattamento, deve essere richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui:
– “…L’eccesso di potere per disparità di trattamento si può configurare solo sul presupposto, di cui l’interessato deve dare la prova rigorosa, dell’identità assoluta della situazione considerata…” (Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824);
– “…il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento è configurabile soltanto nel caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità di trattamento riservato alle stesse” (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 30 aprile 2021, n. 322).
La disparità di trattamento, in altri termini, presuppone che vi sia sostanziale identità fra le situazioni che la P.A. è chiamata a valutare, per cui questa figura sintomatica di eccesso di potere non è predicabile laddove manchi la prova di tale identità e/o omogeneità di situazioni (v. Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 novembre 2019, n. 7886).
Applicando i su esposti principi al caso di specie, osserva il Collegio che, per quanto attiene alla dottoressa Gioè, la stessa è un professore associato e, pertanto, manca in radice l’identità della situazione di fatto.
Per quanto attiene al carico didattico – astrattamente rilevante nel raffronto con la ricercatrice Bisignano sotto il profilo della lamentata disparità di trattamento – nella delibera impugnata si fa espressamente riferimento a tali esigenze e alla situazione della ricercatrice Bisignano, la quale afferisce al differente settore disciplinare “diritto commerciale”.
Orbene, rispetto a tale settore, non è stato indicato dalla ricorrente alcun idoneo elemento sintomatico dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, avuto riguardo in particolare al cuore della motivazione di diniego (il carico didattico e la situazione degli altri docenti del settore cui afferisce la ricorrente).
Nel settore relativo all’odierna istante non è, invero, contestato che, a fronte del carico didattico indicato, i due professori associati e il ricercatore a tempo indeterminato sono in regime di tempo definito, come evidenziato nella motivazione del diniego, nella quale si fa anche riferimento alla peculiare situazione del ricercatore a tempo indeterminato, il quale è a tempo definito e copre diversi insegnamenti.
Per quanto attiene al carico didattico del settore – vagliato dal Dipartimento competente in relazione alle esigenze didattiche che fanno capo allo stesso settore – ad avviso del Collegio non rileva la circostanza che il Corso di laurea in Economia e Amministrazione aziendale non sia un corso di studi di Giurisprudenza, in quanto alcuni insegnamenti fanno capo a tale specifico Settore (IUS/12) e, pertanto, rientrano nel carico didattico complessivo del Settore al quale occorre fare riferimento.
Pertanto, a fronte della motivazione resa con l’impugnata deliberazione, la ricorrente non fornisce un idoneo principio di prova della presunta irragionevole diversità di trattamento operata dall’Amministrazione con riguardo al diverso settore “diritto commerciale”, rispetto al quale non è neppure indicato quali altri docenti sono chiamati a sostenere il relativo carico didattico.
A quanto finora rilevato deve aggiungersi, per completezza, che la deliberazione del Consiglio di Amministrazione contiene un ulteriore passaggio motivazionale, con cui si è ritenuta l’istanza non accoglibile “in quanto il tempo definito non può essere subordinato all’accoglimento del complessivo monte ore per lo svolgimento dell’attività didattica con un impegno a tempo pieno. Precisa, infatti, che il regime a tempo definito prevede un impegno orario distinto da quello a tempo pieno”: e tale ulteriore passaggio motivazionale non è stato contestato.
C. – Conclusivamente, per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso in quanto infondato deve essere rigettato, con salvezza degli atti impugnati.
D. – Avuto riguardo agli specifici profili della controversia, sussistono i presupposti per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
[#OMISSIS#] Cappellano, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Girardi, Referendario