L’abilitazione scientifica nazionale e l’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria rispondono a differenti finalità formative e originano essi stessi da specifici percorsi formativi e da differenti specializzazioni, appunto per soddisfare beni-interessi diversi e tutti meritevoli di apposita considerazione.
Cons. Stato, Sez. VII, 18 marzo 2024, n. 2571
Abilitazione all’insegnamento e abilitazione scientifica nazionale: per partecipare al concorso per docenti nella scuola secondaria serve soltanto la prima
02571/2024 REG.PROV.COLL.
02662/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2662 del 2023, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Istruzione e del Merito, in persona del Ministro pro tempore, e il Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 11240/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione e del Merito e del Ministero dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2024 il Cons. OMISSIS e udito l’avvocato OMISSIS, su delega dell’avvocato OMISSIS, per la parte appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente ha appellato la sentenza di cui in epigrafe con cui il Tar del Lazio – Roma ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del bando pubblicato sulla GU – concorsi n. 16 del 26 giugno 2016 con il quale è stato indetto il concorso finalizzato al reclutamento di personale docente per i posti comuni dell’organico dell’autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado, nella parte in cui non viene consentita la partecipazione a coloro che, come lui, sono privi dell’abilitazione all’insegnamento.
Il ricorrente è infatti in possesso della laurea in fisica (vecchio ordinamento) conseguita presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” in data 28 novembre 1996; del titolo di dottorato di ricerca in Fisica Nucleare e Subnucleare conseguito presso l’Università di Cagliari in data 15 febbraio 2001 e dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di seconda fascia nel settore concorsuale 02/A2 (Fisica Teorica) di cui al bando indetto con D.D. n. 222/2012, conseguita in data 8 gennaio 2014, nessuno dei quali tuttavia abilitanti all’insegnamento per la scuola secondaria di secondo grado di cui al predetto bando di concorso.
2. In sede cautelare, il Tar adito ha respinto l’istanza cautelare con l’ordinanza n. 1665/2016, che è stata tuttavia riformata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 2989/2016. In ragione di ciò, è accaduto che il ricorrente sia stato ammesso a partecipare con riserva alle prove del concorso per il reclutamento del personale docente per i posti comuni dell’organico della scuola secondaria di primo e secondo grado e, avendo superato le prove relative a tutte le classi di concorso, sia stato inserito ancora con riserva nelle graduatorie dei vincitori.
Tuttavia, al contratto da ultimo stipulato con l’Amministrazione in data 17 settembre 2016, non è stata apposta analoga clausola riserva.
3. Secondo il ricorrente, la sentenza gravata sarebbe quindi anzitutto errata nella parte in cui non ha ravvisato la sussistenza delle condizioni per dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, dovendosi interpretare il comportamento dell’Amministrazione, consistito nello stipulare il contratto di lavoro senza l’apposizione della clausola di riserva, come sintomatico dell’inequivoca volontà di attribuirgli, in via definitiva, il bene della vita cui il medesimo aspira.
Inoltre, a suo parere, non sussisterebbero le condizioni per l’Amministrazione per annullare in via di autotutela il contratto di lavoro così stipulato, atteso l’ampio lasso di tempo trascorso dal momento della stipula e l’insussistenza di una preminente ragioni di pubblico interesse generale al ripristino della legalità violata.
Nel merito della decisione assunta, assume poi che sarebbe inconferente nei suoi confronti la giurisprudenza costituzionale ivi citata, avendo egli fatto valere non già il titolo di dottorato di ricerca, bensì l’abilitazione scientifica nazionale, con conseguente riproposizione dell’originario motivo di ricorso incentrato sull’asserita superiorità del titolo attinente alla funzione docente in un livello superiore rispetto a quello di docente negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
4. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito e il Ministero dell’Università e della Ricerca si sono costituiti in giudizio, resistendo al gravame.
5. Alla udienza pubblica del 23 gennaio 2024, la causa è passata in decisione previo avviso alla parte presente (in particolare, per la parte appellante era presente l’avvocato OMISSIS, su delega dell’avvocato OMISSIS) ai sensi dell’art. 73 c.p.a. della sussistenza di una possibile causa di inammissibilità del ricorso di appello stante il mancato deposito della sentenza di primo grado.
6. Sul piano processuale, non può sottacersi il fatto che la parte appellante abbia omesso sia di depositare la copia della sentenza impugnata (omissione che secondo l’indirizzo esegetico prevalente seguito dalla giurisprudenza amministrativa comporta, ai sensi dell’art. 94 c.p.a., l’inammissibilità dell’appello, valendo tale regola, altresì, per la revocazione e l’opposizione di terzo), sia di indicare nel foliario allegato al ricorso gli estremi della suddetta sentenza (indicazione che laddove effettuata, secondo Consiglio di Stato, Sezione VII, ordinanza n. 683/2024, consentirebbe la sanatoria della irregolarità procedurale).
7. Il Collegio intende però prescindere dall’esaminare la suddetta questione andando direttamente al merito del ricorso, ritenendo infatti più utile e maggiormente satisfattiva dell’interesse sostanziale delle parti una pronuncia che regoli in via definitiva il rapporto sostanziale fra le stesse, anziché arrestarsi al profilo di [#OMISSIS#].
8. Nel merito, l’appello è infondato.
9. Innanzitutto, è infondato il primo motivo che ripropone la tesi secondo cui sarebbe cessata la materia del contendere.
Il quadro giuridico e fattuale all’interno del quale è avvenuta la partecipazione del ricorrente al concorso, il suo inserimento in graduatoria e la successiva stipulazione del contratto di lavoro è assolutamente chiaro e inequivoco: tutta la suddetta attività è riconducibile, in via causale, all’emissione di un provvedimento cautelare favorevole al ricorrente, tuttavia caratterizzato da efficacia limitata nel tempo e, soprattutto, condizionato all’esito del giudizio.
Né può desumersi dal mancato inserimento della clausola di riserva nel contratto di lavoro stipulato fra le parti la volontà dell’Amministrazione di fare venire meno contenzioso riconoscendo al ricorrente in via definitiva il bene della vita, essendo anche la suddetta stipula riconducibile, in via causale, agli effetti interinali del pronunciamento cautelare (v. Consiglio di Stato, Sezione VII, sentenze n. 822/2024 e n. 11017/2023, sulla sostanziale inutilità di distinguere fra clausola di riserva apposta o non apposta al contratto di assunzione, essendo identico in entrambi i casi l’effetto solo interinale e provvisorio scaturente dai pronunciamenti cautelari, sempre sostituiti dalla sentenza definitiva).
10. Pure infondato è il motivo che si incentra sull’asserita superiorità dell’abilitazione scientifica nazionale rispetto all’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria.
Innanzitutto, il Collegio ritiene conferente al decisum la giurisprudenza costituzionale citata dal primo giudice (sentenza n. 130/2019), non per la ragione, per vero prospettata erroneamente dall’appellante, secondo cui il Tar avrebbe erroneamente percepito in fatto che egli avrebbe fatto valere il titolo di dottore di ricerca, essendo pacifico e incontestato che egli ha indicato quale requisito per la partecipazione al concorso il possesso della abilitazione scientifica nazionale.
La ragione risiede piuttosto nel principio di diritto ritraibile dalla giurisprudenza della Corte, pur nella sostanziale differenza del caso allora deciso (il rapporto fra dottorato di ricerca e abilitazione scientifica nazionale) rispetto a quello oggi all’esame (il rapporto tra abilitazione scientifica nazionale e abilitazione ad insegnare nella scuola secondaria), secondo cui non può apoditticamente affermarsi una presunta equiparabilità di un titolo rispetto ad un altro solo perché l’ambito di studi è il medesimo (quello universitario, nel caso esaminato dalla Corte), ovvero una presunta superiorità di un titolo rispetto ad un altro (nel caso qui esaminato) solo perché i destinatari dell’insegnamento appartengono ad un livello di studi diverso (studenti di scuola secondaria e studenti universitari) e progressivamente superiore (quello universitario). I titoli così conseguiti rispondono difatti a differenti finalità formative e originano essi stessi da specifici percorsi formativi e da differenti specializzazioni, appunto per soddisfare beni-interessi diversi e tutti meritevoli di apposita considerazione.
Non è quindi affetto da alcuna illegittimità, né illogicità, ma risulta anzi pienamente rispondente alle esigenze organizzative e funzionali programmate, il bando di concorso qui impugnato nella parte in cui seleziona gli insegnanti per la scuola secondaria sulla base delle specifiche conoscenze maturate in relazione alla platea di studenti che dovranno essere formati, in riferimento alla fase evolutiva della personalità dei discenti e alla capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche.
11. L’appello è invece inammissibile nella parte in cui assume l’insussistenza delle condizioni per fare luogo ad annullamento in via di autotutela del contratto di lavoro stipulato, trattandosi di censura non dedotta in primo grado e articolata per la prima volta in appello.
In ogni caso, l’oggetto dell’odierna materia del contendere riguarda il bando di concorso e, nello specifico, la impugnata clausola escludente, non certo il contratto a valle nelle more stipulato, rispetto al quale permane integro l’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, non sindacabile in questa sede anche ai sensi dell’art. 34, c.p.a., trattandosi di poteri non ancora esercitati.
12. Non è invece stato riproposto il secondo motivo di ricorso originario con il quale ci si lamentava del mancato inserimento della clausola di salvaguardia di cui all’art. 2 del D.I. 24 novembre 1998 n. 460, che secondo la prospettazione di parte ricorrente avrebbe consentito la partecipazione in via transitoria anche a soggetti privi di abilitazione.
Deve di conseguenza ritenersi oramai passata in giudicato la statuizione con cui il Tar ha respinto la censura con la motivazione che “In realtà la disposizione consentiva, in attuazione dell’art. 402 del d.lgs. n. 297 del 1994 la partecipazione “Fino al termine dell’ultimo anno dei corsi di studi universitari per il rilascio dei titoli previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341” ai concorsi a posti e a cattedre di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, per coloro che fossero stati in possesso dei previgenti titoli, quali: “a) diploma conseguito presso le scuole magistrali o presso gli istituti magistrali, od abilitazione valida, per i concorsi a posti di docente di scuola materna; b) diploma conseguito presso gli istituti magistrali per i concorsi a posti di docente elementare; c) laurea conformemente a quanto stabilito con decreto del Ministro della pubblica istruzione, od abilitazione valida per l’insegnamento della disciplina o gruppo di discipline cui il concorso si riferisce, per i concorsi a cattedre e a posti di insegnamento nelle scuole secondarie, tranne che per gli insegnamenti per i quali è sufficiente il diploma di istruzione secondaria superiore”.
13. Per quanto precede, l’appello va quindi respinto.
14. Sussistono ragioni di equità per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Omissis, Presidente
Omissis, Consigliere, Estensore
Omissis, Consigliere
Omissis, Consigliere
Omissis, Consigliere
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 18 marzo 2024