Il mantenimento del limite alla contribuzione studentesca fissato a livello normativo secondario va ricondotto all’esigenza di conservare un attributo essenziale dell’università pubblica, che vale a distinguerla da quella privata. Esso è dato dal fatto che nella prima i costi per la formazione superiore post-scolastica sono principalmente posti a carico della fiscalità generale. Il contributo statale ha evidentemente lo scopo di facilitare l’accesso a tutti i più alti livelli di istruzione, e dunque va ricondotto al principio fondamentale di uguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, Cost., oltre che all’art. 34, comma 3, Cost., secondo cui i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. Ai fini dell’accesso all’università pubblica viene fatta salva una compartecipazione solo parziale all’interessato, laddove in quella privata l’onere economico è interamente a carico di quest’ultimo, sulla base di una sua libera scelta rivolta all’offerta di formazione post-scolastica non rivolta a quella organizzata dai pubblici poteri.
Cons. Stato, Sez. VII, 9 aprile 2024, n. 3237
La contribuzione studentesca non può eccedere il 20% dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato
03237/2024 REG.PROV.COLL.
04317/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4317 del 2023, proposto da Udu – Unione degli Universitari Torino, in persona del coordinatore e legale rappresentante pro tempore, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, rappresentati e difesi dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;
contro
Università degli studi di Torino, in persona del rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (sezione prima) n. 1037/2022
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’appello incidentale dell’Università degli studi di Torino;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2024 il consigliere OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS e OMISSIS per l’Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Gli studenti universitari e la rappresentanza studentesca indicati in intestazione agiscono nel presente giudizio per l’annullamento degli atti dell’Università degli studi di Torino di approvazione dei bilanci preventivo e consuntivo per l’anno 2018, nella parte di interesse, e cioè nella misura in cui da essi sarebbe in tesi risultato che la contribuzione studentesca a titolo di tasse universitarie avrebbe ecceduto la misura massima del 20% del finanziamento ordinario dello Stato, in violazione del regolamento recante la disciplina in materia di contributi universitari, di cui al DPR 25 luglio 1997, n. 306.
2. A fondamento dell’impugnazione, proposta con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (nei confronti della delibera del consiglio di amministrazione in data 21 dicembre 2017, di approvazione del preventivo), integrato da motivi aggiunti (rivolto all’approvazione del consuntivo, di cui alla delibera del consiglio di amministrazione in data 18 aprile 2019), i ricorrenti deducono che per l’anno in contestazione il rapporto tra le due voci di entrata si sarebbe posto al 34,248%. Precisano che lo stesso rapporto resterebbe superiore a quella massima stabilita dal citato regolamento governativo, e precisamente si attesterebbe al 21,19%, anche con lo scorporo della contribuzione versata dagli studenti fuori corso e dagli studenti internazionali, come previsto dal comma 1-bis, della medesima disposizione, introdotto dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (recante Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario; convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135); e quindi dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020). Del comma da ultimo menzionato i medesimi ricorrenti deducono peraltro la sua perdurante inattuazione, in ragione del fatto che non è stato mai emanato il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (allora così denominato) che in base alla medesima disposizione avrebbe dovuto fissare «ilimiti massimi» e «i criteri» entro cui le università avrebbero dovuto disporre gli «incrementi» della contribuzione a carico degli studenti, a loro volta nei limiti percentuali massimi variamente modulati in base all’ISEE ai sensi del comma 1-ter. In subordine se ne sostiene l’illegittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 33, 34, 53 e 97, e si chiede che vengano deferite alla Corte costituzionale le relative questioni.
3. L’impugnazione i cui contenuti sono così sintetizzabili è stata respinta dall’adito Tribunale amministrativo con la sentenza in epigrafe.
4. Questa ha statuito che il limite percentuale alla contribuzione studentesca fissato a livello regolamentare è divenuto «una sorta di norma residuale, di applicazione nei fatti molto limitata», per effetto delle modifiche in base alle quali sono stati consentiti incrementi delle tasse universitarie a carico degli studenti fuori corso e internazionali e ulteriori innovazioni normative in forza delle quali è stata introdotta «sia una sorta di “no tax area”, sia la differenziazione del contributo da versare a seconda del corso di studi». La sentenza ha inoltre ritenuto non accertato il superamento del limite alla contribuzione studentesca del 20%, per un verso a causa del fatto che il «corpo dei discenti è del tutto frastagliata, solo che si pensi al numero di studenti iscritti per l’anno accademico 2017/2018 ammontante al numero di 73.326»; e per altro verso che il ricorso non aveva fornito elementi puntuali «quanto al numero di studenti che frequentano anni aggiuntivi a quelli previsti per la conclusione del proprio corso di studi oppure ancora di quanti studenti abbiano usufruito delle riduzioni connesse all’ISEE familiare o ancora degli studenti stranieri». Infine la sentenza ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di costituzionalità prospettate dai ricorrenti.
5. Contro la sentenza di primo grado questi ultimi hanno proposto appello, recante le censure, le questioni di costituzionalità e le domande già disattese in primo grado.
6. Si è costituita in resistenza l’Università degli studi di Torino, che oltre a formulare eccezioni di inammissibilità dell’appello avversario, ha impugnato in via incidentale la sentenza di primo grado nella parte in cui in motivazione non ha ravvisato l’abrogazione tacita per incompatibilità del limite normativo alla contribuzione studentesca sulla cui base sono state proposte le domande di annullamento da cui trae origine il presente giudizio.
DIRITTO
1. Con un primo motivo l’appello principale ripropone le censure di violazione dell’art. 5, comma 1, del regolamento governativo in materia di contributi universitari, di cui al DPR 25 luglio 1997, n. 306, che si ribadisce avere fissato l’invalicabile soglia del 20% al rapporto tra la contribuzione studentesca e quella a carico del bilancio dello Stato a favore delle università pubblica, attraverso il fondo per il finanziamento ordinario ex art. 5, comma 1, lettera a), e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), richiamato dalla citata disposizione regolamentare. Sul punto, a critica della statuizione di rigetto resa in primo grado, e fondata sulla mancanza di prova del superamento del medesimo limite, viene sottolineato che il dato sarebbe ricavabile per tabulasdai documenti di bilancio approvati con i verbali consiliari impugnati, e che inoltre l’ateneo resistente non avrebbe contestato. Si aggiunge che la soglia massima normativamente prevista per la contribuzione studentesca sarebbe superata anche scorporando quella a carico degli studenti fuori corso e internazionali; peraltro, questa operazione non sarebbe ad oggi consentita – viene ulteriormente sostenuto – in mancanza della normativa attuativa di carattere ministeriale prevista dall’art. 5, comma 1-bis, del DPR 25 luglio 1996, n. 307. Sarebbe pertanto irrilevante ai fini della presente controversia la revisione della contribuzione studentesca da ultimo operata dall’ateneo resistente (con decreto rettorale n. 2290 del 10 luglio 2017, anch’esso impugnato). Del pari la sentenza avrebbe errato nell’attribuire rilievo alla disciplina in materia di contributi a carico degli studenti universitari introdotta dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019; art. 1, commi 252 – 267).
2. Con gli ulteriori motivi di cui si compone l’appello principale sono riproposte le questioni di legittimità costituzionale dei commi da 1-bisa 1-quinques dell’art. 5 del DPR 25 luglio 1997, n. 306, in relazione agli artt. 3, 33, 34 e 53 Cost.; e la domanda di restituzione dei contributi versati in eccesso dai ricorrenti.
3. Così sintetizzati i motivi di impugnazione riproposti a mezzo del presente appello principale, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso e dell’appello, rispettivamente riproposte e formulate ex novo dall’ateneo resistente.
4. Con riguardo al giudizio di primo grado, non è ravvisabile alcun difetto di legittimazione o interesse della associazione rappresentativa studentesca a motivo della sua pretesa partecipazione alle delibere del consiglio di amministrazione impugnate, dopo che le stesse sono state adottate con voto unanime dei partecipanti. Dai verbali consiliari non risulta infatti nessuno dei nominativi che figurano tra i ricorrenti nel presente giudizio, ivi compresa la Udu – Unione degli Universitari Torino, per cui non è ravvisabile quella contraddittorietà di comportamenti che impedisce a chi ha concorso all’adozione di un atto collegiale con il proprio voto di contestarne la validità in sede giurisdizionale.
5. Per quanto riguarda l’appello, il superamento dei limiti dimensionali non determina alcuna inammissibilità. Ai sensi dell’art. 13-ter, comma 5, delle disposizioni di attuazione del codice del processo amministrativo (allegato II al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104) la violazione dei limiti dimensionali è infatti causa di esonero del giudice del dovere di «esaminare tutte le questioni trattate», e di esclusione della possibilità per la parte di fare valere l’omessa pronuncia come «motivo di impugnazione». Sotto un distinto profilo, peraltro, in memoria conclusionale gli appellanti principali hanno svolto puntuali controdeduzioni atte a dimostrare di non essere incorsi in alcun superamento dei limiti dimensionali. A fronte di tale difesa l’eccezione non è stata ulteriormente precisata per cui essa è rimasta sfornita di prova.
6. Palesemente infondata è l’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità ex art. 101, comma 1, cod. proc. amm. dei motivi di impugnazione in esso formulati nei confronti della sentenza di primo grado. Come sopra accennato, la statuizione di rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti in primo grado si fonda, in diritto, sulla necessità ai fini del computo del limite normativo alla contribuzione studentesca di scorporare quella a carico dei studenti internazionali e fuori corso; e in fatto sulla mancata prova che all’esito di quest’ultima operazione il limite fissato a livello regolamentare sarebbe superato. Quindi, nei confronti di entrambi i descritti cardini della pronuncia di rigetto dell’impugnazione l’appello principale formula critiche puntuali, di seguito esaminati, con cui sono prospettati possibili errori di diritto e di fatto. La cognizione delle questioni già controverse in primo grado risulta pertanto ritualmente devoluta nel presente giudizio d’appello.
7. Deve per contro essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello incidentale dell’ateneo resistente.
8. L’interesse ad impugnare nei successivi grado di giudizio una pronuncia giurisdizionale postula infatti che in essa sia ravvisabile una soccombenza, quod non pacificamente nel caso di specie, posto che il ricorso e i motivi aggiunti sono stati respinti. In presenza di una pronuncia di tale contenuto, l’appello incidentale nondimeno proposto si risolve quindi in una domanda di correzione della motivazione della pronuncia di rigetto dell’avversaria impugnazione, che tuttavia afferisce ad un potere ufficioso del giudice di secondo grado, esercitabile anche in assenza di domanda di parte. Sul punto deve infatti ricordarsi che nel processo amministrativo, in analogia con il processo civile, l’appello è un mezzo di impugnazione devolutivo e non già cassatorio, finalizzato ad ottenere una pronuncia sostitutiva, in cui eventuali errori che non abbiano inciso sulla conformità a legge della decisione finale sono emendabili sul piano motivazionale, senza necessità di proporre alcuna impugnazione.
9. Le argomentazioni contenute nell’appello incidentale sono nondimeno esaminabili in relazione alle censure svolte nell’appello principale nei confronti della pronuncia di primo grado, quali difese finalizzate a supportarne la conferma.
10. Tutto ciò premesso, l’appello principale – che a questo punto va esaminato – è non solo ammissibile, come in precedenza esposto, ma anche fondato, sia nella critica alla ricostruzione in diritto data dalla sentenza di primo grado alla normativa di legge applicabile alla fattispecie controversa, sia al conseguente accertamento in fatto.
11. Sotto il primo profilo, va data continuità al precedente di questa sezione di cui alla sentenza del 19 gennaio 2023, n. 644, oltre che alla sentenza della VI sezione del 6 maggio 2016, n. 1834. In entrambe le pronunce si è statuito che in assenza a tutt’oggi della normativa ministeriale attuativa, di cui art. 5, comma 1-bis, del DPR 25 luglio 1997, n. 306,lo scorporo dei contributi a carico degli studenti internazionali e fuori corso non può ritenersi operante. Alla fonte individuata da quest’ultima disposizione regolamentare è infatti demandata la definizione dei limiti che ciascun ateneo può in concreto prevedere a titolo di incremento del contributo per queste due categorie di studenti, nel rispetto di quelli massimi fissati dalla stessa disposizione. L’incremento in questione, e con esso lo scorporo dal computo del limite massimo alla contribuzione studentesca nel suo completo, postulano dunque che sia definita la relativa cornice ministeriale, a sua volta inquadrata in quella regolamentare. Nel descritto assetto normativo, la mancanza della disciplina attuativa impedisce di considerare operanti le novità introdotte a partire dal citato decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, all’originaria disciplina in materia di contributi universitari.
12. Contrariamente a quanto ritenuto dall’ateneo resistente, il precedente giurisprudenziale di questa sezione sopra richiamato è pertinente al caso di specie, come peraltro quello della VI sezione parimenti citato, poiché entrambe le pronunce recano chiare affermazioni di principio secondo cui la disciplina introdotta dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, non è ad oggi operativa in assenza della relativa disciplina ministeriale attuativa. Ad essi va dunque data continuità.
13. Del pari non ha rilievo ai fini della verifica del superamento del limite massimo alla contribuzione studentesca il principio di onnicomprensività del contributo a carico dello studente universitario sancito dall’art. 1, commi 252 e seguenti, della legge di stabilità per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232). Al riguardo deve escludersi l’effetto abrogativo tacito della disciplina regolamentare contenuta nel DPR 25 luglio 1997, n. 306, prospettato dall’ateneo resistente. Sul piano testuale, l’ipotesi è innanzitutto esclusa – come si sottolinea da parte ricorrente – dal fatto che il comma 263 della disposizione di legge di stabilità ora richiamata è intervenuto sul regolamento, con l’abrogazione espressa degli artt. 2 e 3 del regolamento, e non anche dell’art. 5. Da ciò è quindi immediatamente ricavabile la volontà legislativa di mantenere il limite del 20% in esso previsto. Nella medesima direzione, non emerge peraltro un rapporto di incompatibilità sul piano logico tra il limite regolamentare e i successivi interventi normativi in materia di contributi a carico degli studenti, sulla cui base possa dunque prospettarsi un’abrogazione tacita del primo. Questi attengono infatti al singolo rapporto individuale tra l’ateneo e lo studente sorto con l’immatricolazione e non già al livello “macro”, concernente il rapporto tra le diverse fonti di finanziamento dell’organizzazione universitaria nel suo complesso.
14. Il mantenimento del limite alla contribuzione studentesca fissato a livello normativo secondario va poi ricondotto all’esigenza di conservare un attributo essenziale dell’università pubblica, che vale a distinguerla da quella privata. Esso è dato dal fatto che nella prima i costi per la formazione superiore post-scolastica sono principalmente posti a carico della fiscalità generale. Il contributo statale ha evidentemente lo scopo di facilitare l’accesso a tutti i più alti livelli di istruzione, e dunque va ricondotto al principio fondamentale di uguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, Cost., oltre che all’art. 34, comma 3, Cost., secondo cui «(i)capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Ai fini dell’accesso all’università pubblica viene fatta salva una compartecipazione solo parziale all’interessato, laddove in quella privata l’onere economico è interamente a carico di quest’ultimo, sulla base di una sua libera scelta rivolta all’offerta di formazione post-scolastica non rivolta a quella organizzata dai pubblici poteri.
15. Nel descritto quadro, ogni intervento normativo concernente la contribuzione studentesca al funzionamento delle università pubbliche presuppone il rispetto del limite del 20% rispetto a quello a carico del bilancio dello Stato tuttora vigente. L’effetto pratico delle modifiche intervenute in epoca successiva al DPR 25 luglio 1997, n. 306, consiste dunque nella rimodulazione dell’onere individuale, afferente al rapporto individuale tra ateneo e studente, sopra menzionato, il quale viene demandato all’autonomia regolamentare del singolo ateneo, mentre resta in ogni caso fermo il limite generale ora menzionato, posto come in precedenza esposto su un piano giuridico autonomo.
16. Ne deriva che, esclusa qualsiasi abrogazione tacita, la sentenza di primo grado ha comunque errato nel considerare il rapporto del 20% alla contribuzione studentesca come espresso e tuttora previsto da «una sorta di norma residuale, di applicazione nei fatti molto limitata». Ad ulteriore confutazione della statuizione ora richiamata va ribadito che le modifiche normative riguardanti gli studenti internazionali e a quelli fuori corso non sono operative, come peraltro ricavabile dal fatto che nei documenti di bilancio prodotti in giudizio non risulta esposta alcuna disaggregazione dei dati.
17. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, come dedotto nell’appello principale, in fatto risulta documentalmente provato che per l’anno 2018, in contestazione nel presente giudizio, la contribuzione studentesca di cui l’Università degli studi di Torino ha fruito è superiore al 20% di quella a carico del fondo di finanziamento ordinario a carico del bilancio dello Stato. In linea con le difese svolte sul punto dall’ateneo ricorrente, l’analisi può essere circoscritta ai dati ricavabili dal bilancio consuntivo, risultante dal riscontro empirico delle grandezze economiche, a differenza del preventivo, fondato invece su stime previsionali non sempre suscettibili di realizzarsi nella misura ipotizzata. Ciò precisato, come dedotto dai ricorrenti, il rapporto fissato a livello normativo risulta a consuntivo superato, dal momento che l’ateneo dichiara di avere ricevuto dal fondo di finanziamento ordinario «un’assegnazione totale» di € 276.594.711 (§1.1.2 Il Fondo di Finanziamento Ordinario 2018), cui si contrappone una contribuzione studentesca nel suo complesso pari ad € 94.729.825,98 (esposto nell’ambito dell’analisi del conto economico nella tabella relativa ai «proventi per la didattica»), la quale si attesta al 34,24% di quella prima.
18. L’appello principale è pertanto da accogliere.
19. Per l’effetto, in accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti di primo grado, vanno annullate le delibere del consiglio di amministrazione di approvazione del preventivo e del consuntivo per l’anno 2018 dell’ateneo resistente. In esecuzione della presente sentenza quest’ultimo dovrà rideterminare l’importo della contribuzione dovuta da ciascuno studente iscritto nel medesimo anno in modo da non superare il limite generale di legge, risultato nel caso di specie violato, e disporre i necessari conguagli. Nella statuizione di carattere conformativo ora esposta va dunque assorbita la domanda di restituzione delle tasse universitarie in tesi versate in eccesso dai ricorrenti, la quale postula in ogni caso che l’ateneo resistente si ridetermini sulla base di quanto ora precisato. La natura delle questioni controverse giustifica nondimeno la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sugli appelli principale e incidentale, come in epigrafe proposti, così provvede:
– dichiara inammissibile l’appello incidentale;
– accoglie l’appello principale nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso e i motivi aggiunti, ed annulla gli atti con essi impugnati
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:
Omissis, Presidente
Omissis, Consigliere, Estensore
Omissis, Consigliere
Omissis, Consigliere
Omissis, Consigliere
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 9 aprile 2024