La salvaguardia della banca dati rappresenta un bene-interesse meritevole di tutela, ma da perseguire con mezzi adeguati e proporzionati rispetto al fine, in quanto anteporre tout court la segretezza dei dati in essa contenuti rispetto alla tutela delle esigenze difensive del candidato, costituisce una soluzione irragionevole sul piano logico, ancor prima che giuridico, e, comunque sia, non conforme all’espresso dettato normativo che non annovera affatto agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990 le prove di concorso come atti esclusi dall’accesso difensivo.
Consiglio di Stato, Sez. VII, 7 maggio 2024, n. 4093
Piena ostensibilità delle prove di concorso con il sistema TOLC
04093/2024 REG.PROV.COLL.
00118/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 118 del 2024, proposto dal Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso – CISIA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato OMISSIS in Roma, piazza San [#OMISSIS#], 101;
contro
OMISSIS, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS e OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
il Ministero della Salute, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Messina, il Cineca, e le signore OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS, non costituiti in giudizio;
il Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza, n. 19175/2023
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di OMISSIS e del Ministero dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e OMISSIS e l’avvocato dello Stato OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso – CISIA ha impugnato la sentenza di cui in epigrafe con cui il Tar del Lazio – Roma ha accolto il ricorso n. 14775/2023 proposto dalla signora OMISSIS per l’annullamento:
1) della nota del 26 ottobre 2023 con cui il CISIA ha denegato il diritto di accesso alle istanze variamente proposte, oltre che dalla ricorrente, anche da altri soggetti ricorrenti avverso il decreto direttoriale n. 1925 del 30 novembre 2022 e i relativi allegati sulle “Modalità di svolgimento del test “TOLC”, oltre alla successiva formazione delle graduatorie di merito per l’accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e chirurgia e Odontoiatria e protesi dentaria e Medicina veterinaria, e al D.M. 1107/2022, allegato 2, nella parte in cui lo stesso è interpretato dal CISIA quale fonte autorizzativa a non fornire copia della prova di concorso somministrata e dei dati pertinenti al sistema di equalizzazione applicato;
2) del D.M. n. 992 del 28 luglio 2023 recante la “Definizione dei posti disponibili per l’accesso per i corsi di laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria a.a. 2023/2024, destinati ai candidati dei Paesi UE e dei Paesi non UE”, e del D.M. n. 994 del 28 luglio 2023 avente ad oggetto la “Definizione dei posti disponibili per l’accesso per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia a.a. 2023/2024 lingua italiana e lingua inglese”, nella parte in cui si prevede che “il presente decreto costituisce atto amministrativo generale e atto presupposto delle prescrizioni recepite nei bandi di concorso delle università e di ulteriori atti comunque riferibili alle prescrizioni contenute nel presente decreto e nei suoi allegati. Il medesimo costituisce un atto di programmazione, a [#OMISSIS#] nazionale e vincolante, in conformità all’art. 3, co. 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241 e il diritto di accesso nonché di accesso civico generalizzato sono esclusi, in conformità all’art. 24 co. 1 lett. c) della succitata legge e ss.mm.ii e dell’art. 5 bis, co. 3, del decreto legislativo n. 33 del 2013 e ss.mm.ii. Sono parimenti disciplinati gli atti di programmazione delle Università che costituiscono gli atti presupposti del presente decreto”.
2. All’origine del contenzioso vi è la richiesta di accesso agli atti presentata dalla ricorrente in data 19 settembre 2023, volta a conoscere il contenuto di dati e documenti utili a valutare, in chiave difensiva, la possibilità di attivare un contenzioso avverso l’atto di non ammissione della medesima ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico di medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria per l’a.a. 2023/2024, avendo la ricorrente svolto la prova di esame con il sistema TOLC, tuttavia non collocandosi in posizione utile nella graduatoria.
Più nel dettaglio, nella suddetta istanza si richiedeva l’ostensione dei seguenti documenti: “1. le domande somministrate al candidato nelle due prove TOLC di aprile 20-04-2023 e di luglio 21-07-2023; 2. le risposte associate ai quesiti somministrati in occasione di entrambe le prove. 3. Dunque, per ciascuna domanda, l’indicazione della risposta fornita e se questa risulta essere stata esatta, errata od omessa; 4. il campione e numero di persone su cui è stato calcolato il coefficiente di equalizzazione in entrambe le prove; 5. il verbale di correzione e attribuzione del punteggio per entrambe le prove; 6. il “punteggio non equalizzato” attribuito per ciascuna risposta data per entrambe le prove; 7. il dettaglio di calcolo del “punteggio equalizzato” della prova per entrambe le prove; 8. il dettaglio di calcolo del “coefficiente di equalizzazione della prova” per entrambe le prove; 9. il dettaglio di calcolo del “coefficiente di facilità della prova” per entrambe le prove; 10. per ciascun quesito somministrato, il relativo “coefficiente di facilità” che gli è stato attribuito per entrambe le prove; 11. per ciascun quesito somministrato, la formula matematica di attribuzione del predetto “coefficiente di facilità” (secondo quanto indicato nell’allegato 2 del Decreto Ministeriale n. 1107 del 24-9-2022) ed, in particolare: il numero dei partecipanti ai quali il quesito è stato somministrato; il periodo di calibrazione utilizzato; il numero di partecipanti che hanno risposto in modo corretto al quesito; il numero di partecipanti che hanno risposto in modo errato al quesito; il numero di partecipanti che non hanno risposto al quesito per entrambe le prove; (…)”.
Siccome il CISIA accoglieva la richiesta limitatamente alla sola presa visione delle due prove di esame sostenute dalla candidata, la stessa si determinava a proporre ricorso lamentando: i) la illegittimità del diniego di accesso a tutti i documenti indicati e, con riguardo alle prove di esame, la limitazione dell’accesso alla sola presa visione senza possibilità di estrarre anche copia (primo motivo di ricorso) e ii) la illegittimità della disciplina ministeriale impugnata, nella parte in cui pone limitazioni o viene interpretata dal CISIA nel senso di porre limitazioni all’esercizio del diritto di accesso, oltre all’illegittimità consistente nel mancato riscontro della richiesta di accesso civico (secondo motivo).
2. Il Tar adito, dopo avere dato avviso alle parti della possibilità di definire la controversia nel merito ai sensi dell’art. 60, c.p.a., ha pronunciato sentenza con cui:
a) ha estromesso dal giudizio per difetto di legittimazione passiva il Ministero della Salute, dichiarando invece la sussistenza di quella del Ministero dell’Università e della Ricerca con la motivazione che “l’oggetto dell’impugnativa comprende anche la parte del d.m. n. 1107/2022, allegato 2, sulla cui base il CISIA ha adottato la determinazione avversata”;
b) ha dichiarato il ricorso inammissibile nella parte concernente la ostensione degli elaborati e dei risultati di altri candidati che, come la ricorrente, avevano presentato analoghe istanze di accesso, con la motivazione che “per tali pretese, infatti, la ricorrente si è limitata a richiamare, unicamente in sede ricorsuale, la richiesta dei succitati atti e ha genericamente evocato anche l’accesso civico, senza: i) specificare, nel corpo del ricorso, la data e gli estremi delle relative istanze, nonché la data della loro ricezione da parte del CISIA; ii) allegarle materialmente agli atti; iii) dar modo al Collegio di accertare neppure l’intervenuta formazione del silenzio-diniego”);
c) ha respinto invece il ricorso nella parte concernente l’accesso civico, con la motivazione che nella istanza presentata in data 19 settembre 2023 non si era fatto alcun riferimento a suddetta tipologia di accesso, bensì esclusivamente all’accesso difensivo di cui agli artt. 22 e ss, della legge n. 241/1990;
d) ha accolto il ricorso nella parte concernente il diniego parziale di accesso alle prove di esame, ritenendo illegittima la determinazione del CISIA di limitare l’accesso alla sola visione della documentazione oggetto della richiesta, con esclusione cioè del rilascio di copia della stessa, con la motivazione che, per un verso, l’esame e l’estrazione di copia sono previste dalla legge n. 241/1990 come modalità congiunte dell’esercizio del diritto di accesso, e, per un altro verso, l’impedimento all’accesso si effettua, sempre ai sensi della medesima legge, nelle forme della esclusione totale o del differimento, ma non anche del divieto di estrazione di copia;
e) ha accolto il ricorso pure nella parte concernente l’accesso a tutti gli ulteriori atti e documenti indicati nella istanza, “considerato che: i) questi ultimi risultano tutti strettamente inerenti alle fasi del concorso nelle quali si sono formate le determinazioni pregiudizievoli per la sfera giuridica della ricorrente e in relazione alle quali emergono le esigenze di tutela dalla stessa paventate; ii) nell’istanza di accesso la pretesa ostensiva è stata specificamente giustificata dalla necessità dell’interessata di verificare irregolarità lamentate durante lo svolgimento dei test nonché da esigenze di tutela della sua sfera giuridica”;
f) ha infine condannato in solido il CISIA e il Ministero dell’Università e della Ricerca al pagamento delle spese legali in favore della ricorrente, liquidandole in complessivi euro 1.000,00 oltre accessori come per legge, nonché al rimborso del contributo unificato già versato, mentre le ha compensate nei confronti del Ministero della Sanità, estromesso dal giudizio.
3. La sentenza è stata appellata in via principale dal CISIA e in via incidentale dal Ministero dell’Università e della Ricerca, mentre non risulta che sia stato proposto appello dal Ministero della Sanità e dalla originaria ricorrente, con la conseguenza che devono ritenersi passati in cosa giudicata i capi di pronuncia aventi ad oggetto la declaratoria di difetto di legittimazione passiva del Ministero della Sanità, la inammissibilità del ricorso per la parte tesa a conoscere le prove di esame degli altri candidati e il rigetto del medesimo ricorso nella parte concernente l’accesso civico.
4. L’appello del CISIA, più in particolare, è stato limitato alla contestazione della sentenza di primo grado con riferimento alla sola documentazione di cui ai numeri da 1 a 3 dell’istanza di accesso documentale presentata dalla ricorrente, ovverossia: 1. le domande somministrate al candidato nelle due prove TOLC di aprile 20-04-2023 e di luglio 21-07-2023; 2. le risposte associate ai quesiti somministrati in occasione di entrambe le prove. 3. Dunque, per ciascuna domanda, l’indicazione della risposta fornita e se questa risulta essere stata esatta, errata od omessa.
Con riferimento, invece, alla restante parte della documentazione, ossia quella indicata ai punti da 4 a 11 della medesima istanza, il CISIA non ha proposto appello, di conseguenza prestando acquiescenza alla decisione con l’impegno che “questa, limitatamente a quella esistente, sarà fornita alla candidata con apposita nota”.
Quanto ai motivi di appello, ritiene il CISIA che la sentenza sia stata anzitutto pronunciata in violazione degli artt. 32, 60 e 116 c.p.a., non avendo il giudice convertito il [#OMISSIS#] ai sensi dell’art. 32 c.p.a., malgrado il ricorso contenesse domande soggette a riti diversi (ordinario ex art. 29 c.p.a. per l’annullamento dei presupposti decreti ministeriali e speciale ex art. 116 c.p.a. per l’accesso agli atti), decidendo quindi con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. l’intero ricorso, nonostante l’udienza in camera di consiglio fosse stata fissata per la sola decisione della istanza cautelare incidentale rispetto all’impugnativa dei presupposti decreti ministeriali, e non anche per la trattazione della domanda soggetta al [#OMISSIS#] dell’accesso ex art. 116 c.p.a. (primo motivo di appello).
La sentenza sarebbe pure ingiusta nella parte in cui ha ordinato di consentire l’estrazione di copia dei documenti da 1 a 3 di cui all’istanza, essendosi prescisso dal considerare, sempre a suo avviso, che il diniego parziale non era imputabile ad una propria scelta discrezionale, bensì era il frutto dell’applicazione della disciplina di rango regolamentare contenuta nell’allegato 2 del decreto ministeriale n. 1107/2022, anch’esso impugnato quale atto presupposto e, tuttavia, nemmeno annullato dal primo giudice. Inoltre, non si sarebbe considerato che la presa visione costituirebbe l’unica modalità che, sempre secondo la lettura che il CISIA dà delle succitate previsioni regolamentari, sarebbe in grado di realizzare un equo bilanciamento tra la necessità del candidato di esaminare la propria prova e l’interesse pubblico a non vedere ‘svuotata’ la banca dati, esito, questo, e cioè lo svuotamento di quest’ultima, inevitabile nel caso in cui si consentisse l’accesso a migliaia di richieste nella forma dell’estrazione di copia. Infine, la sentenza sarebbe pure ingiusta perché consentirebbe illegittimamente alla ricorrente di estrarre copia di tutta la documentazione di cui all’istanza di accesso, ivi inclusa, quindi, la prova sostenuta dalla medesima nella sessione di luglio 2023, che non è quella in relazione alla quale la candidata ha conseguito il punteggio equalizzato utilizzato ai fini della graduatoria, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. c), del D.M. n. 1107/2022 (secondo motivo di appello).
5. Nel costituirsi in giudizio, l’originaria ricorrente ha anzitutto eccepito la improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse sul presupposto che il CISIA avrebbe già accettato il mandato del Ministero dell’Università e della Ricerca a rendere pubblica la banca dati e ad aggiornarla in vista dello svolgimento di futuri test con l’aggiunta di ulteriori quesiti fino al raggiungimento di ben 50.000 test, cosicché non si comprenderebbero le ragioni per le quali il CISIA insisterebbe ancora oggi a dire che occorra proteggere la banca dati in questione dal pericolo di ‘svuotamento’, tanto più se si considera che lo stesso CISIA ha pure affermato che l’appello “è limitat[o] alla contestazione della sentenza di primo grado con riferimento alla sola documentazione di cui ai numeri da 1 a 3 dell’istanza di accesso documentale presentata dalla ricorrente, ossia le prove della ricorrente di cui il Collegio ha ordinato l’estrazione di copia”.
Ad ogni modo, la medesima ne ha anche chiesto l’integrale rigetto, ritenendo la sentenza da confermarsi.
6. Il Ministero dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio con memoria contenente, altresì, contestuale appello incidentale volto a censurare il capo della sentenza in cui si è affermata la sussistenza della sua legittimazione passiva e, altresì, quello recante la condanna al pagamento delle spese processuali, in solido con il CISIA.
7. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive.
8. Alla udienza in camera di consiglio del 26 marzo 2024, è stata prospettata ai difensori presenti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., la questione relativa alla possibile delimitazione dell’interesse delle parti alla ostensione dei test con riferimento alle sole domande errate o anche a quelle a cui non è stata fornita risposta.
All’esito, le parti hanno quindi discusso la causa e, in particolare, i difensori della parte appellante hanno insistito affinché venga dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso originario, atteso che vi è una sentenza di primo grado che ha annullato il provvedimento del CISIA del 26 ottobre 2023, nonché in virtù delle recenti modifiche legislative.
Di converso, i difensori della originaria parte ricorrente hanno invece chiesto che venga dichiarato improcedibile l’appello per sopravvenuta carenza di interesse alla luce della pubblicazione del nuovo decreto ministeriale recante la nuova disciplina delle modalità di accesso ai corsi di laurea.
Le parti hanno dichiarato inoltre di rinunciare ai termini a difesa conseguenti al deposito dell’appello incidentale del Ministero dell’Università e della Ricerca, non opponendosi a ché la causa sia trattenuta in decisione.
Uditi i difensori presenti, la causa è quindi passata in decisione.
9. Va anzitutto esaminato il motivo dell’appello incidentale del Ministero dell’Università e della Ricerca con il quale lo stesso si lamenta della ingiusta affermazione della sussistenza della propria legittimazione passiva, essendo la corretta instaurazione del rapporto processuale una questione prioritaria rispetto ad ogni altra.
Il motivo, così riproposto, è infondato.
Il Ministero dell’Università e della Ricerca non può essere considerato un soggetto estraneo alle vicende inerenti all’ostensione degli atti del procedimento di selezione, dal momento che l’oggetto dell’impugnativa ricomprende anche l’allegato 2, del d.m. n. 1107/2022, sulla cui base il CISIA ha adottato la determinazione avversata, dovendosi inoltre considerare che lo stesso CISIA opera per conto del Ministero che conserva poteri di vilanza sul suo operato.
La sussistenza della legittimazione passiva e dell’interesse a resistere in giudizio va difatti valutata in astratto sulla base della posizione rivestita dalla parte rispetto agli atti impugnati, essendo a tal fine indifferente l’esito del giudizio che attiene piuttosto all’accertamento, in concreto, della fondatezza della pretesa azionata.
Pertanto, il fatto che il Tar abbia accolto il ricorso annullando solamente il diniego parziale di accesso opposto dal CISIA, ma non anche gli atti generali ad esso presupposti, ossia il decreto ministeriale n. 1107 del 24 settembre 2022 e il decreto direttoriale n. 1925 del 30 novembre 2022, non rappresenta un argomento che può essere utilizzato dal Ministero appellante per comprovare la sua estraneità alla vicenda, essendo l’esito decisionale in questione, piuttosto, il frutto dell’interpretazione del contenuto dei suddetti atti, ritenuti dal primo giudice conformi alla previsione di rango primario contenuta all’art. 24, comma 7, legge n. 241/1990 e, dunque, legittimi, solo ove interpretati nel senso che “in casi motivati sarà comunque garantito l’accesso secondo modalità stabilite dagli Atenei e dal CISIA”.
10. Pure infondate sono le contrapposte eccezioni di improcedibilità del ricorso originario e del ricorso in appello per sopravvenuta carenza di interesse sollevate, rispettivamente, dalla parte appellante e dalla originaria ricorrente, stante il fatto che, per un verso, la recente modifica al sistema di accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico di medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, e medicina veterinaria, di cui al decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca n. 472 del 23 febbraio 2024, riguarda un anno accademico (2024/2025) diverso da quello oggetto di causa (2023/2024); per un altro verso, invece, la sentenza n. 863/2024 con cui il medesimo Tar del Lazio–Roma ha caducato, in parte, gli atti della procedura di selezione, è stata fatta oggetto di appello e, quindi, le relative statuizioni non sono passate in giudicato; peraltro, con l’ordinanza cautelare n. 1286/2024, questa Sezione ne ha pure sospeso l’esecutività, con la conseguenza che, rivivendo l’efficacia della graduatoria concorsuale annullata in primo grado, deve ritenersi che la ricorrente abbia ancora l’interesse ad appurare, proprio attraverso l’odierno contenzioso, se si siano verificati errori nella somministrazione dei test tali per cui potersi utilmente ricollocare nella suddetta graduatoria: correlativamente, pertanto, sussiste anche l’interesse del CISIA a difendersi dalle suddette contestazioni e ad insistere sulla legittimità del proprio operato.
11. Il primo motivo dell’appello principale del CISIA, con il quale ci si duole del fatto che il Tar adito non avrebbe potuto decidere la controversia con sentenza in forma semplificata perché la camera di consiglio era stata fissata per la sola trattazione della domanda cautelare, è infondato.
Innanzitutto, va considerato che con il ricorso di primo grado sono stati impugnati, chiedendosene altresì la sospensione cautelare dell’efficacia in via incidentale, sia il diniego parziale di accesso agli atti, sia i presupposti atti amministrativi generali, con la conseguenza che non vi era preclusione alcuna nel decidere il ricorso con sentenza in forma semplificata.
Inoltre, l’annullamento dei decreti ministeriali, che in tesi sarebbe stato comunque funzionale all’ostensione dei documenti richiesti, non è stato di fatto poi nemmeno pronunciato dal Tar adito, che ha ritenuto il loro contenuto del tutto conforme alla previsione di rango primario contenuta all’art. 24 co. 1 lett. c) della legge n. 241/1990, con la conseguenza che la parte appellante non ha nemmeno l’interesse a censurare sotto tale profilo la sentenza impugnata.
Va poi considerato che la sentenza in forma semplificata rappresenta l’unica modalità prevista dal codice di [#OMISSIS#] per la decisione delle controversie soggette al [#OMISSIS#] dell’accesso e, allo stesso tempo, una delle modalità con le quali può essere decisa, in generale, una controversia avente ad oggetto l’impugnazione di provvedimenti o atti amministrativi, sicché, una volta dato l’avviso alle parti e discussa la causa nel pieno rispetto del contraddittorio, come è avvenuto nel caso qui all’esame, non sussiste alcuna ragione di nullità di cui le parti si possano dolere, fermo restando è compito del giudice valutare e dare l’esatta interpretazione delle domande formulate dalle parti.
Secondo il consolidato indirizzo esegetico seguito dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, la nullità per violazione della regola di pubblicità delle udienze di cui all’art. 87, comma 1, c.p.a., si riferisce al necessario metodo di celebrazione delle udienze per i casi in cui è stabilita la trattazione in udienza pubblica, ma non anche all’assorbimento del [#OMISSIS#] camerale in quello ordinario, nel caso, che qui ricorre, di trattazione congiunta della domanda di annullamento del diniego di accesso e dei presupposti atti amministrativi generali sulla cui base detto diniego è stato adottato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 marzo 2014, n. 1317; Id., 14 gennaio 2021, n. 453).
12. Pure infondato è il secondo motivo di appello.
Va innanzitutto escluso che sussista una ragione di illegittimità della sentenza impugnata per non avere annullato, oltre al diniego parziale di accesso, anche i decreti ministeriali sulla cui base il diniego in questione è stato adottato.
L’impugnativa dei suddetti decreti è stata difatti proposta dalla ricorrente solo nei limiti in cui i medesimi, quali atti presupposti, siano interpretati dal CISIA nel senso di condurre alla obbligatoria esclusione, o limitazione, dell’accesso agli atti della procedura selettiva.
Ove, al contrario, si ritenga che alcuna interpretazione in tal senso sia sostenibile, non vi sarebbe alcuna ragione di annullare atti amministrativi generali sostanzialmente ‘neutri’ rispetto al contenuto del diniego di accesso avversato.
E questo è esattamente ciò che si è verificato, in quanto nell’interpretazione seguita dal primo giudice, che il Collegio ritiene immune dai paventati vizi logico-giuridici, si è ritenuto che la previsione contenuta nel decreto impugnato, secondo cui “in casi motivati sarà comunque garantito l’accesso secondo modalità stabilite dagli Atenei e dal CISIA”, sia conforme alla normativa primaria recata dall’art. 24, comma 7, legge n. 241/1990, per la quale “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
D’altronde, è incontestato che il succitato decreto ministeriale non rechi alcuna disposizione tale da escludere l’accesso per talune categorie di atti o che imponga per taluni di essi la sola visione e non anche la possibilità di estrarne copia, cosicché deve concludersi che la motivazione alla base dell’impugnato diniego non origini dal contenuto degli atti generali presupposti, ma sia invece il frutto della sola errata interpretazione del CISIA, che ingiustamente ha ritenuto i succitati atti, e in particolare l’allegato 2 del decreto ministeriale n. 1107/2022, la “fonte autorizzativa a non fornire copia della prova di concorso somministrata e degli altri di dati di equalizzazione giusta nota indicata”.
Pertanto, deve concludersi, l’accesso difensivo previsto dal citato art. 24, comma 7, legge n. 241/90 rappresenta senza dubbio un “caso motivato” utile a consentire l’accesso, che non può essere arbitrariamente negato.
Detto ciò, corretta e non suscettibile di riforma è anche la parte della sentenza che, nell’escludere che la presa visione rappresenti l’unica modalità di accesso agli atti consentita per salvaguardare la banca dati e preservarla dal pericolo di ‘svuotamento’, ha affermato anzi la sussistenza del diritto della ricorrente ad estrarre copia della documentazione elencata ai punti da 1 a 3 della istanza di accesso.
Sul piano generale dell’azione amministrativa va infatti ribadito il principio secondo cui, salvo i casi previsti dalla legge, vale il principio della piena ostensibilità delle prove di concorso.
La salvaguardia della banca dati rappresenta quindi, certamente, anch’essa, un bene-interesse meritevole di tutela, ma da perseguire con mezzi adeguati e proporzionati rispetto al fine, in quanto anteporre tout court la segretezza dei dati in essa contenuti rispetto alla tutela delle esigenze difensive del candidato, costituisce una soluzione irragionevole sul piano logico, ancor prima che giuridico, e, comunque sia, non conforme all’espresso dettato normativo che non annovera affatto agli artt. 22 e ss. della legge n. 241/1990 le prove di concorso come atti esclusi dall’accesso difensivo.
Al contrario, l’art. 24 della citata legge fissa i principi generali della trasparenza e della piena accessibilità agli atti, prevedendo in via di eccezione la esclusione del diritto di accesso nei casi di documenti coperti da segreto di Stato e nei casi di segreto o divieto di divulgazione altrimenti previsto dall’ordinamento.
Occorre poi considerare che la disciplina contenuta nel citato art. 24, nella versione oggi vigente e ratione temporis applicabile al caso all’esame, rappresenta il frutto della novella recata dall’art. 16, legge n. 15 del 2005, la quale, secondo la lettura apprestata dalla giurisprudenza amministrativa, si caratterizza, per un verso, per avere sottratto alle singole amministrazioni la individuazione dei casi in cui l’accesso può essere escluso per ragioni, tra l’altro, di riservatezza, demandando la relativa disciplina al regolamento governativo (comma 6, lett. d); e, per un altro verso, per avere ampliato l’ambito oggettivo dell’accesso difensivo, ossia dell’accesso finalizzato alla cura dei propri interessi, non ancorandolo più soltanto alla sola visione degli atti, ma alla conoscenza generale dei documenti la cui conoscenza sia per l’appunto necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici (comma 7).
Sulla base dell’indirizzo esegetico consolidato seguito dalla giurisprudenza amministrativa, quindi, non potrebbe più distinguersi, perlomeno in materia di accesso difensivo, tra visione ed estrazione di copia, trattandosi di modalità congiunte per l’esercizio dell’accesso, che solo l’interessato potrebbe decidere di non esperire entrambe, mentre analoga possibilità non rientra nel potere discrezionale dell’Amministrazione.
Non può inoltre essere sottaciuto che, a tutto volere concedere, quando anche si volesse trascurare l’espresso dato normativo e la lettura finora datane dalla giurisprudenza, il conflitto tra accesso e riservatezza non potrebbe giammai comporsi nel senso prospettato dal CISIA, in quanto limitare l’accesso alla mera visione del documento, con la giustificazione che ciò consentirebbe di non ‘svuotare’ il contenuto della banca dati, appare una soluzione contraddittoria, oltre che inutile, atteso che il vulnus alla riservatezza, ove lo si ritenesse, sarebbe comunque arrecato per il solo fatto che un candidato sia in grado di rivelare il contenuto della propria prova e degli esiti, sia pure mnemonicamente acquisiti, non essendo affatto necessaria la pubblicazione degli stessi nel formato visivo predisposto dall’Amministrazione.
Nemmeno può condividersi l’assunto secondo cui la composizione del conflitto potrebbe raggiungersi attraverso il differimento dell’accesso.
Il CISIA non tiene infatti conto del fatto che oggetto di impugnativa è il diniego parziale di accesso, e non il suo differimento, con la conseguenza che il contenuto della decisione dipende dai motivi di ricorso, a sua volta dipendenti dal tipo di atto concretamente adottato; del fatto che non sarebbe comunque possibile, tantomeno in giudizio, integrare o modificare in via postuma la motivazione dell’atto impugnato; ad ogni modo, atteso che il corso di laurea è già iniziato e che la ricorrente non vi ha preso parte, per la medesima il procedimento si è concluso e l’effetto lesivo si è oramai definitivamente consumato.
Parimenti destituita di fondamento è l’argomentazione difensiva secondo cui consentire l’estrazione di copia “richiederebbe una sostanziale modifica dell’infrastruttura informatica”, essendo quest’ultima, ossia l’infrastruttura informatica, a doversi adeguare ai principi generali fissati dalla legge, e non il contrario.
Del resto, il giudice di primo grado ha evidenziato che il rischio paventato dal CISIA di dover rivedere il sistema TOLC in caso di divulgazione dei quesiti richiesti dai candidati potrebbe essere efficacemente neutralizzato attraverso un periodico e [#OMISSIS#] ricambio dei quesiti resi accessibili con quesiti nuovi, così da coniugare la giusta esigenza di funzionalità del sistema con le incomprimibili pretese conoscitive dei diretti interessati.
Parte appellante contesta anche tale affermazione, rappresentando che l’implementazione è stata prevista in via eventuale e una sola volta l’anno.
Al riguardo, anche prescindendo dal sopravvenuto superamento del sistema di quiz TOLC, appare evidente che si tratta di ragioni organizzative facilmente superabili dal CISIA e dal Ministero e che non possono in alcun modo costituire valido motivo per limitare l’esercizio di un diritto, quale quello di accesso, attuativo dei principi di pubblicità e trasparenza a loro volta espressione dei principi costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione e funzionale, come nel caso di specie, al principio costituzionale dell’effettività della tutela giurisdizionale.
Ben avrebbero potuto, quindi, il CISIA e il Ministero per quanto di rispettiva competenza adottare soluzioni organizzative di periodica sostituzione dei quiz oggetto di accesso in modo da garantire la funzionalità del sistema TOLC senza comprimere i diritti dei candidati.
Ancora infondata, infine, è l’eccezione secondo cui l’unica prova che dovrebbe essere ostesa sarebbe quella effettuata nel mese di aprile 2023, siccome solo di essa la candidata ha utilizzato il punteggio per inserirsi nella graduatoria come [#OMISSIS#] punteggio equalizzato, con esclusione quindi della prova svolta il successivo mese di luglio.
A tal proposito è sufficiente osservare che la candidata ha interesse a visionare anche quest’ultima prova per eventualmente dedurre, in un successivo giudizio, l’illegittima imposizione da parte del Ministero di spendere solamente il punteggio equalizzato della prova di aprile 2023.
Sussistono infatti nel caso all’esame le condizioni in base alle quali l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenza n. 4 del 18 marzo 2021) ha riconosciuto l’esercizio dell’accesso difensivo, ovverossia: la strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare e il collegamento tra il documento e le esigenze difensive.
Va inoltre considerato che tale collegamento può essere messo in discussione nel solo caso, che qui non ricorre, di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo per l’assoluta assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge sul procedimento.
Infine, va sottolineata la inesistenza, in capo alla pubblica amministrazione detentrice del documento, del potere di svolgere ex ante la valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato sulla legittimità delle operazioni concorsuali. Analoga regola vale anche per il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a., poiché tale valutazione compete esclusivamente al giudice investito della successiva impugnativa.
Deve quindi ritenersi che l’interesse della ricorrente a conoscere anche la prova di luglio 2023 sia connotato da concretezza (in quanto specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di atti concorsuali, suscettibili di produrre effetti giuridici nella sfera giuridica della richiedente); attualità (influendo sulla possibilità di acquisizione del bene della vita negato dall’Amministrazione per effetto della mancata ammissione al corso di laurea); strumentalità (potendo desumere la ricorrente dai documenti oggetto di ostensione elementi conoscitivi utili per valutare la legittimità delle operazioni concorsuali e, quindi, per la cura e la tutela della propria posizione giuridica).
Ritiene tuttavia il Collegio che le suddette condizioni non sussistano con riferimento all’integralità delle prove sostenute dalla ricorrente, nel senso che l’accesso deve essere accordato solo con riferimento alle domande somministrate e alle risposte associate risultate errate od omesse, dovendosi invece escludere l’accesso alle domande e alle risposte associate risultate esatte, essendo qui all’evidenza carente l’interesse concreto e attuale a contestare la correttezza del punteggio attribuito.
Del resto, la stessa ricorrente, nell’esemplificare nei propri scritti difensivi l’erroneità che affliggerebbe le prove da lei sostenute, ha fatto esplicito riferimento alla presenza di un quesito a cui non era possibile rispondere in quanto, tra le opzioni di risposta, vi erano tre soluzioni tra loro identiche (es. a., b. e c.) e le altre due uguali tra loro (es. d. ed f.).
È dunque evidente come l’interesse all’accesso sussista solo per quelle risposte che le avrebbero procurato punti che sarebbero stati determinanti per la sua immatricolazione.
Resta fermo quanto detto in precedenza circa il passaggio in giudicato della declaratoria di inammissibilità del ricorso per la parte tesa a conoscere le prove di esame degli altri candidati, pronunciata dal Tar che ha evidenziato la genericità della richiesta di accesso sprovvista di elementi idonei a far comprendere la rilevanza degli atti richiesti relativi ad altri candidati rispetto alla specifica posizione dei ricorrenti.
13. In definitiva, gli appelli principale e incidentale vanno respinti confermandosi la sentenza impugnata con diversa motivazione, ossia consentendosi l’accesso agli atti per i documenti indicati nei punti da 1 a 3 della istanza di accesso, eccetto le domande somministrate e le risposte associate alle medesime risultate essere esatte.
14. Le spese del doppio grado di giudizio possono compensarsi tra tutte le parti in causa attesa la complessità e novità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima) definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe proposto, lo respinge, respinge l’appello incidentale proposto dal Ministero dell’Università e della Ricerca e conferma la sentenza impugnata con diversa motivazione, dichiarando l’obbligo del CISIA di consentire l’accesso agli atti richiesti nei sensi e nei limiti di cui in parte motiva.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 7 maggio 2024