Cons. Stato, Sez. VII, 10 giugno 2024, n. 5178

Il professore deve essere indennizzato dall'ateneo ex datore di lavoro se viene riconosciuta l'incidenza causale del servizio rispetto alla patalogia contratta

Data Documento: 2024-06-10
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

L’origine causale nello svolgimento di un’attività lavorativa consente di ricondurre alla tutela costituzionale del diritto al lavoro anche l’equo indennizzo dovuto per infermità contratte o lesioni riportate nell’esercizio di tale diritto. Sotto un distinto profilo, la generalizzata applicabilità al pubblico impiego dell’art. 429, comma 3, cod. proc. civ. consente di integrare la somma in linea capitale spettante a titolo di equo indennizzo del dipendente dell’amministrazione con l’aggiunta degli accessori dati dagli interessi compensativi e dalla rivalutazione monetaria.

Contenuto sentenza

05178/2024 REG.PROV.COLL.

08095/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in ottemperanza iscritto al numero di registro generale 8095 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;

contro

Università degli studi di Napoli Federico II, Ministero dell’economia e finanze – Comitato di verifica per le cause di servizio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l’ottemperanza

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. VII n. -OMISSIS-/2022

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli studi di Napoli Federico II e del Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell’economia e finanze;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2024 il consigliere OMISSIS, sull’istanza di passaggio in decisione di parte ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il professor -OMISSIS-, all’epoca dei fatti di causa docente dell’Università degli studi di Napoli Federico II, agisce nel presente giudizio per l’ottemperanza della sentenza del -OMISSIS- 2022, n. -OMISSIS-, di questa sezione, con cui è stato definitivamente accolto il suo ricorso contro il diniego a lui a suo tempo opposto dall’ateneo ex datore di lavoro al riconoscimento della causa di servizio rispetto alla patologia contratta in data -OMISSIS-, e conseguentemente alla corresponsione dell’equo indennizzo.

2. La relativa domanda era stata presentata dopo che il ricorrente, incaricato preside della facoltà di giurisprudenza della neocostituita Università degli studi di Cassino, aveva accusato un malore sul lavoro che ne aveva comportato il suo ricovero ospedaliero e la successiva diagnosi di una patologia cardiaca, la quale era tuttavia giudicata con correlata al servizio. Con la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza la valutazione medico-legale è stata giudicata carente di motivazione nell’escludere qualsiasi rilievo causale del servizio, in assenza altri plausibili fattori.

3. Rideterminatosi in esecuzione del giudicato, il Comitato di verifica per le cause di servizio ha accertato l’incidenza concausale del servizio in allora prestato dal ricorrente con la patologia cardiaca diagnosticatagli in occasione del successivo ricovero ospedaliero (adunanza dell’11 maggio 2023; atto n. -OMISSIS-). In conseguenza di ciò, con decreto rettorale del -OMISSIS-, l’ateneo ha riconosciuto al ricorrente l’equo indennizzo, per un importo lordo pari ad € 13.968,99.

4. Sennonché quest’ultimo si considerava insoddisfatto dell’importo liquidato con il provvedimento ora menzionato. Dopo l’infruttuosa richiesta di riesame ha quindi proposto il presente ricorso in ottemperanza, con il quale lamenta la non corretta esecuzione del giudicato e il carattere elusivo del menzionato provvedimento rettorale.

5. Le censure dedotte vertono sulla quantificazione della provvidenza, cui l’ateneo è addivenuta assumendo a base di calcolo lo stipendio di qualifica al 25 febbraio 1998, data di presentazione domanda – e precisamente: professore ordinario a tempo definito, di classe IV ex DPR 5 ottobre 1998 – al cui doppio ha infine applicato la percentuale del 27%, in ragione della menomazione accertata, ascrivibile alla 6° categoria della tabella 1 allegata al DPR 3 maggio 1957, n. 686 (Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3).

6. Secondo il ricorrente il criterio di liquidazione applicato dall’ateneo sarebbe illegittimo ed in contrasto con il giudicato, nella misura in cui non avrebbe tenuto conto della dilazione temporale rispetto all’epoca in cui esso è stato riconosciuto a suo favore. Nella prospettiva così delineata si deduce che la base di calcolo da considerare dovrebbe essere lo stipendio in godimento all’epoca della liquidazione. In alternativa si sostiene che si dovrebbe fare applicazione del c.d. criterio dinamico di adeguamento, con il riconoscimento del «meccanismo rivalutativo ordinario» derivante dall’applicazionesulla sorte capitale degli accessori dati dalla relativa rivalutazione monetaria e dagli interessi legali, secondo i principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa in materia (sentenza della II sezione di questo Consiglio di Stato del 5 luglio 2023, n. 6565).

7. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio di ottemperanza si è contestato che i criteri in questione siano stati rispetti, malgrado quanto affermato dall’ateneo resistente in riscontro all’istanza di riesame dell’interessato (nota del direttore generale del 9 agosto 2023, prot. n. 102605).

8. Le censure così sintetizzabili sono state riproposte con successivi motivi aggiunti al ricorso nei confronti dei successivi provvedimenti di riliquidazione dell’equo indennizzo adottati dall’ateneo resistente in pendenza del presente giudizio in ottemperanza, ed in particolare il decreto rettorale del -OMISSIS-.

9. Con il provvedimento da ultimo menzionato, su cui il ricorrente ha dichiarato essersi concentrato l’interesse ad agire nel presente giudizio, l’equo indennizzo era ricalcolato in € 10.582,56, in base allo «stipendio tabellareiniziale alla data di presentazione della domanda», comunicato dal competente ufficio e pari ad € 19.597,34; ad essi erano aggiunti gli interessi legali dalla medesima data (25 febbraio 1998) a quella di effettivo pagamento dell’equo indennizzo in precedenza liquidato (19 luglio 2023), pari ad € 5.207,89; ed inoltre gli interessi moratori «sulla differenza tra quanto spettante e quanto pagato a decorrere dal 20.07.2023», per un ulteriore importo pari ad € 116,77. Il totale liquidato con il provvedimento sopravvenuto è stato dunque di € 15.790,45.

10. L’ateneo si è costituito in resistenza unitamente al Comitato di verifica per le cause di servizio presso il Ministero dell’economia e finanze e ha svolto difese con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

DIRITTO

1. Il ricorso in ottemperanza e i motivi aggiunti svolgono un duplice ordine di censure nei confronti dell’operato dell’Università degli studi di Napoli Federico II di esecuzione del giudicato.

2. Sotto un primo profilo si contesta il criterio di liquidazione seguito dall’ateneo resistente con specifico riguardo alla determinazione della base di calcolo dell’equo indennizzo dovuto in base al giudicato e al successivo giudizio medico-legale di incidenza concausale del servizio rispetto alla patologia contratta. In questa direzione si sostiene che la base stipendiale di calcolo non dovrebbe essere quella tabellare vigente al momento della domanda, ma dovrebbe essere considerato il momento della liquidazione o il complessivo trattamento economico in godimento al dipendente.

3. Un secondo gruppo di contestazioni concerne la mancata applicazione di meccanismi di adeguamento atti a preservare la somma dovuta a titolo indennitario alla svalutazione monetaria, nel caso di specie particolarmente rilevante, considerato che tra la domanda e la liquidazione sono intercorsi oltre 25 anni (dal 1998 al 2023).

5. Il primo ordine di censure così sintetizzate è infondato.

6. L’ateneo resistente ha infatti fatto corretta applicazione del criterio di legge vigente in ragione dell’epoca di presentazione della domanda. Come da quest’ultimo esposto nelle proprie difese, a quella data era in vigore l’art. 1, comma 119, legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), richiamato nel provvedimento di liquidazione da ultimo emesso, su cui si concentra l’interesse ad agire del ricorrente, così formulato: «Per le domande presentate a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai fini della misura dell’equo indennizzo, la tabella 1 allegata al decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686, è sostituita dalla tabella 1 allegata alla presente legge. È abrogato il comma 29 dell’articolo 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724. Per la determinazione dell’equo indennizzo si considera, in ogni caso, lo stipendio tabellare iniziale. Sono esclusi eventuali emolumenti aggiuntivi, ivi compresi quelli spettanti per riconoscimento di anzianità».

7. Come del pari dedotto dall’ateneo, non è per contro applicabile il diverso criterio dato dallo «stipendio tabellare in godimento alla data di presentazione della domanda», introdotto dal sopravvenuto art. 1, comma 210, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)]. Il successivo comma 211 ha infatti espressamente limitato sul piano temporale la disposizione ora richiamata a decorrere dall’esercizio finanziario oggetto della legge di bilancio: «(l)a disposizione di cui al comma 210 non si applica ai dipendenti che abbiano presentato domanda antecedentemente alla data del 1° gennaio 2006».

8. Per le considerazioni finora svolte deve infine escludersi che possa essere applicato il diverso criterio dello stipendio tabellare alla data di conclusione del procedimento e liquidazione dell’equo indennizzo.

9. Quanto finora esposto è dunque sufficiente ad escludere che sul punto l’ateneo resistente abbia eseguito non correttamente il giudicato.

10. Ad opposta conclusione deve invece giungersi in relazione alle censure concernenti la mancata previsione di meccanismi di adeguamento dell’importo a titolo di equo indennizzo alla svalutazione monetaria.

11. Deve al riguardo darsi innanzitutto atto che la giurisprudenza amministrativa è orientata in senso favorevole agli assunti di parte ricorrente. Pertinente è al riguardo il richiamo di quest’ultimo al precedente costituito dalla sentenza della II sezione di questo Consiglio di Stato del 5 luglio 2023, n. 6565, che nel confermare la pronuncia di accoglimento del ricorso in primo grado ha ribadito la necessità che l’equo indennizzo sia assistito da meccanismi di adeguamento della somma liquidata in grado di conservarne il valore reale in caso di disallineamento temporale tra la data del fatto generatore del diritto alla provvidenza e quello dell’effettiva percezione da parte del beneficiario.

12. L’esigenza sottostante a meccanismi del genere di quello ora accennato, intesi a non fare gravare su quest’ultimo i tempi del procedimento amministrativo, è particolarmente evidente nel caso di specie, in ragione del sopra accennato iato temporale di 25 anni tra i due momenti.

13. Il fondamento normativo dei medesimi meccanismi va individuato a livello costituzionale, nei principi di tutela del lavoro e della retribuzione adeguata alle esigenze personali e familiari e del diritto all’assistenza (artt. 36 e 38), il quale ha trovato attuazione sul piano legislativo con la disciplina di protezione dei crediti retributivi rispetto alla dinamica inflattiva tipica della moneta, attraverso la disposizione di carattere generale di cui all’art. 429, comma 3, cod. proc. civ., richiamata dal ricorrente. Deve al riguardo precisarsi che pur nella sua funzione indennitaria e compensativa di una menomazione fisica, l’origine causale nello svolgimento di un’attività lavorativa consente di ricondurre alla tutela costituzionale del diritto al lavoro anche l’equo indennizzo dovuto per infermità contratte o lesioni riportate nell’esercizio di tale diritto. Sotto un distinto profilo, la generalizzata applicabilità al pubblico impiego dell’art. 429, comma 3, cod. proc. civ., poc’anzi richiamato, consente pertanto di integrare la somma in linea capitale spettante a titolo di equo indennizzo del dipendente dell’amministrazione con l’aggiunta degli accessori dati dagli interessi compensativi e dalla rivalutazione monetaria.

14. Peraltro, come eccepito dall’ateneo resistente, la tutela patrimoniale ora richiamata trova a livello normativo un’espressa deroga, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, attraverso il divieto di cumulo degli accessori sopra menzionati, previsto dal combinato disposto degli artt. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), e 22, comma 36, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). Da esso deriva pertanto la necessità di riconoscere in via esclusiva il maggiore di questi ultimi.

15. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in conseguenza dell’adozione del sopravvenuto atto di liquidazione dell’equo indennizzo impugnato con il secondo atto di motivi aggiunti, il quale va pertanto dichiarato nullo per elusione del giudicato nella parte in cui non ha considerato dovuta la rivalutazione monetaria sull’importo in linea capitale liquidato a titolo di equo indennizzo, onde poi verificare se questo accessorio sia eventualmente superiore agli interessi compensativi invece riconosciuti. In esecuzione della presente sentenza l’Università degli studi di Napoli Federico II dovrà dunque rideterminarsi sulla domanda di equo indennizzo e svolgere la verifica poc’anzi esposta e liquidare in favore del ricorrente il maggiore importo tra gli interessi e la rivalutazione monetaria.

16. Le spese di causa sono regolate secondo soccombenza, la quale fa esclusivo carico all’ateneo resistente e non già al comitato di verifica delle cause di servizio, e liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, accoglie in parte il secondo atto di motivi aggiunti, nei sensi esplicitati in motivazione, e dichiara la nullità dell’atto con esso impugnato, con obbligo per l’Università degli studi di Napoli Federico II di rideterminarsi nei sensi parimenti indicati in motivazione.

Condanna l’ateneo resistente a rifondere al ricorrente le spese di causa, liquidate in € 4.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:

OMISSIS, Presidente

OMISSIS, Consigliere, Estensore

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, L’estensore

OMISSIS, Il Presidente

Pubblicato il 10 giugno 2024