Le università godono di ampia autonomia nell’implementazione del piano nazionale anticorruzione (PNA): la nomina dei componenti di una commissione di concorso può avvenire, contrariamente a quanto previsto nel PNA, anche senza sorteggio e senza la necessità per l’Università di indicare le ragioni che, nel concreto, ostavano all’adozione delle misure ivi previste. Non costituisce pertanto sviamento di potere il mancato adeguamento alle disposizioni indicate dall’ANAC.
Consiglio di Stato, Sez. VII, 15 luglio 2024, n. 6313
Autonomia universitaria: gli atenei non sono obbligati ad adeguarsi alle misure riportate nel Piano Nazionale Anticorruzione sulla nomina dei membri delle commissioni di concorso
N. 06313/2024REG.PROV.COLL.
N. 00337/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 337 del 2024, proposto da
Università degli Studi di Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso OMISSIS
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale OMISSIS, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Nicola Maria Rinaldo Loperfido;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la nota depositata in data 13 giugno 2024 con la quale la parte appellante ha chiesto il passaggio in decisione della causa senza preventiva discussione;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2024 il Cons. OMISSIS e udita per la parte appellata l’avvocato OMISSIS,
Viste le conclusioni della parte appellante come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Avanti il giudice di prime cure, l’originario ricorrente, odierno appellato, ha chiesto l’annullamento:
– del D.R. 2423/2022 avente ad oggetto “Approvazione atti procedura di selezione per la chiamata di n. 1 Professore di prima fascia, ai sensi dell’art. 18, comma 1 della Legge 240/2010 per il Settore concorsuale 13/D1 – Statistica e SSD SECSS/01 – Statistica, presso il Dipartimento di Scienze economiche e aziendali”;
– del verbale n. 1, del verbale n. 2, dell’allegato 1 al verbale n. 2, del verbale n. 3, del verbale n. 4, dell’allegato 1 al verbale n. 4, dell’allegato 2 al verbale n. 4, della relazione finale;
– del Verbale del Consiglio di Dipartimento n. 4/2022;
– del D.R. n. 913/2022 prot. 0054389 dell’11 aprile 2022 di nomina della Commissione giudicatrice;
– del Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e di seconda fascia dell’Università OMISSIS ai sensi delle disposizioni della Legge n. 240/2010 in parte qua;
– del DR n. 63/2022 del 18 gennaio 2022 di indizione della procedura di selezione in parte qua;
– di ogni atto preordinato, conseguente e connesso, ancorché non noto, ivi compresi gli eventuali provvedimenti di nomina e di chiamata del vincitore a svolgere l’impegno didattico come professoressa di prima fascia;
– con le statuizioni conseguenti, idonee a rendere effettivo il giudicato, nella previsione dell’articolo 34, c. 1, lettera e), c.p.a.
Il primo giudice ha accolto il ricorso nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata ha proceduto ad esaminare il motivo di ricorso più radicale ossia quello con cui si contesta la procedura di nomina della Commissione esaminatrice, poiché dal suo eventuale accoglimento deriverebbe l’illegittimità degli atti successivamente adottati, tra cui il decreto di approvazione della graduatoria.
In particolare, il ricorrente ha lamentato la mancata applicazione del meccanismo del sorteggio per la designazione dei membri della Commissione previsto dal PNA e dall’atto di indirizzo del MIUR del 14 maggio 2018.
La difesa dell’Università eccepisce l’inammissibilità della censura in quanto “il lamentato profilo di illegittimità trova la sua unica origine nel provvedimento di nomina della Commissione, che non risulta essere stato impugnato per tempo”.
Il TAR ha ritenuto l’eccezione di rito non fondata, in quanto l’interesse a contestare il procedimento di formazione della Commissione giudicatrice sorge con l’atto lesivo della posizione giuridica dedotta in giudizio che, nel caso di specie, coincide con l’atto di approvazione della graduatoria di merito dei vincitori della lezione in cui non compare, come vincitore, il ricorrente.
Il ricorrente ha dunque impugnato tempestivamente l’atto lesivo.
Secondo il primo giudice, i vizi di illegittimità degli atti amministrativi che si pongono a monte dell’atto lesivo tra cui il decreto rettorale n. 913/2022 di nomina della Commissione si risolvono in vizi di illegittimità di quest’ultimo e possono essere fatti valere, senza necessità peraltro di una loro espressa impugnazione nell’ambito del ricorso proposto avverso l’atto lesivo.
Il Regolamento di Ateneo disciplina nel “Titolo II” il procedimento di “Chiamata mediante procedura selettiva ai sensi dell’art. 18, comma 1 della legge n. 240/2010” dei professori di prima fascia. L’art. 8 del Regolamento stabilisce che “La Commissione giudicatrice è nominata dal Rettore dopo la scadenza del termine per la presentazione delle domande, su designazione del Consiglio di Dipartimento interessato, a maggioranza assoluta dei professori di prima fascia aventi diritto”.
Il Regolamento non prevede, osserva il TAR, che i membri della Commissione siano individuati mediante la “modalità del sorteggio”.
A loro volta il verbale del Consiglio di Dipartimento n. 4/2022 di designazione dei componenti della Commissione e la delibera del Dipartimento n. 69/2022 di designazione della Commissione o il decreto rettorale n. 913/2022 di nomina della Commissione, non recano alcuna motivazione in ordine alla mancata applicazione del meccanismo del sorteggio
Il TAR ha ritenuto di conformarsi, oltre che per effetto dell’art. 74, anche ai sensi dell’art. 88, comma 1, lett. d), del c.p.a., al precedente del Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 dicembre 2021, n. 8336, che ha esaminato la normativa applicabile ad una fattispecie sovrapponibile alla presente.
Varie misure sono proposte come un elenco esemplificativo, e non tassativo, di possibili soluzioni alle problematiche rilevate ed analizzate dall’ANAC nel PNA, la cui adozione viene “raccomandata”. Le Università rimangono quindi libere di adottare misure anche diverse, purché idonee a prevenire in modo efficace i rischi tipici evidenziati dal PNA, quale obiettivo da raggiungere.
Gli atenei pertanto possono modulare o adattare in vario modo, rileva il TAR, le specifiche misure di prevenzione indicate nel PNA e possono anche adottare misure diverse, purché idonee a perseguire gli obiettivi indicati dal PNA.
Pertanto, nel caso di specie l’Università di Pavia non era vincolata, secondo il giudice di prime cure, a recepire nel Regolamento di Ateneo le misure tipiche indicate dall’ANAC nel PNA per evitare pregiudizio all’“imparzialità della selezione”, né le misure indicate nel PNA costituiscono ex se parametro di legittimità degli atti amministrativi.
Tuttavia, nell’adozione degli atti concernenti la designazione e la conseguente nomina dei componenti la Commissione giudicatrice, esigenze motivazionali postulate dal principio di trasparenza dell’azione amministrativa – tanto più rilevanti a fronte di deroghe a indirizzi dettati per finalità di anticorruzione – rendevano per l’Università necessario indicare le ragioni per cui, nel caso concreto, non era opportuno rispettare o seguire le misure organizzative indicate nel PNA volte a garantire l’imparzialità dell’azione azione amministrativa in relazione ad una attività – quale la nomina dei membri della Commissione – ritenuta particolarmente sensibile dall’ANAC e dal Ministero in quanto esposta a fenomeni di corruzione intesa quale assunzione di decisioni devianti dalla cura dell’interesse generale a causa di condizionamenti impropri.
Il difetto di esame delle raccomandazioni e la mancanza di una motivazione puntuale a giustificazione della decisione, rimasta implicita, di discostarsi da una contraria indicazione precisa contenuta nel PNA, recepita anche in un atto di indirizzo del MIUR, deve essere secondo il giudice di prime cure, effettivamente considerato sintomo di sviamento di potere.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso è da solo idoneo, secondo la sentenza impugnata, a supportare l’accoglimento del gravame e a comportare, per illegittimità derivata e caducante, l’annullamento di tutti i successivi atti del concorso, con assorbimento dei restanti motivi.
Il ricorso è stato pertanto accolto, come detto, nei termini di cui in motivazione.
Avverso la sentenza in epigrafe in data 15 gennaio 2024 è stato depositato ricorso in appello.
Si è costituito in giudizio OMISSIS.
In data 2 febbraio 2024 ha depositato memoria la parte appellata.
Nell’udienza pubblica del 18 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
In sede di appello, è stato dedotto:
-error in procedendo et in iudicando. violazione e falsa applicazione di norme di diritto. legittimità della procedura di nomina della commissione esaminatrice.
Con il primo motivo, rileva l’appellante che la contraddittorietà della motivazione rende subito chiara l’erroneità della sentenza che si chiede di riformare, dal momento che lo stesso TAR riconosce espressamente che le Università, nell’ambito dell’autonomia statutaria loro garantita, sono libere di individuare dei metodi di nomina della Commissione che si discostino dalle “raccomandazioni” date dall’ANAC e dal MIUR.
L’Università ha adottato un apposito Regolamento ritenuto pienamente legittimo dal primo giudice. Non si comprende quindi, secondo l’appellante, perché il Tar, nonostante abbia ritenuto legittimo l’art. 8 del Regolamento di Ateneo, abbia poi, contraddicendosi, dichiarato l’illegittimità del provvedimento in merito allo scostamento dalle raccomandazioni date da ANAC all’interno del PNA. Il TAR ha completamente omesso di considerare ciò che l’Università aveva puntualmente controdedotto, cioè che la stessa “già all’interno del PTPCT del 2019, aveva previsto misure per la prevenzione della corruzione e delle situazioni di conflitto di interesse all’interno delle Commissioni in parte diverse e comunque autonome rispetto a quelle suggerite dagli atti di indirizzo ANAC e MIUR”.
Se dunque, all’esito di tale attività di analisi, il PTPCT di Ateneo del 2019 ha ritenuto di discostarsi dalla raccomandazione di sorteggio delle Commissioni, tale scelta è stata determinata da un esercizio consapevole dell’autonomia statutaria e regolamentare dell’Ateneo, che ha considerato gli atti di indirizzo ANAC e MIUR e, dato atto di ciò, ha scelto delle diverse misure di prevenzione del rischio corruttivo nella nomina delle proprie Commissioni.
L’appellante evidenzia poi che il riferimento alla figura dello sviamento di potere è quanto meno inopportuno, dal momento che tale vizio sintomatico ricorre quando l’Amministrazione persegue un fine diverso da quello indicato dalla norma attributiva del potere, ipotesi chiaramente inconferente nel caso di specie, in quanto il presupposto dell’accoglimento del motivo di impugnazione consiste nella ritenuta assenza di motivazione a sostegno dell’adozione di un metodo di nomina diverso dal sorteggio.
Dagli atti contenuti nel fascicolo di causa, sottolinea l’appellante, risulta invece che la scelta generale dell’Ateneo di non applicare tale metodologia risulta adeguatamente motivata dal PTCPT, un atto generale che si riferisce proprio agli stessi atti di indirizzo ANAC e MIUR utilizzati dalla sentenza per rilevare un insussistente sviamento di potere dell’Amministrazione.
– error in procedendo et in iudicando. violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex artt. 74 e 88 c.p.a. e art. 118 disp. att. cod. proc. civ. – motivazione per relationem.
Con il secondo motivo, si lamenta che il TAR motiva la propria decisione richiamando de relato la motivazione della sentenza del Cons. Stato, Sez. VI, 14 dicembre 2021, n. 8336, ma tale richiamo non sembra cogliere nel segno.
Le affermazioni di principio contenute nel § 14 della medesima devono essere lette e interpretate alla luce della peculiare situazione di fatto che si era venuta a creare in quel caso.
La sentenza n. 8336/2021, riconosce invero che “l’autonomia delle Università nell’implementare il piano triennale anticorruzione è rispettata anche dalla L. 190/2012, e quindi non si può pretendere che si estrinsechi nella mera trasposizione delle misure previste nel PNA”.
Viene quindi riconosciuto che le Università godono di ampia autonomia nell’implementazione del PNA.
La sentenza riconosce che si tratta di un’attività di globale “implementazione” del PNA: è quindi logico che tale attività avvenga all’interno del PTPCT e non all’interno dei singoli atti attuativi e puntuali.
Secondo l’appellante, il giudice di primo grado ha fatto malgoverno dell’istituto della motivazione per relationem, in violazione degli artt. 74 e 88 c.p.a. e 118 disp. att. c.p.c.
Tale erronea interpretazione del precedente giurisprudenziale ha – di fatto – consentito al primo giudice di non approfondire e dare conto delle specificità del caso in esame.
Un’adeguata valorizzazione della documentazione versata in giudizio dall’Università e, in particolare, dell’estratto del PTPCT dell’Ateneo avrebbe consentito di accertare la diversità sostanziale dei presupposti fattuali della presente controversia rispetto al caso deciso dalla sentenza n. 8336/2021.
Nella camera di consiglio del 6 febbraio u.s. la causa è stata rinviata al merito.
L’appello è fondato.
Osserva il Collegio, quanto al primo motivo di appello, che le argomentazioni proposte dall’appellante appaiono conformi alla giurisprudenza recente della Sezione nella quale si è in più riprese affermato che l’autonomia universitaria ben consente di dotarsi di regolamenti sui concorsi i quali non considerino vincolante il criterio del sorteggio di cui alla Delibera ANAC n. 1208/2017.
Detta giurisprudenza ha inoltre affermato che il sorteggio si giustifica appieno nel caso di procedure riservate ai soli candidati interni, ma non alle procedure che – come quella di cui è causa – siano aperte anche a candidati esterni (Consiglio di Stato, Sezione VII, n. 5024/2024).
La sentenza impugnata, sul punto, va dunque riformata.
Ciò posto, vanno esaminati i motivi proposti in primo grado, dichiarati assorbiti dal giudice di prime cure e riproposti nella presente sede di appello ai sensi dell’articolo 101, co. 2 c.p.a..
Quanto al primo motivo del ricorso introduttivo, con il quale si lamenta(va) l’illegittima nomina della Commissione giudicatrice in quanto composta, detta Commissione, per la totalità da soggetti esterni all’Ateno, anziché per la sola maggioranza, nonché l’illegittimità del Regolamento di Ateneo, del bando di concorso, del verbale n. 4/2022 contenente la delibera con cui il Consiglio di Dipartimento ha designato i Commissari e del decreto rettorale n. 913/2022 di nomina dei membri della Commissione, questo non può essere accolto, in quanto fondamentalmente contraddittorio con la tesi di fondo del ricorso che deduce, al contrario, un’impostazione generale delle scelte dell’Ateneo volte a favorire, in tesi, una gestione “localistica” delle determinazioni adottate.
È qui appena il caso di osservare che l’articolo 8 del regolamento di Ateneo per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia (di cui l’appellato lamenta la violazione), laddove prescrive l’obbligo di nominare fra gli esterni “la maggioranza dei componenti della Commissione” non esclude affatto – né dal punto di vista testuale, né dal punto di vista sistematico – la più radicale opzione di nominare unicamente membri esterni (e per evidenti ragioni di massima imparzialità).
Quanto al secondo motivo, con il quale si lamenta l’illegittimità del bando per violazione dell’art. 18, comma 1, lett. a), della legge n. 240/2010 e dell’all’art. 3, comma 1, del Regolamento di Ateneo, di attuazione, dalla quale deriverebbe la natura di “bando profilato” ossia ritagliato sul profilo di uno specifico candidato con esperienza nel campo dell’analisi dei big data, non appare ad avviso del Collegio sufficientemente provato che i criteri qualitativi indicati nel verbale n. 1/2022 avrebbero orientato la valutazione comparativa a vantaggio di alcuni candidati.
Analoghe considerazioni rilevano con riferimento al terzo motivo del ricorso introduttivo, dai cui argomenti non appare possibile desumere sufficienti indizi circa l’orientamento del bando nella direzione di favorire specifiche categorie di candidati, ove si consideri ulteriormente che il riferimento alle richieste competenze sull’analisi dei big data appare generico e non circostanziato e comunque non sembra irragionevole che tali competenze siano prese in considerazione per le funzioni da attribuire al candidato da selezionare.
In definitiva, per l’assoluta rilevanza del tema, il fatto che le competenze in merito all’analisi dei ‘big data’ siano state incluse fra gli elementi di qualificazione scientifica e didattica e ffra quelle che il docente selezionato avrebbe dovuto svolgere, non palesa alcun evidente profilo di illegittimità, di irragionevolezza, ovvero alcun effettivo fumus di ‘profilazione individuale’.
Non è del resto contestabile che le Università possano prevedere – e in modo del tutto legittimo – che sia oggetto di specifica valutazione la congruità del profilo scientifico del ricercatore con le esigenze di ricerca dell’Ateneo.
Immune dai dedotti profili di genericità appare al Collegio l’art. 9 del Regolamento di Ateneo sulla valutazione comparativa dei candidati, come dedotto nel quarto motivo del ricorso introduttivo, che va di conseguenza ritenuto generico e non fondato, oltre che suscettibile di trascurare i profili di discrezionalità tecnica che assistono i lavori della Commissione i cui criteri, come adottati, non appaiono, nei limiti di sindacabilità in sede giurisdizionale, né macroscopicamente illogici né irragionevoli.
Analoghi profili di infondatezza presentano il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso.
Quanto al quinto, con il quale si lamenta che la Commissione avrebbe stilato la graduatoria di merito costituita da due soli nominativi, senza motivare in merito alle ragioni per cui tale graduatoria non sia stata invece composta da tre candidati, non paiono ricorrere specifici obblighi nel senso da parte della Commissione, neppure di motivazione, ricadendo tale condizione nella mera facoltà attribuita all’organismo collegiale.
Circa il sesto motivo, si contesta la mancata valutazione della pubblicazione n. 12 della domanda di partecipazione sebbene lo stesso ricorrente avesse omesso di accludere “per una mera dimenticanza il documento di accettazione da parte dell’editore” come prevede l’art. 5 del bando.
Si ritiene al riguardo che l’operato della Commissione sia illegittimo in quanto il bando non richiedeva l’allegazione di tale documento “a pena di esclusione”.
Tuttavia, va sul punto condiviso quanto rilevato dall’amministrazione in sede di memoria difensiva, circa la mancata prova di resistenza che la valutazione di detta pubblicazione avrebbe determinato una concreta utilità per l’originario ricorrente.
Il settimo motivo del ricorso introduttivo è anch’esso infondato.
Si lamenta al riguardo che la Commissione ha valutato nel criterio di valutazione dell’attività di ricerca scientifica “organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali, ovvero partecipazione agli stessi” di cui al verbale n. 1/2022, esperienze che non sono attribuibili alla Prof.ssa OMISSIS.
Si sostiene in proposito che la candidata non sarebbe stata PI (Principal Investigator) del progetto europeo xAIM – explainable Artificial Intelligence in healthcare Management e responsabile locale di cluster di altri tre progetti, in quanto sarebbe stata la stessa candidata ad essersi qualificata, nel CV presentato per il progetto di Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) dell’Anvur, come “Co-Principal Investigator”.
Anche in questo caso, va apprezzato favorevolmente quanto dedotto nella memoria difensiva dell’amministrazione circa la piena fungibilità delle due funzioni, circostanza che esclude errori od omissioni della Commissione nell’attribuzione dei relativi punteggi.
L’appello, pertanto, va accolto e la sentenza di primo grado riformata.
Sussistono nondimeno giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
accoglie l ‘appello e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSISi, Consigliere, Estensore