Non si può poi ritenere corrispondente a tutela del diritto allo studio, come diritto fondamentale della persona, la mera indiscriminata ammissione ai corsi di istruzione superiore di qualsiasi soggetto richiedente, ove le strutture organizzative predisposte non siano adeguate per garantirne l’adeguata formazione professionale.
Cons. Stato, Sez. VII, 1 agosto 2024, n. 6928
Il numero chiuso a medicina non lede il diritto allo studio
06928/2024 REG.PROV.COLL.
03031/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3031 del 2024, proposto da
OMISSIS rappresentati e difesi dagli avvocati OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio OMISSIS in Roma, Lungotevere Marzio n.3;
contro
Università degli Studi di Verona, Cineca – Consorzio Interuniversitario, non costituiti in giudizio;
Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi Bari, Università degli Studi della Basilicata Potenza, Università degli Studi Bologna Alma Mater Studiorum, Università degli Studi Brescia, Università degli Studi Cagliari, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli Napoli, Università degli Studi G D’Annunzio Chieti, Università degli Studi Camerino, Università degli Studi Catania, Università degli Studi Magna Graecia Catanzaro, Università degli Studi Ferrara, Università degli Studi Firenze, Università degli Studi Foggia, Università degli Studi Genova, Università degli Studi dell’Insubria Varese, Università degli Studi L’Aquila, Università degli Studi Messina, Università degli Studi Milano Bicocca, Università degli Studi Milano, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Università degli Studi Molise, Università degli Studi Napoli Federico II, Università’ degli Studi Palermo, Università degli Studi Parma, Università degli Studi Pavia, Università degli Studi Perugia, Università del Piemonte Orientale, Università degli Studi Pisa, Università Politecnica delle Marche Ancona, Università degli Studi Roma La Sapienza, Università degli Studi di Salerno Fisciano, Università del Salento Lecce, Università degli Studi Sassari, Università degli Studi Siena, Università degli Studi Torino, Università degli Studi Trieste, Università degli Studi Trento, Università degli Studi Udine, Università degli Studi Verona, Università della Calabria, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per L’Accesso – Cisia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio OMISSIS in Roma, piazza San Bernardo, n. 101;
Università degli Studi di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio OMISSIS in Padova, Riviera Tito Livio, 6;
Università degli Studi di Roma Tor Vergata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 4396/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS e gli avvocati dello Stato OMISSIS e OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza appellata è stato in parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso proposto da soggetti che, riferendo di aver partecipato alle prove di accesso ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria per l’anno accademico 2023/2024 conseguendo un punteggio finale non sufficiente all’immatricolazione presso gli Atenei selezionati, hanno contestato la mancata ammissione alla facoltà di interesse, chiedendo l’ammissione al corso di laurea presso l’Ateneo indicato come prima scelta ovvero presso gli altri Atenei (in via principale), ovvero con l’annullamento dell’intera procedura selettiva e la conseguente ripetizione della prova (in via subordinata).
La motivazione della sentenza appellata fa riferimento alle seguenti circostanze.
Il Tar ha ravvisato la mancata sussistenza, nella specie, delle condizioni necessarie per la proposizione di un gravame collettivo con riferimento al primo, secondo e quarto motivo di ricorso (attinenti rispettivamente all’utilizzo ripetuto dei quesiti, al punteggio equalizzato e alla ripartizione per sezioni del tempo a disposizione dei candidati).
Il Tar ha ribadito che il ricorso in forma collettiva è proponibile soltanto quando vi sia omogeneità delle posizioni soggettive fra gli interessi dei ricorrenti e identità di situazioni sostanziali e processuali (al riguardo, cfr. ex multis Cons. St., sez. IV, sent. 9 agosto 2021, n. 5801 e Cons. St., sez. III, sent. 21 maggio 2021, n. 3964).
Il Tar ha osservato che nella specie il proposto ricorso riunisce un numero elevato di soggetti – in misura pari all’incirca a quattrocento candidati – con disparati punteggi e posizioni del tutto diversificate in graduatoria, in alcuni casi incorsi nella successiva decadenza dalla graduatoria medesima (già all’atto della proposizione del ricorso ovvero in corso di causa) per la mancata conferma dell’interesse a permanervi in occasione di uno degli scorrimenti intervenuti.
Inoltre le censure articolate in ricorso non mostrano carattere omogeneo in quanto alcune presentano una portata astrattamente caducatoria, mentre altre implicano la redistribuzione degli invocati posti aggiuntivi in favore dei soggetti collocati in graduatoria.
Il Tar ha osservato che dalle conclusioni rassegnate in ricorso, risulta una situazione di disomogeneità anche relativamente alle (conseguenti) domande formulate, tutte espressamente volte all’annullamento parziale – nella specie, “… per quanto di interesse di parte ricorrente” (cfr. atto di ricorso, pag. 44) – degli atti gravati: alcune, infatti, tendono al conseguimento dell’ammissione definitiva al corso di laurea di interesse presso uno degli Atenei selezionati (come altresì emerge dalla corrispondente misura richiesta in sede cautelare), mentre altre apparentemente mirano all’annullamento del concorso e alla ripetizione della prova.
Tale situazione mostra dunque una parziale contraddittorietà delle conclusioni rassegnate rispetto alle doglianze formulate, rendendo palese la posizione di conflittualità nella quale finirebbe per trovarsi l’ampio novero dei soggetti ricorrenti in ragione dell’evidente eterogeneità delle rispettive posizioni, laddove è invocata l’ammissione degli stessi al predetto corso di laurea nelle rispettive sedi universitarie.
L’assenza di identità delle censure mosse (e delle relative domande formulate in ricorso) emerge, infine, anche dal complesso degli atti gravati.
La proposta impugnativa appare, infatti, comune a tutti i soggetti ricorrenti soltanto in parte, laddove rivolta avverso la graduatoria finale e i presupposti atti inerenti alla lex specialis della procedura selettiva; la supposta coincidenza degli atti asseritamente lesivi non ricorre, viceversa, rispetto alla contestata “prova di ammissione consistente nel questionario erogato tramite la piattaforma informatica CISIA” (cfr. l’epigrafe dell’atto di ricorso, in specie pag. 14), in quanto differente per ciascun candidato ricorrente.
Per quanto concerne le censure articolate con il quinto motivo di ricorso (afferente, nella specie, alla procedura di determinazione del numero di posti disponibili per l’annualità 2023/2024), il Tar ha rilevato che oltre ad apparire le anzidette censure inammissibili per il difetto della necessaria “prova di resistenza” – anche correlato all’impossibilità di configurare la suddetta prova in termini univoci, date le diverse posizioni occupate dai singoli ricorrenti in graduatoria in considerazione dell’eterogeneità dei punteggi ottenuti, oltre che per l’intervenuta decadenza di taluni ricorrenti dalla graduatoria medesima – in ogni caso le stesse non risultano meritevoli di accoglimento.
Con riguardo alla censurata istruttoria sulla programmazione dei posti, in relazione agli ambiti di individuazione del fabbisogno formativo nazionale di medici chirurghi e di odontoiatri rispetto all’offerta potenziale del sistema universitario, il Tar ha osservato che le decisioni volte a determinare il numero di posti, tenuto conto dell’offerta potenziale del sistema universitario e del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264, rientrano nella esclusiva attribuzione delle autorità ministeriali.
Infatti non si può ritenere corrispondente a tutela del diritto allo studio, come diritto fondamentale della persona, la mera indiscriminata ammissione ai corsi di istruzione superiore di qualsiasi soggetto richiedente, ove le strutture organizzative predisposte non siano adeguate per garantirne l’adeguata formazione professionale.
Il Tar ha osservato altresì, con riguardo alla complessa procedura di determinazione dei posti disponibili da mettere annualmente a concorso, che dallo stesso tenore letterale delle previsioni legislative di riferimento (articolo 3, comma 1, lettera “a”, Legge n. 264/1999) è chiaramente desumibile il carattere prioritario dell’elemento rappresentato dalla capacità formativa degli Atenei – corrispondente all’esigenza di assicurare adeguati livelli di formazione – rispetto a quello del fabbisogno professionale: la determinazione annuale del numero dei posti in questione è, infatti, rimessa alla valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario, “… tenendo anche conto …” (in via, evidentemente, sussidiaria) del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo. La prescritta determinazione rientra dunque in un’attività di programmazione, in rapporto alla quale sono attribuiti all’Amministrazione ampi poteri discrezionali, spettando ai competenti organi pubblici il compito di dettare i parametri valutativi, operare i riscontri necessari e bilanciare le esigenze in rilievo, che riguardano da una parte il livello di formazione da assicurare a garanzia del possesso effettivo delle conoscenze necessarie per l’esercizio di attività professionali in campo sanitario, dall’altra le concrete possibilità di avviamento al mondo del lavoro, da garantire ragionevolmente agli interessati.
Il Tar ha quindi concluso che l’Amministrazione risulta quindi chiamata ad effettuare in via esclusiva un delicato bilanciamento di interessi, con soluzioni intangibili nel merito ove razionali, congrue e non basate su erronei presupposti di fatto.
2. Parte appellante lamenta erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il TAR del Lazio ha ritenuto inammissibili il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso di primo grado in ragione della pretesa assenza delle condizioni di proponibilità del ricorso in forma collettiva.
Premette che con il primo motivo si è denunciata l’illegittimità derivante dall’utilizzo ripetuto dei quesiti nell’ambito dei diversi turni e sessioni in cui si è svolta la prova, che avrebbe dato origine ad una sorta di “mercato nero” delle domande e alterato complessivamente la genuinità degli esiti della prova.
Il secondo motivo riguardava, invece, il meccanismo di “equalizzazione” delle domande.
Il quarto motivo concerne la previsione di un tempo massimo prestabilito di svolgimento dei quesiti suddiviso per ogni singola sezione. In tal modo, infatti, sarebbe stata preclusa ai candidati la possibilità di utilizzare liberamente il tempo massimo previsto per lo svolgimento dell’intera prova (90 minuti), in quanto accedendo alla sezione successiva i candidati perdevano automaticamente il tempo residuo rimasto inutilizzato nella sezione precedente.
Parte appellante ritiene che la posizione degli appellanti sia perfettamente omogenea.
Parte appellante fa presente che non ha rivendicato l’attribuzione di un maggiore punteggio ai fini di una diversa collocazione nella graduatoria di merito, ma ha denunciato l’illegittimità dell’intera procedura.
Le domande dei singoli ricorrenti avrebbero in comune la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati per vizi afferenti alle modalità di svolgimento della procedura e l’effetto conformativo derivante dal loro eventuale accoglimento è omogeneo per tutti, trattandosi di disporre, alternativamente, la loro immatricolazione al corso di laurea ambito ovvero la ripetizione della prova.
Pertanto, secondo parte appellante, consegue l’erroneità della dichiarazione d’inammissibilità del ricorso collettivo di primo grado, in quanto le domande dei singoli appellanti, oltre ad avere in comune gli stessi identici atti impugnati che vengono censurati per i medesimi motivi, sono volti all’annullamento degli esiti della procedura selettiva in quanto affetti da vizi procedurali.
Parimenti secondo parte appellante non vi sarebbe incompatibilità tra la formulata domanda di ammissione e le censure di carattere potenzialmente caducatorio della procedura riguardanti vizi procedurali.
Sarebbe errato l’assunto del TAR secondo cui sussisterebbe un conflitto di interessi tra gli appellanti in ragione dell’eterogeneità delle rispettive posizioni in graduatoria e, segnatamente, per il fatto che il ricorso “riunisce un numero elevato di soggetti – in misura pari all’incirca a quattrocento candidati – con disparati punteggi e posizioni del tutto diversificate in graduatoria, in alcuni casi incorsi nella successiva decadenza dalla graduatoria medesima (già all’atto della proposizione del ricorso ovvero in corso di causa) per la mancata conferma dell’interesse a permanervi in occasione di uno degli scorrimenti intervenuti”.
La violazione del principio della par condicio tra i candidati e l’alterazione della regolarità degli esiti della procedura conseguenti all’utilizzo ripetuto delle domande, all’applicazione del meccanismo di equalizzazione e alla limitazione del tempo a disposizione dei candidati renderebbero ininfluente la questione del punteggio conseguito dai diversi ricorrenti in quanto, di fronte a tali vizi e alle conseguenze derivanti dall’auspicato accoglimento delle relative censure, tutti si trovano nella medesima posizione, compresi quelli che, nelle more del ricorso, hanno eventualmente perso interesse in considerazione della mancata conferma. E ciò sia laddove da tale accoglimento dovesse farsi conseguire la ripetizione della prova, sia laddove il giudice d’appello dovesse disporre l’ammissione in soprannumero dei candidati ricorrenti anche quale forma di risarcimento in forma specifica ex art. 30, comma 2, c.p.a..
Parte appellante fa presente che tutti invocano la caducazione dell’intera procedura selettiva con conseguente irrilevanza dell’esito finale della prova e della diversa collocazione di ciascuno nella graduatoria di merito.
Parte appellante rileva che i ricorrenti non hanno rivolto alcuna censura specifica nei confronti del singolo “questionario” ad essi somministrato, la cui menzione in epigrafe appare invero ultronea e di mero stile. Ciò che è stato censurato, infatti, sono le modalità attraverso le quali tutti i questionari, indistintamente, sono stati predisposti e poi valutatati, peraltro sempre nella prospettiva di dimostrare i vizi procedurali dedotti in giudizio.
Ritiene che nel caso di specie i provvedimenti impugnati si inseriscono pacificamente all’interno della medesima sequenza procedimentale e l’azione processuale degli odierni appellanti sarebbe configurabile alla stregua di un’unica domanda di annullamento intesa ad ottenere la caducazione dell’intera procedura selettiva, con la conseguenza che non è ravvisabile tra gli appellanti alcuna situazione di conflitto di interessi.
Parte appellante fa presente che col quinto motivo di ricorso i ricorrenti denunciavano che anche quest’anno parte resistente non ha condotto, in sede di programmazione dei posti disponibili per l’accesso ai corsi di laurea in questione, l’istruttoria prevista dalla legge diretta a quantificare il reale potenziale formativo che può essere messo a disposizione dalle Università italiane.
Sul punto, il TAR ha affermato che “le decisioni volte a determinare il numero di posti, tenuto conto dell’offerta potenziale del sistema universitario e del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo ai sensi della legge 2 agosto 1999, n. 264, rientrano nella esclusiva attribuzione delle autorità ministeriali”.
Parte appellante lamenta che l’Amministrazione appellata non gode di piena discrezionalità nella quantificazione del potenziale formativo.
L’attività istruttoria deve, infatti, svolgersi sulla base dei precisi parametri indicati dal legislatore nell’art. 3 della L. 2 agosto 1999, n. 264.
Il MUR dovrebbe determinare annualmente e a livello nazionale il numero dei posti disponibili nei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria «sulla base della valutazione dell’offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» (lett. a).
Tali posti sono, poi, ripartiti tra le Università «tenendo conto dell’offerta potenziale comunicata da ciascun ateneo e dell’esigenza di equilibrata attivazione dell’offerta formativa sul territorio» (lett. b).
Lamenta l’assenza di un’effettiva istruttoria.
Il grave difetto di istruttoria risulterebbe confermato dall’incremento repentino di posti che si è verificato anno dopo anno, fino a giungere al corrente anno accademico in cui è stato individuato un contingente maggiore rispetto all’a.a. 2022/2023, senza che nel frattempo sia intervenuta alcuna modifica “strutturale” del sistema universitario in grado di giustificare tale considerevole incremento.
Infatti quest’anno il Ministero ha messo a bando n. 20.942 posti per i corsi di laurea in Medicina e chirurgia e Odontoiatria e protesi dentaria, ossia 3.736 unità in più rispetto all’a.a. 2022/2023.
Gli Atenei disporrebbero non solo di risorse sufficienti, ma anche di potenzialità didattiche e capacità recettive idonee ad immatricolare un numero di studenti ben superiore a quelli stimati.
Evidenzia che la Conferenza Stato – Regioni, come si evince dal Repertorio atti n. 149/CSR del 21 giugno 2023, ha individuato un numero di n. 19.556 posti per l’accesso al corso di laurea in medicina e chirurgia, mentre per il corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria sono stati messi a bando n. 1.386 posti, con una differenza di n. 149 posti in meno rispetto al Fabbisogno professionale quantificato in 1.535 posti.
Sarebbe stato sottostimato il fabbisogno professionale di medici.
Parte appellante ripropone i motivi di ricorso non esaminati dal Tar anche con riferimento alla correttezza del nuovo sistema c.d. Tollc-Med, introdotto dal Ministero con il D.M. n. 1107/2022 per l’accesso ai corsi laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e protesi dentaria per l’a. a. 2023/2024.
3. Preliminarmente il collegio dà atto che Favaro Carmen Letizia, Aiello Simone, Arfò Lucia, Biondi Emma, Cavoli Vincenzo, Corrente Alessio, Granato Luigi, Mauceri Magda Lucia, Pinzan Giulia, Tassone Nicola Antonio hanno depositato in giudizio atto di rinuncia all’appello.
4 L’appello è infondato.
Il collegio prescinde dall’esame delle eccezioni preliminari, essendo l’appello comunque infondato nel merito.
Il collegio prescinde altresì dall’esame della questione relativa alla proponibilità del ricorso collettivo, essendo l’appello comunque infondato per ragioni diverse dall’inammissibilità del ricorso collettivo.
5. Le censure relative al sistema di espletamento della prova sono infondate.
Trattasi di sistemi d’esame la cui individuazione è rimessa alla discrezionalità tecnica dell’Amministrazione.
Le censure non dimostrano che il metodo adottato non sia idoneo a determinare il merito del singolo candidato.
Anzi l’equalizzazione ha proprio la finalità, attraverso la correzione dei punteggi, di attribuire a ciascun quesito il giusto peso e dunque il giusto merito.
Inoltre parte appellante non ha dimostrato che senza l’equalizzazione la prova sarebbe stata superata.
La previsione di un coefficiente di equalizzazione della prova nasce dall’esigenza di equiparare prove in partenza analoghe svolte in momenti diversi e, quindi, di garantire equità di valutazione ed identica selettività nell’ambito di un sistema che consente, in un’ottica di orientamento e di implementazione della preparazione dei candidati, la ripetibilità delle prove stesse, che è possibile sostenere due volte all’anno a partire dal penultimo anno di scuola superiore.
La circostanza che nella sessione di luglio siano stati somministrati quesiti già somministrati nella sessione di aprile è ragionevole, considerato che si tratta di un modello di accesso che prevede la ripetibilità delle prove.
6. Anche il riferimento alla ripartizione in sezioni delle prove resiste alle censure proposte.
Il modello si basa sul principio dell’analoga difficoltà delle prove proposte.
La difficoltà di una prova è data dall’unione delle difficoltà delle sezioni che la compongono. Di conseguenza, date due o più prove, sostenerne l’analoga difficoltà implica sostenere l’analoga difficoltà di ciascuna delle sezioni che le compongono.
Così le persone rispondenti vengono poste nelle medesime condizioni di svolgimento. Ne risulta la coerenza:
– del tempo prestabilito di svolgimento di ciascuna sezione;
– dell’ordine prestabilito con cui le sezioni si presentano all’interno del test;
– l’omogeneità della tipologia di argomenti somministrati in ciascuna sezione del test.
Così una sezione (con i relativi quesiti) a cui è stato dedicato un tempo medio inferiore, perché il tempo è stato dedicato ad altra sezione, diventa mediamente più difficile
Analogamente una sezione e relativi quesiti diventano mediamente più facili se a quella sezione, a quei quesiti, è dedicato un tempo superiore.
Il tempo identico per ciascuna sezione, nel modello Tolc, rappresenta pertanto un profilo in grado di assicurare analoga difficoltà.
7. Le censure attinenti alla determinazione dei posti disponibili sono sia inammissibili che infondate.
La dimostrazione della prova di resistenza era necessaria, essendo necessariamente connessa, in punto di dimostrazione dell’interesse a ricorrere, con riferimento alle censure relative alla determinazione dei posti disponibili (così Consiglio di Stato VII n° 5761 e 5762 del 28 giugno 2024).
Non si può poi ritenere corrispondente a tutela del diritto allo studio, come diritto fondamentale della persona, la mera indiscriminata ammissione ai corsi di istruzione superiore di qualsiasi soggetto richiedente, ove le strutture organizzative predisposte non siano adeguate per garantirne l’adeguata formazione professionale.
Le previsioni legislative (articolo 3, comma 1, lettera “a”, Legge n. 264/1999) fanno specifico riferimento al carattere prioritario dato dalla capacità formativa degli Atenei.
L’Amministrazione è chiamata ad effettuare un bilanciamento di interessi, con soluzioni intangibili nel merito ove razionali, congrue e non basate su erronei presupposti di fatto di cui non risulta dimostrata la sussistenza.
Sotto tale profilo risulta contraddittoria la censura di parte appellante secondo cui “il grave difetto di istruttoria risulterebbe confermato dall’incremento repentino di posti che si è verificato anno dopo anno, fino a giungere al corrente anno accademico in cui è stato individuato un contingente maggiore rispetto all’a.a. 2022/2023, senza che nel frattempo sia intervenuta alcuna modifica “strutturale” del sistema universitario in grado di giustificare tale considerevole incremento.”
Il collegio osserva infatti che l’aumento dei posti disponibili va a beneficio di parte appellante.
Né parte appellante ha dimostrato in concreto che tale aumento sia inferiore al numero di posti riconducibile alla capacità formativa degli Atenei.
8. Il collegio osserva che risulta corretto il riferimento fatto dal Tar (punto 14.2 della sentenza appellata) alla circostanza che alcuni dei ricorrenti sono incorsi nella decadenza dalla procedura di immatricolazione per la mancata conferma dell’interesse a permanervi in occasione di uno degli scorrimenti intervenuti.
Sul punto la Sezione ha già affermato (da ultimo sentenze n° 5761 e 5762 del 28 giugno 2024) che il meccanismo della conferma dell’interesse all’immatricolazione e la conseguente decadenza dalla graduatoria per il caso di mancata conferma risultano espressamente previsti dal bando, cosicché ciascun candidato ha avuto preventiva conoscenza degli adempimenti da porre in essere e delle conseguenze derivanti dall’omissione degli stessi. Detto meccanismo è stato ritenuto dalla giurisprudenza adempimento non sproporzionato, né eccessivamente oneroso, né irragionevole, poiché da un lato esso richiede ai candidati la diligenza ordinaria propria dei soggetti che aspirino all’immatricolazione, dall’altro risponde all’esigenza di una rapida definizione degli aggiornamenti della graduatoria, essendo finalizzato a rendere efficace e rapido lo scorrimento di questa (così C.d.S., VII n° 3981 del 19 aprile 2023, Sez. VI, 8 febbraio 2022, n. 881).
Né la conferma d’interesse può essere surrogata dalla proposizione di ricorso giurisdizionale (così C.d.S., VII n° 3981 del 19 aprile 2023).
9. L’appello deve pertanto essere respinto.
Con riferimento agli appellanti OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, il collegio dà atto della rinuncia all’appello.
La complessità e la novità delle questioni affrontate impongono di compensare le spese dell’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, dà atto della rinuncia all’appello con riferimento agli appellanti OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS.
Per gli altri appellanti respinge l’appello.
Spese dell’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
L’Estensore OMISSIS
Il Presidente OMISSIS
Pubblicato il 1° agosto 2024