REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1624 del 2024, proposto da
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Università OMISSIS in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo RegionaleOMISSIS, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2024 il Cons. OMISSIS e udito per la parte appellante l’Avv. OMISSIS;
Viste le conclusioni della parte appellata come da verbale;
FATTO
1. Il Prof. OMISSIS impugnava in primo grado il provvedimento – datato 30 giugno 2023 e comunicato al ricorrente in data 12 luglio 2023 – a firma della Direttrice Generale delle istituzioni della formazione superiore del Ministero dell’Università e della Ricerca, Dott.ssa OMISSIS, con il quale è stata respinta la proposta di conferimento del titolo di professore emerito al Prof. OMISSIS, inoltrata dall’Università OMISSIS in data 26 luglio 2022.
Il sopra richiamato provvedimento negativo viene motivato dal Ministero ritenendo preclusiva la formulazione dell’art. 111 del RD 31 agosto 1033 n. 1592 RD 1592/1933 (TU delle leggi sull’istruzione superiore, d’ora in poi RD 1592/1933) – che prevede, quale presupposto necessario per ottenere il relativo titolo onorifico, almeno 20 anni di servizio come professore ordinario – nonché la perdurante distinzione di funzioni e compiti tra professore ordinario di prima fascia e professore associato di seconda fascia, richiamando l’art. 1 (Ruolo dei professori universitari e istituzione del ruolo dei ricercatori) del dPR 382/1980 sul riordino della docenza universitaria nonché gli artt. 16 (Istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale) e 18 (Chiamata dei professori) della L 240/2010 di riforma universitaria.
2. La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dal Prof. OMISSIS.
La motivazione della sentenza appellata fa riferimento alle seguenti circostanze.
Secondo il Tar non sarebbe plausibile dedurre dall’attuale formulazione del terzo comma dell’art. 15 della legge 18 marzo 1958 n. 311 (d’ora in poi: legge n° 311/1958), che chiarisce come nulla sia innovato all’ultimo comma dell’art. 110 RD 1592/1933 – norma che dispone la decorrenza del collocamento a riposo dei professori universitari per limiti di età al termine dell’anno accademico effettivamente iniziato, ove durante lo stesso anno accademico i docenti interessati abbiano compiuto 75 anni di età – alcuna argomentazione a sostegno della prospettata interpretazione evolutiva dell’ art. 111 dello stesso TU 1592/1933 delle leggi sull’istruzione superiore, per effetto del successivo dPR 382/1980 e della legge n. 240 del 2010. Del resto, le relative norme, in sede di riordino della docenza universitaria – pur prevedendo l’unitarietà della funzione docente – assicurano “la distinzione dei compiti e delle responsabilità dei professori ordinari e di quelli associati, inquadrandoli in due fasce di carattere funzionale” (Cfr. art. 1 del dPR 382/1980).
Pertanto il Tar ha ritenuto che non potesse ravvisarsi alcuna contraddittorietà, né irragionevolezza nella motivazione del provvedimento impugnato, laddove indicava, quale base giuridica, oltre all’art. 11 citato, proprio l’art. 1 del dPR 382/1980 quanto a perdurante distinzione dei compiti e delle funzioni esistenti tra le fasce di professore ordinario/di prima fascia e associato/di seconda fascia.
Tanto meno, ha osservato il Tar, sarebbe conferente il successivo art. 22 dello stesso dPR 382/1980 – parimenti richiamato dal ricorrente – che equipara lo stato giuridico dei professori associati a quello dei professori ordinari, “salvo che non sia diversamente disposto”.
Da tale ricostruzione sistematica il Tar ne ha fatto conseguire l’inidoneità delle evocate norme sul riordino della docenza universitaria a determinare un mutamento di paradigma nell’interpretazione ed applicazione dell’art. 111 del RD 1592/1933: norma, quest’ultima che regola, invece, il conferimento del titolo meramente onorifico – che non comporta particolari prerogative accademiche – di Professore Emerito a docenti universitari a riposo, con almeno 20 anni di servizio come professori ordinari.
Si tratterebbe di un requisito di legittimità che non può venire disatteso per il fatto che i competenti organi collegiali dell’Ateneo abbiano deliberato la relativa proposta al MUR, in ragione del prestigioso curriculum vitae (indiscusso da parte di alcuno) del Prof. OMISSIS.
Né l’Ateneo avrebbe potuto disporre in proposito a mezzo di un proprio regolamento difformemente dall’art.111 RD 1592/1933, atteso che – per l’art. 33 della Costituzione – il diritto delle Università di darsi un ordinamento autonomo non deve superare i “limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”.
Limiti inderogabili – nel caso in esame – puntualmente definiti dall’art. 111 del TU 1592/1933 delle leggi sull’istruzione superiore a fronte della necessità di disciplinare in modo uniforme il conferimento di un titolo avente valore su tutto il territorio nazionale.
Il Tar ha infine ritenuto la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 111 del RD 1592/1933 in quanto la non computabilità del periodo di servizio come professore associato, ai fini del conferimento del titolo onorifico di Professore Emerito, non lede l’art. 3 della Costituzione, non essendo la relativa ratio irragionevole.
3. Parte appellante ha tempestivamente impugnato la sentenza reiettiva del Tar, deducendo quanto segue.
Il prof. OMISSIS, già ordinario di diritto costituzionale presso l’Università OMISSIS, in data 31 ottobre 2021 veniva collocato in quiescenza per raggiungimento del limite di età.
Con deliberazione del 22 maggio 2022 il Consiglio del Dipartimento di OMISSIS – Dipartimento presso il quale il Prof. OMISSIS aveva prestato servizio a partire dal 1999 – proponeva all’unanimità, sulla scorta del parere ritualmente espresso dalla Giunta del Dipartimento medesimo il conferimento del titolo di professore emerito. La proposta, rivolta al Senato accademico, era corredata da una articolata relazione che metteva in luce le molteplici ragioni che avevano indotto il Consiglio di Dipartimento a deliberare per la concessione del titolo, tra le quali spiccava anche il risultato ottenuto, nel lungo periodo durante il quale il Prof. OMISSIS aveva ricoperto la carica di Direttore del Dipartimento (2016-2021), con l’attribuzione al Dipartimento medesimo della qualifica di “Dipartimento di eccellenza”, con il relativo cospicuo finanziamento per l’incremento delle attività didattiche e di ricerca (oltre cinque milioni di euro) .
Con successiva deliberazione del 12 luglio 2022 il Senato accademico, con voto unanime, accoglieva la proposta e, poco dopo, trasmetteva gli atti al Ministero perché fosse emanato il relativo decreto ministeriale previsto dall’ancor oggi vigente Regio Decreto n. 1592 del 1933.
Il Ministero denegava il riconoscimento del titolo di professore emerito perché il Prof. OMISSIS non aveva prestato almeno venti anni di servizio in qualità di professore ordinario,( requisito della ventennalità avrebbe potuto giungersi unicamente sommando un periodo di servizio prestato in qualità di professore associato).
Secondo parte appellante, l’interpretazione del combinato disposto del vecchio art. 111 R.D. 1592 del 1933 e dell’art. 15 della legge n. 311 del 1958 doveva intendersi nel senso che il titolo di professore emerito ben poteva essere concesso al professore ordinario con venti anni di servizio nella qualità di professore universitario di ruolo anche se una parte (più o meno lunga) del servizio ventennale fosse stato svolto nella qualità di professore associato.
L’impugnante ciò ha sostenuto, facendo riferimento a due decisioni del Consiglio di Stato, risalenti, rispettivamente, al 2015 (parere espresso dalla Sezione II nell’adunanza del 13.05.2015, n. 2230/15) e al 2021 (sentenza della Sezione VI, n. 1506 del 2021, che conferma TAR Puglia n. 1722/2017)e richiama l’art. 15 della legge 18 marzo 1958, n. 311 (recante “Norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universitari”).
Invero, il secondo comma di tale articolo 15, pur rinviando all’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, quale disciplina dei presupposti per il conferimento del titolo di professore emerito, ne avrebbe -in tesi- innovato il perimetro applicativo, non circoscrivendolo ai soli professori ordinari, bensì estendendolo all’intera categoria dei professori universitari.
Tale norma infatti dispone: «I professori universitari sono collocati a riposo con l’inizio dell’anno accademico successivo a quello in cui compiono il 75° anno di età. Ai professori collocati a riposo può essere conferito il titolo di professore emerito o di professore onorario, ai sensi dell’art. 111 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592. Nulla è innovato alle disposizioni del comma ultimo dell’art. 110 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore sopra citato».
Secondo parte appellante sarebbe significativo il riferimento a tutti i professori universitari.
Del resto, sottolinea l’appellante, il d.P.R. n° 382 del 1980 ha creato un unico ruolo di professori, ordinari e associati, con medesima dignità e prerogative per cui la figura del professore universitario è unica anche se articolata nelle due fasce, rilevanti soprattutto a fini retribuitivi, dei professori ordinari e dei professori associati caratterizzate dalla «unità della funzione docente… con uguale garanzia di libertà didattica e di ricerca.
L’unica differenziazione di compiti veniva individuata, secondo parte appellante, all’art. 16, il quale prevedeva che alcune funzioni direttive e di coordinamento fossero riservate al professore ordinario (la funzione di rettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento e di consiglio di corso di laurea, nonché le funzioni di coordinamento dei corsi di dottorato di ricerca e le funzioni di coordinamento tra i gruppi di ricerca). Ma occorre ricordare che, successivamente, il Legislatore (decreto-legge 8/2002 convertito in legge 56/2002) ha previsto che anche la direzione dei dipartimenti possa essere affidata ai professori associati in assenza di professori ordinari disponibili, e che lo stesso d.P.R. 382/80 contemplava già, originariamente, una assoluta parificazione per alcuni compiti e funzioni. L’art. 12 prevedeva, infatti, la possibilità per tutti i professori (sia ordinari che associati) di dirigere istituti, laboratori e centri del Consiglio nazionale delle ricerche o istituti ed enti di ricerca a carattere nazionale o regionale.
Parte appellante osserva che le due fasce di docenza – espressione unitaria di un’unica funzione – non esistevano nel momento in cui fu varata la scarna disposizione sul conferimento del titolo di emerito o di onorario, ma l’esistenza di queste due fasce non può oggi essere ignorata.
Secondo parte appellante sarebbe necessario evitare una disparità di trattamento tra professori ordinari per i quali tutti, ai fini dell’attribuzione del titolo onorifico, ben può tenersi conto di tutti i meriti e i risultati relativi all’intera ed unitaria carriera di professore di ruolo, mentre solo per alcuni potrebbe procedersi utilmente al calcolo del requisito temporale e pervenire all’attribuzione del titolo.
Si dovrebbe evitare dunque un’applicazione costituzionalmente illegittima dell’art. 111 del R.D. 1592 del 1933.
Coerentemente all’impostazione ricorsuale, parte appellante ha proposto in via subordinata questione di legittimità costituzionale dell’art. 111 del RD 1592/1933 “nella parte in cui non prevede che, ai fini del calcolo del ventennio, possano conteggiarsi anche gli anni svolti come professore associato”, qualora le norme sopra richiamate dovessero essere interpretate conformemente al provvedimento impugnato in primo grado. Evocando quale parametro l’art. 3 della Costituzione.
Parte appellante ha fatto altresì riferimento al regolamento di ateneo per il conferimento dei titoli di professore emerito e di professore onorario” (adottato nella sua ultima versione con delibera del Senato accademico n. 564 del 2021) che prevede, infatti, all’art. 2, comma 1, che il conferimento del titolo di “professore emerito” possa essere proposto “per i professori ordinari che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accolte le dimissioni, che abbiano prestato almeno venti anni di servizio, nella qualità di professori universitari di ruolo, alla data del collocamento a riposo o dell’accoglimento delle dimissioni.”
Infatti tale regolamento consentirebbe l’attribuzione del titolo di professore emerito, computando il periodo svolto come professore associato.
L’impugnante ritiene che l’art. 33 della Costituzione, riconoscendo l’autonomia universitaria, ammetterebbe la sopra richiamata disciplina di ateneo; infine, in rito, ha sostenuto che non fosse ammissibile l’avvenuta costituzione nel giudizio di primo grado dell’Avvocatura dello Stato a difesa anche dell’Università (oltre che del Ministero) per sostenere ragioni contrarie alla proposta dell’Ateneo di conferimento del titolo di professore emerito.
4. Il Ministero dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio per resistere all’appello,
richiamando l’art. 111 del RD. n. 1592/1933 che stabilisce che “ai professori ordinari, che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accettate le dimissioni, potrà essere conferito il titolo di “professore emerito”, qualora abbiano prestato almeno venti anni di servizio in qualità di professori ordinari”.
Ha all’uopo osservato che il legislatore storico, pur in presenza all’epoca di altre figure assimilabili a quella di professore associato (id est, professore incaricato), ha previsto puntualmente che tale prerogativa possa essere concessa ai soli professori ordinari, specificando che il titolo può essere conferito ai soli professori che abbiano ricoperto una qualifica apicale del ruolo dei docenti universitari e prestato almeno venti anni di servizio in tale posizione.
La validità e pregnanza della distinzione tra categorie di professori sarebbe riaffermata dal d.P.R. n. 382/1980, con il quale è stata istituito la fascia dei professori associati e, all’art. 50, si è stabilito i soggetti che potessero transitare, in prima applicazione e previo giudizio di idoneità, nella nuova fascia, definendo in sostanza chi si trovasse in una posizione diversa rispetto ai professori ordinari.
La distinzione normativa in diverse categorie di professori universitari, pur diversamente nominate e disciplinate, è stata quindi non solo salda ed incontestata sin dal 1933, ma altresì costantemente ribadita dal legislatore, come anche risulta dall’art. 1 del DPR n. 382/1980, disposizione posta a fondamento del provvedimento di diniego del Ministero, che cristallizza la perdurante distinzione dei compiti e delle funzioni esistenti tra le fasce di professore ordinario e professore di seconda fascia.
Il Ministero ritiene che “l’unitarietà della funzione docente non equivale all’unicità del ruolo dei professori universitari. Il sistema normativo del 1980 statuisce una gerarchia dei valori e delle funzioni tra le due fasce del ruolo dei professori, riservando compiti direttivi, organizzativi e di coordinamento all’ordinario acquisito all’istruzione universitaria attraverso più severa selezione concorsuale mirante ad individuare una personalità scientifica compiutamente matura, mentre la diversa modalità del reclutamento dell’associato è preordinata soltanto ad accertarne l’idoneità scientifica e didattica”.
La diversità di compiti e funzioni, nonché delle relative responsabilità, connesse alle due fasce di docenza, giustificherebbe il requisito previsto all’art. 111, RD 1592/1933 attinente al necessario possesso della perdurante qualifica di professore ordinario sotto il profilo del principio di ragionevolezza, e dimostrerebbe l’infondatezza della proposta (da parte appellante) questione di legittimità costituzionale.
La legge n. 240/2010 avrebbe conservato le differenti funzioni e prerogative riconosciute all’uno e all’altro ruolo.
Il Ministero osserva altresì che, ai sensi dell’art.33 Cost., il diritto delle Università di darsi un ordinamento autonomo può svolgersi oltre i “limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Tali limiti sono rappresentati dall’art. 111 del T.U. 1592/1933 delle leggi sull’istruzione superiore a fronte della necessità di disciplinare in modo uniforme il conferimento di un titolo avente valore su tutto il territorio nazionale.
Pertanto, in considerazione della mancata maturazione del requisito dell’esperienza ventennale in qualità di professore ordinario, la richiesta di concessione del titolo di professore emerito dell’originario ricorrente non potrebbe trovare accoglimento.
5. Con ordinanza n° 1006 del 20 marzo 2024 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare, non ravvisando un pregiudizio grave ed irreparabile, fissando tuttavia l’udienza pubblica per la definizione del merito alla data del 17 settembre 2024.
6.Alla pubblica udienza del 17 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. Prescindendo dalla disamina della questione in rito concernente la costituzione della sola Università OMISSIS in primo grado, che comunque non condiziona la possibilità di scrutinare l’appello e potrà essere delibata unitamente al merito, il Collegio ritiene che la soluzione della controversia possa dare luogo a un contrasto in relazione ai sopra richiamati precedenti giurisprudenziali (tra loro di identico tenore) e pertanto rimette il ricorso all’esame dell’Adunanza Plenaria ai sensi del primo comma dell’art. 99 del cod. del proc. amm..
7.1.Invero, come si evince dalla esposizione che precede, il Consiglio di Stato ha in passato esaminato la medesima questione oggetto dell’appello con il parere e la sentenza (rispetto ai quali il Tar si è motivatamente discostato) prima indicati e invocati dall’appellante a proprio favore, il cui tenore verrà di seguito sinteticamente illustrato.
7.1.1.In particolare, con il parere n° 2203 del 29 luglio 2015 (reso in accoglimento di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) la Seconda Sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto necessario fare riferimento al tenore testuale dell’art. 15 della legge 18 marzo 1958, n. 311 (recante “Norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universitari”).
E ha sostenuto che il secondo comma di tale articolo, pur rinviando all’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, quale disciplina dei presupposti per il conferimento del titolo di professore emerito, sembrerebbe evidentemente innovarne il perimetro applicativo, non circoscrivendolo ai soli professori ordinari, bensì estendendolo alla categoria dei professori associati.
Ne conseguirebbe che, ad avviso del parere, un’interpretazione storico-sistematica del dato normativo, debba indurre a considerare innovativa la previsione di cui al citato art. 15, comma 2, nel senso di aver voluto individuare – come prerequisito ai fini dell’attribuzione del titolo di professore emerito – l’aver prestato “almeno venti anni di servizio in qualità di professori”, e non solo quali “professori ordinari”, come in precedenza disposto dall’art. 111.
7.1.2 Con la successiva sentenza n° 1506 del 19 febbraio 2021 la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha affermato i seguenti principi, in larga parte coincidenti con quelli sinora sinteticamente esposti e contenuti nel parere n. 2203/2015;
““Il secondo comma dell’art. 15 della legge n° 311 del 1958, pur rinviando all’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, quale disciplina dei presupposti per il conferimento del titolo di professore emerito, sembra innovarne il perimetro applicativo, non circoscrivendolo ai soli professori ordinari, bensì estendendolo all’intera categoria dei professori universitari.
Tale interpretazione è pienamente confermata dalla tecnica di formulazione normativa dell’ultimo comma dello stesso art. 15, ove il legislatore tiene a precisare che “Nulla è innovato alle disposizioni del comma ultimo dell’art. 110 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore sopra citato”. Di tal ché, è assolutamente ragionevole argomentare che qualora il legislatore avesse voluto lasciare del tutto immutata anche la disciplina dell’art. 111, avrebbe potuto semplicemente abbinarlo all’art. 110 nella previsione appena sopra evocata.
Quindi, un’interpretazione storico-sistematica del dato normativo, induce a considerare innovativa la previsione di cui al citato art. 15, comma 2, nel senso di aver voluto individuare – come prerequisito ai fini dell’attribuzione del titolo di professore emerito – l’aver prestato “almeno venti anni di servizio in qualità di professori”, e non solo quali “professori ordinari”, come in precedenza disposto dall’art. 111.
Gli sviluppi normativi registrati in subiecta materia dopo il 1958, peraltro, hanno confermato – ove ve ne fosse la necessità – la creazione di un unico ruolo di professori, con medesima dignità e prerogative, per cui “la figura del professore universitario è unica anche se articolata nelle due fasce, rilevanti soprattutto a fini retribuitivi, dei professori ordinari e dei professori associati caratterizzate dalla “unità della funzione docente, confermando implicitamente e tra l’altro l’evoluzione della disciplina in tema di conferimento del titolo di “emerito””.
8. Questo Collegio nutre consistenti perplessità sulla condivisibilità dei due sopra richiamati precedenti, alla stregua della considerazioni che seguono.
Preliminarmente si deve osservare che il regolamento di ateneo non stabilisce che nel computo dell’anzianità necessaria per maturare i requisiti per il riconoscimento della qualifica di professore emerito possa essere compreso il servizio prestato come professore associato.
L’art. 2 del regolamento d’ateneo stabilisce infatti che “il conferimento del titolo di “professore emerito” può essere proposto per i professori ordinari che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accolte le dimissioni, che abbiano prestato almeno venti anni di servizio, nella qualità di professori universitari di ruolo, alla data del collocamento a riposo o dell’accoglimento delle dimissioni.”
Difetta uno specifico riferimento al periodo svolto come professore associato e pertanto, tale atto regolamentare sembra al Collegio del tutto neutro ai fine della risoluzione della controversia.
L’odierna causa deve essere pertanto decisa in relazione ai parametri normativi forniti dall’art. 15 della legge n° 311 del 1958 e dall’art. 111 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592.
Questo Collegio, a tale proposito, ritiene che dovrebbe valorizzarsi la perdurante distinzione di compiti e funzioni esistente tra le fasce di professore ordinario/di prima fascia e associato/di seconda fascia, sempre ribadita dal Legislatore (ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. n. 382/1980 e artt. 16 e 18 della legge n. 240 del 2010).
L’art. 15, comma 2, della l. n. 311/1958 prevede infatti che possa “essere conferito il titolo di professore emerito o di professore onorario”, non in generale a tutti i professori collocati a riposo, ma unicamente a quei professori collocati a riposo che, appunto, siano anche in possesso dei requisiti previsti dall’art. 111 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592.
E l’art. 111 del Regio Decreto n° 1592/1933 in merito al conferimento del titolo esaminando sancisce che “Ai professori ordinari, che siano stati collocati a riposo o dei quali siano state accettate le dimissioni, potrà essere conferito il titolo di “professore emerito”, qualora abbiano prestato almeno venti anni di servizio in qualità di professori ordinari: il titolo di “professore onorario” qualora tale servizio abbia avuto la durata di almeno quindici anni”.
Tale previsione, sul piano letterale piana e perspicua, sembra al Collegio insuperabile e coerente con la ratio stessa di attribuire un titolo onorifico in presenza di una eccezionale carriera accademica, caratterizzata, in primis, dalla durevole presenza nella posizione apicale della docenza universitaria.
D’altro canto anche nella vigenza del Regio Decreto n° 1592/1933 pur in presenza allora di altre figure assimilabili al professore associato (come il professore incaricato), è stato previsto puntualmente che tale prerogativa potesse essere concessa ai soli professori ordinari.
Il d.P.R. n. 382/1980 ha istituito la fascia dei professori associati e, all’art. 50, ha previsto chi potesse transitare, in prima applicazione e previo giudizio di idoneità, nella nuova fascia, definendo in sostanza chi si trovava in una posizione diversa rispetto ai professori ordinari: “Nella prima applicazione del presente decreto possono essere inquadrati, a domanda, previo giudizio di idoneità, nel ruolo dei professori associati: 1) i professori incaricati stabilizzati di cui all’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1973, n. 766, e successive modificazioni e integrazioni; nonché quelli che completano il triennio di cui al decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817, convertito in legge con modificazioni dalla legge 19 febbraio 1979, n. 54, al termine dell’anno accademico 1979-80. I professori incaricati che non hanno completato il triennio di cui al decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 19 febbraio 1979, n. 54, maturano il diritto all’inquadramento nel ruolo dei professori associati all’atto di compimento del triennio medesimo. Per i professori incaricati a titolo gratuito è titolo il compimento del periodo necessario alla stabilizzazione, di cui all’art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1973, n. 766, ed integrato dall’articolo unico del decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 19 febbraio 1979, n. 54, certificato dal rettore dell’Università o dal direttore dell’istituto di istruzione superiore con documentazione degli atti ufficiali della facoltà con i quali l’incarico è stato conferito; 2) gli assistenti universitari del ruolo ad esaurimento di cui all’art. 3 del decreto-legge 1° ottobre 1973, n. 580, convertito in legge, con modificazioni, della legge 30 novembre 1973, n. 766; 3) i tecnici laureati, gli astronomi e ricercatori degli osservatori astronomici e vesuviano, i curatori degli orti botanici, i conservatori dei Musei, in servizio all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto, inquadrati nei rispettivi ruoli, che entro l’anno accademico 1979-80 abbiano svolto tre anni di attività didattica e scientifica, quest’ultima comprovata da pubblicazioni edite, documentate da atti della facoltà risalenti al periodo di svolgimento delle attività medesime. A tal fine il preside della facoltà rilascia sulla base della documentazione in possesso della facoltà attestazione che l’avente titolo ha effettivamente prestato attività didattica e scientifica”.
8.1.Anche la legge n. 240/2010 con cui il sistema universitario è stato da ultimo riformato ha ribadito la distinzione tra professori ordinari e professori associati.
Così con riferimento alle prerogative riconosciute dalla legge n. 240 del 2010, art. 2, in capo ai soli professori ordinari laddove è prevista:“…l’attribuzione delle funzioni di presidente dell’organo ad un professore ordinario afferente alla struttura eletto dall’organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto”; si pensi, ancora, al sistema di reclutamento dei professori, riconosciuto dall’art. 18, legge n. 240/2010 laddove differenzia in maniera sostanziale la “chiamata” dei professori di I fascia (ordinari) da quelli di II fascia (associati) prevedendo: “…Le università, con proprio regolamento adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, disciplinano, nel rispetto del codice etico, la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005…”.
Il professore associato, detto anche professore di seconda fascia, è una qualifica non equiparata, ma preliminare rispetto al successivo conseguimento della qualifica di professore ordinario.
Nelle elezioni per le cariche di Rettore ed il Prorettore, il professore di prima fascia gode dell’elettorato attivo e passivo, mentre il professore di seconda fascia gode solo dell’elettorato attivo. Per le elezioni a Direttore di un Dipartimento, vale la stessa regola, salvo che nel Dipartimento non vi sia alcun professore ordinario disponibile a candidarsi, nel qual caso possono candidarsi a ricoprire la carica uno o più professori associati.
8.1.1.Ad ulteriore conferma della circostanza che non sono superati i requisiti disciplinati dall’art. 15 della legge n° 311 del 1958 con richiamo all’art. 111 del R. D. n° 1592 del 1933 sembra deporre l’art. 1 comma 1 dell’art. 1, d.Lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, che, in combinato disposto con l’allegato 1 allo stesso decreto, come modificato dall’allegato C al d.Lgs. 13 dicembre 2010, n. 213, ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore dell’art. 15 della legge n° 311 del 1958.
D’altro canto ai sensi dell’art.33 Cost., il diritto delle Università di darsi un ordinamento autonomo non può essere esercitato oltre i “limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Tali limiti sono rappresentati dall’art. 111 del T.U. 1592/1933 delle leggi sull’istruzione superiore a fronte della necessità di disciplinare in modo uniforme il conferimento di un titolo avente valore su tutto il territorio nazionale.
8.2.Va per completezza sottolineato che ( sebbene non si occupi specificamente della questione, e non possa essere considerato un precedente “specifico”),si rinviene in giurisprudenza una decisione -ci si riferisce a C.G.A.R.S. 18.2.2016 n.42- che nell’esaltare la posizione di “primazia” dei professori ordinari (“la decisione non si concreta infatti, in tale fase, nella “formulazione” di un giudizio di merito scientifico, ma si esprime attraverso un giudizio più complesso, che presuppone non solo il merito scientifico dell’interessato (che resta insuperabilmente riservato ai “pari” dell’interessato), ma anche la esistenza di ulteriori elementi rilevanti, sui quali possono bene pertanto essere chiamati ad esprimersi anche soggetti “non pari” -come professori di diversa qualifica e persino soggetti diversi dagli appartenenti al corpo docente”.. ) sembra confortare le perplessità di questo Collegio rispetto alle tesi espresse delle pronunce del Consiglio di Stato poste a sostegno dell’appello, e che analoghe considerazioni di fondo possano trarsi dalla decisione del Consiglio di Stato, sezione VI 29 aprile 2005 n. 2005 con riferimento all’art.. 23 della legge 23 dicembre 1998 n.448 recante interpretazione autentica dell’art.36, quinto comma, del d.P.R. n.382 del 1980.
In ultimo, neppure persuade il Collegio l’addentellato “logico” comune al parere del 2015 e alla decisione del 2021 del Consiglio di Stato, nella parte in cui viene sottolineato che “è assolutamente ragionevole argomentare che qualora il legislatore avesse voluto lasciare del tutto immutata anche la disciplina dell’art. 111, avrebbe potuto semplicemente abbinarlo all’art. 110 nella previsione appena sopra evocata.”.
Il Legislatore del 1958, al comma II dell’art. 15 della legge n. 311 che nuovamente si riporta (“Ai professori collocati a riposo può essere conferito il titolo di professore emerito o di professore onorario, ai sensi dell’art. 111 del testo unico delle leggi sulla istruzione superiore approvato con regio decreto 31 agosto 1933, numero 1592.”) ha espressamente citato detta norma di cui all’art.111: non si vede perché al comma III, (“Nulla è innovato alle disposizioni del comma ultimo dell’art. 110 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore sopra citato.”) che si riconnette direttamente al comma I avrebbe dovuto nuovamente “abbinarlo” all’art.110.
8.3.Il Collegio evidenzia, inoltre, che la perdurante vigenza del citato art. 111 del r. d. n° 1592 del 1933 è stata riconosciuta dallo stesso Senato Accademico che ha approvato la proposta di conferimento del titolo di professore emerito (punto 4c della delibera del Senato Accademico approvata nella seduta del 12 luglio 2022).
Infatti tale delibera è espressamente motivata nel senso che il conferimento dei titoli di professore emerito e di professore onorario possono essere proposti per i soli professori ordinari che, rispettivamente, abbiano prestato almeno venti anni (per l’emerito) ovvero quindici anni (per l’onorario) di servizio nella relativa qualifica.
Ne consegue che il dispositivo della medesima delibera di proposta di riconoscimento del titolo di professore emerito sembra essere stato assunto per effetto dell’errore sul fatto di avere ritenuto la sussistenza dell’anzianità di 20 anni nella qualifica di professore ordinario.
9. Il Collegio nel ritenere, per quanto prima esposto, che si imponga il deferimento a codesta Adunanza Plenaria ritiene di converso non sussistano -quantomeno allo stato e fatta salva ovviamente ogni valutazione in proposito eventualmente resa da Codesta Adunanza Plenaria- i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale delle sopra richiamate norme legislative che non consentono di utilmente considerare il periodo di servizio svolto come professore associato ai fini dell’attribuzione della qualifica di professore emerito.
9.1.Si è già fatto presente che tale richiesta è stata formulata dalla parte appellante in udienza e, come già in primo grado, anche nella memoria d’appello depositata il 17 luglio 2024, indicando quale parametro violato l’art. 3 Cost. laddove ha proprio chiesto che della questione in primo luogo venisse investita la Corte Costituzionale e eventualmente, in via subordinata, codesta Adunanza plenaria. E’ evidente che detta richiesta si fonda sul principio di conservazione a più riprese affermato dal Giudice delle leggi, a partire dalla sentenza n. 8 del 1956 (“le leggi non si dichiarano incostituzionali ove esista una possibilità di dare loro un significato che le renda compatibili con i precetti costituzionali”) e sulla considerazione che l’interpretazione patrocinata nell’appello sia l’unica che fugherebbe dubbi di incostituzionalità.
9.2. Non ripetendo considerazioni “di merito” già esposte, (e prescindendo da ogni approfondimento sul punto, il che costituirebbe una indebita anticipazione di giudizio, laddove la causa venisse restituita da codesta Adunanza Plenaria alla Sezione per la definitiva decisione, dopo aver sposato la ricostruzione fornita dal Collegio ) si è ritenuto di non aderire a tale sollecitazione per due evidenti ragioni in rito:
a) se l’Adunanza Plenaria risolvesse il quesito sottopostole in senso conforme ai precedenti del Consiglio di Stato citati, la rimessione in Corte Costituzionale risulterebbe all’evidenza inutile;
b) ove questo Collegio, nel ricostruire motu proprio la fattispecie nei sensi precisati e quindi in senso difforme dai citati precedenti giurisprudenziali, rimettesse la questione al Giudice delle leggi, ritenendola non manifestamente infondata, la rimessione rischierebbe non superare il vaglio preliminare di ammissibilità, visto che la ricostruzione esegetica si discosterebbe dal “diritto vivente” costituito dai conformi (e peraltro unici, per quel che consta al Collegio) due precedenti giurisprudenziali resi sia in sede consultiva che giurisdizionale che si sono specificamente soffermati sulla questione (arg. ai sensi di Corte Cost. n. 101 del 2023, n. 54 del 2023, n. 243 e n. 20 del 2022, n. 192 e n. 123 del 2020, n. 141 del 2019 e n. 122 del 2017 sulla impossibilità di considerare diritto vivente “un solo isolato precedente”).
10. La presente controversia deve pertanto essere deferita all’Adunanza Plenaria che dovrà in particolare decidere se, alla luce del combinato disposto dell’art. 15 della legge 18 marzo 1958 n. 311 in relazione all’art. 111 del RD 31 agosto 1033 n. 1592,il periodo di servizio trascorso rivestendo la qualifica di professore associato possa essere riconosciuto ai fini del raggiungimento della soglia dei venti anni di servizio, indispensabile per l’attribuzione della qualifica di professore emerito.
Il Collegio rimette comunque all’Adunanza Plenaria la decisione su tutte le questioni controverse, salve le successive determinazioni di questa sul prosieguo del giudizio anche ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a..
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), non definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, ne dispone il deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sospendendo nelle more il presente giudizio.
Manda alla segreteria della sezione, per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’Adunanza Plenaria.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore