Il risarcimento del danno da perdita di chance è condizionato alla prova della spettanza del bene della vita e dell’elemento soggettivo dell’amministrazione. Pertanto, nel caso in cui l’Università abbia annullato in autotutela il provvedimento di individuazione del vincitore di un concorso, affinchè sorga il diritto al risarcimento del danno subito, è necessario che il candidato non vincitore provi l’erronea valutazione dei titoli e delle prove da parte della commissione (e quindi la seria o elevata probabilità di conseguire il bene della vita), nonché l’elemento soggettivo.
Cons. di Stato, Sez. VII, 20 settembre 2024, n. 7703
L'annullamento in autotutela della graduatoria di un concorso non comporta nessun risarcimento del danno da perdita di chance se il candidato non vincitore non prova l'erronea valutazione dei suoi titoli da parte della commissione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8972 del 2023, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, con domicilio digitale pec in registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato OMISSIS in OMISSIS;
contro
Università OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sandra Bernardini, con domicilio digitale pec in registri di giustizia;
nei confronti
OMISSIS, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale OMISSIS, n. OMISSIS
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. OMISSIS;
Uditi, nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2024, l’avvocato OMISSIS e l’avvocato OMISSIS su delega scritta dell’avvocato OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante ha impugnato la sentenza OMISSIS con cui il Tar OMISSIS ha respinto il ricorso proposto per l’accertamento del suo diritto ricorrente al risarcimento dei danni conseguenti all’annullamento della procedura concorsuale, alla mancata rinnovazione e, successivamente alla revoca, della procedura concorsuale indetta dall’Università degli studi OMISSIS con decreto rettorale OMISSIS del OMISSIS (bando OMISSIS) per il reclutamento di n. 1 ricercatore presso la Facoltà di OMISSIS.
L’Università appellata si è costituita nel presente grado di giudizio depositando successivamente memoria con cui ha resistito al gravame chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
Le parti hanno poi depositato memorie di replica e all’udienza pubblica del 17 settembre 2024, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Devono essere tratteggiati i fatti di causa.
Con decreto rettorale n. OMISSIS delOMISSIS l’Università degli studi OMISSIS ha indetto una procedura per il reclutamento di n. 1 ricercatore presso la Facoltà OMISSIS.
Alla procedura hanno partecipato quattro candidati fra cui l’appellante che, tuttavia, non è risultato vincitore avendo la commissione individuato come vincitore un concorrente al quale successivamente, in sede di autotutela, è stata preferita un’altra candidata.
Il provvedimento di individuazione della nuova vincitrice è stato impugnato dall’odierno appellante dinanzi al Tar OMISSIS che ha respinto il ricorso con sentenza n. 1770/2016, poi riformata dal Consiglio di Stato con sentenza di accoglimento n. 4122/2018 per violazione del contraddittorio nel procedimento di autotutela.
A seguito di tale sentenza l’Università ha stabilito, con decreto rettorale n. OMISSIS del OMISSIS, di revocare la procedura per sopravvenuti motivi di pubblico interesse in quanto, a seguito dei mutamenti intervenuti quanto alla figura del ricercatore a tempo indeterminato con la legge c.d. “Gelmini”, entrata in vigore dopo l’espletamento del concorso, tale figura, a distanza di diversi anni, non risultava più rispondente alle esigenze del dipartimento che aveva a suo tempo bandito la procedura. L’Ateneo, quindi, ha annullato tutti gli atti della procedura con effetto ex tunc, ivi compresa la nomina della vincitrice.
Il ricorso in ottemperanza per elusione del giudicato, proposto dall’appellante, è stato deciso con sentenza n. 6132/2019, con cui il Consiglio di Stato ha: a) dichiarato l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso introduttivo in considerazione del venir meno della denunziata inerzia nell’esecuzione del giudicato; b) respinto la domanda di annullamento del D.R. 520/2019 di revoca della selezione di cui ai motivi aggiunti; c) dichiarato l’inammissibilità della domanda risarcitoria proposta ex art. 114 n. 4 lett. e) c.p.a. per genericità.
A seguire l’appellante ha adito il Tar OMISSIS per l’accertamento del proprio diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata rinnovazione e dalla successiva revoca della procedura concorsuale.
In particolare ivi il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali (mancata percezione dello stipendio) e non patrimoniali (quantificati in 50.000,00 euro) per lesione della propria chance di vincere il concorso, evidenziando la colpa dell’amministrazione sia durante la procedura che dopo il giudicato di annullamento. Ha affermato che la chance di successo sarebbe stata “seria ed apprezzabile” per l’esiguo numero dei candidati, di cui due hanno dichiarato il venir meno dell’interesse alla nomina.
Il Tar OMISSIS, con sentenza n. OMISSIS, ha respinto il ricorso per mancanza dei presupposti per far luogo al risarcimento stante da una parte l’assenza della colpa dell’amministrazione e, dall’altra, l’insussistenza di una chance apprezzabile.
3. L’appellante ha impugnato tale sentenza sostenendo innanzitutto che l’annullamento della procedura viziata, stanti anche le sue doglianze in ordine alla propria valutazione (e la rinuncia di due degli altri tre candidati alla procedura), avrebbe prodotto in capo ad esso una più che consistente probabilità di risultare il vincitore del concorso. Quindi lamenta che, omettendo di dar rilievo a tutto ciò, il Giudice di prime cure si sarebbe concentrato solo sulla legittimità della decisione dell’Università, a distanza di tempo, di non ripetere la procedura annullata.
La prevalenza dell’interesse pubblico a non ripetere (dopo anni) la procedura, secondo l’appellante si rivelerebbe dannosa per lui, rendendo fondata la sua pretesa di essere risarcito, almeno per equivalente, avendo comunque il Consiglio di Stato accertato l’illegittimità della procedura originaria, non potendosi neanche trascurare che il dipartimento, una volta annullato quel concorso, ne ha bandito uno, nella stessa materia, per posizioni analoghe a quella di ricercatore B.
Sostiene di essere stato danneggiato proprio dal tempo trascorso sia con riguardo alla selezione sia con riguardo alle vicende giudiziarie: circostanza della quale il Tar non avrebbe tenuto conto.
Ulteriore profilo di doglianza investe la sentenza nella parte in cui afferma che il ricorrente non avrebbe mai fornito elementi atti a dimostrare che, in caso di suo coinvolgimento nel rifacimento della procedura, i risultati sarebbero stati a lui favorevoli.
Sostiene che, impugnando gli atti della procedura, egli avrebbe appunto lamentato che non gli fossero stati riconosciuti titoli ben più consistenti di quello rivendicato dalla candidata nominata vincitrice all’esito dell’istanza di autotutela.
Dunque la sentenza impugnata conterrebbe una ricostruzione dei fatti non aderente alla realtà.
4. L’Ateneo appellato, dopo aver tratteggiato i fatti di causa e le pronunce succedutesi, contesta le affermazioni dell’appellante facendo rilevare come lo stesso attribuisca alla sentenza del Consiglio di Stato, che ha annullato la procedura per lesione delle garanzie procedimentali, un contenuto che le è, invece, del tutto estraneo.
Evidenzia come la sentenza in questione si sia limitata ad affermare la sussistenza, in quel contenzioso, di un interesse ad agire del ricorrente, in quanto sarebbe potuto emergere all’esito dello stesso un interesse del candidato al rifacimento della procedura.
Osserva l’amministrazione che la sentenza, invece, nulla dice in merito alla consistente probabilità di risultare vincitore del concorso, più volte rivendicata dall’appellante.
Ribadisce che l’appellante non è mai risultato vincitore né all’esito della prima valutazione, né con quella successiva, né è mai stata accertata giudizialmente alcuna concreta possibilità dello stesso “di ottenere un posto da ricercatore universitario”, ovvero l’illegittimità delle valutazioni allo stesso attribuite dalla commissione.
Al contrario, ricorda che il Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza, ha evidenziato che la sentenza ottemperanda non ha statuito alcunché sulla pretesa attribuibilità al ricorrente del posto oggetto della procedura concorsuale.
Aggiunge che, come osservato dal Tar con l’impugnata sentenza n. OMISSIS, al pari di quanto affermato dal Consiglio di Stato in sede di ottemperanza, non è sufficiente invocare l’atto di revoca adottato in seguito all’annullamento per ritenere fondata la pretesa del ricorrente di essere risarcito, in assenza di alcuna prova in ordine al danno e alla concreta probabilità di conseguire il bene della vita sperato.
Infine, osserva l’Ateneo, del tutto irrilevante sarebbe la circostanza che in data 28 febbraio 2023, ossia a distanza di quasi 13 anni dall’entrata in vigore della legge Gelmini (e dal D.R. prot. n. 15931 del 25 novembre 2010), sia stato bandito un posto da ricercatore a tempo determinato sul medesimo settore, dato che, tutt’al più, confermerebbe le ragioni di interesse pubblico manifestate dall’Ateneo per addivenire alla revoca del bando del 2010.
Quanto al secondo motivo l’amministrazione evidenzia che l’appellante non avrebbe spiegato e neanche alleato la ragione per cui ne sarebbe derivata l’asserita “perdita di chance”, ossia quale nuovo e ulteriore elemento avrebbe concretamente introdotto nel procedimento affinché il giudizio espresso nei suoi confronti potesse effettivamente cambiare.
5. L’appello è infondato.
L’appellante ha agito per ottenere il risarcimento derivante dalla perdita della chance di essere proclamato vincitore del concorso indetto dall’Università OMISSIS con decreto rettorale n. OMISSIS per il reclutamento di n. 1 ricercatore presso la facoltà OMISSIS.
Si tratta di un concorso nel quale l’appellante non è mai stato valutato in posizione utile per essere proclamato vincitore.
Invero, come risulta dagli atti di causa, l’appellante non ha mai impugnato la valutazione data al suo profilo dalla commissione: come si legge nella sentenza del Tar OMISSIS, n. OMISSIS (non riformata sul punto) «qualora infatti il ricorrente avesse inteso muovere censure all’operato della Commissione relativamente ai giudizi emessi sul suo conto avrebbe dovuto impugnare tempestivamente i precedenti verbali della Commissione, la graduatoria concorsuale e il relativo giudizio finale».
Solo nel giudizio conclusosi in primo grado con la richiamata sentenza il ricorrente, con il quarto e quinto motivo, ha censurato le valutazioni della commissione, ma solo nella misura in cui la stessa si era espressa sul curriculum della controinteressata (nominata vincitrice all’esito dell’autotutela), a dire del ricorrente illegittimamente sopravvalutandolo a discapito del proprio, ripercorrendo analiticamente i titoli da entrambi posseduti.
Detto giudizio, tuttavia, non era finalizzato ad impugnare la “prima” valutazione del suo profilo data dalla commissione, ossia quella all’esito della quale era stato proclamato vincitore un candidato che ha poi rinunciato, ma, al contrario, censurava, peraltro solo indirettamente, la sostanziale conferma della sua valutazione resa nella sede dell’autotutela dalla quale egli lamentava di essere stato estromesso per omessa comunicazione di avvio del procedimento.
Ciò chiarito, va, altresì, precisato che la sentenza della sezioneOMISSIS, n. OMISSIS, che ha accolto in parte l’appello avverso la richiamata sentenza del Tar OMISSIS, ha ritenuto fondate soltanto le censure con cui il ricorrente lamentava vizi procedimentali e, segnatamente, la «mancata e doverosa comunicazione di avvio del procedimento di autotutela».
Come chiarito nella sentenza di questo Consiglio n. 4122/2028, resa in sede di ottemperanza, «va rimarcato come la sentenza ottemperanda non ha statuito alcunché sulla pretesa attribuibilità al ricorrente del posto oggetto della procedura concorsuale».
Ne discende che la tesi dell’appellante di essere titolare della chance di risultare vincitore all’esito di quella rivalutazione che l’Università non ha mai avviato (avendo deciso, invece, di revocare il bando per sopravvenuti motivi di interesse pubblico e di annullare con efficacia ex tunc tutti gli atti della procedura) è del tutto infondata.
Secondo la giurisprudenza, la chance è «considerata una posizione giuridica autonomamente tutelabile – morfologicamente intesa come evento di danno rappresentato dalla perdita della possibilità di un risultato più favorevole (e in ciò distinta dall’elemento causale dell’illecito, da accertarsi preliminarmente e indipendentemente da essa) – purché ne sia provata una consistenza probabilistica adeguata» (Cons. Stato, ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7).
Nel caso di specie manca del tutto questa prova, anzi la circostanza che in nessuna delle due valutazioni date dalla commissione egli sia risultato il miglior candidato depone in senso contrario alla tesi dell’appellante.
Come evidenziato correttamente dal Tar, la tecnica risarcitoria della perdita di chance garantisce l’accesso al risarcimento per equivalente solo se la chance abbia effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule «probabilità seria e concreta» o anche «elevata probabilità» di conseguire il bene della vita sperato.
L’accoglimento della relativa domanda esige, pertanto, che sia stata fornita la prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, ma non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.
L’appellante sostiene che, se l’Ateneo avesse ripetuto la valutazione della sua posizione dopo l’annullamento da parte di questo Consiglio degli esiti dell’autotutela, perché svolta in violazione delle garanzie procedimentali, egli quasi sicuramente sarebbe risultato vincitore, anche perché erano rimasti ormai soltanto due candidati in lizza.
In proposito va ricordato che «il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della Pubblica Amministrazione» (Cons. Stato, sez. VII, 15 novembre 2023, n. 9796 che richiama sez. III, 3 giugno 2022, n. 4536).
Infatti, «per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto od al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l’equivalente economico» (Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2020, n. 2534).
Alla stregua dei riportati principi, per conseguire il ristoro del danno da perdita di chance, l’appellante avrebbe dovuto dimostrare da una parte, non la sicura spettanza del bene della vita, bensì l’elevata probabilità di conseguirlo (prova che, come già visto, è del tutto assente); dall’altra avrebbe dovuto provare la sussistenza della colpa dell’amministrazione.
Tuttavia, la sussistenza della colpa non solo non è stata provata ma risulta smentita dalla richiamata sentenza n. 6132/2019 resa in sede di ottemperanza, nella quale questo Consiglio di Stato, con riferimento alla lamentata elusione e violazione del giudicato, ha osservato come l’ipotizzata violazione del giudicato si fondi su «una estensione dei contenuti della sentenza che non può essere condivisa, in quanto postula che la ritenuta esistenza di un vizio procedimentale debba essere unicamente risolta tramite la ripresa del detto procedimento (…), con contestuale azzeramento delle altre possibilità normativamente disciplinate, prima di tutte proprio la possibilità di revoca. Deve infatti ribadirsi che l’obbligo di esecuzione non coinvolge integralmente l’azione amministrativa ma solo la parte di essa direttamente incisa dalla statuizione giurisdizionale. Pertanto, esulano dagli ambiti oggetto di ottemperanza le ulteriori facoltà residue, fondate su poteri non esercitati e radicati su presupposti fattuali e normativi diversi e successivi rispetto al provvedimento viziato.
Pertanto, qualora all’amministrazioni rimangano spazi ulteriori, discendenti direttamente dalla legge o correlati ai poteri discrezionali, e tali spazi consentano di riconfigurare l’assetto di interessi nel senso più congruo all’interesse pubblico ed in modo da non collidere con i contenuti conformativi del giudicato, si è materialmente fuori dal perimetro delimitato dalla sentenza ottemperanda.
Predicare quindi che, in via generale, l’esistenza di un giudicato comporti l’impossibilità tout court della riedizione del potere amministrativo è affermazione che non può essere condivisa».
Ha inoltre evidenziato “come la sentenza ottemperanda non ha statuito alcunché sulla pretesa attribuibilità al ricorrente del posto oggetto della procedura concorsuale.
Pertanto, il principio per cui la durata del processo non deve ledere le posizioni delle parti non viene evocato correttamente, atteso che l’unico interesse che il giudizio ha ritenuto tutelabile è stato solo quello procedimentale, dato dalla mancata comunicazione dell’avvio in autotutela, e non quello sostanziale, di pretesa al conferimento dell’incarico.
Su tale base, non può quindi che ribadirsi come, al momento dell’emanazione dei provvedimenti gravati, l’Università ha correttamente ritenuto, da un lato, di dover ritenere prioritaria l’esigenza di reclutare figure di docenti che avessero un obbligo di svolgere attività didattica curriculare (mentre tale onere non ricade sul ricercatore di ruolo che non è obbligato ad assumere la titolarità di un corso di insegnamento, ex art. 6, commi 3 e 4 della L. 30 dicembre 2010 n. 240) e, dall’altro, di considerare il sopravvenuto esaurimento del ruolo del ricercatore universitario a tempo indeterminato a seguito dell’emanazione della stessa legge 240 del 2010 che, all’art. 24, ne ha soppresso la figura introducendo le due tipologie di ricercatori a tempo determinato ivi previste».
Acclarato, dunque, che la possibilità di revocare il bando e di annullare gli atti della procedura era una delle possibili forme legittime di riedizione del potere da parte dell’Università, dopo l’annullamento giurisdizionale, non residuano spazi per dare ingresso al risarcimento del danno da perdita di chance, difettandone in radice tutti i presupposti.
Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto.
6. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione settima, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione, in favore dell’Università OMISSIS, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € 4.000,00 (quattromila) oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2024, con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore