N. 00328/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00089/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 89 del 2024, proposto dal prof. -OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Università e della Ricerca, Università degli Studi OMISSIS, Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliataria ex lege in Campobasso, via Insorti D’Ungheria, n.74;
per l”annullamento
a) del Decreto rettorale dell’Università degli Studi del Molise, prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, trasmesso al ricorrente in pari data, con cui il Rettore della citata Università, nel prendere atto della Delibera n. -OMISSIS- del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-”, ha decretato che il prof. -OMISSIS- -OMISSIS-, “…ai sensi degli artt. 87 e 89 R.D. 1592/1933 e art. 10 della Legge n. 240/2010, è sospeso dall’ufficio e dallo stipendio per un mese, dal 16.04.2024 al 15.05.2024”, disponendo che è …”altresì preclusa la nomina, per anni solari dieci, alle funzioni di Rettore di Università o Direttore di Istituzione Universitaria…”;
b) della Delibera n. -OMISSIS- del Consiglio di Amministrazione della Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-”, notificata al ricorrente il successivo -OMISSIS-, con cui è stata disposta, a carico dello stesso la sanzione della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio, per mesi uno, oltre la perdita degli emolumenti per mesi uno, l’esonero dall’insegnamento per il ridetto periodo, l’esonero dalle funzioni accademiche e da quelle ad esse connesse e la perdita ad ogni effetto dell’anzianità per tutto il tempo della sua durata, nonché con preclusione per dieci anni delle funzioni di Rettore o Direttore di Istituzione Universitaria (Direttore di Dipartimento, Direttore di Centro, Presidente di Scuola o similari);
c) del verbale conclusivo del Collegio di disciplina dell’Università “-OMISSIS-” del 17 gennaio 2024 recante la proposta al Consiglio di Amministrazione di irrogazione a carico del ricorrente della sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per mesi uno;
d) delle note rettorali dell’Università prott. nn. -OMISSIS- e -OMISSIS- del -OMISSIS-, rispettivamente, di avvio del procedimento disciplinare con contestazione degli addebiti a carico del ricorrente e di convocazione del Collegio di disciplina;
e) della nota rettorale dell’Università prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- con cui è stato attivato il Collegio di disciplina;
f) degli atti connessi, preliminari e/o consequenziali a quelli che precedono, tra i quali, in particolare: la relazione istruttoria redatta dall’Ufficio Personale Docente e Ricercatore richiamata nella Delibera n. -OMISSIS- dell’Università “-OMISSIS-”; tutti i verbali e tutti gli atti relativi al procedimento disciplinare avviato a carico del ricorrente tra cui, il verbale della prima riunione del Collegio di disciplina del -OMISSIS-, i verbali del Collegio di disciplina del-OMISSIS- e di audizione del -OMISSIS-;
g) della nota prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS- dell’Università del Molise, ignota al ricorrente;
h) di ogni altro atto prodromico, connesso o consequenziale a quelli che precedono.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2024 il dott. Nicola Gaviano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 Il prof. -OMISSIS- -OMISSIS-, già Professore Associato presso il Dipartimento Multidisciplinare di OMISSIS dell’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-”, oltre che Direttore della Scuola di Specializzazione di -OMISSIS- del medesimo Ateneo, veniva sottoposto dalla propria Università a procedimento disciplinare, con nota rettorale del -OMISSIS- di contestazione degli addebiti, per violazione degli artt. 3, 4 e 10 del Codice Etico di Comportamento di Ateneo.
La contestazione verteva sulla circostanza che il medesimo, quale Direttore della detta Scuola di Specializzazione, nel riferirsi alla prossima compilazione, da parte degli allievi, dei questionari per il monitoraggio della qualità della formazione specialistica previsti dall’art. 6 del Decreto interministeriale n. 402/2017, il 25 ottobre 2023 aveva inviato a tutti gli specializzandi del proprio corso, mediante applicazione di messaggistica istantanea (Whatsapp) all’interno di un “gruppo” con loro condiviso, la seguente comunicazione: “Per gli esaminandi del 07.11 e per i neospecialisti: vi è stato trasmesso per e-mail un questionario di valutazione delle attività didattiche di voi specializzandi. Essi deve essere compilato entro il 06.11. Mi raccomando, però, mi raccomando a cosa scrivete perché le vostre risposte, per noi, non saranno anonime!” (la comunicazione si concludeva con un “emoticon” raffigurante un omino che faceva l’occhiolino). Comunicazione che aveva dato luogo a una denuncia pubblica in data 28 ottobre 2023, da parte dell’Associazione -OMISSIS-, attraverso il proprio account social media Facebook, subito ripresa dalla stampa locale, la quale aveva segnalato che con ciò il professore avrebbe indebitamente indirizzato gli specializzandi in -OMISSIS- nella fase di compilazione, da parte loro, dei succitati questionari per il monitoraggio della qualità della formazione della Scuola di specializzazione.
Nelle more dell’avviato procedimento disciplinare, il 15 novembre 2023 il prof. -OMISSIS- veniva peraltro trasferito, a domanda (che l’interessato avrebbe precisato di aver presentato sin dal 27 settembre 2023), ai sensi dell’art. 7, comma 3, l. n. 240/2010, presso il Dipartimento -OMISSIS-dell’Università degli Studi del Molise, assumendovi la posizione di Professore Associato di -OMISSIS-.
Dopo l’audizione del sunnominato del -OMISSIS- da parte del Collegio di Disciplina dell’Università -OMISSIS- “-OMISSIS-”, tale organo il successivo 17 gennaio assumeva il parere di competenza nel senso che il fatto oggetto di contestazione non sarebbe stato conforme alle sopra citate norme del Codice Etico dell’Ateneo.
Il procedimento disciplinare si concludeva, quindi, con la delibera del Consiglio di Amministrazione della stessa Università n. -OMISSIS-, che infliggeva all’interessato la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per mesi 1 (uno), con la perdita dell’anzianità per la durata della sospensione stessa e l’interdizione per un decennio dalla nomina alle funzioni accademiche rettorali e direttoriali.
E tale atto veniva infine seguito dal Decreto dell’Università degli Studi del Molise n. -OMISSIS- del -OMISSIS- con cui il suo Rettore, nel prendere atto della Delibera -OMISSIS- del Consiglio di Amministrazione dell’Università a quo, stabiliva pertanto che il prof. -OMISSIS-, “…ai sensi degli artt. 87 e 89 R.D. 1592/1933 e art. 10 della Legge n. 240/2010, è sospeso dall’ufficio e dallo stipendio per un mese, dal 16.04.2024 al 15.05.2024”, disponendo in pari tempo che è …altresì preclusa la nomina, per anni solari dieci, alle funzioni di Rettore di Università o Direttore di Istituzione Universitaria…”.
2 L’interessato è quindi insorto in giudizio dinanzi a questo T.A.R. avverso tutti gli atti sopra menzionati deducendo, con l’articolazione di più motivi di gravame, i vizi di incompetenza, violazione di legge e di eccesso di potere sotto molteplici profili.
In resistenza al ricorso si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato per il Ministero dell’Università e della Ricerca, l’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-” e, infine, quella del Molise, deducendo l’infondatezza dell’impugnativa e chiedendone il rigetto.
Il Tribunale con ordinanza cautelare n. -OMISSIS-, preceduta da conforme decreto presidenziale del giorno 5 aprile, sospendeva interinalmente gli effetti degli atti oggetto di gravame, ritenendo:
– “che nel bilanciamento degli interessi in evidenza sia allo stato prevalente, sotto il profilo del periculum in mora, quello della parte ricorrente alla sospensione interinale degli effetti del provvedimento sanzionatorio gravato, avuto riguardo ai suoi plurimi effetti pregiudizievoli”;
– “che risultino meritevoli di approfondimento in sede di merito, per la loro serietà, alcune delle questioni di diritto prospettate nei motivi di ricorso, e nello specifico: – quella della persistenza -o meno- della competenza dell’Università degli Studi -OMISSIS- “-OMISSIS-” a istruire e concludere il procedimento disciplinare, con l’irrogazione della sanzione da parte del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo mediante la delibera n. -OMISSIS-, nonostante il fatto che il docente già a partire dal 15 novembre 2023 fosse stato trasferito presso l’UNIMOL; – quella della forma della colpevolezza, in termini di dolo o colpa, accertata effettivamente in concreto a carico del ricorrente, e quella, connessa, della proporzionalità -o meno- della sanzione inflittagli per il fatto così accertato”.
Nel prosieguo del giudizio parte ricorrente ribadiva le proprie doglianze, ulteriormente sviluppandole, e insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 23 ottobre 2024, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
3 Il ricorso è fondato sotto il limitato profilo del difetto di motivazione circa il tipo di sanzione disciplinare irrogata, i rimanenti suoi motivi dovendo invece essere disattesi.
4a Con il suo primo mezzo è dedotto il vizio di incompetenza, adducendosi che a seguito del trasferimento del prof. -OMISSIS- dall’Ateneo “-OMISSIS-” all’Università del Molise il procedimento disciplinare in discussione, pur già avviato, avrebbe potuto essere proseguito e concluso unicamente da questa seconda, alla quale faceva ormai capo il rapporto di impiego con il ricorrente.
A sostegno della doglianza si afferma la necessità di coordinare l’art. 10 della L. n. 240/2020 (il cui comma 2 dispone: “L’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall’articolo 87 del testo unico delle leggi sull’istruzione superiore di cui al regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta”) con l’art. 55 bis, comma 8, del D.lgs. n. 165/2001, in base al quale, “In caso di trasferimento del dipendente in pendenza di procedimento disciplinare, l’ufficio per i procedimenti disciplinari che abbia in carico gli atti provvede alla loro tempestiva trasmissione al competente ufficio disciplinare dell’amministrazione presso cui il dipendente è trasferito. In tali casi il procedimento disciplinare è interrotto e dalla data di ricezione degli atti da parte dell’ufficio disciplinare dell’amministrazione presso cui il dipendente è trasferito decorrono nuovi termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento.”
Si assume quindi che a seguito del trasferimento de quo il Rettore dell’Ateneo campano avrebbe dovuto trasmettere gli atti afferenti all’azione disciplinare appena promossa all’Università degli Studi del Molise, che sarebbe stata la sola competente a proseguire, istruire e concludere il procedimento nei confronti del ricorrente.
4b Il Collegio è però dell’avviso che l’art. 10 della L. n. 240/2020 non debba affatto essere coordinato, ai fini di causa, con l’art. 55 bis, comma 8, D.lgs. n. 165/2001.
E’ invero subito eloquente, nel senso dell’autonomia di principio dell’ordinamento settoriale proprio della docenza dell’Università, la previsione dell’art. 3 (“Personale in regime di diritto pubblico”), comma 2, d.lgs. n. 165/2001, che recita appunto: “Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari, a tempo indeterminato o determinato, resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai principi della autonomia universitaria di cui all’articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421”.
Deve poi sottolinearsi che l’art. 10 della legge n. 240 del 2010, nel regolare la materia del procedimento disciplinare per i docenti universitari, non ha in alcun modo richiamato la pur già esistente disciplina generale dell’art. 55 bis cit., tantomeno con specifico riguardo al suo comma 8.
La giurisprudenza ha avuto, infine, già modo di riconoscere (T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 12845 del 13 dicembre 2021) l’applicabilità alla materia disciplinare, nei riguardi del personale docente in rilievo, della specifica disciplina contenuta nell’art. 10 della Legge n. 240/2010, stante, appunto, “la riconducibilità del rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari nell’alveo del personale alle dipendenze delle amministrazioni “in regime di diritto pubblico” con conseguente assoggettamento alle relative disposizioni nell’ambito della disciplina dedicata al sistema universitario, come espressamente previsto dall’articolo 3 del D.lgs. n. 165/2001. Ne discende la non pertinenza delle previsioni invocate in ricorso (di cui agli articoli 55 bis e seguenti del D.lgs. n. 165/2001) e la conseguente infondatezza delle censure articolate nell’ambito del primo motivo di gravame nella parte in risultano incentrate sulla denunciata violazione delle suddette previsioni … in quanto riferite al rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche c.d. “privatizzato” nel cui ambito non rientra, per espressa previsione di legge, il rapporto di servizio interessato dagli atti disciplinari gravati” (T.A.R. Lazio, sentenza cit.).
4c Ne consegue che il primo motivo di ricorso è privo di pregio.
5 Il secondo mezzo prospetta, dal canto suo, essenzialmente i vizi di evidente erroneità e illogicità dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza istruttoria, sotto vari profili.
L’assunto di fondo a base del motivo è quello che l’interessato non avrebbe violato alcuna norma comportamentale o etica.
5a Il Collegio di Disciplina, che aveva riconosciuto che il medesimo fosse “privo di intenti malevoli”, ma aggiunto che la sua condotta “…avrebbe potuto ingenerare confusione e malcontento tra gli specializzandi”, era con ciò incorso, in tesi, in una dubitativa congettura non sorretta da alcun elemento istruttorio: giacché gli specializzandi, professionisti alla soglia dei trent’anni, non potevano che essere del tutto consapevoli del fatto che i questionari sarebbero stati elaborati nel rispetto della regola dell’anonimato dei loro compilatori, del che essi non avrebbero pertanto mai potuto dubitare.
A tanto è però agevole opporre che, come anche l’esperienza comune insegna, su di un piano si collocano le previsioni normative (nella specie, in termini di garanzia di anonimato), quello del “dover essere”, e ad altro piano appartengono, invece, le concrete situazioni di fatto. Sicché non può darsi certo per scontata un’aprioristica, assoluta e incrollabile fiducia collettiva sulla costante e piena aderenza delle seconde alle prime: specialmente allorché una dichiarazione deponente in senso contrario venga da un autorevole esponente dell’Ateneo interessato.
Da qui l’ineccepibilità della valutazione del Collegio di Disciplina che il messaggio immesso dal ricorrente nella chat della Scuola di specializzazione fosse comunque inappropriato, potendo appunto “ingenerare confusione e malcontento” e, più ampiamente, riverberarsi negativamente sul prestigio dell’Università.
5b Né in senso contrario giova al ricorrente richiamarsi al tenore delle risposte che il messaggio in questione aveva ricevuto dagli specializzandi stessi, le quali, lungi dal confermare come questo fosse stato inteso in coerenza con il suo “contenuto evidentemente ironico”, e lontane dall’essersi attestate come “tutte assolutamente serene ed “allineate” al solito tenore confidenziale usualmente adoperato nella chat” (cfr. le pagg. 19 e 20 del ricorso), si presentavano piuttosto come risposte alquanto laconiche e distanti.
5c Il ricorrente ha richiamato, inoltre, la propria pregressa affermazione difensiva, risalente al procedimento amministrativo, intesa a “chiarire” che “il termine “anonime” riportato nella chat, non si riferiva alla possibilità che gli stessi questionari (notoriamente anonimi) potessero essere trasparenti, ma ai suddetti “soliti ignoti” che noi consideravamo poco inclini (sicuramente non per cattiveria bensì per superficialità o immaturità) a rispettare regole e scadenze, a cui destinavo quella che – lungi dall’essere una “velata minaccia” – non esito a definire una scherzosa paternale” (pag. 21 del ricorso).
Una simile spiegazione non trova, però, elementi di effettivo ancoraggio nel testo del messaggio, il quale, in ragione del suo contenuto, non era suscettibile tanto di promuovere il mero fatto obiettivo del collettivo adempimento della compilazione dei questionari, quanto di influenzare i loro contenuti (“Mi raccomando, però, mi raccomando a cosa scrivete perché le vostre risposte, per noi, non saranno anonime!”).
5d Infine, parte ricorrente si è doluta che sarebbe stata priva di qualsiasi precisa motivazione l’affermazione dell’Università “-OMISSIS-” che il comportamento dell’interessato si sarebbe posto in conflitto con gli artt. 3, 4 e 10 del Codice Etico, richiamati oltretutto sempre e soltanto in maniera del tutto generica.
Il Tribunale è però dell’avviso che la pregnanza del fatto occorso, una volta rapportato alle ampie e plurime formulazioni degli articoli appena citati, esimeva l’Amministrazione dal fornire dettagli diretti a rimarcare la effettività del contrasto dell’accaduto con questi ultimi. Non pare dubbio, in particolare, che la vicenda potesse essere ricondotta, alla luce dello stesso testo letterale del parere del Collegio di Disciplina, quantomeno alle previsioni di cui agli artt. 4, comma 5 (sulla tutela dell’immagine dell’Ateneo), e 10, comma 1 (in punto di correttezza e rispetto nel rapporto tra docenti e studenti), del Codice Etico.
5e Anche il secondo mezzo si manifesta quindi carente di fondamento.
6 Il ricorrente ascrive inoltre all’Università di provenienza una violazione dei termini del procedimento.
Ci si richiama, in proposito, alla previsione del comma 4 dell’art. 10 della L. n. 240/2010, la quale dispone che entro trenta giorni dalla ricezione del parere del Collegio di Disciplina il Consiglio di Amministrazione “infligge la sanzione”. E si sottolinea che nel caso di specie il parere è stato espresso dal Collegio in data 17 gennaio 2024, ma solo il seguente 22 febbraio il C.d.A. ha deliberato l’applicazione della sanzione, che è stata infine notificata al ricorrente solo in data -OMISSIS-, vale a dire dopo circa 60 giorni dall’anzidetto parere.
Anche questo rilievo è però infondato.
L’art. 10 cit. non offre, infatti, alcun elemento testuale che possa valere a denotare la natura perentoria dello specifico termine di cui il ricorso lamenta l’inosservanza. E una lettura integrale dello stesso articolo depone semmai nel senso che l’unico termine perentorio da esso dettato sia quello di centottanta giorni previsto dal suo comma 5, che riguarda la sola complessiva durata del procedimento disciplinare.
7a Motivo ricorsuale fondato, invece, nei limiti che si vedranno, è quello che, argomentando dall’assunta non riconducibilità dell’addebito ad alcuna delle violazioni per le quali l’art. 89 R.D. n. 1592/1933 giustifica la misura della sospensione disciplinare (in particolare, alla violazione incarnata dagli “atti … che comunque ledano la dignità o l’onore del professore”), si spinge a denunciare anche il carattere “abnorme e sproporzionato” della sanzione inflitta.
Critica, questa, motivata anche con l’avere lo stesso Collegio di Disciplina riconosciuto la buona fede del ricorrente, affermando che il suo messaggio era “privo di intenti malevoli” e che l’interessato “avrebbe creato, pur se non intenzionalmente, equivoci” (ricorso, pag. 26), oltre ad aver ammesso la piena regolarità dei suoi comportamenti pregressi.
L’Ateneo, dunque, non solo non aveva motivato circa l’avvenuta integrazione dei presupposti previsti dagli artt. 87-89 R.D. n. 1592/1933, ma nemmeno sulle ipotetiche ragioni che l’avevano indotto a escludere l’applicabilità di una sanzione meno gravosa quale la censura (ricorso, pagg. 24 e 27).
7b Il Tribunale, nel constatare che alcuno degli atti impugnati reca una motivazione sulla esistenza in concreto di uno dei presupposti che gli artt. 87-89 R.D. n. 1592/1933 esigono per l’irrogabilità di una sanzione più severa della semplice censura, deve a questo punto aggiungere che nell’economia del procedimento disciplinare regolato dall’art. 10 legge n. 240/2020 riveste un ruolo centrale il parere del Collegio di Disciplina, cui lo stesso articolo assegna natura vincolante (comma 4), e, soprattutto, attribuisce lo specifico compito di pronunciarsi “sulla proposta avanzata dal rettore sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare”. Da ciò l’essenziale corollario che tale organo, nella fattispecie, doveva allora necessariamente motivare, oltre che sull’esistenza, nella vicenda, di un’infrazione disciplinare, anche sulla effettiva applicabilità a questa della sanzione della sospensione, raffrontando quindi la violazione accertata alle ipotesi codificate dall’art. 89, comma 1, R.D. n. 1592/1933.
7c Una specifica motivazione sul punto occorreva, oltre che per l’astratta necessità di giustificare la scelta discrezionale del tipo di sanzione irrogata, anche per la particolare afflittività della sanzione concretamente inflitta, cui si accompagna automaticamente un’interdizione di durata decennale alla nomina a rettore o direttore di istituzione universitaria.
E una simile motivazione s’imponeva con particolare rigore nella fattispecie concreta, in cui il Collegio di Disciplina, per un verso, non solo non ha ascritto espressamente all’interessato una condotta dolosa, ma è sembrato orientato a recepire la sua difesa circa la natura solo ironica/scherzosa del messaggio in discussione (“… il messaggio scritto dal prof. -OMISSIS- -OMISSIS-, pur ammesso che sia privo di intenti malevoli, ha un tenore ed un contenuto inappropriato ed equivoco … . Il messaggio infatti contiene una informazione errata e non reale rispetto alla “anonimia” dei questionari che avrebbe creato, pur se non intenzionalmente, equivoci nella chat stessa tra specializzandi e specializzati che di fatto sono persone a lui sottoposte”); e, per altro verso, nel proporre l’irrogazione della sanzione della sospensione, la cui durata è prevista dalla legge fino a un anno, l’ha circoscritta a quella di un solo mese, così contenendola in misura prossima al minimo edittale.
7d La fondatezza della censura di difetto di motivazione appena scrutinata esige, quindi, il parziale accoglimento del ricorso, con riferimento, pertanto, al solo profilo della definizione del trattamento sanzionatorio applicabile all’interessato.
7e Le censure residue possono rimanere logicamente assorbite.
8 Il ricorso può perciò trovare accoglimento soltanto nei ristretti limiti indicati nei precedenti paragrr. 7a e segg., per essere risultate invece infondate le censure di parte ricorrente precedentemente esaminate.
Le spese del giudizio, per la reciprocità della soccombenza, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il parere del Collegio di disciplina dell’Università “-OMISSIS-” del 17 gennaio 2024 e tutti gli atti successivi del procedimento disciplinare, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione competente.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente e di ogni altro elemento che possa consentire di identificarlo in rapporto alla vicenda occorsa.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente, Estensore
OMISSIS, Referendario
OMISSIS, ReferendarioOMISSIS