È legittima la prassi dell’Università di destinare le somme eccedenti i limiti della retribuzione aggiuntiva dei ricercatori a specifici fondi per l’attività di ricerca, secondo quanto stabilito dalla regolamentazione interna, in mancanza di una specifica convenzione che disciplini diversamente.
Cons. Stato, Sez. VII, 26 novembre 2024, n. 9502
È legittima la prassi dell'Università di destinare le somme eccedenti i limiti della retribuzione aggiuntiva dei ricercatori a specifici fondi per l'attività di ricerca
09502/2024REG.PROV.COLL.
01802/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1802 del 2024, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Ciro Menotti 6
contro
Università degli Studi di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Camilla Pastore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Quarta) n. 1166/2023, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2024 il Cons. OMISSIS e udita l’Avv. OMISSIS;
viste le conclusioni della parte appellante come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza appellata è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento degli atti e provvedimenti che hanno disposto decurtazione a decorrere dall’a.a. 2019-20 del compenso spettante al ricorrente per l’attività di docenza svolta in base alla Convenzione sottoscritta in data 22 marzo 2017 tra l’Università e la Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri.
La motivazione della sentenza appellata fa riferimento alle seguenti circostanze.
La circolare del Rettore (prot. n. 66189) del 9 aprile 2019, nel fornire chiarimenti ed indicazioni sulla retribuzione del personale docente, ha previsto che i relativi compensi dovevano essere ricondotti allo specifico regolamento approvato con D.R. n. 846/2015.
Con la delibera del 20 aprile 2020 è stato, poi, definito il compenso per il personale docente e ricercatore coinvolto a decorrere dall’a.a. 2020/2021, precisando che l’importo, a decorrere dall’anno accademico 2019/20, doveva considerarsi pari a 30 euro per ogni ora di didattica frontale.
Sulla base di dette disposizioni, il 16 settembre 2021, è stata elaborata la busta paga relativa ai compensi spettanti per il mese di settembre 2021 e con la quale Università ha determinato il compenso per la suddetta attività di insegnamento, prevedendo l’attribuzione al ricorrente dell’importo di € 1.620,00, in applicazione delle disposizioni sopra richiamate.
L’Amministrazione resistente ha, altresì, previsto che le somme eccedenti il limite del compenso determinato in applicazione di detto regolamento siano messe a disposizione del singolo docente (professore e/o ricercatore) per l’attività di ricerca nell’ambito di riferimento e, in tal senso, ha operato nei confronti di tutte le figure professionali che hanno svolto attività di docenza nel citato corso a decorrere dall’a.a. 2019/2020.
Ciò premesso non solo è evidente la legittimità del comportamento dell’Amministrazione, ma nel contempo, come non sia applicabile al caso di specie l’art. 968 comma 1, del D.P.R. n. 90/2010, laddove prevede che “gli incarichi di insegnamento per le materie non militari presso gli istituti, le scuole e gli enti delle Forze armate sono conferiti dal comandante dell’istituto, della scuola o dell’ente interessato (…)”.
Detta disposizione si riferisce, infatti, all’ipotesi in cui gli incarichi di docenza siano conferiti direttamente dal Ministero della Difesa e nei confronti dei docenti universitari, disposizione quindi che non contiene alcun riferimento all’applicabilità di detta disciplina nei confronti dei ricercatori universitari.
La richiamata disposizione, inoltre, si riferisce all’ipotesi in cui l’incarico sia conferito in via diretta al Docente da parte degli Organi del Ministero (e non anche al caso, che qui ricorre, in cui la docenza avvenga sulla base di una convenzione con l’Università di appartenenza).
Ne consegue, pertanto, che i compensi provenienti dalla Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze “sono dovuti all’Università” per ogni allievo iscritto al corso di laurea ai sensi dell’art. 8, comma 1, della predetta convenzione e, di conseguenza, gli stessi confluiscono al bilancio unico dell’Ateneo.
Il Tar ha infine rilevato che la circolare del Rettore del 9 aprile 2019 e la delibera del DSG del 20 aprile 2020 sono state adottate in applicazione della convenzione, senza che risultino violate le disposizioni contenute nel codice militare che non disciplinano la fattispecie in esame.
2. Parte appellante premette in punto di fatto quanto segue.
Il Dr. OMISSIS è ricercatore a tempo indeterminato a tempo pieno nel settore disciplinare IUS-01, strutturato presso il Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università degli Studi di Firenze ed ivi Professore aggregato ex art. 6, co. 4 L. n. 240/2010.
In tale qualità, dall’anno accademico 2017/18 è affidatario di un corso di Diritto Privato di 54 ore frontali nell’ambito del Corso di Laurea in Scienze Giuridiche della Sicurezza, istituito in forza della “Convenzione per l’istituzione, attivazione ed organizzazione del Corso di Laurea in Scienze giuridiche della sicurezza (Classe L-14- Scienze dei servizi giuridici) per gli Allievi Marescialli dell’Arma dei Carabinieri”, sottoscritta in data 22 marzo 2017 tra l’Università e la Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri; Convenzione di durata triennale, tacitamente rinnovatasi.
L’art. 8 della Convenzione stabilisce, quanto agli oneri finanziari, che “Per ogni allievo iscritto al corso di laurea sono dovuti all’Università Euro 675 per ogni anno accademico…
L’importo comprende la tassa di iscrizione, la tassa regionale per il diritto allo studio universitario e l’imposta di bollo … nonché i contributi universitari e la quota CUS di ciascun allievo.
Gli oneri relativi agli affidamenti e alle supplenze del personale docente a vario titolo coordinati nel triennio dal Consiglio della Scuola di Giurisprudenza, nei termini di cui all’articolo 5 della presente Convenzione, vengono versati dal servizio amministrativo individuato dal Comando generale all’Università degli Studi di Firenze, sul Conto di Tesoreria 36739 presso la Banca d’Italia, che li destinerà al personale docente, sulla base dell’effettivo impegno dispiegato. Gli importi di cui al comma precedente vengono corrisposti nella misura di Euro 1.000,00 (mille) per ogni CFU attribuito alle materie oggetto di insegnamento e per ogni “modulo didattico” in cui il corso verrà svolto. Modifiche a detti importi possono essere disposte d’intesa tra le Parti, con il coordinamento della Scuola di Giurisprudenza ed il Comando generale”.
Nelle more del giudizio, la Convenzione è stata rinnovata con modifiche, ma il nuovo testo dell’accordo sottoscritto in data 27 aprile 2023 non ha toccato la disciplina degli oneri finanziari e dei compensi ai docenti di cui al sopradetto art. 8, rilevante nella fattispecie.
I compensi erogati al ricorrente per gli a.a. 2017-18 e 2018-19 hanno rispecchiato i contenuti della Convenzione; i relativi cedolini paga hanno infatti riportato compensi lordi rispettivamente di € 7.535,80 (cfr. cedolino 17 aprile 2018 rif. a.a. 2017-18) e di € 6,782,22 (cfr. cedolino 18 giugno 2020 rif. a.a. 2018-19).
Il cedolino paga del 16 settembre 2021 conteneva invece – sebbene a parità di impegno del docente rispetto agli anni precedenti -, una drastica decurtazione del compenso attribuito per le docenze svolte nell’a.a. 2019-20, ridotto ad appena lordi 1.620,00.
Pertanto in data 4 novembre 2021 il ricorrente formulava istanza di accesso agli atti con contestuale richiesta di chiarimenti in merito alla determinazione dei compensi liquidati quanto alla voce “03886 Arretrato Compenso per corsi e moduli (art.6 c.4 L.240/2010 (Dic. 2020)”.
Con una nota del 30 novembre 2021 a firma dell’Ufficio legale di Ateneo, facente riferimento a documenti non allegati alla stessa nota, veniva esposto che “…al personale ricercatore a tempo indeterminato è corrisposta la retribuzione aggiuntiva per attività didattica ai sensi dell’art. 5 del Regolamento di Ateneo emanato con D.R. n. 846/2015; detto Regolamento è, tra l’altro, richiamato nella nota – circolare del Rettore dell’Università degli Studi di Firenze del 9.04.2019 (prot. n. 66189) inerente l’attribuzione dei compensi da erogare al personale docente e ricercatore che svolge attività didattica in detto corso. Le somme eccedenti la citata retribuzione sono destinate ad un apposito fondo per la ricerca istituito in favore di ciascun ricercatore a tempo indeterminato…”.
Seguiva in data 7 dicembre 2021 nota che sollecitava l’evasione dell’istanza di accesso, ed evidenziava come rimanesse incomprensibile il calcolo del compenso.
Con nota del 10 dicembre 2021 l’Ufficio servizi economici e finanziari dell’Ateneo esponeva quanto segue: “L’erogazione di compensi ai ricercatori a tempo indeterminato è disciplinata dal “Regolamento per l’attribuzione della retribuzione aggiuntiva dei Ricercatori a tempo indeterminato”, con l’importo aggiornato a 30,00 euro lordo dipendente orari come da delibera del CdA del 29/11/2019.
Il dott. OMISSIS ha svolto 9 cfu, pari a 54 ore, che corrispondono ad un compenso di € 9.000 lordo amministrazione. L’importo liquidato in busta paga, pari ad euro 1.620,00 lordo dipendente corrisponde a 54 ore a importo orario di euro 30 lordo percipiente come da Regolamento Retribuzione Aggiuntiva dei Ricercatori (ore 54 per euro 30,00=euro 1.620,00 lordo dipendente).
La differenza tra la somma a disposizione del docente pari ad euro 9.000,00 e il costo corrispondente al lordo dipendente erogato all’interessato di € 2.149,74 (1.620,00 più oneri amministrazione 32,7%) è pari ad euro 6.850,26 ed è, come da nota rettorale del prot.66189 del 9.4.2019, a disposizione del ricercatore presso il Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa, per lo svolgimento di attività di ricerca”.
L’appellante formulava in data 12 gennaio 2022 istanza di autotutela, diretta:
– in linea di tesi, a contestare l’illegittimità in sé ed anche pro futuro della decurtazione retributiva e della collocazione della residua maggior somma in fondi di Dipartimento − in discontinuità con le pregresse retribuzioni degli anni accademici 2017/18, 2018/19 – attuate con riferimento all’attività didattica a.a. 2019/2020 e successivi nonché ogni atto presupposto e conseguenziale, con conseguente integrazione della retribuzione;
– ed in linea di ipotesi, diretta a contestare comunque l’illegittimità della suddetta decurtazione retributiva in applicazione arbitrariamente retroattiva della Delibera del 20 aprile 2020.
All’istanza di autotutela perveniva riscontro dell’Ufficio Legale con nota del 31 gennaio 2022, in cui si affermava che i ricercatori a tempo indeterminato che svolgono attività didattica nei corsi di laurea triennale, magistrale e magistrale a ciclo unico sono soggetti al Regolamento per l’attribuzione della retribuzione aggiuntiva emanato con D.R. n. 846/2015 e, pertanto, la retribuzione aggiuntiva può essere erogata soltanto nei citati limiti; la previsione dell’importo di € 1.000 per CFU contenuto nella Convenzione sottoscritta tra Ateneo e Arma corrisponde al cosiddetto “lordo amministrazione”, e le somme provenienti dalla Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze sono dovute all’Università e, di conseguenza, le stesse confluiscono al bilancio unico dell’Ateneo, venendo poi i compensi distribuiti ai docenti e ricercatori universitari tenendo conto delle disposizioni interne dell’Ateneo; al fine di applicarle in maniera omogenea e coerente, date le figure accademiche che possono svolgere attività didattica nel corso di laurea (professori ordinari, professori associati, ricercatori universitari a tempo indeterminato e determinato), il Rettore p.t. ritenne di emanare la Circolare esplicativa del 9 aprile 2019; la somma eccedente i limiti stabiliti dal Regolamento sopra richiamato, per € 6.850,26, era stata posta a disposizione del docente per lo svolgimento di attività di ricerca presso il Dipartimento di afferenza.
Non persuaso della fondatezza della posizione così espressa dall’Università, il ricorrente presentava reclamo ex art. 49 dello Statuto di Ateneo.
Con parere reso dal Comitato Tecnico-Amministrativo nell’adunanza del 18 febbraio 2022 il reclamo veniva dichiarato inammissibile.
3. Parte appellante propone le seguenti censure.
Il rapporto convenzionale tra l’Università e l’Arma è nato e si è sviluppato nell’alveo normativo delineato dal codice dell’Ordinamento Militare, appunto citato al secondo alinea della Convenzione del 22 marzo 2017.
L’art. 968 co. 1 del D.P.R. n. 90/2010, nella versione vigente a seguito della modifica introdotta dall’art. 5, co. 1, lett. a), n. 1), del D.P.R. n. 40/2012, così recita: “Gli incarichi di insegnamento per le materie non militari presso gli istituti, le scuole e gli enti delle Forze armate sono conferiti dal [Ministero della Difesa su proposta del] Comandante dell’istituto, della scuola o dell’ente interessato in esito alla procedura di cui al comma 3, secondo il seguente ordine di preferenza: […] b) docenti universitari; […]” (tra parentesi quadre le parole soppresse dalla novella).
Pertanto, al contrario di quanto asserito dal T.A.R.:
– la competenza al conferimento degli incarichi di docenza non sarebbe in capo al Ministero su proposta del comandante dell’Ente o Scuola, ma in capo al medesimo Comandante;
– il Comandante provvede al conferimento degli incarichi tramite stipula di “convenzione”, come stabilisce il successivo comma 4 dell’art. 968 in questione;
– i destinatari degli incarichi sono “docenti universitari” onnicomprensivamente intesi, e tali sarebbero anche i ricercatori che, come il ricorrente, hanno disimpegnato incarichi di docenza assumendo altresì il titolo di Professore Aggregato.
Di poi, l’art. 970 del D.P.R. n. 90/2010, nuovamente senza distinzione tra docenti e ricercatori, reca “Disciplina dei compensi” stabilendo al co. 1 che “i compensi annuali previsti dall’articolo 1531 del codice spettano ai docenti cui è conferito un incarico di insegnamento per l’intero anno scolastico e che partecipano anche agli esami finali”.
E quindi, la discriminazione operata dal T.A.R. tra docenti e ricercatori non avrebbe alcun fondamento giuridico. Tra l’altro, ne sarebbe conferma proprio il D.P.R. n. 90/2010, il cui art. 966 menziona partitamente “professori ordinari, straordinari, associati e ricercatori”.
Parte appellante contesta la tesi del Tar, secondo cui al ricorrente, come a tutti i ricercatori a tempo indeterminato in servizio, che svolgono attività didattica nei corsi di laurea triennale, magistrale e magistrale a ciclo unico, si applicherebbe lo specifico regolamento per l’attribuzione della retribuzione aggiuntiva, emanato con D.R. n. 846/2015, ai sensi dell’art. 6, co. 4 della L. n. 240/2010.
Secondo parte appellante difetta il presupposto applicativo alla fattispecie, non gravando la retribuzione aggiuntiva del ricorrente ricercatore a tempo indeterminato né su fondi a carico del budget della struttura amministrativa di Ateneo, né delle strutture richiedenti, posto che l’onere economico retributivo della specifica docenza è assunto e soddisfatto dall’Arma dei Carabinieri.
Di contro, rileverebbe il disposto dell’art. 8 della Convenzione già sopra citato, che destina i compensi “al personale docente”, in quanto prevede che gli oneri relativi agli affidamenti e supplenze del personale docente siano versati all’Università ma su apposito conto e, ponendo un vincolo di destinazione alle somme erogate, in vista della successiva attribuzione ai docenti, secondo rispettivo effettivo impegno.
Parte appellante fa altresì riferimento alla specificità di ratio retributiva in un mero aspetto spaziale, e non qualitativo, rilevato dal ricorrente nel delicato incarico fuorisede e nel contesto peculiare di una caserma con relativi oneri psicologici e didattici aggiuntivi rispetto alle aule universitarie, stante la specificità del contesto di rigida gerarchia militare di studenti in divisa dei Carabinieri e relativi superiori presenti in aula al cospetto del docente, unico civile in mezzo ad allievi marescialli inquadrati con tempi e modi scanditi da forme militari.
La decurtazione retributiva in questione determinerebbe una disparità di trattamento, in violazione dei canoni costituzionali di cui agli artt. 3, 36 e 97 Cost., ai danni dei ricercatori a tempo indeterminato – non tenuti come tali alla docenza – i quali, come il ricorrente, a fronte di identica mansione espletata e pur con l’attribuzione del titolo di Professore aggregato, ricevono trattamento retributivo deteriore rispetto ai Professori ordinari e associati (a tempo pieno per le eccedenze oltre le 120, a tempo definito per le eccedenza oltre le 80 ore).
Secondo parte appellante la messa a disposizione di somme sotto forma di contributo di ricerca da stanziare sul bilancio del Dipartimento non sarebbe, per il docente interessato, una forma di retribuzione neppure latamente sinallagmatica rispetto alla prestazione svolta nell’ambito del corso di laurea in Scienze Giuridiche della sicurezza.
L’appellante ritiene di non essere un generico “ricercatore universitario” (ricercatori a tempo determinato di gruppo A e B disciplinati ex art. 24 L. n. 240/2020, ora “ricercatore unico” a tempo determinato ex art.14 co. 6 -decies D.L. n. 36/2022 conv. in L. n. 79/2022), ma di appartenere al ruolo ad esaurimento dei ricercatori universitari strutturati a tempo indeterminato, cui espressamente dalla legge “è attribuito il titolo di professore aggregato per l’anno accademico in cui si svolgono corsi e moduli” ex art. 6 co. 4 L. n. 240/2010.
Lamenta discriminazione rispetto ai professori ordinari e associati svolgenti identica mansione.
Parte appellante sostiene che la delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Giuridiche del 20 aprile 2020 e la presupposta nota rettorale del 9.4.2019 abbiano surrettiziamente e unilateralmente modificato la convenzione.
Questa, ai sensi dell’art 8 co. 3, dopo avere fissato gli importi da destinare al personale docente in € 1.000,00 per ogni CFU attribuito alle materie oggetto di insegnamento e per ogni modulo didattico, stabiliva che “Modifiche a detti importi possono essere disposte d’intesa tra le Parti, con il coordinamento della Scuola di Giurisprudenza ed il Comando generale”.
Parte appellante contesta la sentenza appellata sul punto relativo alla partecipazione al procedimento in cui il Tar ha affermato che la predisposizione del corso è di competenza dell’Università previa sottoscrizione di una specifica convenzione con la Scuola, “procedimento che vede del tutto estranei i singoli docenti”, e che non esisterebbero “specifiche disposizioni che avrebbero previsto un obbligo dell’Università di comunicare l’avviso di avvio del procedimento”.
Secondo parte appellante la sentenza sarebbe erronea anche nel capo di rigetto della censura con cui veniva denunciata l’applicazione retroattiva della disciplina dei compensi.
Richiama la Delibera del 20 aprile 2020 del Consiglio di Dipartimento di Scienze Giuridiche che muove dalla proposta del Direttore “con riferimento al Corso di laurea in Scienze giuridiche per la sicurezza per quanto riguarda lo svolgimento delle attività didattiche 2019-2020 già svolte nel primo semestre ed attualmente in corso, di mantenere ferme le modalità di retribuzione attualmente applicate e far decorrere le modifiche di seguito proposte a partire dalla programmazione didattica 2020-21”.
Cionondimeno al ricorrente è stata applicata una decurtazione retributiva estesa anche alle attività didattiche 2019-2020.
Ritiene che avesse già maturato il diritto alla retribuzione aggiuntiva nella misura piena.
Parte appellante fa presente di avere impugnato il parere espresso dal Comitato Tecnico-Amministrativo ai sensi dell’art. 49 dello Statuto di Ateneo, e per esso l’omessa decisione del reclamo presentato dal ricorrente.
Il Comitato, con il parere reso nell’adunanza del 18 febbraio 2022, ha rigettato il reclamo ritenendolo inammissibile per tardività, perché diretto nei confronti della nota dirigenziale del 31 gennaio 2022 “anziché nei confronti del provvedimento assunto come lesivo (cedolino stipendiale e nota rettorale del 2019 quale atto presupposto)”.
Secondo parte appellante il reclamo non era rivolto meramente contro la nota dirigenziale del 31 gennaio 2022, così come di converso è chiaro come gli atti presupposti indicati dal Comitato non fossero di per sé reclamabili.
Ritiene pertanto l’illegittimità della sentenza appellata in quanto non ha annullato tale parere.
4. L’Università degli Studi di Firenze si è costituita in giudizio per resistere all’appello.
5. Il collegio prescinde dall’esame delle eccezioni preliminari ed in particolare dell’eccezione di tardività del ricorso proposto in primo grado e dall’esame della questione di inammissibilità dell’appello per mancato deposito della sentenza appellata ai sensi dell’art. 94 del cod. del proc. amm..
Infatti l’appello è comunque infondato nel merito.
L’appellante ritiene che debba applicarsi la disciplina speciale di cui all’art. 968, comma 1, e all’art. 970 del DPR 90/2010 (TU dell’Ordinamento Militare), che prevede incarichi di docenza conferiti direttamente dal Ministero della Difesa a docenti universitari, e pertanto che siano dichiarate illegittime le disposizioni interne dell’Università che regolano in maniera uniforme la retribuzione aggiuntiva dei ricercatori per attività di docenza.
In tale prospettiva i compensi spetterebbero direttamente ed interamente ai docenti universitari (tra cui da ricomprendersi anche i ricercatori a tempo indeterminato, qual è il Dott. OMISSIS) e non all’Università, onde sarebbe illegittima l’asserita “decurtazione”, applicata in virtù della disciplina interna in materia di retribuzione aggiuntiva.
Il motivo è infondato.
L’art. 6, comma 4, legge n. 240/2010 prevede che ai ricercatori a tempo indeterminato di cui al D.P.R. n. 382/1980 “sono affidati, con il loro consenso e fermo restando il rispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curriculari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademici”.
Ai ricercatori che svolgono attività didattica, in servizio presso l’Università di Firenze, è stato applicato il regolamento per l’attribuzione della retribuzione aggiuntiva emanato con D. R. n. 846/2015.
L’art. 1, comma 1, di tale regolamento prevede che lo stesso “disciplina i criteri e le modalità per l’attribuzione della retribuzione aggiuntiva, nei limiti delle disponibilità di bilancio, ai ricercatori a tempo indeterminato in servizio in Ateneo, ai quali sono affidati corsi di insegnamento e moduli nei corsi di laurea triennali, magistrali e magistrali a ciclo unico ai sensi dell’articolo 6, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240”.
Il successivo art. 5 prevede specifici limiti ai fini dell’erogazione dei compensi per l’attività didattica effettuata dai ricercatori a tempo indeterminato, stabilendo che l’individuazione annuale della retribuzione aggiuntiva è determinata dal Consiglio di Amministrazione dell’Università nei limiti delle disponibilità di bilancio.
Negli anni accademici precedenti al 2019/2020 (ovvero dall’a.a. 2017/2018) il personale docente e ricercatore, che ha svolto incarichi di insegnamento presso detta Scuola Marescialli dei Carabinieri è stato retribuito erroneamente nella misura indicata in premessa, non essendo state considerate la valenza e le limitazioni previste dalle predette disposizioni interne dell’Ateneo.
Quanto sopra è stato tuttavia oggetto di chiarimenti con circolare del Rettore del 9 aprile 2019, che ha ribadito la necessità che la convenzione in esame fosse applicata in modo da garantire omogeneità di comportamento rispetto alla disciplina generale di Ateneo.
L’Università ha previsto che le somme eccedenti il limite del compenso determinato in applicazione del regolamento sulla retribuzione aggiuntiva, siano messe a disposizione del singolo docente per l’attività di ricerca nel proprio ambito di riferimento.
L’Università ha operato uniformemente nei confronti di tutti i ricercatori a tempo indeterminato che hanno svolto attività di docenza nel citato corso di laurea a decorrere dall’a.a. 2019/2020.
Infatti con delibera del Consiglio del Dipartimento di Scienze Giuridiche adottata nell’adunanza del 20 aprile 2020 è stato stabilito che a decorrere dall’anno accademico 2019/20 il compenso sia determinato nella misura di 30 euro ‘lordo percipiente’ (39,81 euro lordo amministrazione) per ogni ora di didattica frontale. L’importo spettante a tali ricercatori nell’ambito della convenzione in parola verrà attribuito sotto forma di contributo di ricerca da stanziare sul bilancio del Dipartimento, pari alla differenza con il compenso orario previsto dalla convenzione.
L’appellante ha percepito € 1.620,00 nella busta paga del 16 settembre 2021 (€ 2.149,74 lordo Amministrazione) e ha beneficiato dell’accantonamento di € 6.850,26 per lo svolgimento di attività di ricerca presso il Dipartimento di afferenza.
Il collegio osserva che il compenso come sopra stabilito non si pone in contrasto con la convenzione sottoscritta dall’Università con la Scuola Marescialli.
Il ricercatore non ha sottoscritto una convenzione individuale con la Scuola Marescialli, ma è stato affidatario di un insegnamento da parte dell’Università in cui presta servizio nell’ambito di una convenzione che ha affidato l’organizzazione dell’insegnamento alla medesima Università degli Studi di Firenze. Non può essere quindi invocata la violazione dell’art. 968 del d.P.R. 90/2010 il quale disciplina una fattispecie a ben vedere diversa da quella che qui ricorre.
L’attività didattica prestata dal ricercatore è incardinata nell’ambito di uno specifico corso di laurea in Scienze Giuridiche della Sicurezza (classe L – 14 – Scienze dei Servizi Giuridici), istituito presso l’Università degli Studi di Firenze, al quale possono accedere gli Allievi Marescialli della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze.
Ne consegue che i compensi provenienti dalla Scuola Marescialli sono dovuti all’Università che provvede autonomamente alla retribuzione dei docenti.
Parimenti, come detto, non sussiste violazione delle norme dell’ordinamento militare richiamate da parte appellante perché queste prevedono convenzioni stipulate direttamente con docenti universitari e dunque non riguardano il caso di specie ossia di convenzione stipulata con l’Università.
Infondata è inoltre la censura secondo cui la convenzione deve essere stipulata dal Comandante e non dal Ministero della Difesa, considerando che la convenzione è stata in effetti sottoscritta dal Comandante.
Né possono essere lamentate disparità di trattamento, considerando che l’Università ha applicato il regime retributivo in questione a tutti i ricercatori a tempo indeterminato in modo uniforme (come da regolamento adottato con D.R. n° 846/2015) e che l’appellante, quale ricercatore a tempo indeterminato, non è assimilabile alla figura dei professori ordinari ed associati.ai quali la legge riconosce un diverso status giuridico.
La generica indicazione che le somme saranno destinate al personale docente, contenuta nella convenzione, non evidenzia illegittimità, considerando che le somme eccedenti la retribuzione individuale sono state comunque accantonate a favore del ricercatore per lo svolgimento di attività di ricerca.
Non sussistono violazioni delle norme sulla partecipazione al procedimento in quanto, in ragione della necessaria applicazione del regolamento adottato con D.R. n° 846/2015 il coinvolgimento dell’interessato nel procedimento non avrebbe potuto condurre ad esiti diversi.
È infondato il motivo d’appello secondo cui la delibera del Dipartimento di Studi Giuridici del 20 aprile 2020 avrebbe disposto per le attività didattiche a partire dalla programmazione 2020-21, onde non poteva applicarsi a quelle precedenti.
Infatti la determinazione della retribuzione aggiuntiva ha la sua fonte nella norma del Regolamento sulla retribuzione aggiuntiva dei ricercatori del 2015.
Inoltre la stessa sopra citata delibera del DSG del 20 aprile 2020 non smentisce le modalità di calcolo stipendiale effettuate dall’Amministrazione in quanto ha previsto quanto segue:
“Per quanto riguarda i ricercatori a tempo indeterminato, l’affidamento a titolo retribuito, di corsi di insegnamento e moduli nei corsi di laurea triennali, magistrali e magistrali a ciclo unico è disciplinato dal “Regolamento per l’attribuzione della retribuzione aggiuntiva dei ricercatori a tempo indeterminato” (D.R. 846/2015) a cui deve farsi riferimento per tale disciplina. Tenuto conto che l’importo per la retribuzione aggiuntiva da corrispondere è definito annualmente dal Consiglio d’Amministrazione e che con circolare n. 33/2019 (prot. 236618 del 16/12/2019) a decorrere dall’anno accademico 2019/20 è pari a 30 euro lordo percipiente (39,81 euro lordo amministrazione) per ogni ora di didattica frontale, l’importo spettante a tali ricercatori nell’ambito della convenzione in parola, verrà attribuito sotto forma di contributo di ricerca da stanziare sul bilancio del Dipartimento, pari alla differenza con il compenso orario previsto dalla convenzione”.
L’appello è parimenti infondato nella parte in cui è impugnato il parere espresso dal Comitato Tecnico-Amministrativo ai sensi dell’art. 49 dello Statuto di Ateneo, e per esso l’omessa decisione del reclamo presentato dal ricorrente.
Infatti l’infondatezza del ricorso proposto avverso gli atti impugnati determina l’infondatezza del reclamo proposto avverso gli atti medesimi.
L’appello è in conclusione infondato.
Come in primo grado, le spese dell’appello possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese dell’appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE OMISSIS
IL PRESIDENTE OMISSIS
Pubblicato il 26 novembre 2024