REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale OMISSIS proposto da
ROSSI, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio OMISSIS;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
Università OMISSIS, in persona del Rettore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio OMISSIS;
per l’accertamento,
la declaratoria e la conseguente condanna della Università OMISSIS, in persona del Magnifico Rettore, nonché del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro, in solido, ovvero ciascuno per quanto di rispettiva competenza, al risarcimento del danno e comunque all’indennizzo dovuto al ricorrente in dipendenza del riconoscimento ex post della sua preesistente idoneità, quantomeno a far data dall’a.a. 2011/2012, a ricoprire l’incarico di professore associato presso la Facoltà OMISSIS degli Atenei italiani per il settore Scientifico-Disciplinare OMISSIS.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Università OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2025 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 12 febbraio 2019 e depositato in Segreteria in data 21 febbraio 2019, Michele Rinaldi adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, onde ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
Esponeva in fatto che, con decreto rettorale prot. n. OMISSIS del 27 giugno 2008, l’Università resistente indiceva una procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore associato presso la Facoltà OMISSIS dell’Ateneo per il settore scientifico disciplinare OMISSIS, prevedendo di individuare non più di due candidati idonei.
Tale procedura – cui partecipava il ricorrente – si concludeva con l’individuazione di BIANCHI e VERDI a quali candidati idonei.
Le conseguenti determinazioni provvedimentali venivano impugnate dall’odierno ricorrente innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale (R.G. OMISSIS), che, con sentenza n. OMISSIS del 2016, così statuiva: “Nel caso in esame, nonostante la Commissione abbia specificato i criteri e le modalità di valutazione anche con riferimento specifico alle pubblicazioni scientifiche, non risultano, invece, oggettivi elementi di raffronto tra i vari giudizi espressi nei confronti dei singoli candidati, tanto da doversi ritenere i medesimi viziati da difetto di ragionevolezza. I giudizi individuali debbono, in altri termini, poter essere raffrontati secondo parametri omogenei, che facciano emergere immediatamente una scala di valori. In tal senso sarà adeguatamente sorretta la scelta corrispondente a tale scala. Diversamente è da ritenersi illogica e censurabile, in termini di correttezza e congruità, la valutazione che non rispecchia tale scala o peggio ancora che, come nel caso in esame, non è dato comprendere se sia stata effettuata secondo parametri omogenei. In tal senso il Collegio ritiene che la Commissione, a fronte di criteri che essa stessa ha esplicitato al momento della riunione preliminare, si sia dai medesimi discostata formulando giudizi collegiali sintomatici di contraddittorietà e inadeguatezza della motivazione. 11.3. – Infondate si presentano, invece, le ulteriori censure di cui al terzo motivo di ricorso (con le quale si contesta l’attività valutativa della commissione di concorso con riferimento alla valutazione delle prove didattiche dei vari candidati risultati idonei), per la tranciante considerazione del carattere fortemente discrezionale della valutazione della Commissione. Non è infatti ammesso il sindacato sul merito delle relative valutazioni, censurabili esclusivamente, sul piano della legittimità, per vizi logici che non si riscontrano sul punto dalla documentazione prodotta in giudizio e che non sono comunque atti a configurare il vizio di eccesso di potere. 12. – Il ricorso deve, pertanto, essere accolto nella parte riguardante il giudizio di inidoneità espresso nei confronti del ricorrente e di idoneità reso in favore dei controinteressati BIANCHI e VERDI, con conseguente annullamento degli atti della procedura che li riguardano e degli intervenuti provvedimenti di nomina. 13. – L’effetto caducante derivante dall’annullamento della individuazione di idoneità (su cui il Collegio si è sopra soffermato – v. n. 10.2 -), travolge i successivi provvedimenti gravati con motivi aggiunti, rendendo superfluo ogni approfondimento sulla ammissibilità di quest’ultimi. 14. – Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo”.
Tale decisione veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato (R.G. OMISSIS da BIANCHI e VERDI e, in via incidentale – relativamente ad un solo motivo di ricorso respinto – anche dal ricorrente.
Con sentenza n. OMISSIS del 2017, venivano respinti gli appelli principali e veniva accolta l’impugnativa incidentale, relativa al terzo motivo di ricorso introduttivo.
In particolare, il Consiglio di Stato riteneva che: “Dunque, la commissione – per l’odierna appellante e per l’originario ricorrente – avrebbe dovuto valutare l’adeguatezza temporale della continuità della produzione scientifica e la meritevolezza delle opere di tale produzione in funzione degli indici di impact factor delle fonti editoriali in cui tali opere erano state pubblicate. 15. Risulta peraltro fondata la censura di cui al terzo motivo dell’originario ricorso (come riproposta dall’interessato), secondo cui il TAR non ha esaminato la censura sulla prova pratica di didattica sostenuta dall’odierna appellante, in sostanza astenendosi da un proprio giudizio in nome della insindacabilità della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione. L’originario ricorrente aveva censurato il fatto che la lectio dell’odierna appellante era durata sensibilmente meno del tempo prestabilito e che, a fronte di ciò, la commissione giudicatrice non aveva ritenuto di esprimersi in termini negativi, nonostante il fatto che la stessa avesse ripreso tutti i candidati che non si erano attenuti al vincolo di ‘riempire’ con la loro lectio tutto il tempo per essa previsto. La commissione giudicatrice si sarebbe dovuta esprimere sul rilievo o meno di tale circostanza oggettiva. La prova didattica non vale soltanto a dimostrare (sul piano pratico) la preparazione del docente (che, pur esibendosi in simulazione, comunque è tenuto ad esprimersi a livelli professionalmente adeguati): se così fosse, dovrebbero considerarsi più meritevoli coloro che riuscissero ad insegnare ‘di più nel minor tempo possibile’. Piuttosto, nel quadro della simulazione tipica di una prova di didattica, il merito va anche apprezzato in funzione della capacità del docente di impiegare non meno del tempo strettamente previsto per tale prova. Si deve tener conto del fatto che i docenti – passati dalla simulazione alla realtà, dopo essere stati nominati professori – in linea di principio devono effettivamente svolgere la c.d. ‘ora di lezione’. Ne consegue che il merito dell’aspirante professore deve essere anche valutato in funzione della sua dimostrata capacità di insegnare adeguatamente, per tutto il tempo previsto dallo schema didattico istituzionalmente prestabilito. 16. Si deve allora concludere nel senso che vanno confermate le statuizioni del TAR, con la precisazione che l’Università, con una commissione giudicatrice in diversa composizione, deve nuovamente sottoporre a valutazione l’odierna appellante e l’originario ricorrente, con atti sindacabili in sede di legittimità. Tenuto conto dell’esito complessivo della causa, ricorrono giustificati motivi per disporre la compensazione integrale del secondo grado del giudizio”.
Rappresentava il ricorrente, dunque, che, in ossequio alle statuizioni del Consiglio di Stato, l’Università OMISSIS, con decreto rettorale n. OMISSIS del 20 ottobre 2017, disponeva, tra l’altro, l’avvio delle operazioni volte alla ricostituzione, ai sensi del d.P.R. n. 117/2000, della Commissione giudicatrice della procedura di valutazione comparativa in questione, per un nuovo completamento della stessa, riservata ai due soli candidati VERDI e ROSSI.
Con ulteriore decreto n. OMISSIS, prot. n. OMISSIS del 29.3.2018, si procedeva alla nomina della nuova Commissione giudicatrice.
All’esito delle nuove valutazioni, l’Ateneo, con decreto rettorale n. OMISSIS dell’8 ottobre 2018, approvava gli atti della procedura di valutazione comparativa per la copertura di n. 1 posto di professore associato per il settore scientifico disciplinare OMISSIS presso il Dipartimento di OMISSIS della Università, attestando che “Dagli atti della procedura, di cui all’art. 1 del presente Decreto Rettorale, risulta che i candidati, in ordine alfabetico, proff. VERDI e ROSSI sono stati dichiarati dalla Commissione giudicatrice entrambi idonei a ricoprire n. 1 posto di professore associato di questa Università per il Settore Scientifico-Disciplinare OMISSISpresso il Dipartimento di OMISSIS dell’Università OMISSIS”.
In considerazione di tali favorevoli esiti giudiziari e provvedimentali, il ricorrente invocava sub iudice il risarcimento del danno in dipendenza del riconoscimento ex post della sua “preesistente” idoneità.
In data 22 marzo 2019 si costituiva in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, per il tramite dell’Avvocatura distrettuale dello Stato.
In data 9 aprile 2019 si costituiva in giudizio l’Università OMISSIS eccependo: l’irricevibilità del ricorso per tardività nonché: “A) inammissibilità e/o infondatezza dell’azione risarcitoria per l’interesse legittimo pretensivo fatto valere; B) infondatezza per mancata indicazione ed offerta di prova della perdita in concreto della chance di divenire professore associato; C) infondatezza per insussistenza di tutti gli elementi richiesti per ottenere il risarcimento del danno; D) in subordine, quantificazione errata ed eccessiva dell’importo dei danni”.
Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2025, previo scambio di memorie e udite le parti come da verbale, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, il ricorso è infondato e, pertanto, non può essere accolto.
Le eccezioni sollevate dall’Università resistente sono, invero, integralmente condivisibili.
In rito, la decisione sull’eccezione di tardività del ricorso, pur essendo fondata – rilevandosi la proposizione del ricorso oltre il termine di cui all’art. 30 c.p.a. – può essere tuttavia tralasciata in considerazione dell’evidente infondatezza nel merito della domanda.
Secondo l’asserto defensionale del ricorrente, lo stesso avrebbe subito un pregiudizio dovuto – in sostanza – a attività provvedimentale amministrativa illegittima, per come annullata dal Giudice amministrativo.
Inter alia, all’esito di un giudizio conclusosi con sentenza del Consiglio di Stato n. OMISSIS del 2017 veniva definitivamente accertata l’illegittimità dei provvedimenti adottati dall’Università resistente, con i quali lo stesso ricorrente non veniva ritenuto idoneo a ricoprire il ruolo di professore associato presso la Facoltà di OMISSIS dell’Ateneo per il settore scientifico disciplinare OMISSIS.
Da ciò, insorgeva chiedendo il ristoro dei danni subiti in conseguenza di tale attività amministrativa, nella specie a titolo di differenziale stipendiale – tra l’emolumento relativo al ruolo ricoperto da ricercatore universitario e quello riservato ai professori associati, qualifica quest’ultima, in tesi, preclusagli in conseguenza dell’illegittimità della procedura amministrativa espletata – nonché sotto forma di perdita di chance, atteso che l’idoneità non conseguita gli avrebbe impedito di far parte del novero dei soggetti eleggibili a destinatari delle chiamate in ruolo.
Le argomentazioni addotte sono infondate.
Prioritariamente, si rileva la genericità del ricorso, non risultando opportunamente suffragati tutti gli elementi oggettivi e soggettivi in tema di responsabilità aquiliana (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso); il risarcimento del danno, infatti, come da consolidato orientamento in materia, non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo.
Nella specie, sul piano del pregiudizio patrimoniale le quantificazioni contenute in ricorso si presentato come sostanzialmente arbitrarie – ove si legge che il ristoro spettante potrebbe essere “prudenzialmente” quantificato in € 272.000,00 – non risultando comprovate le basi di calcolo effettivamente adoperate.
Ed infatti, relativamente al citato differenziale stipendiale veniva omessa un’analitica prova circa gli emolumenti effettivamente conseguiti dal ricorrente – la cui percezione è di per sé stessa affermata – dall’attività medio tempore svolta, ossia dell’aliunde perceptum.
Deve considerarsi, infatti, che “la reintegrazione patrimoniale deve essere diminuita del cd. aliunde perceptum, cioè di quanto percepito altrove, vale a dire di guadagni per retribuzioni corrisposte da altri o per attività comunque lucrative, in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno” (Cons. Stato, Sez. VII, 15 luglio 2022, n. 6038).
Cosicché, una determinazione ambigua e sguarnita di prova concreta in ordine a tale valore non può che riverberarsi sull’onus probandi – tra gli altri – del pregiudizio patrimoniale invocato, quale elemento costitutivo (inter alia) dell’azione risarcitoria esperita.
In merito al risarcimento del danno da perdita di chance, come correttamente eccepito dalla difesa dell’Amministrazione resistente, manca una consistenza probabilistica adeguata su quella che sarebbe stata la chance perduta dal ricorrente, potendosi riconoscere un risarcimento a tale titolo “solo se la chance abbia effettivamente raggiunto un’apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule ‘probabilità seria e concreta’ o anche ‘elevata probabilità’, di conseguire il bene della vita sperato” (Cons. Stato, Sez. VII, 20 settembre 2024 n. 7703).
Mette conto evidenziare, poi, che il risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della P.A. e che il procedimento, in base ad un criterio di normalità, si sarebbe concluso con esito favorevole per il pretendente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11 dicembre 2020, n. 7622).
Nel caso in esame, a ben vedere, dall’annullamento conseguito nel contenzioso svoltosi, se è dato constatare che la Commissione giudicatrice abbia sì formulato giudizi sintomatici di contraddittorietà e inadeguati sotto il profilo motivazionale, non risulta, parimenti evidente che correttamente operando, il procedimento amministrativo – caratterizzato, inoltre, da valutazioni tecnico discrezionali – avrebbe condotto alla certa idoneità del ricorrente.
D’altronde, il giudizio di idoneità conseguito in sede di riesercizio del potere, a distanza di diversi anni, non può che rivestire carattere rebus sic stantibus, ossia limitato alle nuove attività valutative, non già a quelle di cui al concorso illo tempore svolto.
In conclusione, per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere respinto, dovendosi, peraltro, considerare che le lacune probatorie non sono suscettive di essere colmate per iniziativa del Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe, posto che, con riguardo a tali azioni, il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento: quest’ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l’asimmetria informativa tra Amministrazione e privato, la quale contraddistingue l’esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell’azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del principio dispositivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 15 novembre 2023, n. 9796).
Da ultimo, tenuto conto della peculiarità del caso trattato, si ritengono sussistenti i presupposti di legge per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Consigliere