Cons. Stato, Sez. VII, 21 marzo 2025, n. 2349

I RtdA devono essere in servizio presso l'Ateneo per accedere alla procedura di cui all’art. 24, comma 5, Legge n. 240/2010

Data Documento: 2025-03-21
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

I RtdA devono essere in servizio presso l’Ateneo per accedere alla procedura di cui all’art. 24, comma 5, Legge n. 240/2010.

Contenuto sentenza

02349/2025REG.PROV.COLL.

02767/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2767 del 2024, proposto da:
Università del Salento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

OMISSIS, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione seconda, n. 1359 del 2023.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il consigliere Laura Marzano;

Nessuno presente per le parti nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2025;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. L’Università del Salento ha impugnato la sentenza del Tar Puglia, sede staccata di Lecce, n. 1359 del 7 dicembre 2023, con cui è stato parzialmente accolto il ricorso proposto da OMISSIS, già ricercatore a tempo determinato di tipo A di cui all’art. 24, comma 3, l. 240 del 2010 (nella versione vigente ratione temporis), confermato per ulteriori due anni, per l’accertamento del suo diritto ad essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore e ad essere sottoposto alla procedura di valutazione di cui all’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010.

L’appellato non si è costituito nel presente grado di giudizio.

Con ordinanza n. 10312 del 23 dicembre 2024 è stata disposta l’acquisizione agli atti del giudizio di una relazione dell’amministrazione appellante con la quale si chiarisca se, nelle more del contenzioso, l’appellato abbia rivolto istanze finalizzate alla valutazione per l’immissione in ruolo come professore di seconda fascia.

L’amministrazione ha adempiuto all’incombente con nota depositata il 29 gennaio 2025.

A seguire l’università ha depositato memoria conclusiva eccependo l’inammissibilità del ricorso e insistendo nelle proprie richieste.

All’udienza pubblica del 18 marzo 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

  1. In primo grado il ricorrente ha chiesto al Tar di accertare il proprio diritto ad essere assunto a tempo indeterminato come ricercatore, nonché ad essere sottoposto alla procedura di valutazione di cui all’art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010.

La pronuncia di accoglimento del Tar si basa sulla statuizione della Corte di giustizia europea C/2022/985/17 del 15 dicembre 2022 la quale, nel ritenere complessivamente conforme al diritto europeo la normativa interna in subiecta materia con riferimento ai quesiti alla stessa formulati, ha affermato – con ciò condividendo le doglianze degli appellanti del giudizio a quo relative alla disparità di trattamento sotto il profilo della parità di accesso alla procedura di valutazione per la chiamata di ruolo quale professore associato – che «la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale secondo la quale i ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato hanno la possibilità, qualora abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, di essere sottoposti ad un’apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, mentre tale possibilità è negata ai ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo determinato, anche qualora essi abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, nel caso in cui questi ultimi svolgano le stesse attività professionali e forniscano agli studenti gli stessi servizi di didattica dei ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato».

Il Tar quindi ha affermato che il comma 5 dell’art. 24 della l. n. 240 del 2010 deve essere disapplicato nella parte in cui riconosce ai soli ricercatori a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. b), che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale ex art. 16 della medesima legge, il diritto di essere sottoposti, alla scadenza del contratto, ad un’apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, senza attribuire analogo diritto ai ricercatori a tempo determinato di cui all’art. 24, comma 3, lett. a), in possesso della medesima abilitazione scientifica nazionale.

Quindi, non avendo l’amministrazione in alcun modo contestato il fatto che il ricorrente ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale all’esercizio delle funzioni di professore di seconda fascia in data 26 aprile 2021, ne ha riconosciuto il diritto ad essere sottoposto alla predetta procedura di valutazione, in quanto ricercatore a tempo determinato, con contratto stipulato a norma dell’art. 24 comma 3, lett. a) della l. n. 240 del 2010.

  1. L’amministrazione, nell’appellare, ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse in quanto il dott. OMISSIS, in data 13 novembre 2021 (prima dello scadere della proroga biennale del contratto quale ricercatore a tempo determinato di tipo A e dopo la notifica del ricorso innanzi al Tar del 23 marzo 2021) è cessato dal servizio per dimissioni volontarie, presentate in data 14 ottobre 2021, in quanto vincitore di un concorso pubblico indetto dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) della Puglia e attualmente non riveste alcuna posizione presso l’Ateneo.

Non sussisterebbe pertanto alcun interesse al ricorso introduttivo dato che non è riscontrabile alcuna continuità tra la sua attività di ricercatore e la pretesa valutazione, che, come richiede la norma per i ricercatori a tempo determinato di tipo b), si svolge “nel corso” della durata del contratto e comporta, se con esito positivo, l’inquadramento del ricercatore nel ruolo dei professori associati alla scadenza del contratto.

Nel merito segnala due profili di erroneità della sentenza, uno di fatto, ricollegato ai profili di inammissibilità eccepiti, e uno di diritto.

1) Premesso che l’art. 24, comma 5, della legge n. 240 del 2010, nel testo previgente, stabilisce che «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di contratto di cui al comma 3, lettera b), l’università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 16, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera e). In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori associati», osserva:

– innanzitutto il dott. OMISSIS è cessato dal servizio presso l’università del Salento dal 13 novembre 2021, sicchè mancherebbe la continuità tra la sua attività di ricercatore e la pretesa valutazione, che, come richiede la norma si svolge “nel corso” della durata del contratto e comporta, se con esito positivo, l’inquadramento del ricercatore nel ruolo dei professori associati alla scadenza del contratto, circostanza questa non apprezzata nel giudizio di I grado;

– in ogni caso la valutazione dell’università deve essere effettuata nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, profilo di cui deve tenersi conto prima di affermare il “diritto” del ricercatore di essere sottoposto alla procedura valutativa, viceversa riconosciuto sic et simpliciter dal Tar.

2) Alla luce della sentenza della Corte di giustizia C/2022/985/17 del 15 dicembre del 2022, emessa nelle cause riunite C-40/20 e C-173/20, l’eventuale disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato, e quindi tra ricercatori a tempo determinato di tipo A e di tipo B – ai fini, ad es., dell’estensibilità ai primi del diritto dei secondi, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, di essere sottoposti all’apposita procedura di valutazione per la chiamata nel ruolo dei professori associati, di cui all’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010 – non rientrerebbe in detta clausola 4: alla stregua dei punti 96 e 97 della sentenza, «la clausola 4 dell’accordo quadro riguarda solo le discriminazioni tra i lavoratori che hanno stipulato contratti di lavoro a tempo determinato e quelli che hanno stipulato contratti di lavoro a tempi indeterminato e che lavorano nello stesso settore. Un’eventuale disparità di trattamento tra due categorie di lavoratori a tempo determinato e quindi, come nei procedimenti principali, tra i ricercatori che hanno stipulato contratti di tipo A e quelli che hanno stipulato contratti di tipo B non rientra nell’ambito di applicazione di detta clausola 4».

Inoltre secondo la Corte «spetta unicamente al giudice nazionale determinare se i ricercatori che hanno stipulato un contratto di tipo A si trovino in una situazione comparabile a quella dei ricercatori che hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato», tenendo conto di tutta una serie di elementi pure indicati ed ovvero: occorre stabilire, in conformità alle clausole 3, punto 2, e 4, punto 1, dell’Accordo quadro «se, tenuto conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego, si possa ritenere che tali persone si trovino in una situazione comparabile».

Quindi il nodo fondamentale, sottolineato dalla Corte di giustizia, rimarrebbe la verifica della comparabilità giuridico-fattuale tra ricercatori a tempo indeterminato e ricercatori a tempo determinato ma non anche fra categorie di ricercatori a tempo determinato, che si connotano in modo differente sia per modalità di accesso sia per impegno.

  1. L’appello deve essere accolto stante la fondatezza del primo assorbente motivo.

È infatti dirimente la circostanza in fatto, del tutto obliterata dal Tar, che il dott. OMISSIS, quantunque dopo la proposizione del ricorso di primo grado, ha cessato di essere ricercatore all’università del Salento a far data dal 13 novembre 2021 per dimissioni volontarie rassegnate in data 14 ottobre 2021: egli infatti si è dimesso in quanto vincitore di un concorso pubblico indetto da Arpa Puglia, come confermato nella nota dell’università depositata in riscontro all’incombente istruttorio, in cui si precisa che alla data del 29 gennaio 2025 il dott. OMISSIS non ha fatto pervenire alcuna comunicazione e/o istanza in merito all’esecuzione della sentenza del Tar Puglia, sezione di Lecce, n. 1359 del 2023 o comunque ai fini della valutazione per l’immissione in ruolo come professore di seconda fascia.

Ne discende che la disciplina invocata, nella lettura datane dalla Corte di giustizia, non è più applicabile al caso di specie perché è venuto meno il presupposto del contratto in corso, nell’ambito del quale l’università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l’abilitazione scientifica, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, alla cui scadenza, in caso di esito positivo, il ricercatore può essere inquadrato nel ruolo dei professori associati.

Si tratta di una circostanza di fatto non considerata dal Tar, la cui sentenza, che si limita all’affermazione di principi senza tener conto del caso concreto, va, pertanto, riformata.

È fondata anche l’ulteriore censura formulata dall’amministrazione con il primo motivo.

Invero il Tar ha affermato il “diritto” del ricorrente «ad essere sottoposto alla predetta procedura di valutazione, in quanto ricercatore a tempo determinato, con contratto stipulato a norma dell’art. 24 comma 3, lett. a) della L. n. 240/2010».

Tuttavia la sentenza impugnata ha omesso di considerare che la norma citata subordina la invocata procedura di valutazione alla preventiva ricognizione, da parte dell’Ateneo, «delle risorse disponibili per la programmazione».

Ne discende che, quand’anche perdurasse la sussistenza dei presupposti di fatto (cosa che non è), il presunto “diritto” del ricorrente in primo grado sarebbe stato non assoluto, bensì subordinato alla disponibilità di risorse nell’ambito della programmazione, la cui positiva verifica, di competenza esclusiva dello stesso Ateneo, non risulta essere stata neanche indagata dal Tar.

La fondatezza delle censure formulate con il primo motivo esime il Collegio dall’esaminare le argomentazioni di carattere generale prospettate con il secondo motivo.

Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso introduttivo deve essere dichiarato improcedibile.

  1. In considerazione della novità delle questioni trattate, si può disporre l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione settima, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2025, con l’intervento dei magistrati:

OMISSIS, Presidente FF

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere

OMISSIS, Consigliere, Estensore

OMISSIS, Consigliere

Pubblicato il 21 marzo 2025