Ai fini di una contestazione disciplinare è necessaria una notizia “circostanziata” dell’illecito ovvero una conoscenza certa, da parte dei titolari dell’azione disciplinare, di tutti gli elementi costitutivi dello stesso.
Cons. Stato, Sez. VII, 17 aprile 2025, n. 3385
Necessità di una notizia "circostanziata" dell'illecito ovvero di una conoscenza certa, da parte dei titolari dell'azione disciplinare, di tutti gli elementi costitutivi dello stesso per formulare una contestazione disciplinare
03385/2025REG.PROV.COLL.
03435/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3435 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pusiano, 10;
contro
Università degli Studi Roma La Sapienza, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Roma La Sapienza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2025 il Cons. OMISSIS;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’originario ricorso l’odierno appellante impugnava il provvedimento di sospensione disciplinare per nove mesi dall’ufficio e dallo stipendio, emesso dall’Università degli Studi Roma La Sapienza, conseguente all’assunzione del ruolo di amministratore unico della -OMISSIS-, in violazione delle norme sullo status di professore universitario, e del ruolo di componente del consiglio direttivo del -OMISSIS- -OMISSIS-, in violazione del regime di tempo pieno e in assenza di autorizzazione.
Con decreto cautelare il Presidente della competente Sezione del Tar accoglieva la richiesta di misura cautelare monocratica disponendo il deposito di tutta la documentazione inerente il procedimento disciplinare che non risultasse ancora agli atti, ivi compreso il parere del collegio di disciplina del -OMISSIS-.
All’esito della camera di consiglio -OMISSIS-, fissata per l’esame della domanda cautelare in sede collegiale, il Tribunale respingeva la domanda di sospensione degli atti impugnati.
Il ricorrente ha quindi proposto motivi aggiunti, impugnando il verbale del collegio di disciplina del -OMISSIS- del -OMISSIS-, contenente il prescritto parere vincolante.
Con la sentenza in questa sede impugnata il Tar Lazio ha respinto il ricorso sul rilievo che l’intervenuta produzione del verbale del collegio di disciplina nel fascicolo del giudizio superava l’eccezione di difetto assoluto di motivazione. Il Tar ha, inoltre, respinto l’eccezione di tardività dell’azione disciplinare e la violazione del ne bis in idem per la pendenza innanzi al medesimo Tar di altro procedimento disciplinare per i medesimi fatti.
Appellata ritualmente la sentenza resiste l’Università La Sapienza.
All’udienza del 25 febbraio 2025 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Con il primo motivo di ricorso e dei motivi aggiunti, riproposti in appello, l’appellante contestava la violazione di legge in relazione alla legge 241/90 ed all’art.97 Cost. Difetto assoluto di motivazione in relazione alla mancata comunicazione della decisione del collegio di disciplina e del verbale che poi era richiamato nel provvedimento finale.
La censura non è fondata.
1.1. Con “avviso di avvio del procedimento disciplinare” del -OMISSIS- il delegato della Rettrice per i procedimenti disciplinari contro i docenti comunicava al prof. -OMISSIS- che in data -OMISSIS- era pervenuta una segnalazione inviata dal Direttore dell’Area affari Legali dell’Università nella quale si riferiva che nel corso di ricerche -OMISSIS-relativo alla sentenza della Corte dei Conti -OMISSIS- veniva effettuata una visura camerale da cui emergeva che lo stesso aveva ricoperto cariche sociali nella società -OMISSIS- e nel -OMISSIS-.
L’Ufficio, ritenendo che la sanzione da irrogare nei confronti del prof. -OMISSIS- non potesse limitarsi alla censura, ha inviato il procedimento al Collegio di disciplina (in base all’art. 5 comma 3 lettera c, del Regolamento di Ateneo per i procedimenti disciplinari nei confronti di professori e ricercatori). La nota assegnava al docente 7 gg per le controdeduzioni che il prof. -OMISSIS- faceva pervenire nei termini. L’incolpato nelle proprie controdeduzioni rilevava la tardività del procedimento sia da un punto di vista procedurale degli atti in esame, essendo ampiamente decorsi 30 gg. dalla asserita conoscenza dei fatti, sia in quanto l’Università era al corrente della vicenda fin dalle ispezioni della Guardia di Finanza -OMISSIS- e del supplemento di istruttoria compiuto da questa su richiesta del procuratore della Corte dei Conti, per essersi costituita in giudizio ad adiuvandum della posizione della Procura in data -OMISSIS- e di avere ricevuto la comunicazione ufficiale della sentenza in data -OMISSIS- e successivamente dell’atto di appello avverso la sentenza stessa.
Inoltre, con precedente procedimento disciplinare -OMISSIS- l’Università aveva già contestato, tra le altre questioni, “le prestazioni a favore di -OMISSIS-”.
In data -OMISSIS- veniva inviata dalla Presidente del Collegio di Disciplina una comunicazione – via raccomandata – nella quale si affermava che “il Collegio di Disciplina ha concluso -OMISSIS- le proprie attività”; non veniva allegato né il verbale né il parere espresso.
In data -OMISSIS- veniva notificato –a mezzo pec – il Decreto della Rettrice -OMISSIS- con il quale si comminava la sanzione disciplinare della sospensione per nove mesi fissandone il periodo -OMISSIS-, il verbale del Consiglio di Amministrazione e una nota di trasmissione degli atti suddetti a firma del Capo del Settore Stato giuridico ed economico del Personale Docente.
Il provvedimento impugnato fa espresso riferimento al parere vincolante espresso all’unanimità dal Collegio di Disciplina ex art. 10 L. 240/2010, come precisato anche nelle premesse introduttive della delibera n. -OMISSIS- del Consiglio di Amministrazione trasmessa al Prof. -OMISSIS- in allegato al provvedimento sanzionatorio ma ad esso non è stato allegato né il verbale del Collegio di disciplina, né il parere vincolante espresso.
Il parere del Collegio di Disciplina, pertanto, non è stato comunicato al ricorrente ed è stato prodotto solo nel corso del primo grado di giudizio e successivamente impugnato con motivi aggiunti.
Tuttavia, l’art. 7 comma 7, del vigente Regolamento di Ateneo prevede che il Collegio, formulata la decisione, ne dia notizia all’incolpato, il che è avvenuto con la trasmissione della citata nota prot. n. -OMISSIS-, nella quale si rinvia, per le successive fasi, al competente Ufficio “per informazioni ed esigenze documentali”.
Poiché al docente sottoposto a procedimento disciplinare o, su sua espressa delega al difensore, è certamente consentito l’accesso a tutti gli atti istruttori riguardanti il procedimento stesso il ricorrente non può dolersi della mancata conoscenza di provvedimenti, la cui comunicazione non è espressamente prevista da norme primarie o regolamentari, che non risultano nemmeno essere stati richiesti all’Amministrazione procedente.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso e dei motivi aggiunti, integralmente richiamati in appello, l’appellante contesta la tardività dell’azione disciplinare per violazione di legge in relazione all’art. 10 della legge 240/10 e del Regolamento di Ateneo DR. n.662/ del 2 marzo 2015 e successive modifiche (DR n..438/2020) art. 5 comma 4 e art. 7 comma 7; Eccesso di potere per sviamento e Violazione dell’art. 97 Cost.
Evidenzia che la circostanza che il prof. -OMISSIS- svolgesse le funzioni di amministratore della società -OMISSIS- era ben noto sia all’avvocatura universitaria che al delegato del Rettore da molti anni e sicuramente dalla comunicazione ufficiale da parte della Corte dei Conti alla Rettrice, nel domicilio eletto presso i suoi avvocati, in data -OMISSIS-, della sentenza n.-OMISSIS- sull’accertamento di danno erariale, sentenza nella quale la questione della soc. -OMISSIS- veniva non trattata incidentalmente come assunto dal Tar, ma sviscerata in tutti i suoi aspetti.
Inoltre per gli stessi fatti era già stata avviata, già -OMISSIS- una analoga azione disciplinare.
2.2. La censura è parzialmente fondata con riferimento alle cariche sociali occupate all’interno Soc. -OMISSIS-
Ai sensi dell’art. 10, L. n. 240 del 2010: 1 Presso ogni università è istituito un collegio di disciplina, composto esclusivamente da professori universitari in regime di tempo pieno e da ricercatori a tempo indeterminato in regime di tempo pieno, secondo modalità definite dallo statuto, competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere in merito parere conclusivo. Il collegio opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio. La partecipazione al collegio di disciplina non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.
“2. L’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore che, per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall’articolo 87 del T.U. delle leggi sull’istruzione superiore di cui al R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, entro trenta giorni dal momento della conoscenza dei fatti, trasmette gli atti al collegio di disciplina, formulando motivata proposta;
- Il collegio di disciplina, uditi il rettore ovvero un suo delegato, nonché il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia, entro trenta giorni esprime parere sulla proposta avanzata dal rettore sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare e trasmette gli atti al consiglio di amministrazione per l’assunzione delle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al collegio resta disciplinato dalla normativa vigente;
- Entro trenta giorni dalla ricezione del parere, il consiglio di amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge la sanzione ovvero dispone l’archiviazione del procedimento, conformemente al parere vincolante espresso dal collegio di disciplina;5. Il procedimento si estingue
ove la decisione di cui al comma 4 non intervenga nel termine di centottanta giorni dalla data di avvio del procedimento stesso. Il termine è sospeso fino alla ricostituzione del collegio di disciplina ovvero del consiglio di amministrazione nel caso in cui siano in corso le operazioni preordinate alla formazione dello stesso che ne impediscono il regolare funzionamento. Il termine è altresì sospeso, per non più di due volte e per un periodo non superiore a sessanta giorni in relazione a ciascuna sospensione, ove il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o documenti per motivi istruttori. Il rettore è tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie avanzate dal collegio”.
Ne deriva che, essendo per legge “organo titolare del potere di esercizio dell’azione disciplinare” il Rettore – ovvero, in base allo Statuto e al Reg. di Ateneo, il suo Delegato – è solo dal momento in cui questi o il suo delegato ha avuto conoscenza dei fatti che può iniziare a decorrere il termine in questione.
Il concetto giuridico di conoscenza, si sostanzia di due fondamentali elementi: l’esistenza di una notizia soggettivamente ed oggettivamente qualificata in quanto pervenuta nella disponibilità dell’Organo preposto istituzionalmente all’avvio del procedimento disciplinare, e l’esistenza di una notizia il più possibile circostanziata, sia ai fini del consapevole esercizio dell’azione disciplinare da parte del suddetto organo, sia nell’interesse dell’incolpato al fine di garantirgli il pieno esercizio del diritto di difesa.
Deve con ciò ribadirsi il principio generale seguito dalla giurisprudenza amministrativa in tema di addebiti disciplinari, e cioè che la formulazione dell’avviso di avvio procedimentale può richiedere integrazioni successive dopo la prima notizia, al fine di pervenire alla redazione del medesimo avviso in termini il più possibile articolati, con un sufficiente grado di completezza, chiarezza e coerenza.
Solo dal momento della chiara e precisa conoscenza dei fatti posti alla base dell’addebito è infatti possibile far decorrere il termine previsto di 30 giorni, perché, altrimenti, sarebbe impossibile apprezzare compiutamente i fatti e quindi l’opportunità di dar avvio o meno al procedimento disciplinare.
In tema di pubblico impiego contrattualizzato, ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la conclusione del procedimento disciplinare dall’acquisizione della notizia dell’infrazione (ex art. 55-bis, comma 4, del D.lgs. n. 165 del 2001), in conformità con il principio del giusto procedimento, come inteso dalla Corte Cost. (sentenza n. 310 del 5 novembre 2010), assume rilievo esclusivamente il momento in cui tale acquisizione, da parte dell’ufficio competente regolarmente investito del procedimento, riguardi una ‘notizia di infrazione’ di contenuto tale da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento disciplinare, nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell’addebito, dell’istruttoria e dell’adozione della sanzione (v. anche, Cass. 13 luglio 2020, n. 14886).
Un fatto è rilevante sul piano disciplinare soltanto se corredato da elementi narrativi e conoscitivi sufficientemente articolati, dettagliati e circostanziati in quanto “è a tutela dello stesso lavoratore evitare che vengano promosse iniziative disciplinari ancora prive di sufficienti dati conoscitivi; né risponde ad un’esigenza di economia ed efficienza dell’agire amministrativo l’apertura di procedimenti disciplinari in assenza di significativi elementi di riscontro della responsabilità” (Cass. n. 33236/2022).
Dunque, ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la contestazione dell’addebito dal D.lgs. n. 165 del 2001, art. 55-bis, comma 4, assume rilievo esclusivamente il momento in cui l’ufficio competente abbia acquisito una “notizia di infrazione” di contenuto tale da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento mediante la contestazione, la quale può essere ritenuta tardiva solo qualora la P.A. rimanga ingiustificatamente inerte, pur essendo in possesso degli elementi necessari per procedere, sicché il suddetto termine non può decorrere a fronte di una notizia che non consenta la formulazione dell’incolpazione e richieda accertamenti di carattere preliminare volti ad acquisire i dati necessari per circostanziare l’addebito (si v., Cass., n. 16706 del 2018).
E’ stato infatti ribadito il principio secondo cui ai fini di una contestazione disciplinare è necessaria una notizia “circostanziata” dell’illecito ovvero una conoscenza certa, da parte dei titolari dell’azione disciplinare, di tutti gli elementi costitutivi dello stesso (Cass. n. 9313/2021).
2.3. Tanto premesso osserva il Collegio che con l’avvio del procedimento disciplinare oggetto del presente giudizio il delegato del Rettore ha contestato al docente:
- di avere svolto e di svolgere, in contrasto con i doveri inerenti al suo status di docente, l’attività di amministratore presso la società di capitali -OMISSIS-, di cui detiene quote -OMISSIS- -OMISSIS-;
- di avere ricoperto la carica sociale di componente -OMISSIS-, anche in questo caso contravvenendo ai doveri inerenti al suo statusdi docente.
Tuttavia, la circostanza che il prof. -OMISSIS- svolgesse le funzioni di amministratore della società -OMISSIS- era nota sia all’avvocatura universitaria che al delegato del Rettore da molti anni e in particolare dalla comunicazione da parte della Corte dei Conti alla Rettrice, nel domicilio eletto presso i suoi avvocati, in data -OMISSIS-, della sentenza sull’accertamento di danno erariale, sentenza nella quale la questione della società -OMISSIS- veniva trattata approfonditamente.
Si osservi che l’Università La Sapienza aveva spiegato un intervento adesivo dipendente nel giudizio di responsabilità davanti la Corte dei conti ai danni del Prof. -OMISSIS-.
Dalla lettura integrale dei provvedimenti depositati agli atti di causa si evince che presupposti dell’addebito relativo alla vicenda -OMISSIS- emergesse per tabulas: a pag. 6 della sentenza si legge – “per lo svolgimento di incarichi ed attività libero professionali in assenza della previa autorizzazione dell’Ateneo, in violazione del combinato disposto dei commi 7 e 7 bis dell’art.53 del D.lgs. del 30 marzo 2001 n. 165 e s.m.i, oltreché delle norme che vietano al dipendente pubblico a tempo pieno di esercitare un’impresa, arte o professione e di essere titolare di partita IVA (di cui agli artt. 4,5 e 35 del D.P.R. n. 633/72; art. 60 del D.P.R. n.3/57; art. 11 del D.P.R. 382/80”; a pag.10 della sentenza si prosegue “In particolare rileva la previsione di cui all’art. 60 del D.P.R. n.3/57, che vieta al dipendente pubblico l’esercizio del commercio, industria, professione, l’assunzione di impieghi alle dipendenze di privati o di incarichi in società lucrative, norma confermata dall’art. 53, primo comma, del D.lgs. n. 165/01. Il successivo D.P.R. n. 382/80, all’art. 11, prevede, nello specifico, l’incompatibilità per i professori che hanno optato per il regime a tempo pieno con lo svolgimento di qualsiasi attività professionale e di consulenza esterna e con l’assunzione di qualsiasi incarico retribuito e con l’esercizio del commercio e dell’industria” per giungere alla condanna del prof. -OMISSIS- a pagina 18 “per -OMISSIS-, nella quale il convenuto ricopriva cariche sociali”, Ed ugualmente la vicenda era stata oggetto di esame anche nella sentenza di appello che a pagina 2 riassumendo i fatti dichiara: “In particolare, il dipendente, oltre a essere titolare di una ditta individuale e di partita IVA (dal 2007), avrebbe ricoperto la carica di Amministratore di una società privata (-OMISSIS-) e assunto in via continuativa incarichi senza l’assenso dell’Ente di appartenenza, con rilascio di più fatture, nel periodo -OMISSIS-. Per tali occupazioni, ritenute non ammissibili rispetto al regime di lavoro…”.
Inoltre, a dimostrazione della “piena conoscenza dei fatti” si osservi che con atto del -OMISSIS- il delegato del Rettore procedeva ad una contestazione disciplinare basata sui fatti contestati al prof. -OMISSIS- nella sentenza della Corte dei Conti (che si dice trasmessa all’Ufficio in data -OMISSIS-) e sul conseguente esame dei verbali della guardia di finanza (trasmessi su richiesta del delegato del rettore in data -OMISSIS-) Dal contenuto dei verbali si evince che la vicenda -OMISSIS- veniva esaminata e si afferma, da parte del delegato del Rettore, che dagli atti si deducono fatti che “appaiono di rilievo disciplinare tali da dare luogo ad accertamento autonomo da parte degli organi competenti”. Nell’elenco dei fatti contestati, infatti, si trovano, al punto c) le prestazioni a favore di -OMISSIS-.
In particolare con “avviso di avvio del procedimento disciplinare nei confronti del prof. -OMISSIS-” del -OMISSIS- (Prot. -OMISSIS-) il Delegato della Rettrice per i procedimenti disciplinari comunicava al prof. -OMISSIS- che in data-OMISSIS- l’Area Legale dell’Ateneo aveva trasmesso la sentenza della Corte dei Conti n. -OMISSIS- in un giudizio di responsabilità nei suoi confronti, che il successivo -OMISSIS- la stessa Area Legale aveva trasmesso una relazione della Guardia di Finanza concernente gli accertamenti compiuti nei confronti di numerosi docenti tra cui il prof. -OMISSIS- e che il -OMISSIS- aveva altresì trasmesso l’atto di citazione innanzi alla Corte dei Conti. Il delegato rilevava che i documenti trasmessi dall’Area Legale evidenziassero fatti di rilievo disciplinare e pertanto contestava al prof. -OMISSIS- di avere svolto attività professionali extra istituzionali retribuite, non autorizzate dall’amministrazione di appartenenza e, per quanto qui di interesse, prestazioni a favore di -OMISSIS-
Né la contestazione poteva essere riferita al solo fatto contabile, già oggetto di giudizio e di sentenza “restitutoria” da parte della Corte dei conti, e quindi è evidente che il procedimento e la relativa sanzione dovevano comprendere i fatti da un punto di vista amministrativo-disciplinare, in relazione all’incarico ricoperto presso la -OMISSIS-.
Si osservi inoltre che la condotta contestata era meramente formale, cioè l’avere ricoperto cariche sociali all’interno di una società di capitale, e che risultava documentalmente sicché non era necessaria alcuna attività istruttoria.
Quantomeno dalla data della contestazione disciplinare del -OMISSIS-, dunque, era stata acquisita una “notizia di infrazione” di contenuto tale da consentire all’Ufficio di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento disciplinare, nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell’addebito, dell’istruttoria e dell’adozione della sanzione (Cass., n. 7134 del 2017, n. 21193 del 2018).
La contestazione disciplinare di avere svolto e di svolgere, in contrasto con i doveri inerenti allo status di docente, l’attività di amministratore presso la società di capitali -OMISSIS- deve ritenersi, pertanto, tardiva.
2.5. Diversamente deve affermarsi con riferimento alla contestazione di avere ricoperto la carica sociale di componente -OMISSIS-, circostanza effettivamente conosciuta dall’organo disciplinare in data -OMISSIS- allorché era pervenuta la segnalazione inviata dal Direttore dell’Area affari Legali dell’Università nella quale si riferiva che era stata effettuata una visura camerale da cui emergeva che il Prof. -OMISSIS- aveva ricoperto cariche sociali nella società.
La condotta contestata è riconducibile alla violazione dell’art. 6 comma 9 della L. 240/2010 (“La posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l’esercizio del commercio e dell’industria fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, anche assumendo in tale ambito responsabilità formali, nei limiti temporali e secondo la disciplina in materia dell’ateneo di appartenenza, nel rispetto dei criteri definiti con regolamento adottato con decreto del Ministro ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400”).
La Corte costituzionale, nell’esaminare i regimi di incompatibilità previsti per i docenti universitari dalla L. 240/2010, che ha distinto, rispettivamente, tra attività totalmente incompatibili, attività liberamente esercitabili e attività consentite previa autorizzazione del rettore, ha qualificato le attività oggetto dell’art. 6, comma 9, della L. 240/2010, oggi in esame, come “attività extra-istituzionali incompatibili con la carriera universitaria” (Corte Cost. 3/2024) sicché il divieto di ricoprire cariche societarie non implica una valutazione sostanziale dell’attività in concreto svolta.
2.6. Il motivo di appello deve essere, pertanto, parzialmente accolto è la sanzione disciplinare annullata, rimettendosi all’Amministrazione di rideterminarla in relazione alla sola contestazione di avere ricoperto la carica sociale di componente del Consiglio Direttivo nella società-OMISSIS- per tardività della contestazione relativa all’attività di amministratore presso la società di capitali -OMISSIS-
- La trattazione del terzo e del quarto motivo con i quali si censura la duplicata contestazione degli stessi fatti disciplinari e la sproporzione della sanzione irrogata è assorbita.
In considerazione della particolarità della questione trattata, sussistono i presupposti per compensare tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie parzialmente il secondo motivo di appello con assorbimento della trattazione del terzo e del quarto e rigetto del primo e per l’effetto annulla la sanzione disciplinare rimettendo all’Amministrazione, di rideterminarla come in parte motiva.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE OMISSIS
IL PRESIDENTE OMISSIS
Pubblicato il 17 aprile 2025