Cons. Stato, Sez. VII, 12 maggio 2025, n. 4070

Nelle procedure di chiamata occorre valutare soprattutto la qualità delle competenze ed esperienze del candidato

Data Documento: 2025-05-12
Autorità Emanante: Consiglio di Stato
Area: Giurisprudenza
Massima

In tema di procedure di selezione per la chiamata di professioni universitari, il principio costituzionale del concorso pubblico non può infatti risolversi solo un meccanismo comparativo, meglio noto secondo la sociologia dell’organizzazione come “beauty contest”, mediante un giudizio quantitativo volto a stilare un’astratta graduatoria della maggiore bravura o conoscenza o delle più numerose esperienze acquisite in una più o meno lunga carriera previa analitica frammentazione dei titoli, delle conoscenze e delle competenze ma, al contrario, non può prescindere da una valutazione a 360 gradi della qualità (e non solo della quantità) delle competenze ed esperienze del candidato, in diretto raffronto con i requisiti necessari allo svolgimento della funzione pubblica sottesa ai compiti dell’ufficio per il quale si concorre, alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa sanciti dall’art. 97 della Costituzione.

Contenuto sentenza

N. 04070/2025REG.PROV.COLL.
N. 07930/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7930 del 2024, proposto da OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università di Pisa, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Commissione giudicatrice della procedura selettiva per la chiamata di un professore di prima fascia presso la medesima Università, non costituita in giudizio;
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Quarta) n. 831/2024.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università di Pisa e di OMISSIS;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 marzo 2025 il Cons. OMISSIS e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS e OMISSIS, in sostituzione dell’avvocato OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1 – L’appellante impugna la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, IV Sezione, n. 831/2024, che ha respinto il suo ricorso avente ad oggetto la richiesta di annullamento del decreto n. 802 del 4. Maggio 2023, con cui il Rettore dell’Università di Pisa ha approvato gli atti della procedura di selezione per la chiamata di Professore di prima fascia (Codice Selezione PO2022-7-22), presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa.
2 – Si sono costituti con ampie memorie l’Università e il controinteressato e l’appellante ha a propria volta ulteriormente messo a punto le sue deduzioni con proprie memorie.
3 – In particolare l’appellante ha partecipato alla procedura selettiva con altri due candidati ed è stata dichiarata idonea al pari degli altri due, uno dei quali le è stato preferito per la ritenuta maggiore attinenza delle competenze ed esperienze. Ha quindi impugnato gli atti della procedura formulando, con il ricorso e con motivi aggiunti, plurime censure concernenti, fra l’altro, la composizione della commissione, la predisposizione dei criteri di valutazione e la erronea mancata valutazione della preponderanza dei propri titoli.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Quarta) con la sentenza n. 831/2024 ha peraltro respinto il ricorso.
4 – Il ricorrente ha quindi proposto l’appello in epigrafe, deducendo avverso l’impugnata sentenza plurime censure, articolate in tre motivi d’appello. L’Università e il controinteressato vincitore si sono costituti in giudizio per argomentare l’infondatezza dell’appello, ma prima ancora per eccepire la sua inammissibilità per la nullità della procura speciale di primo grado, per la genericità delle censure dedotte in tale sede, per la mera riproposizione delle medesime censure in appello e per la violazione dell’ambito di insindacabile discrezionalità della scelta dell’Università, nonché la improcedibilità del gravame, essendo stato solo tardivamente impugnato con motivi aggiunti l’atto conclusivo della procedura (delibera 180 del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa del 26 maggio 2023).
5 – Premessa la persistente attualità dell’interesse a ricorrere dell’appellante, alla stregua dell’orientamento giurisdizionale secondo cui non è necessaria l’impugnativa dell’atto conclusivo della procedura ed è anzi l’atto successivo a subire la caducazione, considera il Collegio che le eccezioni -non esaminate dal giudice di primo grado e riprodotte in appello- di nullità della procura speciale e di inammissibilità del ricorso di primo grado per la genericità delle censure, nonché le ulteriori eccezioni di inammissibilità dell’appello in ragione della affermata mera riproposizione delle medesime censure di primo grado, non possono trovare accoglimento alla stregua di un criterio di effettività del principio costituzionale di tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, in presenza di un atto idoneo a concretare senza incertezze la volontà dell’interessato di adire la giustizia amministrativa con il proprio difensore, della proposizione di doglianze di primo grado comunque idonee ad individuare le dedotte illegittimità dell’avversata conclusione della procedura selettiva, nonché della proposizione di motivi di appello che consentono di esaminare i profili di erroneità che avrebbero conseguentemente caratterizzato la sentenza di primo grado nel respingere tali doglianze.
6 – Peraltro, i predetti motivi d’appello sono non fondati nel merito.
7 – Ai fini della decisione, occorre prendere le mosse dall’esame della proposta in favore del controinteressato, espressa dal Consiglio di Dipartimento nei seguenti termini: “Alla luce delle valutazioni espresse dalla Commissione giudicatrice nei giudizi collegiali e nei correlati giudizi individuali, il Presidente propone di sottoporre al prossimo Consiglio di Amministrazione la chiamata a professore ordinario del prof. OMISSIS, in virtù del ricorrere di elementi qualitativi di maggiore congruenza rispetto a quelli degli altri candidati, sia dal punto di vista scientifico che dell’attività didattica. Inoltre, il profilo del prof. OMISSIS è quello che meglio risponde alle esigenze del dipartimento, tanto di natura didattica che di ricerca Visto quanto esposto, all’unanimità dei presenti, il Consiglio alle ore 11.29 approva la proposta di chiamata del prof. OMISSIS, per la copertura di un posto di Professore di prima fascia ai sensi dell’art.18, co. 1, Legge 240/2010 presso il Dipartimento di Scienze politiche (Codice selezione PO2022-7-22) – Settore concorsuale 14/A1 “Filosofia politica” – SSD-SPS/01 “Filosofia politica”
8 – La mancata valorizzazione delle censure di illegittimità della predetta scelta da parte del TAR viene contestata dall’appellante sotto plurimi profili.
8.1 – Con il primo motivo d’appello si deduce la incoerenza della motivazione, che pur dichiarando la manifesta infondatezza del ricorso, tuttavia, non analizzerebbe nessuna delle doglianze della ricorrente ricollegabili alla violazione lamentata.
In particolare, si stigmatizza la mancata valorizzazione della censura secondo cui la procedura ex art.18 legge 240/2010, per quanto concerne la fase attribuita alla Commissione di concorso, costituisce una fase concorsuale in cui devono emergere i profili dei diversi candidati in maniera completa ed esaustiva, in modo tale che successivamente possa essere effettuato un raffronto da parte del Consiglio di Dipartimento. Tuttavia il TAR non si sarebbe avveduto che, in questa procedura complessa, la esaustività della valutazione della Commissione costituirebbe la necessaria conseguenza dei principi costituzionali secondo i quali il reclutamento pubblico -incluso quello universitario- deve essere retto dalla regola del concorso pubblico, a fronte della illegittima scelta di non scegliere, dichiarando tutti i candidati idonei con svilimento del profilo di quelli migliori ma (magari) indesiderati.
Inoltre, la sentenza equiparerebbe indebitamente una procedura concorsuale, come quella imposta per la chiamata in ruolo dei professori universitari, ad un atto di “alta amministrazione” come la nomina dei dirigenti delle ASL, mentre l’appellante non ha affatto chiesto che si facesse una graduatoria, ma solo che si evidenziassero nella valutazione i propri (molti) meriti e non si sopravvalutassero quelli del controinteressato, al fine di equiparare indebitamente il giudizio per pervenire a un giudizio di pari idoneità.
Il citato art.18, l.240/2010, sarebbe, infatti, chiaro nel prescrivere la necessità di eseguire una vera e propria valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica degli studiosi, mentre il regolamento dell’Università di Pisa per le chiamate dei professori imporrebbe una valutazione di tipo comparativo.
Dunque, se è corretto affermare che la Commissione di concorso non deve comparare e decidere, essa tuttavia deve assolvere il compito per il quale è stata originariamente nominata in quanto composta da “esperti”, mentre nel caso in esame, in realtà, non avrebbe realizzato un’attività di valutazione adeguata a mettere il Consiglio di Dipartimento nelle condizioni di operare consapevolmente la propria scelta.
La predetta circostanza sarebbe stata, peraltro, favorita dalla composizione della Commissione, che ha visto fra i suoi componenti la docente ordinaria preposta al Dipartimento interessato, la quale ha poi proposto la chiamata del suo allievo e collaboratore.
8.2 – Con il secondo motivo d’appello si deduce l’erronea interpretazione della legge e del corrispondente regolamento dell’Università di Pisa da parte del TAR, che si sarebbe preoccupato della regolarità formale della procedura, mai contestata dalla odierna appellante, senza prendere in considerazione nessuno degli aspetti – pur puntualmente indicati – che dimostrerebbero come i curricula dei candidati, e in particolare i numerosi titoli e pubblicazioni in possesso della ricorrente, non siano stati in realtà valutati., mancando quell’accertamento di carattere complessivo finalizzato a verificare il livello di maturità scientifica di ciascun candidato, richiesto per costante giurisprudenza.
8.3 – Con il terzo motivo si evidenzia come, avendo la Commissione di concorso indebitamente equiparato i tre candidati, la valutazione del TAR circa la legittimità della chiamata del Consiglio di Dipartimento avrebbe indebitamente ignorato non solo la sua illegittimità derivata, ma anche la sua contraddittorietà, avendo la Commissione dato atto della rilevante attività svolta dall’appellante e della congruenza del suo curriculum rispetto al settore di riferimento, sia in ambito didattico che scientifico e non potendo tale giudizio essere superato da una laconica motivazione del Consiglio, secondo cui il profilo del concorrente sarebbe stato “quello che meglio risponde alle esigenze del dipartimento, tanto di natura didattica che di ricerca”, essendo invece l’appellante autrice di circa 150 pubblicazioni scientifiche ossia circa 100 più del candidato prescelto, fra le quali 12 (e non 5, come indicato) monografie, rispetto alle 3 del prescelto, ed avendo la stessa partecipato come relatore a 58 convegni di cui diversi all’estero (Germania, Austria, Belgio, Francia, Svizzera, Stati Uniti, Giappone), numero equivalente con quanto dichiarato dal terzo candidato ma non certo con l’esperienza assai minore del candidato prescelto (27 convegni), mancando inoltre ogni menzione di tutti i numerosi e importanti ruoli editoriali coperti dall’appellante e delle sue ulteriori attività ed esperienze scientifiche e professionali.
9 – Dalla pregressa descrizione emerge l’infondatezza delle censure, che per la loro connessione possono essere esaminate congiuntamente.
Tutte le doglianze proposte sono infatti accumunate dalla precisazione, poi ribadita nelle numerose memorie presentate dalla parte appellante, che le stesse non sono volte ad aggredire il procedimento di selezione svoltosi, bensì la violazione della normativa di pertinenza e del regolamento universitario e la irragionevolezza e forse lo sviamento che deriverebbero dalla mancata o inadeguata valutazione del curriculum dell’appellante in comparazione con quello del candidato prescelto. In tal modo, peraltro, le ulteriori doglianze riferite alla composizione e ai lavori della Commissione, ai criteri di valutazione e alla pregressa conoscenza fra il nominato Presidente e il candidato prescelto, a mere considerazioni “di colore” in quanto non concretizzate in ragionevoli o plausibili indizi di grave irragionevolezza o manifesta ingiustizia in danno dell’appellante.
9.1 – In particolare, con il primo motivo di appello si fa valere la contraddittorietà della sentenza di primo grado per aver concluso per la manifesta infondatezza del ricorso senza analizzare alcuna delle doglianze della ricorrente, ma non viene in realtà allegato alcuno specifico vizio diverso da una inadeguata istruttoria volta a prendere atto della affermata “preponderanza del profilo rispetto a quello degli altri candidati” per poi trarne non una specifica censura, bensì una considerazione generale, secondo la quale la sentenza avrebbe fatto “discendere dal mero fatto che tutti e tre i candidati siano stati dichiarati idonei, la conseguenza che la Commissione abbia agito in maniera conforme al proprio compito, come in una procedura idoneativa, ossia non volta a valutare in maniera veritiera, ossia il più possibile esaustiva perché aderente al complesso delle informazioni a disposizione, i diversi meriti dei candidati” per poi favorire, di fatto, il candidato interno.
Una tale ricostruzione contrasta però con la vigente disciplina del procedimento di chiamata ex art. 18 legge n. 240/2010, che prevede che la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia debba essere disciplinata dalle Università con proprio Regolamento e che la proposta di nomina venga formulata dal Dipartimento con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori della medesima fascia, per poi essere approvata con delibera del Consiglio di Amministrazione, lasciando alla Commissione di concorso un ruolo solo istruttorio.
In tal senso, dunque, il Regolamento di Ateneo per la disciplina della chiamata dei professori (vigente al momento dello svolgimento della procedura in esame) prevede, all’art 6, che “1. Le commissioni, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, individuano i candidati idonei a svolgere le funzioni didattico scientifiche per le quali è stato bandito il posto, all’esito di una valutazione comparativa delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica dei candidati. 2. La valutazione avviene sulla base delle procedure e dei criteri predeterminati dalla commissione (…)”. Quindi, secondo la previsione del citato Regolamento (già ritenuta non illegittima sotto tale profilo dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 476/2019) il compito della Commissione -non contestato sotto tale profilo dall’appellante- si esaurisce nella predisposizione dei criteri sulla cui base valutare, “all’esito di una valutazione comparativa delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica dei candidati” tutti i candidati idonei, di modo che “entro due mesi dall’approvazione degli atti, il Consiglio di dipartimento propone al Consiglio di Amministrazione la chiamata del candidato prescelto fra gli idonei”. Ne discende che il fatto che tutti e tre i partecipanti siano stati ritenuti idonei non significa affatto che la Commissione non abbia effettuato una comparazione, volta a far emergere i diversi profili più rilevanti di ciascun candidato, profili poi apprezzati ai fini della scelta del candidato ritenuto più idoneo allo svolgimento dello specifico incarico fatto oggetto del bando.
9.2 – Con il secondo motivo d’appello, si ribadisce la ritenuta inadeguatezza motivazionale della sentenza di primo grado che, attestandosi sulla regolarità formale, non avrebbe rilevato l’“occultamento dei fatti” commesso dai commissari nel parificare per portata e qualità il curriculum – nettamente prevalente – dell’appellante. Al contrario, la sentenza appellata risulta aver correttamente richiamato il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, nelle valutazioni per il reclutamento di professori e ricercatori universitari, non è configurabile alcun obbligo di valutazione analitica dei singoli titoli, “occorrendo piuttosto un accertamento di carattere complessivo, finalizzato a verificare il livello di maturità scientifica di ciascun candidato”.
9.3 – Con il terzo motivo di appello si deduce la illegittimità, propria e derivata, della motivazione della proposta di chiamata da parte del Consiglio di Dipartimento a fronte della pari idoneità dei candidati sancita (erroneamente) dalla Commissione, e di conseguenza si chiede il rinnovo delle operazioni valutative da parte di una nuova Commissione ai fini della scelta del Consiglio. Anche in questo caso, tuttavia, il TAR ha evidenziato come l’attività valutativa della Commissione non possa ritenersi legata a un criterio meramente quantitativo, mediante una meccanica e matematica sommatoria di esperienze che finirebbe per dare valore preponderante alla maggiore anzianità di servizio, in un ambito di attività che deve, viceversa, premiare la innovatività, la qualità, l’adeguatezza e la congruenza disciplinare dell’attività didattica e scientifica svolta.
In tal senso, era dunque legittima sia la prevista selezione delle 12 pubblicazioni autonomamente ritenute più rilevanti da ciascun candidato, confluendo tutte le altre in una più complessiva valutazione riferita non solo al loro numero, sia la selezione della tipologia di impegno didattico e scientifico esplicitata all’interno della lex specialis: con riferimento allo “studio e riflessione sulle problematiche politiche in una prospettiva eminentemente teorica e non empirica, con particolare attenzione all’analisi filosofica del pensiero politico, alla filosofia delle scienze sociali e alla storia della speculazione filosofica politica”, discendendone la non irragionevolezza della valorizzazione, da parte del Consiglio di Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa -Università che, come orgogliosamente affermato nelle proprie memorie, notoriamente vanta una tradizione di studio dei classici della filosofia e del pensiero politico- dell’attività scientifica e convegnistica riferita al confronto con i testi dei filosofi classici (quali quelli kantiani) piuttosto che con questioni di non minore rilevanza ma a forte contaminazione empirica (quali il cibo, il genere o la cinematografia), risultando pertanto non irragionevole la motivazione della proposta di chiamata, secondo la quale il Consiglio avrebbe riscontrato che il profilo del prescelto era “quello che meglio risponde alle esigenze del dipartimento, tanto di natura didattica che di ricerca”.
9.4 – Il principio costituzionale del concorso pubblico non può infatti risolversi solo un meccanismo comparativo, meglio noto secondo la sociologia dell’organizzazione come “beauty contest”, mediante un giudizio quantitativo volto a stilare un’astratta graduatoria della maggiore bravura o conoscenza o delle più numerose esperienze acquisite in una più o meno lunga carriera previa analitica frammentazione dei titoli, delle conoscenze e delle competenze ma, al contrario, non può prescindere da una valutazione a 360 gradi della qualità (e non solo della quantità) delle competenze ed esperienze del candidato, in diretto raffronto con i requisiti necessari allo svolgimento della funzione pubblica sottesa ai compiti dell’ufficio per il quale si concorre, alla stregua dei principi di imparzialità e buon andamento dell’attività amministrativa sanciti dall’articolo 97 della Costituzione.
9.5 – Dalle pregresse considerazioni, emerge dunque come il rigetto dell’appello, come già la reiezione del ricorso di primo grado, non siano legati all’arresto del giudice di fronte ad un insindacabile ambito di apprezzamento tecnico-discrezionale rivendicato dall’Università (ponendosi un limite suscettibile di privare di tutela giurisdizionale scelte dissonanti o addirittura confliggenti con il principio del concorso pubblico sancito dalla Costituzione), e siano, invece, legati alla piana considerazione che le censure esaminate si rivelano volte a sostituire il giudizio dell’interessata a quello della Commissione giudicatrice, e quindi a far sovrapporre le valutazioni del giudice amministrativo a quelle dell’Università, per la parte in si è ritenuto che tutti e tre i candidati (fra i quali il vincitore e la odierna appellante) fossero in possesso delle competenze e delle capacità necessarie al fine di poter rivestire la nuova funzione ma, ai fini della scelta finale, sono stati apprezzati -non irragionevolmente alla stregua delle pregresse considerazioni- sia il profilo dell’appellante, ritenuto “pienamente congruente” rispetto al settore concorsuale, sia il profilo, ritenuto invece “perfettamente congruente” dell’altro candidato che, di conseguenza, è stato legittimamente dichiarato vincitore.
10 – In conclusione l’appello deve essere respinto. La complessità e novità delle questioni contenziose giustifica tuttavia la compensazione fra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 marzo 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente FF
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere
OMISSIS, Consigliere

Pubblicato il 12 maggio 2025