Ha diritto al risarcimento del danno il docente universitario valutato idoneo nell’ambito di una procedura per la copertura di un posto di professore ordinario il cui esito è stato dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo.
TAR Lazio, Sez. III ter, 24 luglio 2025, n. 14750
Ha diritto al risarcimento del danno il docente universitario valutato idoneo nell’ambito di una procedura per la copertura di un posto di professore ordinario il cui esito è stato dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo
14750/2025 REG.PROV.COLL.
00630/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 630 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di Bari Aldo Moro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
al fine di ottenere la condanna dell’amministrazione intimata
al risarcimento dei danni subiti dal Prof. -OMISSIS- a causa degli atti, delle condotte e delle omissioni dell’Università degli studi di Bari in relazione al procedimento amministrativo di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore ordinario presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bari per il settore scientifico-disciplinare IUS/10 Diritto Amministrativo, indetta con decreto rettorale n. 13659 del 30 dicembre 2004, il cui avviso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica – IV serie Speciale «Concorsi ed esami» n. 4 del 14 gennaio 2005, a seguito delle sentenze del T.A.R. per il Lazio, Roma, 12 gennaio 2018 n. 336, confermata dalla pronuncia del Consiglio di Stato, sezione sesta, 25 gennaio 2021 n. 769 e del Consiglio di Stato, sezione settima, 25 agosto 2022 n. 7465
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Bari Aldo Moro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
- A seguito del passaggio in giudicato della pronuncia del giudice amministrativo sulla illegittima esclusione del ricorrente dalla procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore ordinario presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Bari per il settore scientifico-disciplinare IUS/10 Diritto Amministrativo, indetta con decreto rettorale n. 13659 del 30 dicembre 2004, -OMISSIS- chiede con autonoma domanda (notificata il 23.12.2022 e depositata il 16.01.2023):
- a) il risarcimento del danno a causa del danno ingiusto subito, per essergli stato precluso l’avanzamento di carriera che deriva dal conseguito dell’idoneità, che avrebbe dovuto essergli riconosciuta fin dal novembre 2007 e ottenuta solamente nel 2021 (a seguito della pronuncia del giudice amministrativo) consistente nella differenza retributiva fra il ruolo di prima fascia e quello di seconda;
- b) il risarcimento del danno da mancata maturazione dei diritti pensionistici, conseguenti alla minore retribuzione e quindi alla minore contribuzione pensionistica;
- c) il risarcimento del danno curriculare e di immagine e cioè il pregiudizio subito a causa del mancato arricchimento del curriculume dell’immagine professionale per non poter in esso allegare il titolo di professore ordinario, che il ricorrente avrebbe conseguito fin dal 2006, in mancanza degli atti illegittimi dell’Università.
- Il 26.01.2023, l’Università degli studi di Bari ha depositato l’atto di costituzione e con memoria depositata il 07.05.2025 ha eccepito il difetto di competenza territoriale del Tar adito in luogo del Tar della Puglia (sede di Bari), nonché l’infondatezza della domanda attorea per difetto di colpa dell’amministrazione e, in generale, l’inammissibilità del ricorso per genericità della domanda risarcitoria e difetto di prova del danno patrimoniale e non patrimoniale lamentato.
- Con successive memorie le parti hanno confutato le ulteriori argomentazioni avversarie e insistito per l’accoglimento delle proprie deduzioni.
- All’udienza dell’11.06.2025 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.
- Il ricorso deve essere accolto nei limiti di quanto si espone.
- Va preliminarmente disattesa l’eccezione di incompetenza territoriale del Tar (del Lazio) adito, sollevata dall’Università resistente la quale individua il Tar della Puglia (sede di Bari) l’ufficio giudiziario competente in ragione dell’oggetto del contendere, degli effetti spaziali dei comportamenti contestati nonché della natura e della sede dell’Università intimata.
6.1. Nel processo amministrativo la domanda risarcitoria, come è noto, può essere proposta o unitamente alla domanda di annullamento o in via autonoma dopo il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento. L’art. 30 c.p.a., infatti, consente che «nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza». Le norme processuali non individuano una differente competenza del plesso giurisdizionale a seconda delle modalità, congiunte o separate (alla domanda di annullamento), di proposizione della domanda risarcitoria di modo che per il principio di effettività e di concentrazione delle tutele è da ritenere che il giudice di fronte al quale è portata l’impugnazione del provvedimento lesivo sia quello stesso che ha titolo a conoscere del ristoro per equivalente. E ciò, sia che si tratti di ipotesi nelle quali la pretesa risarcitoria consequenziale concerna diritti soggettivi lesi da atti amministrativi (diritti soggettivi restituiti alla loro originaria dimensione dopo l’annullamento del provvedimento), sia che si tratti di interessi pretensivi, che, per la rottura dell’anello che lega insieme interesse individuale e interesse pubblico, non possono che ottenere riparazione per equivalente.
6.1.1. Né vale a modificare la disciplina avanti riferita – fondata sulla regola della concentrazione innanzi al giudice dell’impugnazione anche della pretesa riparatoria – il fatto che la controversia rivolta ad ottenere il risarcimento del danno sia stata avanzata con autonomo e successivo ricorso proposto dopo che il giudizio di impugnazione si sia concluso e la relativa sentenza sia passata in giudicato.
6.1.2. Ed invero, il legame, fra illegittimità del provvedimento e responsabilità dell’ente che l’ha posto in essere, non è meno stretto o di diversa intensità se le due questioni (di illegittimità dell’atto e di responsabilità per i danni che ha cagionato) sono esaminate in unico o separati giudizi.
6.1.3. Perciò l’atto, dalla cui illegittimità si origina la domanda di riparazione, si manifesta come momento essenziale per la cognizione della ulteriore vicenda di ripristino della situazione del soggetto che ne è stato leso, perché è la causa diretta delle conseguenze negative lamentate (Cfr. CdS Ad Pl. n. 10 del 2004).
6.2. In definitiva, sia nel caso in cui sia invocata la tutela caducatoria sia nel caso di attivazione della tutela riparatoria, vengono in considerazione le stesse esigenze di concentrazione delle tutele dinanzi al medesimo giudice, ancor più se si considera l’azione risarcitoria uno strumento di tutela ulteriore avverso l’attività amministrativa illecita.
- Alla luce della complessiva vicenda non si può negare che senza l’errore commesso dall’amministrazione, il ricorrente avrebbe potuto ottenere, in luogo del -OMISSIS-, la nomina a professore ordinario sostituendosi alla carriera invece intrapresa dal vincitore della originaria procedura poi decaduto in virtù dell’esecuzione della sentenza (definitiva) di annullamento.
7.2. Oltre all’illegittimità dell’esito della procedura di selezione è possibile escludere la scusabilità dell’errore in capo all’amministrazione nell’adozione di quella determinazione (poi annullata). Sul punto, si illustra quanto segue. La valutazione originaria della Commissione si era conclusa con la dichiarazione di idoneità del ricorrente. Successivamente l’Amministrazione ha riaperto il procedimento, su iniziativa del Rettore a seguito delle interlocuzioni avviate con Poste Italiane, differendone la conclusione. L’odierno ricorrente, poi, ha segnalato all’Amministrazione l’illegittimità della decisione di riammettere nella selezione il -OMISSIS-, invitandola a revocarla/annullarla e a non darvi esecuzione. Infine con nota del 3 settembre 2007, il ricorrente ha contestato la riammissione del candidato -OMISSIS-, illustrandone le ragioni di illegittimità e ha chiesto all’Università di annullare la decisione stessa e di approvare gli atti della Commissione allo stato antecedente alla riammissione. Infine, il Tribunale nella sentenza n. 336/2018 ha rilevato che l’Università ha anzitutto disatteso la regola inequivoca del bando che assegnava la caratteristica della perentorietà al termine per la spedizione dei plichi e precisava che “a tal fine farà fede il timbro di spedizione”. Non si può condividere la difesa dell’Università resistente secondo la quale si sarebbe trovata a fronteggiare un quadro normativo ambiguo. A prescindere da ogni diversa considerazione, infatti, le norme del bando erano chiare nell’assegnare valenza assoluta alla data impressa dal timbro di spedizione. Del resto come evincibile dagli atti, il -OMISSIS-, si presentava presso gli uffici postali a spedire il plico contenente le pubblicazioni, oltre l’orario di apertura dell’ultimo giorno utile per la spedizione, accettando che venisse impresso il timbro del giorno seguente (14 aprile 2006) in cui effettivamente iniziava la lavorazione della spedizione.
- Quanto alla domanda di riconoscimento dei maggiori emolumenti di natura retributiva a cui il ricorrente afferma di avere diritto in ragione dell’illegittimo tardivo inquadramento nella qualifica di professore di prima fascia, osserva il Collegio, condividendo quanto già la sezione ha avuto modo di precisare (Tar Lazio, Sez. III-ter, n. 05362/2025), che secondo pacifico insegnamento giurisprudenziale che qui si intende far proprio “in caso di annullamento giurisdizionale di un atto di concorso pubblico, con conseguente riapprovazione della graduatoria, l’esecuzione della sentenza comporta di per sé, oltre alla riapprovazione della graduatoria, solo la ricostruzione della carriera, “ora per allora”, agli effetti giuridici; una ricostruzione della carriera, anche agli effetti economici, esula, invece, dalla stretta esecuzione della sentenza in quanto, in mancanza della prestazione lavorativa, non matura il diritto alla retribuzione (fatto salvo il particolare caso di atti illegittimi che interrompano un sinallagma già in essere, come nel caso di licenziamento illegittimo da una posizione già ricoperta dal ricorrente), mentre le differenze retributive non conseguite possono essere chieste solo a titolo di risarcimento del danno” (da ultimo, Cons. Stato n. 3738 del 2020; n. 4651 del 2014; n. 3254 del 2017; n. 1095, n. 2114 e n. 1618 del 2018; Cons. Stato, V, 31 marzo 2017, n.1497; C.d.S., sez. VI, n. 1024 del 2021).”
9.1. In sintesi:
- a) l’istituto della ricostruzione della carriera (sotto il profilo economico) è applicabile solo nei casi di illegittima sospensione o interruzione di un rapporto di impiego già in corso: in tali ipotesi, qualora l’atto di sospensione o interruzione venga dichiarato illegittimo, l’interessato ha diritto a che la propria carriera, indebitamente arrestata o tout courttroncata, venga ricostruita come se l’episodio sospensivo od interruttivo non vi sia mai stato;
- b) nella diversa fattispecie di ritardata illegittima costituzione del rapporto di impiego, viceversa, non può ontologicamente darsi ricostruzione, stante la mancanza a monte di un rapporto da ricostruire mediante l’espunzione dell’evento sospensivo od interruttivo: la tutela della posizione ordinamentale del soggetto leso viene, dunque, assicurata tramite la retrodatazione giuridica della nomina, la cui decorrenza viene fissata ex tunc. Tale accorgimento, costituente uno strumento reintegratorio di carattere generale nei casi di ritardata costituzione di rapporto d’impiego a seguito di condotta illegittima dell’Amministrazione, consente all’interessato non solo di essere ammesso ai pubblici impieghi, ma di risultare alle dipendenze dell’Amministrazione a far data dal momento in cui avrebbe dovuto esserlo, con le conseguenti, vantaggiose ricadute in ordine sia all’anzianità assoluta nella qualifica, sia alla misura della retribuzione, maggiorata dei corrispondenti scatti di anzianità. Nell’ipotesi di mancata o tardiva immissione nei ruoli, infatti, è proprio l’assenza ab originedel rapporto a determinare l’inidoneità della riapprovazione della graduatoria, in senso favorevole al ricorrente, a produrre l’automatico riconoscimento con efficacia ex tuncdelle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego. (Cons. St., Ad.Pl., n. 10 del 1991). Ciò in quanto il diritto alla corresponsione delle retribuzioni per il periodo di ritardo nell’assunzione presuppone, in virtù della natura sinallagmatica dell’attività di servizio, l’avvenuto espletamento della stessa.
9.2. Di conseguenza, il ricorrente:
- a) ha diritto alla retrodatazione giuridica della nomina di modo che questa coincida con la data della nomina del concorrente ab initiovincitore;
- b) in termini economici, ha diritto al risarcimento del danno sofferto. Sussistono infatti i presupposti della responsabilità aquiliana: il danno ingiusto, la colpa dell’Amministrazione e il relativo nesso causale. Quanto all’elemento soggettivo, per costante giurisprudenza al privato è sufficiente allegare l’illegittimità dell’atto (nella specie accertata con la sentenza n. 336 del 2018 di questo Tribunale), mentre sull’Amministrazione grava la prova di dimostrare la scusabilità del proprio comportamento, che nel caso di specie non è avvenuto in quanto non risultano: i) contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, ii) una formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, iii) una rilevante complessità del fatto, iv) una illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità (o di illegittimità) della norma applicata (Cons. Stato, n. 3738 del 2020; n. 5907 del 2019; n. 2197 del 2018; n. 5317).
- Quanto al danno patrimoniale, questo non può corrispondere all’ammontare della retribuzione non percepita nel periodo considerato, poiché la retribuzione si pone in rapporto sinallagmatico con una prestazione di lavoro che non è stata svolta. Esso va invece liquidato secondo equità, a norma degli artt. 2056 e 1226 c.c., e – in linea con un diffuso e condivisibile orientamento (Cons. Stato, n. 3738 del 2020) – quantificato in una somma corrispondente al 50% della retribuzione fissa che sarebbe spettata all’interessato dalla data della decorrenza economica cui avrebbe avuto diritto (01.03.2008: data di nomina in ruolo del -OMISSIS- in virtù del D.R. 3055/2008 a seguito della procedura poi annullata in parte qua) alla data in cui gli è stata invece riconosciuta, con esclusione della parte variabile della retribuzione e delle altre somme che possa avere percepito nel corso del periodo considerato in virtù di diverso rapporto contrattuale, come sarà onere dell’Amministrazione accertare (Cons. Stato, n. 3738 del 2020; n. 100 del 2017), tenuto conto anche dell’eventuale nomina in ruolo di prima fascia intervenuta nelle more della definizione della presente vicenda.
10.1. In sintesi la somma equitativa del 50% va applicata alla differenza tra la retribuzione che il ricorrente avrebbe dovuto percepire (con le eslcusioni precisate) a partire dal giorno della chiamata in servizio dell’illegittimo vincitore (-OMISSIS-) fino alla definizione della vicenda con la nomina con D.R. 3551/2023 e quanto effettivamente percepito in quel periodo, salvo sia intervenuta nell’arco di tale periodo altra nomina a professore ordinario.
10.1.1. Sulla somma così quantificata dovranno poi essere computati sia la rivalutazione monetaria che gli interessi legali.
10.1.2. Infatti, l’obbligazione di risarcimento del danno ha natura di debito di valore, con la conseguenza che la somma a tal fine liquidata deve essere ragguagliata, secondo gli indici ISTAT, ai valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale.
10.1.3. Sulla stessa vanno poi considerati gli interessi legali dalla data dell’illecito (ovvero, nel caso di specie, dal momento della decorrenza economica cui il ricorrente avrebbe avuto diritto). Essi vanno computati non già sulla complessiva somma rivalutata bensì su quella originaria rivalutata anno dopo anno, cioè con riferimento ai singoli momenti con riguardo ai quali la predetta somma si incrementa nominalmente in base agli indici di rivalutazione monetaria.
- Deve, viceversa, essere rigettata l’autonoma domanda di risarcimento del danno “curriculare” patito per non aver potuto allegare il titolo di professore ordinario, che il ricorrente avrebbe conseguito fin dal 2006, in mancanza degli atti illegittimi dell’Università.
11.1. Si fa notare che il danno da ‘perdita di chance’ è da intendersi, in linea di principio, quale lesione della concreta occasione favorevole di conseguire un determinato bene, occasione che non è mera aspettativa di fatto, ma entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione. In ordine alla prova del grado di concreta ed effettiva possibilità di conseguire il ‘bene della vita’, va precisato come, superata la teoria ‘ontologica’ secondo cui la risarcibilità sarebbe svincolata dalla idoneità presuntiva della chance ad ottenere il risultato finale, si sia affermato il diverso indirizzo c.d. ‘eziologico’ legato al criterio della c.d. causalità adeguata o ‘regolarità causale’ o ‘probabilità prevalente’.
11.2. Ne consegue che il danno da perdita di chance può essere in concreto ravvisato e risarcito (ove ne ricorrano i presupposti anche in via equitativa) solo con specifico riguardo al grado di probabilità che in concreto il richiedente avrebbe avuto di conseguire il bene della vita e, cioè, in ragione della maggiore o minore probabilità dell’occasione perduta.
11.3. In questo senso si è più volte precisato, con argomentazioni estensibili al caso di specie, che il ricorrente ha l’onere di provare gli elementi atti a dimostrare, pure se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità concreta che egli avrebbe avuto di conseguire il risultato sperato (arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non poter in esso allegare il titolo di professore ordinario).
11.4. Osserva il Collegio che, nella specie, il danno relativo alle aspettative di (una più brillante) carriera (perdita di chanche), in relazione al quale manca comunque una prova certa, non possa rientrare neppure a livello equitativo nella posta risarcitoria in considerazione del fatto che tale voce di danno non viene riconosciuto neppure in sede di ricostruzione della carriera, presupponendo la concreta prestazione del servizio (Cons. Stato, 9 luglio 2020, n. 4404, Cons. Stato, 21 febbraio 2018, n. 1095) che, come si è detto, non c’è stato.
- Sulla base di quanto dedotto e motivato l’Amministrazione provvederà a regolarizzare la posizione contributiva e previdenziale del ricorrente. Per quello che riguarda le modalità di liquidazione dell’obbligazione risarcitoria, la Sezione ritiene di poter far ricorso, in mancanza di opposizione delle parti, al meccanismo previsto dall’art. 34, comma 4, c.p.a.: l’Università resistente dovrà pertanto proporre al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno ed entro 60 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il pagamento di una somma quantificata secondo i criteri indicati in sentenza.
- In conclusione, il ricorso è fondato nei limiti che precedono e in questi termini va accolto. Per l’effetto, l’Università degli studi di Bari “Aldo Moro” è tenuta a proporre alla ricorrente, exart. 34, comma 4, c.p.a. a titolo di risarcimento del danno, il pagamento di una somma quantificata secondo i criteri indicati in sentenza, entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza.
- Sussistono giusti motivi legati alla peculiarità della vicenda sottesa al presente contenzioso per disporre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a, l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, ordina ex art. 34, comma 4, c.p.a. all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro di proporre al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno ed entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il pagamento di una somma quantificata secondo i criteri indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente FF
OMISSIS, Referendario
OMISSIS, Referendario, Estensore
Pubblicato il 24 luglio 2025

