La condanna penale, se non è di per sé preclusiva della costituzione del rapporto di pubblico impiego, può certamente essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale ove ad essa si accompagni una autonoma e specifica valutazione dell’Amministrazione sulla gravità dei reati commessi.
TAR Emilia Romagna (Parma), Sez. I, 23 settembre 2025, n. 393
La condanna penale può essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale
N. 00393/2025 REG.PROV.COLL.
N. 00325/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 325 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– del decreto rettorale -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- dell’-OMISSIS-, di esclusione dalla procedura selettiva, bandita dall’Università degli Studi di -OMISSIS-, ai sensi del comma 1 dell’art. 18, L. n. 240/2010, per n. 1 posto di professore universitario di ruolo di prima fascia, per il settore concorsuale “06/D4 – Malattie Cutanee, Malattie Infettive e Malattie dell’Apparato Digerente”, settore scientifico-disciplinare “MED/35 – Malattie Cutanee e Veneree”;
– in parte qua del bando con cui è stata indetta la menzionata procedura selettiva, approvato con decreto rettorale n. -OMISSIS- del -OMISSIS-;
– dei verbali delle riunioni della Commissione di valutazione in data -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, nonché della relazione finale dalla stessa predisposta sempre in data -OMISSIS-;
– del decreto rettorale n. -OMISSIS- dell’-OMISSIS- di approvazione degli atti della procedura selettiva in esito alla quale il Prof. -OMISSIS- è risultato essere il candidato valutato positivamente a ricoprire il posto di professore universitario di prima fascia presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia per il settore concorsuale “06/D4 – Malattie Cutanee, Malattie Infettive e Malattie dell’Apparato Digerente”, settore scientifico-disciplinare “MED/35 – Malattie Cutanee e Veneree”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di -OMISSIS- e del Prof. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2025 la dott.ssa OMISSIS e udito il difensore del controinteressato come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo parte ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe indicati con cui, compresi quelli connessi e collegati, l’Università degli Studi di -OMISSIS- ha escluso il ricorrente, per difetto dei requisiti, dalla procedura selettiva per n. 1 posto di professore universitario di ruolo di prima fascia per il settore concorsuale “06/D4 – Malattie Cutanee, Malattie Infettive e Malattie dell’Apparato Digerente”, settore scientifico-disciplinare “MED/35 – Malattie Cutanee e Veneree”.
Il controinteressato, in quanto candidato valutato positivamente a ricoprire il posto di professore universitario, si è costituito in giudizio in data 29 settembre 2022 con memoria difensiva.
L’Università degli Studi di -OMISSIS-, costituitasi in giudizio il 29 settembre 2022, ha depositato memoria difensiva il 30 settembre 2022.
Con ordinanza n. 309 del 7 ottobre 2022 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare “Ritenuta, ad una sommaria delibazione, propria della presente fase cautelare del giudizio, l’insussistenza del fumus boni iuris del ricorso in quanto: – il provvedimento di esclusione impugnato evidenzia correttamente la lacunosità della risposta dell’odierno ricorrente alla domanda relativa alle condanne penali ricevute, che andavano specificate nella domanda di partecipazione come richiesto dal modulo mentre lo stesso si è limitato ad indicare, nel relativo campo, l’Ordinanza della Corte di Appello di -OMISSIS- del -OMISSIS- di rideterminazione della pena e tale semplice indicazione non ha consentito all’Amministrazione di avere contezza immediata delle condanne penali subite dall’istante imponendo all’Università una necessaria attività istruttoria per integrare quanto doveva invece essere indiscutibilmente oggetto di esplicita dichiarazione da parte del candidato;- il provvedimento di esclusione impugnato evidenzia altresì compiutamente la circostanza che l’odierno ricorrente si è reso colpevole di ripetute numerose condotte configuranti il reato di peculato, ex art. 314 c.p., condotte poste in essere nello svolgimento dell’attività professionale in regime di intramoenia, in qualità di dirigente medico presso la ASL di -OMISSIS-, e che, come evidenziato dal provvedimento impugnato, “la sua chiamata gli consentirebbe di assumere un impiego con un elevato livello di responsabilità, che in nulla differirebbe da quello già svolto in passato e nel corso del quale ha posto in essere ripetute condotte accertate in diversi dibattimenti quali penalmente rilevanti, in chiaro conflitto con gli interessi dell’Ateneo””.
Con ordinanza n. 5388 del 16 novembre 2022 il Consiglio di Stato, Sez. VII, ha respinto l’appello “Considerato che, ad una sommaria delibazione, non si ravvisano, sotto il profilo del fumus, i presupposti per la concessione della invocata tutela cautelare, atteso che: a) il provvedimento di esclusione dell’appellante dalla procedura concorsuale de qua è motivato non solo con riguardo alla carenza della dichiarazione resa in sede di partecipazione al concorso (non avendo questi dichiarato espressamente le condanne penali ricevute, ma solo richiamato il provvedimento della -Corte d’appello di -OMISSIS-, che disponeva la rideterminazione della pena), ma anche con riguardo alla inidoneità del profilo del candidato (proprio in ragione delle condanne penali riportate) rispetto alle funzioni non solo accademiche, ma di tipo gestionale, connesse alla nomina quale professore ordinario presso l’Università degli Studi di -OMISSIS-; b) la sospensione condizionale della pena, se non costituisce ex se causa ostativa all’accesso ai pubblici impieghi, non preclude alla Amministrazione la disamina delle condanne penali riportate ai fini della irrogazione di sanzioni disciplinari (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 maggio 2008 n. 2533) o, come in questo caso, ai fini della valutazione della idoneità del candidato rispetto alle funzioni pubbliche da svolgere; Considerato altresì che, con riguardo alle esigenze cautelari rappresentate nell’atto di appello, l’interesse dell’odierno appellante è necessariamente recessivo rispetto a quello rappresentato dalla Università, atteso che la procedura concorsuale de qua si è ormai conclusa e il soggetto nominato vincitore (secondo quanto dichiarato dal difensore del controinteressato all’odierna udienza camerale) ha già preso servizio”.
Con ordinanza presidenziale n. 12 del 6 marzo 2025 si è chiesto alle parti di comunicare se fossero intervenuti fatti o atti ulteriori nel corso del giudizio e alla parte ricorrente di confermare l’attualità dell’interesse alla definizione del giudizio.
Parte ricorrente ha depositato in giudizio l’11 aprile 2025 atto con cui ha dichiarato il proprio interesse alla decisione.
Con memoria depositata in giudizio il 7 luglio 2025 l’Università degli Studi di -OMISSIS- ha ribadito le proprie difese, insistendo sull’eccezione di difetto di interesse alla decisione da parte del ricorrente in ragione dell’improrogabile termine del 31 dicembre 2025 per il suo collocamento in quiescenza.
Il controinteressato ha depositato in giudizio memoria difensiva l’8 luglio 2025, anche lui evidenziando il venir meno di ogni utilità ipoteticamente derivante al ricorrente dall’annullamento degli atti impugnati.
Parte ricorrente ha depositato in giudizio il 16 luglio 2025 memoria difensiva con cui ha controdedotto alle avversarie osservazioni ed ha ribadito il proprio interesse al ricorso anche ai fini risarcitori.
Con memoria depositata in giudizio il 25 luglio 2025, il ricorrente ha eccepito la tardività della produzione documentale del controinteressato dell’8 luglio 2025 ed ha replicato alle avversarie controdeduzioni.
Con atto depositato in giudizio il 25 luglio 2025 il controinteressato ha speso le proprie controdeduzioni finali.
Alla pubblica udienza del 17 settembre 2025, udito il difensore del controinteressato, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio, preliminarmente, ritiene di assorbire l’eccezione, in narrativa precisata, mossa dal ricorrente in ordine alla tardività del deposito documentale del controinteressato in data 8 luglio 2025, poiché tale documentazione non risulta rilevante ai fini del decidere e l’ordinanza del Consiglio di Stato n. 5388 del 2022 (doc n. 25 controinteressato) è un documento pubblico consultabile dal fascicolo processuale.
La controversia attiene al provvedimento di esclusione del ricorrente dalla procedura selettiva bandita dall’Università degli Studi di -OMISSIS- per un posto di professore universitario di ruolo di prima fascia, settore concorsuale “06/D4 – Malattie Cutanee, Malattie Infettive e Malattie dell’Apparato Digerente” (settore scientifico-disciplinare “MED/35 – Malattie Cutanee e Veneree”).
Il Collegio ritiene di poter inizialmente prescindere dall’eccezione di carenza di interesse al ricorso, formulata dal controinteressato e dall’Amministrazione in ragione dell’improrogabile prossimo termine di collocamento in quiescenza dell’esponente eventualmente riammesso alla procedura selettiva, alla luce della sua dichiarazione in giudizio circa la successiva azione risarcitoria da far valere nei confronti dell’Ateneo (cfr. memoria difensiva del 16 luglio 2025): tale manifestazione di interesse, ex artt. 30, comma 5, e 34, comma 3, C.p.a., costituisce “condizione necessaria ma nello stesso tempo sufficiente perché sorga l’obbligo per il giudice di accertare l’eventuale illegittimità dell’atto impugnato” (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 8 del 13 luglio 2022, che ha enunciato i seguenti principi di diritto: “a) per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 c.p.a.; b) una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda”). Pertanto, solo all’esito dell’esame delle censure formulate se ne verificheranno gli effetti conseguenti (circa, in caso di accoglimento, l’annullamento o la mera dichiarazione di illegittimità degli atti impugnati).
Con il primo motivo di ricorso “Violazione dei principi desumibili dagli artt. 1 comma 2 bis, 3 e 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241 – Falsa applicazione della lex specialis della procedura e in particolare degli artt. 2, 3, 4 e 12 – Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento – Eccesso di potere per carenza e illogicità della motivazione – Eccesso di potere per travisamento dei fatti – Eccesso di potere per carenza dei presupposti – Ingiustizia manifesta – Sviamento di potere” parte ricorrente lamenta che il provvedimento di esclusione gravato muoverebbe dall’errato assunto della incompletezza delle risposte fornite dall’interessato a proposito delle condanne penali subite.
In particolare, ad avviso della difesa attorea, alla luce del paragrafo 7.2 del modello di domanda (laddove si prevedeva di indicare al primo punto “Condanne penali” se il candidato avesse o meno «precedenti» ed, al secondo punto, di “Specificare le condanne penali riportate”) nonché delle relative linee guida (che nulla avrebbero previsto a proposito dei dati che occorreva fornire perché la risposta al quesito potesse considerarsi esaustiva), sarebbe stato sufficiente indicare, come fatto dal ricorrente, di aver riportato condanne penali specificando tale dichiarazione nel caso di specie con l’indicazione dell’ordinanza n. -OMISSIS- della Corte di Appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS-, emessa per la rideterminazione della pena (ex art. 671 C.p.p., in applicazione della disciplina della continuazione) in relazione alle due condanne subite e nella quale queste ultime, come specificato nello stesso decreto rettorale di esclusione, risultano puntualmente riportate: “sentenza ex art. 599 bis cpp della Corte d’Appello di -OMISSIS- del -OMISSIS- (proc. -OMISSIS- rgca) irrevocabile il -OMISSIS-” e “sentenza della Corte d’Appello di -OMISSIS- del -OMISSIS- (proc. -OMISSIS- rgca) irrevocabile il -OMISSIS-”. La dichiarazione resa nel caso di specie, pertanto, sarebbe, ad avviso dell’esponente, oltreché veritiera, anche coerente con le richieste contenute nella modulistica della procedura, completa in relazione alle indicazioni fornite dall’Amministrazione procedente per la compilazione dello spazio concernente i precedenti penali, nonché idonea a consentire i controlli necessari, come del resto testimoniano le verifiche effettivamente compiute, conseguendone la pretestuosità dell’affermazione, contenuta nel provvedimento impugnato, per cui le dichiarazioni del ricorrente sarebbero “estremamente lacunose” e inidonee a soddisfare “il concreto e palese interesse dell’Ateneo ad essere compiutamente informato sulle vicende penali…”.
Il decreto rettorale impugnato, inoltre, secondo la prospettazione attorea, sarebbe illegittimo per aver individuato una causa di esclusione dalla procedura selettiva non prevista dal sistema ordinamentale dei concorsi pubblici (ove rileverebbe ai fini espulsivi soltanto l’eventuale sanzione penale accessoria della “interdizioni temporanea” dai pubblici uffici ex artt. 28 e 29 C.p.), né dal bando laddove questo, tra i requisiti soggettivi per la partecipazione, non prevede il fatto di non aver riportato condanne penali e, all’art. 3, prevede l’esclusione dei candidati, “per difetto dei requisiti”, con decreto motivato del Rettore.
Aggiunge parte ricorrente che il giudizio formulato dal Rettore sull’inaffidabilità del ricorrente a causa della ritenuta reticenza della dichiarazione ne traviserebbe il dato oggettivo, attribuendo al dichiarante l’inesistente volontà di filtrare o trattenere elementi rilevanti ai fini degli accertamenti che competono alla p.A.; in realtà, l’istruttoria espletata dall’Amministrazione, al fine di acquisire copia dei provvedimenti penali emergenti dalla indicata ordinanza della Corte d’Appello di -OMISSIS-, non costituirebbe aggravamento del procedimento stante i compiti attribuiti al responsabile del procedimento dall’art. 6 della Legge n. 241 del 1990. Soggiunge sul punto la difesa attorea che tale giudizio di inaffidabilità si paleserebbe contraddittorio rispetto al rapporto in essere tra l’Ateneo ed il ricorrente, contemplato quale “referente scientifico” nell’ambito di un accordo di collaborazione tra l’Università procedente e -OMISSIS-.
Con il secondo capo di doglianze “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18, legge 30 dicembre 2010, n. 240 – Violazione e/o falsa applicazione del Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, approvato con decreto del Rettore dell’Università di -OMISSIS- dell’8.2.2021 – Violazione e/o falsa applicazione della lex specialis della procedura e in particolare degli artt. 1, 2, 3 e 5 – Eccesso di potere per violazione dei principi in materia concorsuale – Eccesso di potere per violazione del principio di affidamento – Eccesso di potere per violazione del principio del favor partecipationis – Eccesso di potere per violazione dei principi di lealtà e buona fede nei rapporti con il privato – Ingiustizia manifesta – Sviamento. Eccesso di potere per incompetenza e carenza di potere in concreto”, parte ricorrente censura che l’apprezzamento della rilevanza dei precedenti penali dell’esponente non sarebbe previsto da alcuna norma nazionale né prescritto dall’ordinamento accademico.
Secondo la prospettazione attorea, la valutazione dei precedenti penali del candidato (il titolo di reato oggetto di condanna e/o le condotte concrete che l’hanno determinata) ai fini dell’ammissione alla selezione per la chiamata nel ruolo di professore di prima fascia non è fattispecie disciplinata nella fonte primaria regolatrice della materia, ossia nell’art. 18, comma 1, Legge n. 240/2010, che demanda agli Atenei, mediante propri regolamenti, la fissazione delle regole generali da applicare alle procedure in questione: nel caso di specie non conterrebbero previsioni al riguardo né il Codice Etico dell’Università di -OMISSIS-, né il Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia (adottato dal medesimo Ateneo in attuazione della normativa statale) emanato dal Rettore con decreto dell’8 febbraio 2021, che, nulla dicendo a proposito delle condanne penali eventualmente subite dai candidati, delega all’atto d’indizione della procedura, tra l’altro, l’individuazione delle specifiche funzioni che il professore dovrà svolgere e dei requisiti soggettivi per l’ammissione alla procedura, nonché l’indicazione degli standard qualitativi cui la Commissione dovrà attenersi nella valutazione (art. 3, comma 2).
Nemmeno la lex specialis nel caso concreto prevedeva, sottolinea l’esponente, che l’accesso alla competizione fosse condizionato alla preventiva valutazione dell’Amministrazione universitaria delle eventuali condanne riportate e della relativa compatibilità con le funzioni messe a concorso.
Segnatamente, la difesa attorea evidenzia che il bando:
– fissa, all’art. 2, i Requisiti soggettivi per l’ammissione, senza che vi figurino clausole legate ai precedenti penali, né “immediatamente escludenti”, che con assoluta certezza precludano la partecipazione al mero, formale riscontro di una condanna, né relativo-valutative, che implichino un apprezzamento della dell’Amministrazione circa la rilevanza di eventuali pronunce penali, la compatibilità di queste con le funzioni oggetto di selezione e la decisione circa l’ammissione del candidato;
– precisa, all’articolo successivo, che l’ammissione dei partecipanti è soggetta a riserva (art. 3, comma 1) e attribuisce al Rettore la competenza a disporre con decreto motivato, in qualsiasi momento, l’esclusione per difetto dei requisiti (art. 3, comma 2);
– non fa menzione alcuna della questione dei precedenti, nemmeno laddove il bando individua le funzioni che il Professore dovrà svolgere (art. 1), i criteri generali di valutazione e i relativi standard qualitativi (artt. 1 e 5).
Evidenzia ancora la ricorrente che, quanto alle modalità di partecipazione, previste all’art. 4 del bando, si rinviava al modello di domanda (all’applicativo informatico dedicato) e che questo richiedeva al candidato di dichiarare e specificare le eventuali condanne subite, ma, secondo la tesi attorea, in assenza di previsioni del bando al riguardo, detta richiesta non poteva in alcun in modo essere intesa, in sede applicativo-interpretativa, salvo violare i principi in materia, quale indiretto riferimento a una condizione d’ammissione implicita, attributiva all’Amministrazione di un potere valutativo-discrezionale: il Rettore, in definitiva, avrebbe applicato una clausola di esclusione non tipizzata, in contrasto con i principi generali della materia concorsuale (laddove la richiesta relativa alle condanne penali va interpretata come finalizzata esclusivamente ad appurare l’eventuale sussistenza di pronunce ex lege ostative alla partecipazione) ed anche con quanto previsto nell’ordinamento del pubblico impiego in cui il requisito della c.d. buona condotta quale condizione di istituzione del rapporto è stato definitivamente espunto sino dal 1984 con la Legge n. 732, non rappresentando più un requisito della nomina, da accertarsi ex ante (citando Corte Cost. n. 971/1988).
Sottolinea, quindi, la difesa attorea che il passaggio motivazionale della decisione rettorale in esame (“… l’Amministrazione ha espresso tramite bando e relativa modulistica puntuali e precise esigenze conoscitive statuendo, in modo chiaro e univoco, la volontà di essere informata in merito a eventuali condanne penali in capo ai singoli candidati, così da poter esattamente e compiutamente valutare l’integrità personale e professionale dei candidati e la loro stessa affidabilità”) non troverebbe alcun riferimento nella lex specialis né esplicito né induttivo, introducendo surrettiziamente una causa di esclusione non prevista; tale modus agendi, poi, sarebbe tanto più censurabile ove si consideri che “(…) da chi esercita una funzione amministrativa, costituzionalmente sottoposta a principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.), il cittadino si aspetta uno sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento, rispetto a quello che si attenderebbe dal quisque de populo” (citando Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5).
Rimarca l’esponente che, pur in presenza dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui nelle procedure di reclutamento “la condanna penale può certamente essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale ove ad essa si accompagni una autonoma e specifica valutazione della Amministrazione sulla gravità dei reati commessi (cfr. in tal senso Cons. St. VI, 27 dicembre 2000, n.6883; 20 gennaio 2006, n. 130)” (Cons. Stato, sez. III, 26 agosto 2011, n. 4812), questo presuppone che il bando di concorso abbia quantomeno previsto, con apposita clausola, tra i requisiti di ammissione, il possesso di qualità morali o di condotta e che la procedura sia riconducibile al reclutamento inteso come immissione in servizio, mentre nel caso di specie si tratterebbe di mera valutazione comparativa di candidati da parte della Commissione (Regolamento dell’Università degli Studi di -OMISSIS- dell’8 febbraio 2021, art. 7), concludendosi previa verifica della “sussistenza di irregolarità” (art. 8, co. 3), con l’approvazione rettorale della “correttezza formale degli atti” (co. 6), la pubblicazione di questi (co. 7) e la relativa trasmissione “al Dipartimento che ha richiesto l’attivazione della procedura” ai fini della successiva chiamata (co. 8), fasi ulteriori autonome; da ciò, quindi, l’esponente desume che la valutazione discrezionale circa la compatibilità delle condanne penali subite dal candidato con le funzioni accademiche messe a concorso andrebbe effettuata in seno al “procedimento di chiamata” ex art. 9 del Regolamento e non sarebbe di competenza del Rettore, bensì del Consiglio di Dipartimento che delibera la proposta, o del Consiglio di Amministrazione che l’approva.
Ulteriormente, la difesa attorea aggiunge che il ricorrente è già professore di prima fascia della materia messa a concorso e quindi appartiene già all’ordinamento universitario senza che le condanne penali riportate gliene abbiano precluso la permanenza, facendone derivare che quella in esame sarebbe una sorta di clausola di esclusione ad personam, che varrebbe solo per il ricorrente ed esclusivamente per l’Università degli Studi di -OMISSIS-, perpetuando gli effetti di una serie di condanne penali che hanno comunque dato luogo alla conclusiva ordinanza della Corte di Appello di -OMISSIS- n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, con la quale è stata disposta l’applicazione della “pena principale e complessiva in anni 2 di reclusione, ferma restando la sospensione condizionale della pena”, e disconoscendo, così, la mitezza di tale condanna e la funzione “risocializzante” di essa.
Infine, sottolinea parte ricorrente, la condanna penale può essere causa di esclusione dalla procedura di reclutamento “in virtù del parallelismo tra i requisiti di accesso e i requisiti per il mantenimento della posizione di pubblico impiego” (citando Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 130), ma nel caso di specie le condanne penali di cui si discute non pregiudicano, in base alle rispettive discipline di settore, né la posizione di professore universitario di prima fascia, né quella di dirigente sanitario.
Il terzo motivo di ricorso “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, comma 4, lett. F e 3, comma 2, Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, approvato con decreto del Rettore dell’Università di -OMISSIS- dell’8.2.2021 – Violazione e/o falsa applicazione della lex specialis della procedura e in particolare dell’art. 1 – Incompetenza – Sviamento” è rivolto a censurare nel merito la valutazione compiuta dal Rettore circa l’incompatibilità delle condanne penali con le funzioni messe a concorso.
Evidenzia la difesa attorea che l’Ateneo avrebbe applicato nel caso di specie una sanzione interdittiva atipica e non prevista dall’ordinamento, frutto di una valutazione atomistica ed isolata del “precedente”, nel senso di ritenere automaticamente ostativa alla costituzione del rapporto la condanna riportata dal ricorrente.
L’assunto attoreo si articola sulle seguenti considerazioni:
– il provvedimento gravato, dopo aver ricordato che le condotte contestate in sede penale al ricorrente sono state “poste in essere nello svolgimento dell’attività professionale in regime di intramoenia, in qualità di dirigente medico presso la ASL di -OMISSIS-”, osserva che i precedenti in questione rappresenterebbero un pericolo per gli interessi dell’Ateneo, oltreché per “il buon nome e l’integrità” del medesimo, in quanto la sua “… eventuale chiamata … determinerebbe necessariamente l’assunzione di un incarico dirigenziale presso l’AOU di -OMISSIS- …, che in nulla differirebbe da quello già svolto in passato …”;
– tale considerazione si spinge a valutare la buona condotta del concorrente, mentre la possibilità di questo accertamento è stata espunta dall’ordinamento sino dal 1984;
– l’iter logico seguito dal Rettore – nel ritenere che il precedente penale osti all’instaurazione di un rapporto che contempli anche la dirigenza dell’AUO di -OMISSIS- – non consente di comprendere funditus in quale modo le funzioni richieste dal Bando potrebbero essere pregiudicate, in concreto, dalla condanna penale subita dal Prof. -OMISSIS-;
– l’Amministrazione omette di considerare che le condanne suddette riguardano la gestione dei corrispettivi di alcune prestazioni libero-professionali intramurarie e ciò non riguarda le capacità di ricerca, didattiche e assistenziali oggetto della selezione, mentre le funzioni cui è chiamato il vincitore, alla luce delle indicazioni contenute nel bando (che recepisce quanto stabilito dal Consiglio di Dipartimento al momento della richiesta di attivazione della procedura selettiva ai sensi dell’art. 18, co. 1, lett. A, Legge n. 240/2010 e dell’art. 2, comma 4, lett. F del Regolamento universitario), non coinciderebbero con l’attività assistenziale, ma risultano circoscritte a quanto sia strettamente “… funzionale alle esigenze di ricerca e formative dei Corsi di Laurea e delle Scuole di Specializzazione che prevedono insegnamenti del SSD, con particolare riferimento alle patologie infiammatorie e neoplastiche della cute”;
– l’affidamento di ulteriori incarichi e responsabilità, gestionali e di budget, correlate, per esempio, alla direzione di una struttura, rappresenta una mera eventualità, la cui decisione compete al Direttore generale dell’Azienda (art. 5, d.lgs. n. 517/99; art. 37 dell’Atto aziendale), cui spetterebbe, nel caso, valutare l’affidabilità del soggetto ai fini della responsabilità gestionale e di budget;
– il richiamo al buon nome e all’integrità dell’Ateneo si presenta pretestuoso e del tutto contraddittorio, considerato che il ricorrente è il referente scientifico dell’Università -OMISSIS- nell’ambito della collaborazione intrapresa da quest’ultima con l’Università di -OMISSIS- nel 2019 con convenzione sottoscritta dai rispettivi Rettori.
Conclude la difesa attorea evidenziando, che una volta annullata l’esclusione dal concorso del ricorrente ne risulterebbero derivatamente invalidi sia la individuazione del vincitore del concorso da parte della Commissione di valutazione, sia il decreto del Rettore dell’Università di -OMISSIS- che l’ha approvato, nonché i relativi atti dell’Università a seguito dei quali il vincitore è stato chiamato ed ha assunto a partire dall’1 agosto 2022 le funzioni di professore di prima fascia con le conseguenti responsabilità assistenziali.
Il controinteressato Prof. -OMISSIS-, che si è costituito in giudizio, premesse alcune considerazioni sulle qualità accademiche del ricorrente rispetto a quelle proprie al fine di sostenere l’insussistenza di un principio di prova sull’interesse a ricorrere (c.d. prova di resistenza), circa la questione relativa alla completezza della dichiarazione sulle condanne penali controdeduce che:
– le linee guida erano chiare nel precisare che occorreva “specificare le condanne penali riportate”, non lasciando ciò spazio ad una incompleta dichiarazione quale quella presentata dal ricorrente (l’ordinanza n. -OMISSIS- della Corte di Appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS-, emessa per la rideterminazione della pena ex art. 671 C.p.p., in applicazione della disciplina della continuazione);
– i requisiti soggettivi in assenza dei quali il Rettore, come da previsione della lex specialis, poteva non ammettere un candidato erano precisati nell’art. 2 del bando ed erano quelli specifici per il posto da ricoprire e per le relative funzioni (coincidenti con quelli prescritti dall’art. 18, comma 1, lett. b), della L. n. 240/2010 e dall’art. 4 del “Regolamento per la disciplina della procedura di chiamata dei professori di prima e seconda fascia” adottato dall’Ateneo), a cui si aggiungono quelli di carattere generale che i candidati debbono comunque possedere per poter instaurare/proseguire un rapporto contrattuale con la pubblica Amministrazione;
– l’art. 4 del bando prevedeva che la domanda di partecipazione alla selezione dovesse essere presentata (unitamente al curriculum e alle pubblicazioni), a pena di esclusione, per via telematica e utilizzando l’applicazione informatica dedicata PICA, ovvero seguendo lo schema telematico e completando i vari paragrafi con tutte le informazioni richieste, pertanto, come ammesso dal ricorrente, il modello di domanda prevedeva l’indicazione della sussistenza o meno di condanne penali e, in caso affermativo, la specificazione delle condanne penali riportate, intendendosi così non solo le pene ricevute ma anche i reati commessi ed accertati, e perciò l’indicazione da parte del ricorrente della sola ordinanza del 2019 costituirebbe omissione di una indicazione prevista dallo schema di domanda ed esulerebbe dal perimetro del soccorso istruttorio non trattandosi di mera irregolarità documentale ma di chiara omissione.
Sulla censura relativa alla valutazione della rilevanza delle condanne penali, il controinteressato evidenzia che:
– sulla valutazione compiuta dal Rettore, le fonti cui fare riferimento non sarebbero unicamente la L. n. 240/2010 e il “Regolamento per la disciplina delle procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia” adottato dall’Università di -OMISSIS- e dal bando di concorso, bensì anche il D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle forme di assunzione nei pubblici impieghi) ed il D.L.vo 30 marzo 2001 n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; in particolare con riferimento all’art. 35-bis sulle preclusioni agli incarichi ed alle funzioni scaturenti da condanne penali per reati contro la pubblica Amministrazione), le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost., e ulteriormente andrebbero considerati il D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), la L. 27 marzo 2001 n. 97 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche), nonché gli artt. 28, 29, 32-ter, 32-quater, 32-quinquies (sulla estinzione del rapporto di lavoro pubblico in seguito a condanne non inferiori a due anni per delitti di cui agli artt. 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma e 320) del Codice Penale e l’art. 3 del D.L.vo 8 aprile 2013 n. 39 (Inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica Amministrazione), nonché le clausole generali di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.) oltre ai principi fondamentali e inderogabili di trasparenza e imparzialità della pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.);
– la valutazione delle condanne penali è doverosa e la condanna penale può certamente essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale ove ad essa si accompagni una autonoma e specifica valutazione della P.A. sulla gravità dei reati commessi (citando Cons. Stato 27/12/2000 n. 6883; Cons. Stato 20/1/2006 n. 130; Cons. Stato 26/8/2011 n. 4812);
– l’esclusione poteva essere comminata nel caso di specie non solo in relazione ai requisiti specifici di cui all’art. 2 del bando ma anche in ragione della mancanza di quelli generali, e la disamina della rilevanza delle condanne riportate in ragione del ruolo selezionato è ampia e ragionevolmente formulata;
– le condanne per peculato nello svolgimento della professione sanitaria intramoenia comportano un disvalore che impedisce l’attribuzione di incarichi dirigenziali cui la funzione di professore ordinario di prima fascia è assimilabile data la posizione apicale accademica e considerato, in ragione del convenzionamento tra Ateneo ed Azienda USL, lo svolgimento dell’attività assistenziale in qualità di dirigente di strutture;
– l’Ateneo aveva il compito di selezionare i candidati considerando l’eventuale incompatibilità degli addebiti con le funzioni da assegnare (indicate anche nel bando) e l’incidenza degli stessi sulla costituzione e/o sul regolare svolgimento del rapporto di lavoro, indipendentemente dai poteri che competono al direttore dell’Azienda USL;
– la qualità di referente scientifico in capo al ricorrente sarebbe una mera coincidenza in quanto soggetta a continuo mutamento a fronte di un convenzionamento interuniversitario che avvince gli Atenei e non i singoli referenti.
L’Avvocatura dello Stato, investita della difesa dell’Università degli Studi di -OMISSIS-, sul potere valutativo del Rettore controdeduce che la sua competenza sui requisiti dei candidati è prevista dal Regolamento di Ateneo disciplinante le procedure di chiamata (in particolare nell’art. 7), nonché dall’art. 3 del bando, che non affidano tale compito alla Commissione; perciò l’esclusione per assenza di un requisito deve essere disposto con provvedimento motivato del Rettore e, conseguentemente, qualsiasi altra causa di esclusione deve essere formalizzata in un provvedimento del Rettore stesso che, secondo il Regolamento di Ateneo richiamato dal bando, ha il compito di accertare la regolarità formale degli atti.
Sul profilo accademico del ricorrente, l’Amministrazione sottolinea che la asserita superiorità accademica del ricorrente, oltre ad essere infondata in quanto non sorretta da idonea prova dei titoli vantati né dall’indicazione di pubblicazioni della pretesa rilevanza accademica, è questione che esula dall’oggetto del gravame e non è connessa alle cause che hanno determinato l’esclusione del ricorrente dalla procedura.
Con riferimento alla reticenza e lacunosità delle dichiarazioni, l’Ateneo evidenzia che:
– il modello di domanda di partecipazione (all. 36) per quanto di interesse, nella parte numerata 7.2 e denominata “ulteriori dichiarazioni”, richiedeva l’indicazione precisa dei dati (Condanne penali, Specificare le condanne penali riportate, Procedimenti penali), e perciò dalla formulazione del format della domanda, non modificabile, emerge che l’Ateneo richiedeva dichiarazioni da cui si potesse conoscere se i candidati avessero riportato condanne penali a loro carico e di che tipo, per appunto valutarne l’eventuale rilevanza circa il posto messo a bando;
– il ricorrente ammetteva di avere condanne penali a suo carico, senza null’altro aggiungere in merito al tipo di condanna e dunque al reato addebitato, e nemmeno nel riquadro relativo a “specificare le condanne penali riportate” si preoccupava di indicare la tipologia di condanna e, dunque, la pena irrogata, limitandosi a dichiarare “Ordinanza -OMISSIS- Corte di Appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS-”;
– stante la portata della dichiarazione, l’Ateneo ha dovuto procedere ad un approfondimento istruttorio dal quale è emerso che tali dati si riferivano non ad una sentenza di condanna bensì a un’ordinanza di rideterminazione della pena, adottata dal giudice dell’esecuzione penale ai sensi dell’art. 671 C.p.p. e pronunciata su richiesta della parte, in conseguenza di due condanne irrevocabili per peculato, sicché la sola indicazione di tale provvedimento non è stata valutata sufficiente e si è ritenuta non rispettosa del vincolo dichiarativo che il ricorrente ha assunto sottoscrivendo la domanda ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, oltreché in violazione del principio generale di autoresponsabilità, che impone ai concorrenti di operare in buona fede e in maniera del tutto trasparente ed in base al quale il ricorrente avrebbe dovuto indicare sia il provvedimento di rideterminazione della pena, sia nello specifico le sentenze di condanna subite che erano certamente a lui note;
– la possibilità in capo all’Amministrazione di reperire le informazioni non esime il partecipante dall’assolvere all’onere dichiarativo che lui stesso assume, poiché il potere di verifica della veridicità delle dichiarazioni rese non deve tramutarsi in onere di integrazione di dichiarazioni incomplete e lacunose fondamentalmente reticenti, e quindi non deve essere imposto all’Amministrazione di ricavare aliunde informazioni che il ricorrente, sottoscrivendo la domanda, si era impegnato a rendere secondo verità e completezza;
– la dichiarazione resa dal ricorrente deve necessariamente considerarsi reticente e lacunosa e, pertanto, non conforme agli oneri dichiarativi assunti, poiché tendeva a nascondere la pluralità di reati per cui era intervenuta condanna (menzionando l’ordinanza di rideterminazione della pena in sede esecutiva anziché i titoli di condanna), il titolo dei reati (il peculato è un grave reato contro la pubblica Amministrazione cui di norma conseguono anche sanzioni penali accessorie) e la gravità in concreto delle condotte (perché in sede esecutiva la pena può essere, appunto, rideterminata in diminuzione, ma per applicazione dell’istituto della continuazione);
– il rapporto di collaborazione con l’Ateneo in qualità di referente scientifico non ha incidenza in positivo né in negativo con un giudizio propedeutico ad una eventuale immissione in ruolo a tempo indeterminato.
Sulla valutazione della rilevanza delle condanne rispetto alla funzione selezionata l’Università di -OMISSIS- rimarca che:
– la documentazione costituente la lex specialis della procedura ha espresso in maniera manifesta la volontà dell’Università di conoscere alcune informazioni inerenti al profilo dei candidati, e il modello di domanda di partecipazione, infatti, così come formulato, prevedeva di indicare in maniera chiara e precipua le condanne subite e di specificare la tipologia di tali condanne e anche se vi fossero procedimenti penali pendenti, il che smentisce la tesi attorea perché il dato testuale non consente di ritenere la richiesta limitata ad accertare che non vi fossero cause di esclusione automatica (come nel caso dell’interdizione dai pubblici uffici);
– vi sono consolidati orientamenti giurisprudenziali, ai sensi dei quali la condanna penale, se non è di per sé preclusiva della costituzione del rapporto di pubblico impiego, può certamente essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale ove ad essa si accompagni una autonoma e specifica valutazione dell’Amministrazione sulla gravità dei reati commessi (con riferimento a Cons. St. VI, 27 dicembre 2000, n. 6883; 20 gennaio 2006, n. 130; sez. III, sent. n. 4812 del 26 agosto 2011), e nel caso di specie l’esistenza di due condanne penali definitive per peculato inevitabilmente assumono rilievo decisivo, per cui tale circostanza, previa valutazione del caso concreto, sarebbe già idonea a comportare il licenziamento del lavoratore, se già in servizio e, quindi, a maggior ragione, risulta idonea a impedire la costituzione di un nuovo rapporto;
– è pacifico, oltre che risultante dalla documentazione versata in atti, che il ricorrente ha riportato in sede penale due condanne irrevocabili per reati di cui all’art. 314 C.p. (peculato), svolgendo la medesima attività che il vincitore della procedura dovrà esercitare una volta chiamato e preso servizio, e tali plurime condanne sono state considerate in evidente conflitto con gli interessi tutelati dalla p.A. e con le specifiche funzioni da attribuire al chiamato;
– l’assunto attoreo che il motivo di esclusione dalla procedura (rilevanza delle condanne penali) non sia applicabile al caso concreto poiché si tratterebbe di mera procedura preordinata alla sola valutazione comparativa dei candidati costituisce un grave travisamento del procedimento di reclutamento dei professori di prima fascia delle Università italiane che si articola (ex art. 18, comma 1, della Legge n. 240 del 2010, c.d. Legge Gelmini) in tre macrofasi (programmazione, concorsuale, proposta di chiamata dal Dipartimento interessato che precede l’eventuale immissione in ruolo) in cui il Dipartimento avanza la richiesta di reclutamento (indicando il tipo di procedura prescelta che, nel caso di specie, è una procedura selettiva ai sensi dell’art. 18, comma 1, della Legge n. 240 del 2010), la Commissione individua il candidato comparativamente migliore, il Rettore propone la chiamata ed il Dipartimento richiede al Consiglio di Amministrazione l’approvazione delle singole procedure (soprattutto in riscontro alle disponibilità finanziarie), sicché ogni organo assolve alle proprie funzioni e sull’immissione in ruolo l’ultima parola spetta al Dipartimento e al Consiglio di Amministrazione, la valutazione del profilo accademico spetta alla Commissione all’uopo nominata, il controllo sulla regolarità formale degli atti e, dunque, sul possesso dei requisiti di ammissione e su eventuali cause di esclusione spetta al Rettore, per il tramite delle istruttorie poste in essere dai responsabili del procedimento, di volta in volta competenti;
– contrariamente alla tesi attorea, la valutazione sulle cause di esclusione dichiarate non può avvenire in sede di Consiglio di Dipartimento, e benché la valutazione possa essere svolta anche in un momento successivo, financo all’approvazione degli atti, i controlli di natura amministrativa sulla presenza dei requisiti soggettivi e sull’assenza di cause di esclusione vengono posti in essere, di norma e ragionevolmente, prima che la documentazione venga trasferita alla Commissione per la valutazione dei titoli.
Il Collegio, illustrate le posizioni delle parti, osserva, quale premessa generale, che il gravato provvedimento di esclusione del ricorrente dalla procedura selettiva è un atto plurimotivato, come già evidenziato dal Consiglio di Stato, Sez. VII, nell’ordinanza n. 5388 del 16 novembre 2022 resa in appello a conferma dell’ordinanza di questa Sezione di rigetto dell’istanza cautelare (laddove non ravvisa il presupposto del fumus boni iuris atteso che: “a) il provvedimento di esclusione dell’appellante dalla procedura concorsuale de qua è motivato non solo con riguardo alla carenza della dichiarazione resa in sede di partecipazione al concorso (non avendo questi dichiarato espressamente le condanne penali ricevute, ma solo richiamato il provvedimento della Corte d’appello di -OMISSIS-, che disponeva la rideterminazione della pena), ma anche con riguardo alla inidoneità del profilo del candidato (proprio in ragione delle condanne penali riportate) rispetto alle funzioni non solo accademiche, ma di tipo gestionale, connesse alla nomina quale professore ordinario presso l’Università degli Studi di -OMISSIS-; b) la sospensione condizionale della pena, se non costituisce ex se causa ostativa all’accesso ai pubblici impieghi, non preclude alla Amministrazione la disamina delle condanne penali riportate ai fini della irrogazione di sanzioni disciplinari (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 maggio 2008 n. 2533) o, come in questo caso, ai fini della valutazione della idoneità del candidato rispetto alle funzioni pubbliche da svolgere”).
Di conseguenza, si richiama il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha più volte ribadito che “in presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale (ex plurimis Cons. Stato, sez. V, sent. 7 giungo 2019, n. 3847; 14 giugno 2017, n. 2910; 12 settembre 2017, n. 4297; 21 agosto 2017, n. 4045)” (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5658 del 30 giugno 2025).
Quanto alle censure attoree, si principia logicamente dalla disamina della doglianza relativa alla asserita incompetenza del Rettore nel decidere dell’esclusione del candidato ricorrente.
Va rilevato che il potere valutativo del Rettore sui requisiti si evince dal Regolamento di Ateneo disciplinante le procedure di chiamata dei professori di prima e seconda fascia (art. 8, comma 6: “Il Rettore approva la correttezza formale degli atti”; doc n. 4 Ateneo) nonché dall’art. 3 del bando relativo alla procedura selettiva in esame (“I candidati sono ammessi con riserva alla procedura selettiva. L’esclusione, per difetto dei requisiti, è disposta con decreto motivato del Rettore in qualsiasi momento della procedura”; doc n. 2.1 ricorrente); tali norme, in effetti, non sono poste in discussione in relazione alla loro legittimità ricordando parte attrice che, per il reclutamento dei professori universitari, la Legge n. 240 del 2010 delega le disposizioni di dettaglio alla normazione universitaria.
A conferma di ciò parte attrice, pur invocando la competenza di altri organi sul potere di esclusione dalla procedura per mancanza dei requisiti, non indica la fonte normativa dalla quale questa sarebbe sancita, adducendo unicamente che quella de qua si sostanzierebbe in una “mera” procedura di valutazione comparativa e non di un procedimento preordinato al reclutamento; tuttavia, va osservato che, come riconosciuto dall’esponente, il procedimento in esame è articolato dal Legislatore in una sequenza complessa di atti di cui, inequivocabilmente, il segmento in esame, oltre al nomen iuris, è chiaramente ascrivibile alla tipologia del concorso pubblico per l’assunzione di un dipendente a tempo indeterminato.
Ne sono evidenti connotati il bando – riconosciuto da parte ricorrente quale lex specialis della selezione –, la partecipazione dei candidati, la valutazione della Commissione, l’individuazione del vincitore della selezione; il controllo dei requisiti, poi, come in tutti i procedimenti appartenenti a tale categoria, può essere effettuato ex ante o ex post rispetto alla valutazione della Commissione e sul punto, difatti, l’esponente non individua alcun divieto. Infine, la successiva fase di chiamata ed effettiva immissione in ruolo appartiene, come condivisibilmente evidenziato dall’Avvocatura dello Stato, ad un segmento successivo di controllo ed approvazione legato agli atti programmatori ed alle verifiche di copertura finanziaria, connotandosi quale fase interna autonoma da quella ad evidenza pubblica.
Pertanto, trattandosi evidentemente di procedura concorsuale, il dato normativo surriferito consente di ritenere conclamata la competenza del Rettore a spendere il potere valutativo sul difetto dei requisiti ed a disporre l’esclusione “con decreto motivato” e “in qualsiasi momento della procedura”; d’altronde, anche la difesa attorea riconosce che la giurisprudenza (cfr., tra le altre, anche Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8760 del 31 dicembre 2021) ritiene che nelle procedure di reclutamento “la condanna penale può certamente essere causa di esclusione dalla procedura concorsuale ove ad essa si accompagni una autonoma e specifica valutazione della Amministrazione sulla gravità dei reati commessi (cfr. in tal senso Cons. St. VI, 27 dicembre 2000, n.6883; 20 gennaio 2006, n. 130)”, quando il bando di concorso abbia previsto con apposita clausola, tra i requisiti di ammissione, il possesso di qualità morali o di condotta (come previsto nel caso di specie dall’art. 4 del bando che rinvia al modulo dichiarativo dove è richiesta la dichiarazione relativa alla presenza di condanne penali nonché la specificazione delle stesse in sezione, come si avrà modo di osservare, distinta da quella relativa ai requisiti soggettivi) e la procedura sia riconducibile al reclutamento, come nella fattispecie de qua.
Sull’ampiezza di tale potere valutativo, parte ricorrente non adduce alcun elemento normativo che espressamente comprima la discrezionalità amministrativa in materia ad ipotesi tassative e vincolate: la sussistenza di cause di automatica esclusione previste dalla legge (come l’interdizione dai pubblici uffici), pertanto, non si risolve in una diretta e assoluta limitazione del potere valutativo in capo al Rettore.
Di conseguenza, il potere discrezionale esercitato va scrutinato sotto il profilo della non manifesta irragionevolezza e dell’assenza di travisamento del fatto.
Il provvedimento di esclusione gravato (doc. n. 1 ricorrente), per la parte che interessa la censurata correttezza dichiarativa nonché la consistenza delle condanne, rileva in fatto:
– “il Prof. -OMISSIS-, nella propria domanda di partecipazione, dichiarava di aver riportato condanne penali indicando, nella sezione dedicata all’elencazione delle relative condanne, il seguente provvedimento “Ordinanza -OMISSIS- della Corte di Appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS-”. Contestualmente dichiarava di non avere procedimenti penali in corso”;
– “con nota assunta a prot. di Ateneo n. -OMISSIS- in data -OMISSIS-, la Procura della Repubblica di -OMISSIS- trasmetteva le suddette sentenze; è stato così possibile comprendere che i procedimenti penali a carico del Prof. -OMISSIS-, si sono conclusi con le seguenti condanne: a) sentenza emessa dalla Corte d’Appello di -OMISSIS-, in data -OMISSIS-, n -OMISSIS-, (proc. -OMISSIS- RGCA depositata in data -OMISSIS-, divenuta irrevocabile in data -OMISSIS- – condanna per reati ex. art. 314 c.p. (peculato); b) sentenza della Corte d’Appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS- n. -OMISSIS- proc. -OMISSIS- RGCA depositata in data -OMISSIS- divenuta irrevocabile in data -OMISSIS- per reati ex art. 314 c.p. (peculato)”;
– “acquisito, inoltre, in data -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS-, il certificato e la visura del casellario giudiziale da cui è emerso che il Prof. -OMISSIS- è stato condannato alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, pena contestualmente sospesa, e poi rideterminata per riconoscimento della continuazione del reato, in ottemperanza al provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione penale ex art. 671 c.p.p. sopra citato”.
I fatti così acquisiti sono stati apprezzati dall’Amministrazione, quanto alla correttezza dichiarativa, come segue:
– “considerato, che l’Amministrazione ha espresso tramite bando e relativa modulistica, puntuali e precise esigenze conoscitive statuendo, in modo chiaro e univoco, la volontà di essere informata in merito a eventuali condanne penali in capo ai singoli candidati, così da poter esattamente e compiutamente valutare l’integrità personale e professionale dei candidati e la loro stessa affidabilità”;
– “ritenuto che il candidato, sottoscrivendo la domanda di partecipazione al bando indetto ha assunto, come precisato al punto 7.4. della domanda di partecipazione, un espresso obbligo dichiarativo, ex d.p.r. 445 del 2000”;
– “constatato che il concorrente ha fornito informazioni estremamente lacunose, non soddisfacendo il concreto e palese interesse dell’Ateneo ad essere compiutamente informato sulle vicende penali che lo hanno riguardato”;
– “ritenuto che in tal modo il candidato, anziché consentire all’Amministrazione di valutare la rilevanza delle condanne, al contrario, ha obbligato l’Amministrazione a porre in essere un’aggiuntiva e complessa attività istruttoria, per individuare aliunde elementi che dovevano essere oggetto di precisa dichiarazione”;
– “considerato che, alla luce delle dichiarazioni incomplete rese, ragionevolmente, l’Amministrazione è indotta a ritenerle reticenti e, per ciò stesso, idonee a compromettere il rapporto fiduciario, presupposto indispensabile per l’instaurazione di un rapporto di correttezza istituzionale”.
Quanto all’apprezzamento della consistenza delle condanne, l’iter logico si presenta come segue:
– “ritenuta la necessità di compiere una valutazione sulle circostanze emerse e sulla loro rilevanza ai fini della partecipazione del candidato alla procedura in questione, considerato l’obbligo di ponderazione tra interesse pubblico e interesse privato che investe la Pubblica Amministrazione, nello svolgimento delle sue attività”;
– “considerato, più in particolare, che dalla lettura delle sentenze emerge che il Prof. -OMISSIS- si è reso colpevole di ripetute numerose condotte configuranti il reato di peculato, ex art. 314 c.p., che, come noto, è previsto nel Libro secondo, Titolo II, Capo I rubricato “Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”, poste in essere nello svolgimento dell’attività professionale in regime di intramoenia, in qualità di dirigente medico presso la ASL di -OMISSIS-”;
– “considerato che il candidato Prof. -OMISSIS-, sebbene la pena sia stata sospesa e successivamente rideterminata per riconoscimento della continuazione del reato, è stato destinatario di due condanne definitive con pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni”;
– “precisato che i professori universitari afferenti al Dipartimento di Medicina e Chirurgia operano in regime di convenzione ai sensi del D.lgs. n. 517/1999, con la Azienda sanitaria locale e, pertanto, lo svolgimento delle attività di didattica e di ricerca è strettamente connesso e inscindibile dallo svolgimento di attività assistenziali”;
– “valutato che l’eventuale chiamata del Prof. -OMISSIS- determinerebbe necessariamente l’assunzione di un incarico dirigenziale presso l’AOU di -OMISSIS-, stante il ben noto principio di inscindibilità tra l’attività assistenziale e l’attività didattica e di ricerca”;
– “considerato dunque che la sua chiamata gli consentirebbe di assumere un impiego con un elevato livello di responsabilità, che in nulla differirebbe da quello già svolto in passato e nel corso del quale ha posto in essere ripetute condotte accertate in diversi dibattimenti quali penalmente rilevanti, in chiaro conflitto con gli interessi dell’Ateneo”;
– “ritenuto che, in ragione di quanto sopra, le plurime condanne in capo al candidato, sono da ritenersi rilevanti e ostative all’ammissione dello stesso alla procedura in questione e suscettibili, pertanto, di arrecare un grave pregiudizio all’interesse pubblico, e incompatibili con i beni giuridici affidati alla sua cura e tutela”.
Se ne sono, infine, complessivamente ricavate le seguenti conclusioni:
– “valutato, per tutto quanto sopra premesso ed esposto, di non ammettere e, pertanto escludere il candidato alla procedura bandita e sopra citata, anche al fine di tutelare il buon nome e l’integrità dell’Ateneo”.
La domanda di partecipazione del ricorrente (doc. n. 36 Ateneo), compilata sulla base del modello predisposto dall’Ateneo ed indicato nel bando, al punto 7.2 (“Ulteriori dichiarazioni”), reca – quanto a “Condanne penali” – la dichiarazione “Il candidato dichiara di avere riportato condanne penali” e – quanto a “Specificare le condanne penali riportate” – la dichiarazione “Ordinanza -OMISSIS- della Corte di Appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS-”; inoltre, reca – quanto a “Procedimenti penali” – la dichiarazione “Il candidato dichiara di non avere procedimenti penali in corso” e – quanto a “Pubblica amministrazione” – la dichiarazione “Il candidato dichiara di non essere stato destituito o dispensato dall’impiego presso una Pubblica Amministrazione per persistente insufficiente rendimento ovvero di non essere stato dichiarato decaduto da un impiego statale, ai sensi dell’art. 127, lett. d), del D.P.R. 10.01.1957, n. 3, ovvero di non aver subito la risoluzione del rapporto di impiego per motivi disciplinari”. Ulteriormente, quanto alla voce “In riferimento all’art. 2 del bando”, il candidato ha dichiarato di non avere le parentele o affinità ivi indicate.
Pertanto, dall’articolato motivazionale surriferito è chiaramente evincibile come l’Ateneo non sia incorso in alcun travisamento del fatto, avendo proceduto ad approfondita istruttoria, cui è stato chiamato dall’insufficiente contenuto dichiarativo del ricorrente, nonché ad un approfondimento sulla tipologia e sull’ampiezza delle condanne riportate, compresa la rideterminazione per continuazione.
Risulta, infatti, dal modello così come compilato dall’esponente, che, come del resto confermato dalla difesa attorea, la dichiarazione sulle condanne penali dava conto, alla voce “Specificare le condanne penali riportate” solo degli estremi dell’ultimo provvedimento penale a carico: il dato testuale consente di rilevare che, quantomeno numericamente e tipologicamente, le condanne non sono state specificatamente indicate nel testo dichiarativo, bensì, sono presenti solo gli estremi dell’ordinanza della Corte di Appello di -OMISSIS- che, come confermato dalla difesa attorea, hanno chiamato l’Amministrazione, al di là della doverosità o meno dell’incombente, all’approfondimento istruttorio al fine di avere contezza del numero e della tipologia dei precedenti penali.
Inoltre, emerge chiaramente dal passaggio dichiarativo sopra riportato che il ricorrente, come era predisposto dal modello dell’Ateneo, ha tenuto ben distinte le dichiarazioni sui requisiti ‘generali’ (condanne e procedimenti penali, precedenti misure di destituzione, decadenza o risoluzione presso una pubblica Amministrazione) da quelli ‘soggettivi’ previsti dall’art. 2 del bando (“Requisiti soggettivi per l’ammissione alla procedura selettiva”).
Dagli elementi fattuali appena evidenziati emerge, quindi, che il modello dichiarativo previsto dal bando prevedeva l’indicazione, in separate sedi, dei distinti requisiti partecipativi (soggettivi e generali), dei quali, quello relativo alle condanne penali, doveva essere rivelatore della presenza di precedenti ma anche specificativo degli stessi (nel senso del numero e della tipologia).
Pertanto, non si ravvisa alcun travisamento del fatto, in considerazione dell’approfondita istruttoria cui è stato chiamato l’Ateneo in seguito alla incompleta dichiarazione del ricorrente, atteso che effettivamente dalla dichiarazione dell’esponente non si evince il numero e la tipologia delle condanne penali ma solo gli estremi di un’ordinanza, quindi, le conclusioni tratte sulla incompletezza dichiarativa si fondano su di un dato oggettivo; ulteriormente, non si ravvisa alcun travisamento del fatto in relazione alla consistenza delle condanne penali che, in esito all’approfondita istruttoria, sono state apprese nella loro specificità (numero e tipologia).
Quanto all’articolato motivazionale, ad avviso del Collegio il potere valutativo, sussistente come sopra già disaminato in punto di competenza e di ampiezza discrezionale, non è stato esercitato in modo manifestamente irragionevole, atteso che il gravato atto di esclusione enuclea con chiarezza e coerenza la consistenza dei fatti e le conseguenze che ne trae in punto di incompletezza dichiarativa nonché di difetto dei requisiti (generali).
E’, infatti, logico concludere da una dichiarazione incompleta, come correttamente in fatto apprezzata dall’Ateneo, che la fedeltà dichiarativa sia compromessa; in ogni caso, considerato che l’Amministrazione ha avuto modo, con apposita istruttoria muovendo dal dato (incompleto) fornito, di avere completa contezza dei precedenti penali, in definitiva non si può escludere che sia pure de minimis il contegno dichiarativo vi sia stato. Ciò non significa che la condotta sia esente da mende, considerato che, come ricordato da parte attrice, da chi esercita una funzione amministrativa, costituzionalmente sottoposta a principi di imparzialità e di buon andamento (art. 97 Cost.), è doveroso “uno sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento, rispetto a quello che si attenderebbe dal quisque de populo” (citando Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5).
Quanto al giudizio sulla rilevanza delle condanne penali, censurato con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rispettivamente, sotto il profilo della insussistenza del potere valutativo (secondo motivo) e della inconferenza delle condanne per peculato nello svolgimento intramoenia della professione medica rispetto alle funzioni da conferire all’esito della procedura selettiva (terzo motivo), il Collegio – richiamato quanto già osservato sulla competenza del Rettore nonché sulla ampiezza della discrezionalità amministrativa nel caso di specie – osserva che il requisito generale della assenza di condanne penali rilevanti in riguardo alla posizione professionale posta in concorso emerge chiaramente dalla previsione del bando, che non prescrive l’immediata esclusione in seguito alla mera sussistenza di condanne penali, bensì, richiede l’indicazione specifica delle condanne riportate nella sezione 7.2 del modello di domanda, ben distinta, come visto, da quella relativa ai requisiti soggettivi di cui all’art. 2 del bando. Ciò dimostra la chiara volontà dell’Amministrazione non certo di formalizzare una sanzione interdittiva atipica, come preteso da parte attrice, bensì, di apprezzare, con valutazione discrezionale, la quantità e la tipologia dei precedenti penali al fine di svolgere una compiuta e doverosa valutazione della pregressa condotta dei candidati, quale indice dell’eventuale difetto di un requisito (generale) per l’assunzione di un professore universitario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Tale valutazione, come emerge chiaramente dal dato testuale innanzi riportato, è nel caso di specie ampia ed esaustiva dei profili considerati, tale da dare piena contezza dell’iter logico percorso: la motivazione, infatti, prende in considerazione la funzione posta a bando nonché gli elementi di condivisione con l’attività professionale oggetto delle condanne penali, inferendone una prognosi di inaffidabilità dell’aspirante docente.
Infatti, si legge nel provvedimento impugnato che il ricorrente “si è reso colpevole di ripetute numerose condotte configuranti il reato di peculato, ex art. 314 c.p., che, come noto, è previsto nel Libro secondo, Titolo II, Capo I rubricato “Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”, poste in essere nello svolgimento dell’attività professionale in regime di intramoenia, in qualità di dirigente medico presso la ASL di -OMISSIS-”, si considera che “sebbene la pena sia stata sospesa e successivamente rideterminata per riconoscimento della continuazione del reato, è stato destinatario di due condanne definitive con pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni”, evidenziando che “i professori universitari afferenti al Dipartimento di Medicina e Chirurgia operano in regime di convenzione ai sensi del D.lgs. n. 517/1999, con la Azienda sanitaria locale e, pertanto, lo svolgimento delle attività di didattica e di ricerca è strettamente connesso e inscindibile dallo svolgimento di attività assistenziali” alla luce del fatto che l’eventuale chiamata dell’esponente “determinerebbe necessariamente l’assunzione di un incarico dirigenziale presso l’AOU di -OMISSIS-, stante il ben noto principio di inscindibilità tra l’attività assistenziale e l’attività didattica e di ricerca”; pertanto, rilevato che “la sua chiamata gli consentirebbe di assumere un impiego con un elevato livello di responsabilità, che in nulla differirebbe da quello già svolto in passato e nel corso del quale ha posto in essere ripetute condotte accertate in diversi dibattimenti quali penalmente rilevanti, in chiaro conflitto con gli interessi dell’Ateneo”, il gravato provvedimento conclude che “le plurime condanne in capo al candidato, sono da ritenersi rilevanti e ostative all’ammissione dello stesso alla procedura in questione e suscettibili, pertanto, di arrecare un grave pregiudizio all’interesse pubblico, e incompatibili con i beni giuridici affidati alla sua cura e tutela”.
L’articolato motivazionale, pertanto, risulta completo di tutti gli elementi di fatto rilevati nonché della considerazione delle caratteristiche della funzione posta in concorso, funzione precisata nel bando, all’art. 5 (“Criteri generali di valutazione dei candidati”), laddove è precisato che “Nel caso di posti per i quali sia previsto lo svolgimento di attività assistenziale istituzionale, la valutazione delle attività assistenziali in ambito sanitario è svolta sulla base della congruenza della complessiva attività clinica del candidato con il settore scientifico-disciplinare oggetto della selezione o con settore affine. Sono valutate la durata, la continuità, la specificità e il grado di responsabilità dell’attività assistenziale svolta.”. Nel caso di specie, infatti, si tratta di mansioni che attengono ad attività convenzionata tra l’Ateneo e l’Azienda USL, come chiaramente risulta anche dalle immediate funzioni attribuite al vincitore, restando inconferente la tesi attorea sulla mera eventualità del conferimento dell’incarico dirigenziale assistenziale, che è immediatamente esposto al regime intramoenia coincidente con l’attività per la quale il ricorrente è stato raggiunto da due condanne per peculato.
Considerata la figura apicale del professore ordinario di prima fascia, risulta, altresì, corretto il riferimento alla “elevata responsabilità” (non solo assistenziale ma anche didattico-accademica) cui è chiamato il vincitore che si palesa compromessa, sotto il profilo dell’affidabilità del dipendente, dalla condotta gravemente offensiva degli interessi della pubblica Amministrazione quale quella accertata in sede penale: il reato di peculato, infatti, tradisce il vincolo di fiducia del funzionario pubblico in ragione della plurioffensività del delitto che lede sia la funzionalità e l’integrità dell’Amministrazione pubblica sia il suo patrimonio.
Si palesano inconferenti anche le considerazioni attoree in ordine alla pretesa mitezza della condanna, considerato che la pena è stata ridotta in ragione dell’applicazione dell’istituto della continuazione, che resta strettamente perimetrato nell’ordinamento processuale penalistico senza presentare elementi di fatto che possano deporre per una condotta meno rilevante sotto il profilo giuslavoristico od amministrativo-contabile.
Quanto al beneficio della sospensione condizionale della pena, giova richiamare quanto già precisato nell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 5388 del 16 novembre 2022 (di conferma del rigetto dell’istanza cautelare nel presente giudizio): “b) la sospensione condizionale della pena, se non costituisce ex se causa ostativa all’accesso ai pubblici impieghi, non preclude alla Amministrazione la disamina delle condanne penali riportate ai fini della irrogazione di sanzioni disciplinari (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 maggio 2008 n. 2533) o, come in questo caso, ai fini della valutazione della idoneità del candidato rispetto alle funzioni pubbliche da svolgere”.
Infine, appare del tutto logico il riferimento alla rilevanza dei precedenti specifici in danno al buon nome ed all’integrità dell’Ateneo, laddove il professore universitario ordinario di prima fascia riveste una figura di riferimento sia in ambito didattico che in ambito scientifico e concorre a comporre la cifra accademica dell’Università; risulta, pertanto, inconferente l’argomento attoreo relativo alla pretesa contraddittorietà tra il menzionato potenziale danno e l’incarico di referente scientifico conferitogli nell’ambito di un convenzionamento interuniversitario, stante la marginalità di quell’incarico, peraltro temporaneo e privo di responsabilità gestionale, rispetto alle relazioni istituzionali interuniversitarie di tipo collaborativo.
Le considerazioni svolte conducono, quindi, assorbito ogni altro profilo, a ritenere correttamente esercitato il potere valutativo di cui il Rettore è titolare, con espressione di discrezionalità amministrativa esente da manifesta irragionevolezza o travisamento del fatto.
Attese la rammentata natura di atto plurimotivato del gravato provvedimento di esclusione e la scrutinata legittimità della valutazione articolata dal Rettore sulla rilevanza delle condanne penali, il primo motivo di ricorso, relativo alla infedeltà dichiarativa, può essere assorbito.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, in favore del controinteressato ed in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge, in favore dell’Università degli Studi di -OMISSIS-, fermo restando quanto liquidato in sede cautelare.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Referendario
OMISSIS, Referendario, Estensore
Pubblicato il 23 settembre 2025

