Il Consiglio di Dipartimento non è obbligato a disporre la chiamata del candidato risultato vincitore della selezione, ben potendo motivatamente decidere di proporre la non chiamata.
TAR Marche, Sez. I, 3 ottobre 2025, n. 717
Il Consiglio di Dipartimento non è obbligato a disporre la chiamata del candidato risultato vincitore della selezione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 216 del 2017, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato -OMISSIS-, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Guardia Piemontese, via Liguria;
contro
Università degli Studi di Macerata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio eletto presso il suo studio, in Ancona, viale della Vittoria 7;
sul ricorso numero di registro generale 453 del 2017, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso come sopra;
contro
Università degli Studi di Macerata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa come sopra;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione
quanto al ricorso n. 216 del 2017:
del Decreto Rettorale n.-OMISSIS-del 21 febbraio 2017 di approvazione degli atti della procedura di selezione pubblica per la copertura di n. 1 posto da ricercatore a tempo determinato ai sensi dell’art. 24, comma 3, lettera a) della legge 240/2010, settore concorsuale 12/B1, settore scientifico disciplinare IUS/04 presso il dipartimento di Economia e Diritto dell’Università degli Studi di Macerata; nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali e in particolare del verbale n. 1, del verbale n. 2 e del verbale n. 3 della I, II e III Riunione della commissione esaminatrice;
quanto al ricorso n. 453 del 2017:
del verbale n. 10 del 12 luglio 2017 relativo alla delibera adottata dal consiglio del dipartimento di Economia e Diritto dell’Università degli Studi di Macerata e della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’Università del 28 luglio 2017 con la quale è stata approvata la decisione del consiglio di dipartimento, di cui il ricorrente è venuto a conoscenza il 30 agosto 2017, a seguito del riscontro via pec dell’Università degli Studi di Macerata all’istanza di accesso agli atti depositata dal ricorrente il 30 luglio 2017;
e per la condanna
dell’Università degli Studi di Macerata al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Macerata e, solo nel ricorso n. 216/2017 R.G., di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 settembre 2025 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il dott. -OMISSIS-ha preso parte alla procedura selettiva indetta dall’Università degli Studi di Macerata (di seguito anche “UNIMC”) per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato ex art. 24, comma 3, let. a), della L. n. 240/2010, per il Settore concorsuale 12/B1, Settore Scientifico Disciplinare IUS/04.
All’esito della valutazione dei titoli e dei curricula dei candidati che avevano presentato la domanda (due dei quali hanno in seguito rinunciato a partecipare alla selezione), la commissione preposta a tale valutazione ha elaborato la graduatoria di merito nella quale la controinteressata dott.ssa -OMISSIS- risultava collocata al primo posto con 53/100, mentre il dott. -OMISSIS-è risultato secondo classificato con il punteggio di 49/100. Con decreto n. 60 del 21 febbraio 2017 il Rettore approvava gli esiti della selezione.
Dopo aver inutilmente chiesto all’Ateneo di annullare in autotutela i suddetti provvedimenti, il dott. -OMISSIS-ha impugnato gli esiti della selezione, deducendo le censure di cui si dirà infra.
Successivamente il Consiglio del Dipartimento di Economia e Diritto ha deliberato la chiamata della dott.ssa -OMISSIS-, ma quest’ultima ha espresso la propria rinuncia adducendo ragioni di ordine familiare.
Il Consiglio di Dipartimento ha dunque proceduto a valutare la chiamata del dott. -OMISSIS-, ma al riguardo ha ritenuto che l’odierno ricorrente, per quanto utilmente collocato in graduatoria, non fosse in possesso di tutti i requisiti previsti dal bando per il posto da coprire ed ha dunque deliberato di non dare seguito alla chiamata. Con verbale n. 7 del 28 luglio 2017 il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo ha ratificato tale decisione.
Il dott. -OMISSIS-ha impugnato i predetti provvedimenti con atto di motivi aggiunti notificato l’11 settembre 2017, ma in sede di iscrizione a ruolo i motivi aggiunti hanno assunto un autonomo numero di R.G. (453/2017). L’atto di motivi aggiunti contiene anche la domanda risarcitoria, che riguarda tanto i danni patrimoniali quanto quelli non patrimoniali che il dott. -OMISSIS-ritiene di aver subito a causa dell’illegittima decisione assunta dal Consiglio di Dipartimento di non procedere alla sua chiamata e in relazione alla violazione da parte dell’Università delle norme di cui al D.Lgs. n. 196/2003.
2. Per resistere al ricorso introduttivo e all’atto di motivi aggiunti si sono costituiti l’Università di Macerata e (solo nel ricorso n. 216/2017 R.G.) la dott.ssa -OMISSIS-. Quest’ultima, nelle memorie conclusionali, eccepisce di avere perso, a seguito della rinuncia alla chiamata, la veste di controinteressata formale.
I ricorsi sono passati in decisione all’udienza pubblica del 24 settembre 2025.
3. Prima di passare all’illustrazione dei fatti e all’esame delle censure dedotte dal dott. -OMISSIS-va evidenziato che:
– è senz’altro vero che, a seguito della rinuncia alla chiamata da parte della dott.ssa -OMISSIS-, è venuto meno l’interesse all’accoglimento delle censure che attengono alla valutazione della stessa dott.ssa -OMISSIS-, ma questo limitatamente a quelle doglianze la cui condivisione da parte del T.A.R. inciderebbe sulla graduatoria finale in termini di punteggio. In effetti, il dott. -OMISSIS-conserva l’interesse all’accoglimento delle censure formulate nel ricorso n. 216/2017 R.G. nella parte in cui le valutazioni espresse dalla commissione lo hanno penalizzato in sede di decisione sulla sua chiamata in luogo della rinunciataria dott.ssa -OMISSIS-;
– alla luce di quanto precede si giustifica altresì la riunione dei due ricorsi ai sensi dell’art. 70 c.p.a., visto che, in disparte il fatto che è stato lo stesso ricorrente a qualificare il secondo ricorso quale atto di motivi aggiunti al ricorso n. 216/2017 R.G., nella specie si è in presenza di una vicenda contenziosa unitaria, ancorché dal punto di vista giuridico-formale la fase della chiamata (soprattutto quando il competente organismo di ateneo delibera la non chiamata) sia in generale autonoma rispetto alla fase di selezione dei candidati.
4. Ciò premesso, in punto di fatto va precisato quanto segue.
4.1. La selezione era stata indetta per la nomina di un ricercatore a tempo determinato in diritto commerciale presso il Dipartimento di Economia e Diritto dell’Università degli Studi di Macerata. La procedura era stata indetta con decreto rettorale n. 191 del 28 luglio 2016 e la commissione, composta dai professori -OMISSIS- (presidente), -OMISSIS- (segretario) e -OMISSIS-, è stata nominata con decreto rettorale n. 283 del 28 ottobre 2016.
Inizialmente erano pervenute quattro domande di partecipazione, ma in seguito due candidati hanno rinunciato, per cui sono stati sottoposti a valutazione solo la dott.ssa -OMISSIS- e il dott. -OMISSIS-.
Questi ultimi, in data 14 febbraio 2017, sono stati convocati per la prova concorsuale, consistente nella discussione pubblica dei titoli e delle pubblicazioni e nell’accertamento della conoscenza della lingua inglese (al riguardo il ricorrente evidenzia di avere assistito alla prova della dott.ssa -OMISSIS- dopo avere completato la propria).
Una volta venuto a conoscenza degli esiti della selezione il dott. -OMISSIS-ha dapprima formulato l’istanza di autotutela di cui si è detto supra, e in seguito ha chiesto l’accesso a tutti gli atti della procedura.
Non avendo ricevuto riscontro alla richiesta di annullamento ex officio degli atti della selezione e ritenendo che dagli stessi emergessero numerose irregolarità, il dott. -OMISSIS-ha dunque proposto il ricorso n. 216/2017 R.G.
4.2. Una volta preso atto della rinuncia alla chiamata da parte della dott.ssa -OMISSIS-, in data 12 luglio 2017 il Consiglio del Dipartimento di Economia e Diritto ha deliberato in merito alla chiamata dell’unico candidato inserito nella graduatoria, ma, fondandosi in particolare sugli interventi e sui pareri dei professori -OMISSIS- e -OMISSIS-, ha stabilito di non procedere alla chiamata del dott. -OMISSIS-. La decisione del Consiglio di Dipartimento, come detto, è stata poi approvata il 28 luglio 2017 dal C.d.A. dell’Università, il quale ha altresì stabilito che nei successivi due anni non avrebbero potuto essere indette analoghe procedure nel Settore Scientifico Disciplinare IUS/04.
Con il ricorso n. 453/2017 R.G. il dott. -OMISSIS-ha impugnato i provvedimenti de quibus, chiedendone l’annullamento e instando altresì per la condanna dell’Ateneo al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti da esso ricorrente, quantificati in complessivi € 230.977,00.
5. Con il primo motivo del ricorso n. 216/2017 R.G. (rubricato “Illegittimità del verbale n. 1 della I Riunione della commissione per violazione dell’art. 4, comma 12, del D.P.R. n. 117/2000; violazione dell’art. 10, comma 6, del Regolamento per la disciplina del reclutamento dei ricercatori a tempo determinato presso l’Università di Macerata di cui al Decreto Rettorale n. 501/2013”) il dott. -OMISSIS-deduce che:
– in occasione della prima seduta della commissione giudicatrice, svoltasi il 22 dicembre 2016, sono state violate le norme richiamate in rubrica, visto che, pur essendo in generale consentito che i commissari si riuniscano in via telematica, nella specie mancava la preventiva autorizzazione del Rettore, come prescrive l’art. 10, comma 6, del Regolamento di ateneo;
– inoltre, non risultano le modalità temporali con cui i commissari collegati da remoto hanno espresso la propria condivisione in merito a quanto deliberato. In effetti il verbale n. 1 risulta sottoscritto solo dal presidente prof. -OMISSIS-, il quale attesta che la seduta si è conclusa alle ore 10:00 del 22 dicembre 2016, mentre dagli atti non è possibile stabilire se l’adesione degli altri due commissari fosse pervenuta nell’arco temporale in cui si è svolta la riunione (nel ricorso n. 453/2017 R.G. il ricorrente ha poi precisato che l’adesione della prof.ssa -OMISSIS-è pervenuta alle ore 19,55, mentre quella della prof.ssa -OMISSIS-è pervenuta alle ore 18,48);
– in questo modo è stato violato anche il principio di necessaria collegialità delle deliberazioni delle commissioni di esame e di concorso.
5.1. Queste censure sono infondate, dovendosi condividere le puntuali difese svolte sul punto dall’Università di Macerata, la quale ha eccepito che:
– seppure è vero che l’art. 10, comma 6, del Regolamento di ateneo applicabile alla presente procedura stabilisce che le commissioni esaminatrici possono riunirsi anche da remoto solo previa autorizzazione del Rettore, è altrettanto vero che, venendo in rilievo un profilo meramente organizzativo (soprattutto quanto si tratta delle riunioni preliminari), l’assenso può essere espresso anche dal dirigente/funzionario dell’Università preposto alla gestione della procedura selettiva;
– nella specie, come risulta dal documento allegato n. 24 al deposito di UNIMC dell’11 luglio 2025, l’autorizzazione era stata concessa con nota del responsabile dell’Area Risorse Umane -OMISSIS- prot. n. 19225 del 7 novembre 2016;
– quanto alla dedotta violazione del principio di collegialità, la stessa non sussiste, visto che, seppure i due commissari diversi dal presidente hanno fatto pervenire la propria dichiarazione di assenso all’approvazione del verbale n. 1 in orario successivo a quello di formale chiusura della riunione, la decisione è stata assunta collegialmente dalla commissione, per cui il ricorrente confonde il profilo relativo alla collegialità della decisione con la questione della asserita necessaria contestualità della sottoscrizione del verbale. Il Tribunale evidenzia al riguardo che nemmeno quando le commissioni di gara o di concorso si riuniscono in presenza è necessario, ai fini della legittimità della procedura, che il verbale sia redatto e firmato in “tempo reale”, essendo molto spesso necessaria un’opera di riordino dei vari contributi emersi nel corso della discussione e/o, se vengono in rilievo questioni tecniche, una più approfondita stesura. L’unico profilo rilevante è che i commissari siano tutti presenti (di persona o da remoto) durante lo svolgimento della riunione e che concordino sulla decisione finale, mentre la sottoscrizione del verbale può avvenire anche in un momento successivo.
6. Con il secondo motivo del ricorso n. 216/2017 R.G. (rubricato “Illegittimità del verbale n. 2 II Riunione della commissione per violazione dell’art. 4, comma 12, D.P.R. n. 117/2000; violazione degli artt. 1 e 6 del bando di procedura; violazione dell’art. 4, comma 4, lettera a) e b), D.P.R. n. 117/2000; violazione dell’art. 3, comma 3, del D.M. n. 243/2011. Illegittimità per eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, delle carenze motivazionali e della disparità di trattamento”) il ricorrente evidenzia che:
– i commissari, in violazione dell’art. 4, comma 12, del D.P.R. n. 117/2000 (il quale prevede che “Gli atti sono costituiti dai verbali delle singole riunioni; ne sono parte integrante e necessaria i giudizi individuali e collegiali espressi su ciascun candidato, nonché la relazione riassuntiva dei lavori svolti”), non hanno espresso il giudizio individuale sui profili curriculari dei due candidati. In effetti la procedura delineata dalla legge prevede dapprima la formulazione di un giudizio individuale dei commissari su ciascun candidato, successivamente un giudizio collegiale su ciascun candidato e, infine, la valutazione comparativa dei candidati sulla base della quale viene individuato il vincitore;
– la commissione esaminatrice, inoltre, ha erroneamente riconosciuto alla dott.ssa -OMISSIS- lo svolgimento di due attività oggetto di valutazione nell’ambito del curriculum, ossia l’attività di esperto legale presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel 2011 e presso la Commissione Europea nel 2013. Queste attività infatti non risultano indicate in nessun documento allegato dalla dott.ssa -OMISSIS- e risultano coincidenti con le attività svolte dal dott. -OMISSIS-presso l’AGCM nel 2011 e la Commissione Europea nel 2013, per cui in parte qua i commissari sono incorsi in un evidente travisamento dei fatti, attribuendo alla controinteressata servizi che ella non ha svolto;
– la commissione ha invece ignorato lo svolgimento da parte di esso ricorrente sia dell’attività didattica presso l’Università degli Studi di Perugia dal 2008 al 2010 in qualità di dottorando (attività didattica che è oltretutto indicata dall’art. 4, comma 8, della L. n. 210/1998), sia delle attività svolte in qualità di LLM Fellow presso la Queen Mary University di Londra nel corso del 2013 e del 2014. Questo è confermato anche dal fatto che la commissione ha ritenuto erroneamente che il dott. -OMISSIS-ha svolto attività didattica solo nel biennio 2005-2007 e che non ha documentato lo svolgimento di attività didattica negli ultimi dieci anni;
– in questo modo è stato altresì violato l’art. 4, comma 4, lett. a) e b), del D.P.R. n. 117/2000, in cui si prevede che sono titoli da valutare nelle procedure comparative sia le esperienze didattiche in Italia e all’estero sia i servizi prestati negli enti di ricerca e atenei italiani e stranieri. La commissione era dunque tenuta a valutare l’attività didattica successiva al 2007 svolta dal dott. -OMISSIS-e il titolo di LLM/Student Fellow, assegnando il relativo punteggio;
– l’art. 1 del bando della presente procedura indicava gli obiettivi di produttività scientifica dei ricercatori che sarebbero risultati vincitori del concorso, stabilendo un minimo di quattro pubblicazioni nell’arco di tre anni. La commissione ha ritenuto che la produttività scientifica della dott.ssa -OMISSIS-, costituita da due pubblicazioni (una monografia e una nota sentenza) in dieci anni (2006-2016), distanziate di sei anni l’una dall’altra e vertenti entrambe sul medesimo tema delle garanzie bancarie autonome, fosse compatibile con i suddetti obiettivi di produttività, sottolineando in particolare che le due pubblicazioni della dott.ssa -OMISSIS-, “…seppur distanziate nel tempo […] denotano attitudine alla ricerca e la compatibilità della candidata con gli obiettivi di produttività scientifica indicati nel bando”. Si tratta di una valutazione del tutto illogica e immotivata, perché per rispettare gli obiettivi fissati dalla lex specialis la controinteressata avrebbe dovuto produrre almeno otto pubblicazioni in sei anni;
– ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.M. n. 243/2011 e dell’allegato 1 al verbale n. 1 sui criteri e parametri di valutazione dei candidati adottati dalla commissione, “La commissione deve altresì valutare la consistenza complessiva della produzione scientifica del candidato, l’intensità e la continuità temporale della stessa, fatti salvi i periodi di allontanamento non volontario dall’attività di ricerca”. Si tratta di elementi che consentono di esprimere una valutazione, appunto, complessiva dell’attività svolta e dell’impegno profuso dal candidato in relazione alla produzione scientifica. Tali profili appaiono imprescindibili nell’ambito di un concorso per un posto da ricercatore, in quanto si tratta di una selezione tesa a verificare e a misurare il livello di maturità scientifica raggiunto dai singoli candidati. E, per la verità, la stessa commissione ha espresso al riguardo un giudizio negativo sulla produzione scientifica della dott.ssa -OMISSIS-, avendo sottolineato che le due pubblicazioni sono “…distanziate nel tempo…”, mentre non ha formulato alcun giudizio in merito all’intensità della produzione scientifica della controinteressata. Ma ciononostante la commissione ha ritenuto che la dott.ssa -OMISSIS- denoti “…attitudine alla ricerca…”;
– si tratta di una motivazione del tutto vaga, visto che: i) la commissione era tenuta ad esprimere un giudizio esplicito e completo sulla maturità scientifica della dott.ssa -OMISSIS-, tale da escludere qualsiasi dubbio circa la capacità della stessa di ricoprire l’incarico di ricercatore in diritto commerciale; ii) l’attitudine alla ricerca è un prerequisito per partecipare ad una procedura di selezione di un ricercatore universitario (che può ritenersi soddisfatto dal possesso del titolo di dottore di ricerca) e che non può invece essere l’esito dell’accertamento in merito alla maturità del profilo scientifico di un ricercatore. Nessuna valutazione è stata invece espressa in relazione alla continuità e all’impegno profusi in campo scientifico dal dott. -OMISSIS-, il quale tra il 2010 e il 2016 ha pubblicato dieci articoli su rivista (di cui tre in lingua inglese) e una monografia;
– la dott.ssa -OMISSIS- ha indicato nel proprio curriculum di svolgere e di avere svolto attività professionale presso due studi legali, ma in sede di colloquio ha precisato di non essere in possesso dell’abilitazione alla professione di avvocato. La commissione tuttavia ha valutato il titolo n. 7 della dott.ssa -OMISSIS- qualificandolo come “Attività professionale presso vari studi legali” con attribuzione di un punteggio utile ai fini della selezione. La commissione ha valutato allo stesso modo le analoghe attività dichiarate dal ricorrente, il quale è però in possesso di abilitazione alla professione di avvocato. Ne consegue che le attività professionali dichiarate dalla vincitrice della selezione non erano minimamente paragonabili a quelle dichiarate da esso ricorrente. In ogni caso, non avendo la commissione indicato i punteggi parziali, non è nemmeno possibile apprezzare il peso attribuito ai titoli in questione e verificare in tal modo la correttezza della valutazione;
– l’art. 6 del bando imponeva alla commissione di valutare altresì le esperienze di mobilità internazionale dei candidati, profilo particolarmente rilevante in quanto il bando delinea un profilo scientifico del ricercatore che si caratterizza in senso internazionale, come provato dalla distribuzione dei punteggi a disposizione della commissione, dove i 25 punti previsti per la conoscenza di una lingua straniera equivalgono ai 25 punti previsti per i titoli accademici posseduti dai candidati. La commissione, tuttavia, non ha formulato alcuna valutazione delle esperienze di mobilità internazionale dei candidati, ma questa omissione ha pregiudicato solo esso ricorrente, che, a differenza della dott.ssa -OMISSIS-, può vantare esperienze di mobilità internazionale presso la Queen Mary University di Londra e la Commissione Europea;
– la dott.ssa -OMISSIS- ha dichiarato di avere ottenuto una borsa di studio per attività di ricerca nel 2011 (bando F.S.E. P.O.R. per il 2010 della Regione Marche), ossia durante lo stesso periodo di conseguimento della borsa di studio del dottorato di ricerca presso l’Università di Verona. Tuttavia, poiché l’art. 6 della L. n. 398/1989 vieta espressamente la cumulabilità di borse di studio durante il dottorato di ricerca – salvo che la seconda borsa sia attribuita per effettuare soggiorni di ricerca all’estero utili ad integrare l’attività di formazione del borsista – la commissione avrebbe dovuto accertare se la seconda borsa fosse stata conseguita legittimamente dalla controinteressata e, in caso di accertamento negativo, non avrebbe dovuto valutare il titolo dichiarato. E nella specie la risposta era negativa, visto che, come detto, la dott.ssa -OMISSIS- non ha al proprio attivo esperienze di mobilità internazionale, non ha indicato alcun periodo di ricerca all’estero e non ha realizzato alcun prodotto scientifico ad esito delle ricerche finanziate. In realtà, la borsa conseguita non è stata neppure erogata da istituzioni accademiche, ma dalla Regione Marche a valere su fondi regionali europei. Ciononostante, la commissione ha valutato il titolo attestante il conseguimento della borsa di studio in violazione di legge assegnando un punteggio utile ai fini della graduatoria. In subordine, tale titolo avrebbe dovuto essere valutato nella sua reale consistenza scientifica alla luce dell’art. 2, comma 2, del D.M. n. 243/2011;
– in sintesi, dunque, la commissione, nel valutare i curricula dei due candidati, ha: obliato titoli ed esperienze professionali, anche all’estero, dichiarati dal dott. -OMISSIS-; preso in considerazione titoli illegittimi, o privi di rilevanza scientifica, della dott.ssa -OMISSIS-, come ad esempio le attività formative presso enti non universitari; attribuito alcune esperienze professionali dichiarate da esso ricorrente anche alla controinteressata.
7. Con il terzo motivo del ricorso n. 216/2017 R.G. (rubricato “Illegittimità del verbale n. 3 III Riunione della commissione per: violazione del principio di imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione e del principio di ragionevolezza; violazione dell’art. 4, comma 13, D.P.R. n. 117/2000; violazione dell’art. 6 del bando. Illegittimità per eccesso di potere nella figura sintomatica dell’ingiustizia grave e manifesta, della contraddittorietà e della carenza motivazionale”) il ricorrente evidenzia che:
– la commissione ha escluso la rilevanza scientifica di nove delle dodici pubblicazioni presentate da esso ricorrente, assegnando il punteggio 0 a tutte queste pubblicazioni, costituite da articoli su rivista, ritenute prive di rilevanza scientifica. Al contrario, tali articoli sono stati tutti pubblicati su riviste (ad esempio, “Il diritto industriale” e “Concurrences”) classificate come scientifiche dall’ANVUR. In questo modo sono stati violati elementari principi di equità e ragionevolezza, visto che, in occasione di analoga proceduta bandita dall’Università di Bologna nel 2014, sei delle medesime pubblicazioni del dott. -OMISSIS-erano state ritenute meritevoli di valutazione;
– la contraddittorietà delle valutazioni della commissione è comunque palmare se si considera che: i) pur avendo al proprio attivo solo due pubblicazioni (una monografia e una nota a sentenza), vertenti su un medesimo tema, la dott.ssa -OMISSIS- si è vista assegnare 15 punti. Esso ricorrente, invece si è visto riconoscere solo 11 punti, essendo state “azzerate” ben nove pubblicazioni su dodici; ii) nel caso della nota a sentenza della dott.ssa -OMISSIS- si è fatto riferimento alla classificazione ANVUR della rivista sulla quale il contributo è stato pubblicato, mentre nel caso di esso ricorrente la commissione non ha fatto riferimento alla classificazione ANVUR delle riviste ed ha adottato una propria classificazione al fine di escludere la scientificità delle nove pubblicazioni di cui si è detto; iii) le uniche due pubblicazione dichiarate dalla dott.ssa -OMISSIS- sono una nota a sentenza e una monografia, ossia la medesima tipologia di quelle valutate per esso ricorrente. Tuttavia il modus procedendi seguito dalla commissione è irragionevole anche sotto questo profilo, visto che la pubblicazione n. 1 è un articolo su rivista, per cui non si comprende perché gli altri articoli su rivista dichiarati da esso ricorrente sono stati ritenuti non valutabili; iv) la commissione ha attribuito 7 punti alla nota a sentenza pubblicata dalla dott.ssa -OMISSIS- e 3 punti all’articolo su rivista pubblicato dal dott. -OMISSIS-sulla rivista “Queen Mary Journal of Intellectual Property”. La valutazione della commissione è in palese contrasto con quanto stabilito dal gruppo di esperti dell’ANVUR in merito alla valutazione delle note a sentenza, le quali, secondo l’organismo di valutazione ministeriale, costituiscono prodotti scientifici di limitata rilevanza nel panorama della ricerca giuridica, dove al contrario le monografie, i contributi in volume collettanei e gli articoli su rivista rappresentano costituiscono i prodotti tipici della ricerca giuridica;
– per i titoli esso ricorrente ha ottenuto 18 punti complessivi, mentre la dott.ssa -OMISSIS- ha conseguito 20 punti. Tuttavia, affinché le valutazioni delle commissioni giudicatrici non risultino arbitrarie, è necessario che esse rispettino il principio di trasparenza. Nella specie, come detto, la commissione ha arbitrariamente, erroneamente e illegittimamente ridimensionato ad un biennio l’attività didattica di esso ricorrente e non ha valutato il periodo svolto come LLM Student Fellow presso la Queen Mary University, il che si pone in violazione dell’art. 4, comma 4, lett. a) e b), del D.P.R. n. 117/2000. La commissione ha inoltre violato il principio di trasparenza perché: i) non ha predisposto una griglia o predeterminato dei criteri nell’assegnazione dei punteggi per i titoli, prevedendo ad esempio una forbice di punti attribuibili al dottorato di ricerca, alle esperienze professionali, ai periodi all’estero, ecc.; ii) non ha espresso una formulazione di sintesi, anche minima, di un giudizio comparativo tra i titoli dei candidati. Di conseguenza non è possibile ricostruire l’iter logico seguito dai commissari per giungere al giudizio finale. Né, come detto, è possibile ricostruire l’iter seguito dalla commissione nel soppesare i differenti titoli dichiarati dai candidati. Vanno infine espunti i punteggi assegnati alla controinteressata in relazione ad alcune esperienze professionali (ad esempio il “Corso di Formazione tecnico assicurativa di 60 ore idoneo per l’iscrizione nella sezione “E” del Registro Unico Intermediari Assicurativi” presso la Scuola Assicurativa Assinform S.r.l., e il “Corso di specializzazione in Tecnico dell’import – export”);
– la commissione ha attribuito 18 punti alla dott.ssa -OMISSIS- per la prova finalizzata ad accertare il livello di conoscenza della lingua inglese (prova che è consistita nella lettura e traduzione di un breve testo in lingua inglese), nonostante la controinteressata non abbia prodotto alcuna certificazione attestante il suo livello di competenza linguistica e nonostante ella non sia stata in grado di completare la traduzione del testo. Esso ricorrente, che è invece in possesso di una comprovata conoscenza della lingua inglese (anche per avere conseguito una laurea specialistica presso un ateneo britannico), si è visto attribuire solo due punti in più. Tali valutazioni sono abnormi, anche a fronte della rilevanza che il bando attribuiva, in termini di punteggio, alle competenze linguistiche.
8. Le censure di cui ai precedenti paragrafi 6. e 7. possono essere trattate congiuntamente, visto che esse attengono tutte alle valutazioni svolte dalla commissione. Tuttavia, come si è già rilevato supra, tali censure vanno esaminate limitatamente ai profili afferenti a quello che si potrebbe definire il “merito assoluto” del dott. -OMISSIS-, mentre hanno perso di rilievo quelle che erano finalizzate unicamente a sopravanzare in graduatoria la controinteressata. Infatti, una volta che la dott.ssa -OMISSIS- ha rinunciato alla chiamata non è più necessario per il ricorrente dimostrare di meritare un punteggio maggiore rispetto alla controinteressata, quanto piuttosto di rimuovere i giudizi negativi che riguardano il profilo scientifico di esso ricorrente.
In questo senso, dunque, non sono da esaminare le doglianze relative a:
– omessa espressione di un giudizio comparativo fra i due candidati;
– punteggi assegnati per la prova di conoscenza della lingua inglese, per le esperienze professionali e per le pubblicazioni (ma in quest’ultimo caso, come detto, sussiste l’interesse del ricorrente a rimuovere i giudizi “assoluti” espressi sulla sua produzione scientifica);
– livello di produttività, consolidato e/o “atteso”, dei due candidati.
Passando invece a trattare delle altre censure, il Collegio osserva quanto segue.
8.1. Sono infondate tutte le censure in cui si richiama il D.P.R. n. 117/2000, visto che la procedura per cui è giudizio, essendo stata bandita ai sensi della L. n. 240/2010, è disciplinata solo dall’art. 24 della c.d. legge Gelmini e dal Regolamento di ateneo.
8.2. Sono infondate anche le censure relative all’omessa predisposizione da parte della commissione di griglie per l’attribuzione dei punteggi relativi ai titoli accademici e professionali, visto che:
– le commissioni di gara o di concorso hanno la mera facoltà (e non l’obbligo) di integrare i criteri di valutazione previsti dalla legge o dal bando, ed in particolare di fissare un range entro cui contenere i singoli punteggi;
– nella specie, comunque, il maggior punteggio assegnato alla dott.ssa -OMISSIS- per i titoli (20 contro 18) si giustifica alla luce del fatto che la commissione ha considerato cinque titoli per il dott. -OMISSIS-e otto titoli per la controinteressata. Pertanto, laddove la dott.ssa -OMISSIS- non avesse rinunciato alla chiamata, si sarebbe posto al Tribunale unicamente il compito di verificare se i titoli riconosciuti alla controinteressata fossero tutti valutabili o se uno o più di essi andasse invece stralciato.
8.3. Per quanto concerne, invece, il merito delle valutazioni espresse sulle competenze accademiche e scientifiche del dott. -OMISSIS-, va osservato che:
– laddove afferma che il ricorrente “Non documenta lo svolgimento di alcuna attività didattica negli ultimi dieci anni…”, la commissione esaminatrice ha solamente voluto rimarcare il fatto che dal curriculum del dott. -OMISSIS-non risultano esperienze di docenza universitaria vere e proprie nel decennio precedente, non essendo tali quelle riferite al periodo 2008-2010 presso l’Università di Perugia. Tale valutazione appare corretta, non essendo chiaro che cosa si intenda per “partecipazione attiva” ai corsi di insegnamento di diritto commerciale e non essendo nemmeno indicato l’impegno orario, mentre nel CV della dott.ssa -OMISSIS- le attività didattiche e seminariali sono indicate nel dettaglio. Questo richiamo, è bene precisare a scanso di equivoci, non viene operato dal Collegio per mettere a confronto i due curricula (visto che, come detto, non è più rilevante stabilire la correttezza dei punteggi attribuiti ai due candidati), ma solo per giustificare il giudizio sull’operato dei commissari, i quali, a fronte di un curriculum (quello della dott.ssa -OMISSIS-) che riportava in modo chiaro e dettagliato le esperienze didattiche della candidata, ha necessariamente ritenuto carente in parte qua il CV del ricorrente. Va inoltre rilevato che l’attività in parola è stata dichiaratamente svolta dal dott. -OMISSIS-in costanza dello svolgimento del dottorato di ricerca, per cui, ai sensi dell’art. 4, comma 8, della L. n. 210/1998, essa era consentita solo a certe condizioni (si veda il Regolamento dell’Università di Perugia – doc. allegato n. 27 al deposito di UNIMC dell’11 luglio 2025), di cui non è stata provata la sussistenza;
– quanto all’esperienza di LLM Fellow presso la Queen Mary University di Londra nel periodo 2013-2014, la stessa è stata valutata fra i titoli, ma non come esperienza di docenza in quanto dal CV in lingua inglese presentato dal dott. -OMISSIS-non risulta che fra le attività previste vi fosse la docenza;
– la commissione ha altresì valutato le esperienze di mobilità internazionale dichiarate dal ricorrente, ossia l’esperienza di circa quattro mesi come “research associate student” presso la Queen Mary University di Londra nell’anno 2010, e il conseguimento di un master presso la medesima università britannica nell’anno 2014.
8.4. Discorso a parte va svolto con riguardo alla valutazione delle pubblicazioni del dott. -OMISSIS-, visto che quanto si dirà nel presente paragrafo ha una diretta connessione con le censure sollevate nel ricorso per motivi aggiunti.
Al riguardo va evidenziato che:
– la commissione, come risulta dai verbali del 13 e del 14 febbraio 2017, oltre a rendere un giudizio sintetico e complessivo sulla produzione scientifica dei due candidati, ha attribuito un punteggio a ciascuna delle pubblicazioni dagli stessi presentate, per cui nessun problema di difetto di motivazione si può porre nel caso all’odierno esame del T.A.R. In sede giudiziaria, poi, l’Ateneo ha ulteriormente difeso l’operato della commissione aggiungendo anche alcune considerazioni ulteriori, le quali trovano tuttavia riscontro nei verbali della procedura;
– a questo riguardo ci si riferisce anzitutto al numero di pagine di alcune delle pubblicazioni presentate dal dott. -OMISSIS-e all’asserita ripetitività di alcuni degli argomenti oggetto di approfondimento da parte del ricorrente. Ebbene, tali profili (sui quali l’avv. -OMISSIS-si è particolarmente soffermato nel corso della discussione orale) trovano pieno riscontro nei summenzionati verbali, dai quali risulta, ad esempio, che le pubblicazioni nn. 1, 2, 3, 6, 7, 9 e 11 presentano un numero di pagine che va da un minimo di 3 ad un massimo di 10, e che alcuni argomenti sono trattati in più pubblicazioni;
– risulta dunque giustificato (e comunque non è sindacabile nel merito dal giudice) il seguente giudizio sintetico espresso nel verbale del 13 febbraio 2017: “…In considerazione di tali rilievi [si tratta delle considerazioni espresse nei passaggi precedenti del verbale a proposito della ripetitività di alcuni argomenti di ricerca trattati dal dott. -OMISSIS-nelle pubblicazioni presentate alla valutazione – NdR], e soprattutto della particolarmente limitata estensione e della secondaria collocazione editoriale di talune pubblicazioni, nonché dell’esiguo livello di approfondimento e del rigore metodologico riscontrabile nelle pubblicazioni presentate dal candidato, la Commissione reputa prive di rilevanza scientifica talune pubblicazioni (come meglio espresso nel punteggio) e sostanzialmente di modeste rilevanza scientifica, originalità e innovatività la complessiva produzione del candidato…”;
– da tale giudizio emerge poi che la commissione, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, non ha affatto ritenuto che le riviste su cui sono stati pubblicati i contributi del dott. -OMISSIS-non sono classificate dall’ANVUR, ma ha solo evidenziato che talune di queste riviste hanno una collocazione editoriale secondaria;
– non rileva nemmeno il fatto che in occasione di analoga procedura bandita nel 2014 dall’Università di Bologna sei delle dodici pubblicazioni presentate nell’odierna selezione avessero invece ricevuto valutazioni positive, stante l’autonomia di giudizio che va riconosciuta a ciascuna commissione. Va poi aggiunto che una pubblicazione che nel 2014 possedeva il carattere della originalità e dell’innovatività potrebbe avere perso tali caratteristiche dopo tre anni laddove lo stato dell’arte della dottrina e della giurisprudenza si siano nel frattempo consolidate oppure laddove le tematiche oggetto di quella pubblicazione siano state ampiamente sviscerate da altri autori.
Queste censure vanno dunque disattese.
9. Con il primo motivo del ricorso n. 453/2017 R.G. (rubricato “Violazione dell’articolo 24 della Legge n. 240/2010, degli articoli 8, 10, 12 e 14 del Regolamento sul reclutamento dei ricercatori dell’Università degli Studi di Macerata e degli articoli 2 e 11 del bando, eccesso di potere per carenze motivazionali e abnormità della valutazione, violazione dei criteri di valutazione di cui al D.M. 243/2011, ingiustizia grave e manifesta, violazione del principio di ragionevolezza”) il dott. -OMISSIS-censura la decisione del Consiglio di Dipartimento di Economia e Diritto del 12 luglio 2017 e di conseguenza la delibera del C.d.A. del 28 luglio 2017, deducendone sia l’illegittimità propria che quella derivata dall’illegittimità degli atti della procedura già impugnati con il primo ricorso. In particolare il ricorrente evidenzia che:
– nel corso della seduta del 12 luglio 2017 il prof. -OMISSIS- ha rappresentato al Consiglio che la commissione giudicatrice ha ritenuto complessivamente modesta la rilevanza della produzione scientifica del dott. -OMISSIS-, aggiungendo, rispetto a quanto deliberato dalla commissione esaminatrice, che “…l’accertata qualità dell’attività di ricerca del dott. -OMISSIS-è oltremodo distante dall’eccellente livello qualitativo dell’attività di ricerca che un candidato dovrebbe garantire…” sulla base degli obiettivi di produttività contenuti nel bando. Questo intervento è confluito direttamente e letteralmente nelle motivazioni della delibera del Consiglio di Dipartimento, il quale ha dunque condiviso il parere del prof. -OMISSIS-. Il prof. -OMISSIS-, pur non essendo stato membro della commissione e non avendo quindi assistito alla discussione pubblica dei titoli e delle pubblicazioni del dott. -OMISSIS-, ha aggiunto che non risulta una specializzazione in diritto bancario e finanziario del ricorrente;
– in parte qua le decisioni del Consiglio di Dipartimento e del C.d.A. sono illegittime perché esse non si fondano sulla carenza in capo al dott. -OMISSIS-dei requisiti richiesti dal bando per ricoprire il posto da ricercatore, bensì su una presunta inidoneità del candidato a raggiungere in futuro gli obiettivi scientifici previsti dal bando. La commissione, infatti, non aveva escluso il dott. -OMISSIS-dalla procedura, ma lo ha inserito nella graduatoria finale, il che vuol dire che lo ha ritenuto in possesso dei requisiti necessari per ricoprire il posto messo a concorso e dunque in grado di raggiungere gli obiettivi previsti dal bando;
– inoltre, poiché il ricorrente, a seguito della rinuncia della dott.ssa -OMISSIS-, era l’unico candidato ancora presente nella graduatoria definitiva, di fatto è accaduto che il Consiglio di Dipartimento e il C.d.A. si sono illegittimamente sostituiti alla commissione, impedendo che la graduatoria producesse i propri effetti;
– è certamente vero che l’art. 24, comma 2, let. d), della L. n. 240/2010 demanda al Consiglio di Dipartimento la competenza ad adottare la proposta di chiamata e al C.d.A. l’approvazione della stessa, ma tali organi sono chiamati unicamente ad operare un controllo sulla regolarità delle operazioni concorsuali e non già a svolgere una nuova valutazione di idoneità/inidoneità dei candidati utilmente inseriti in graduatoria. Questo sia perché tale attività di valutazione costituirebbe un inutile duplicato dell’attività della commissione, sia perché in tal modo la graduatoria elaborata dalla commissione sarebbe esposta, secondo tempi e modi incerti e al di fuori di una procedura formale, a modifiche postume e non verificabili;
– in ogni caso, la valutazione del prof. -OMISSIS- sulla presunta inidoneità del dott. -OMISSIS-a raggiungere gli obiettivi scientifici previsti dal bando è prematura, visto che ai sensi dell’art. 14 del regolamento di ateneo e dell’art. 11 del bando tale valutazione deve essere espressa annualmente a seguito della stipula del contratto di ricerca, quindi dopo che il ricercatore abbia intrapreso in concreto l’attività di ricerca (e, peraltro, il ricercatore a tempo determinato ha a disposizione un triennio per conseguire gli obiettivi fissati dall’ateneo). Il prof. -OMISSIS- ha dunque invertito il rapporto tra gli obiettivi scientifici indicati dal bando e i requisiti di partecipazione alla procedura concorsuale previsti dalla lex specialis, e ciò al solo fine di impedire al dott. -OMISSIS-di realizzare le proprie aspirazioni accademiche;
– quanto invece alle specializzazioni indicate dal professore -OMISSIS-, le stesse non erano richieste dal bando e dunque si è in presenza di un criterio di valutazione introdotto arbitrariamente ex post dal Consiglio di Dipartimento;
– la decisione del Consiglio è illegittima anche in via derivata dall’illegittimità delle valutazioni svolte dalla commissione esaminatrice. Al riguardo vengono richiamate e ribadite le censure già articolate con il ricorso n. 216/2017 R.G.
9.1. Anche queste censure vanno nel loro complesso dichiarate infondate.
9.1.1. Si deve premettere che le doglianze relative all’omessa attribuzione di punteggio alla tesi di dottorato non erano contenute nel ricorso introduttivo e dunque le stesse andrebbero in ogni caso dichiarate tardive.
Ad ogni buon conto, e ribadito che non è più rilevante discutere del punteggio assegnato al ricorrente per le pubblicazioni rispetto a quello assegnato alla dott.ssa -OMISSIS-, va osservato che:
– come si evince dal verbale del 13 febbraio 2017, la mancata assegnazione del punteggio per la pubblicazione n. 13 è stato motivato dalla ripetitività degli argomenti di ricerca trattati nella tesi di dottorato rispetto a quelli di cui alla pubblicazione n. 12 (e in parte anche alla pubblicazione n. 11);
– poiché tale ripetitività non può essere disconosciuta (si vedano al riguardo le puntuali difese svolte da UNIMC alle pagg. 20-21 della memoria depositata il 16 luglio 2025), fa poca differenza che il punteggio 5 sia attribuito all’una o all’altra pubblicazione, mentre rientrava nella discrezionalità della commissione non attribuire un doppio punteggio nel caso di pubblicazioni che trattassero sostanzialmente il medesimo argomento.
Quanto al merito delle valutazioni espresse dalla commissione sulle pubblicazioni si rimanda alle considerazioni esposte al precedente § 8.4.
9.1.2. Si deve poi disattendere l’assunto secondo cui il Consiglio di Dipartimento avrebbe illegittimamente proceduto ad una rivalutazione del profilo accademico e scientifico del dott. -OMISSIS-, con ciò sostituendosi arbitrariamente alla commissione esaminatrice.
Ora, è vero che in alcune vicende portate all’attenzione del giudice amministrativo è effettivamente accaduto quanto denunciato in parte qua dal ricorrente, ma leggendo le relative pronunce dei competenti T.A.R. si comprende come in questi casi gli organismi di ateneo deputati a proporre la chiamata dei vincitori delle selezioni avessero effettivamente formulato giudizi diversi rispetto a quelli espressi dalle commissioni esaminatrici, pervenendo persino a sovvertire l’ordine di graduatoria risultante dai verbali di concorso (si veda, ad esempio, la vicenda di cui alla sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, n. 1175/2017). In altri casi, invece, il problema risiedeva nel fatto che l’organismo competente a proporre la chiamata del vincitore avesse rimesso in discussione la valutazione di idoneità adottata dalla commissione sulla base di requisiti non riferiti al posto messo a concorso (al riguardo si veda la vicenda decisa dal T.A.R. Toscana con la sentenza n. 926/2016).
Nel caso odierno, al contrario, per un verso non veniva in rilievo alcuna problematica relativa all’ordine di graduatoria, per altro verso il Consiglio di Dipartimento si è basato sulle stesse valutazioni espresse dalla commissione (tanto è vero che nel corpo della delibera sono riportati stralci del verbale del 13 febbraio 2017), nonché sui criteri desumibili dal parere che il Nucleo di Valutazione dell’Ateneo aveva espresso nel 2016 in merito agli obiettivi che la procedura di reclutamento dei ricercatori avrebbe dovuto conseguire.
Un componente del Consiglio di Dipartimento ha poi aggiunto una considerazione relativa al fatto che il dott. -OMISSIS-non ha dichiarato il possesso di specializzazioni in diritto bancario e finanziario (requisito peraltro richiesto dal bando), ma tali considerazioni non hanno avuto alcun peso specifico nella decisione dell’organo, tanto che esse non sono riportate nella motivazione finale della delibera.
9.1.3. Si potrebbe tuttavia ritenere che, anche a prescindere dal formale recepimento delle valutazioni espresse dalla commissione, il Consiglio di Dipartimento abbia comunque esorbitato dalle proprie attribuzioni, non considerando in particolare il fatto che il dott. -OMISSIS-, essendo inserito in una graduatoria approvata dal Rettore, era da ritenere ipso facto in possesso dei requisiti richiesti dal bando, per cui non si poteva dubitare né della sua adeguatezza dal punto di vista scientifico e didattico, né della sua capacità di conseguire gli obiettivi minimi di ricerca previsti dalla lex specialis.
Il Collegio non ritiene però di condividere tali argomentazioni, e ciò in quanto:
– in linea generale, il Consiglio di Dipartimento non è obbligato a disporre la chiamata del candidato risultato vincitore della selezione, ben potendo motivatamente decidere di proporre la non chiamata (mentre, come detto, non potrebbe proporre la chiamata di un candidato non collocato al primo posto della graduatoria). Il ricorrente, peraltro, dichiara di condividere in generale tale principio, precisando però che la decisione di non procedere alla chiamata può essere giustificata solo da ragioni organizzativo-didattiche, che nella specie sarebbero del tutto inesistenti. Il ricorrente sostiene altresì che il Consiglio di Dipartimento ha solo il compito di verificare la legittimità della procedura, ma questo non è esatto, perché tale compito spetta al Rettore in sede di approvazione della graduatoria redatta dalla commissione;
– in realtà nel caso odierno la decisione del Consiglio di Dipartimento si fonda proprio sulla ritenuta non opportunità di coprire il posto con un candidato che la commissione ha giudicato in maniera non del tutto favorevole (pur avendolo dichiarato idoneo alla luce dei criteri di valutazione previsti dal bando, dai quali l’organo valutatore non si poteva legittimamente discostare). E’ chiaro che tale valutazione poggia sul giudizio della commissione, ma è altrettanto evidente che, proprio perché il Consiglio di Dipartimento propone le chiamate sulla base di ragioni didattico-organizzative (mentre le commissioni esaminatrici debbono valutare unicamente il profilo accademico e scientifico dei candidati alla luce dei criteri fissati dal bando), da tale giudizio non del tutto favorevole è conseguita nella specie la valutazione di non opportunità della copertura del posto;
– ma, del resto, parte ricorrente non indica nemmeno le ragioni per le quali il Consiglio lo avrebbe volutamente penalizzato, il che induce a svolgere alcune considerazioni di taglio al tempo stesso pratico e giuridico. Premesso che gli atenei italiani hanno un indubbio interesse a coprire tutti i posti disponibili in base ai criteri assunzionali vigenti (i c.d. punti organico), l’unica spiegazione plausibile che giustifichi la decisione di non procedere alla chiamata rimanda ad una figura sintomatica di eccesso di potere, ossia lo sviamento. In sostanza, alla non chiamata si farebbe (illegittimo) ricorso laddove dalla selezione sia risultato vincitore un candidato “non gradito”, di modo che quel posto venga per così dire “congelato” e possa essere attribuito in futuro ad un candidato “gradito”. Ora, in disparte il fatto che “…del doman non v’è certezza…” (e nella specie la decisione ratificata dal C.d.A. implicava il divieto per il Dipartimento di Economia e Diritto di bandire per i successivi due anni analoghe selezioni per il medesimo settore concorsuale), l’eccesso di potere avrebbe potuto essere dimostrato solo se fosse stato comprovato che il posto per cui è causa è stato successivamente messo a selezione da UNIMC e attribuito ad un candidato “gradito”. In casi del genere, infatti, l’eccesso di potere viene perpetrato attraverso una sequenza di atti, anche adottati in tempi diversi, finalizzati nel loro complesso a conseguire un risultato non conforme alla ratio del potere esercitato. Ma il dott. -OMISSIS-non ha né allegato né tantomeno comprovato che negli anni seguenti al 2017 l’Università resistente abbia posto in essere condotte di tal genere, per cui si deve ritenere che la decisione del Consiglio di Dipartimento, ratificata dal C.d.A., ha obbedito esclusivamente a ragioni di natura organizzativo-didattica. E al riguardo nemmeno rileva il fatto che il Consiglio di Dipartimento avesse deciso di proporre la chiamata della dott.ssa -OMISSIS- visto che la controinteressata aveva conseguito in sede di selezione una valutazione pienamente favorevole. Peraltro il ricorrente, invece di sostenere che la decisione relativa alla chiamata della dott.ssa -OMISSIS- dovrebbe dimostrare l’indispensabilità della copertura del posto, in parte qua si avventura in una contestazione relativa alla produttività della controinteressata basata su fredde formule aritmetiche, rispetto alle quali vanno condivise le puntuali argomentazioni difensive esposte dall’Ateneo resistente nella memoria depositata il 16 luglio 2025.
9.1.4. Non sono invece del tutto chiare le conseguenze che il ricorrente intende trarre dal documento depositato in allegato alla memoria conclusionale del 4 settembre 2025, visto che nessun commento è stato svolto in merito alla richiesta di archiviazione formulata dal Procuratore della Repubblica di Macerata nell’ambito del procedimento che, a quanto pare, era stato avviato su denuncia del dott. -OMISSIS-a carico dei membri della commissione.
È vero che nell’atto il Procuratore avanza dubbi in merito alla legittimità dell’operato della commissione, ma, in disparte il fatto che tali valutazioni non vincolano in alcun modo il T.A.R., non è dato comprendere se ci si riferisca a vizi relativi alla fase di valutazione dei due candidati (ma se così fosse si tratta, come già più volte osservato, di un profilo ormai superato) o alla fase della chiamata, se si tratta di violazioni formali (ad esempio relative alla sottoscrizione del verbale n. 1) oppure di vizi inerenti il merito dei giudizi espressi dai commissari, etc. Il documento in parola, pertanto, non ha alcun rilievo nel presente giudizio.
10. Dal rigetto della domanda impugnatoria formulata con il ricorso n. 453/2017 R.G. discende anche il rigetto della domanda di condanna dell’Università di Macerata al risarcimento dei danni patrimoniali.
11. Va invece dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione del G.A. la domanda di condanna dell’Ateneo al risarcimento dei danni non patrimoniali collegati alla dedotta violazione della privacy del dott. -OMISSIS-. Infatti, come correttamente eccepito dalla difesa dell’Università, tutte le controversie relative alla violazione delle regole sulla riservatezza dei dati personali sono attribuite alla giurisdizione esclusiva dell’A.G.O. (art. 152 del D.Lgs. n. 196/2003 e s.m.i.).
12. In conclusione, dunque, i ricorsi in epigrafe vanno in parte dichiarati improcedibili, in parte respinti e in parte dichiarati inammissibili per difetto di giurisdizione del G.A.
Le spese dei giudizi si possono tuttavia compensare integralmente, vista la complessità delle valutazioni implicate dalla presente selezione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:
– li riunisce ai sensi dell’art. 70 c.p.a.;
– in parte li dichiara improcedibili;
– in parte li respinge;
– in parte li dichiara inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;
– compensa integralmente fra le parti le spese dei due giudizi riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone fisiche menzionate nella presente sentenza e negli atti dei giudizi.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Consigliere, Estensore
OMISSIS, Referendario
Pubblicato il 3 ottobre 2025

