TAR Calabria (Reggio Calabria), 10 dicembre 2025, n. 769

I requisiti di partecipazione devono essere verificati al momento dell’indizione della procedura di chiamata

Data Documento: 2025-12-10
Autorità Emanante: TAR Calabria
Area: Giurisprudenza
Massima

I requisiti di partecipazione devono essere verificati al momento dell’indizione della procedura di chiamata e, in omaggio ai principi di leale collaborazione e buona amministrazione, la conclusione o l’eventuale dilatazione temporale della procedura nonché la stessa determinazione della data di immissione in servizio non possono essere lasciate al mero arbitrio dell’Ateneo né stabilite per includere o escludere uno o l’altro candidato.

Contenuto sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 621 del 2025, proposto da
OMISSIS, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, in persona del Rettore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Reggio Calabria, via del Plebiscito, 15;
OMISSIS, OMISSIS, OMISSIS, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensiva:
– della deliberazione del Senato Accademico dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria n. 101/2025, prot. n. 0024804 del 24/07/2025 – DxSA n. 101/2025 – UOR: ARU_SPR – Classif. VII/1, adottata nella riunione del 23 luglio 2025, recante «Attuazione del “Piano Straordinario per la progressione di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale” di cui al Decreto Ministeriale 29 ottobre 2024 n. 1673» (doc. 1);
– della deliberazione del Consiglio del Dipartimento “Architettura e Design”, del 17 settembre 2025, prot. 0031582 del 18 settembre 2025 – UOR: ARU_SPR – Classif. VII/1 (doc. 2);
– dell’allegato 1, approvato dalla predetta delibera del Consiglio di Dipartimento “Architettura e Design” del 17 settembre 2025, prot. 0031582 del 18 settembre 2025 – UOR: ARU_SPR – Classif. VII/1, recante i profili/s.s.d. da mettere a bando (doc. 3);
– di ogni atto amministrativo antecedente o susseguente, in quanto lesivo della ricorrente, comunque connesso agli atti amministrativi impugnati di cui sopra.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza collegiale n. 702 del 20 novembre 2025;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2025 il dott. OMISSIS e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm..

FATTO e DIRITTO
I. Con ricorso notificato in data 22/10/2025 e depositato il successivo 6/11/2025, la ricorrente, ricercatrice a tempo indeterminato in servizio presso l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria ed abilitata (con giudizio espresso all’unanimità dalla competente commissione nazionale) dal 10 giugno 2022, e fino al 10 giugno 2034, come professoressa universitaria di II fascia, per il settore scientifico-disciplinare CEAR11/B, impugna i provvedimenti sopra meglio specificati, con i quali, ai fini dell’attuazione del “Piano Straordinario per la progressione di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale”, di cui all’art. 15, commi da 1-bis a 1-quater del d.l. 31 maggio 2024, n. 71 convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2024, n. 106 e ss.mm.ii. e al Decreto Ministeriale 29 ottobre 2024 n. 1673:
– il Senato Accademico ha demandato ai singoli Dipartimenti la conferma o la modifica, entro il 23 settembre 2025, delle priorità dei SSD potenziali destinatari della procedura di chiamata prevista dall’art. 24, comma 6 della Legge 240/2010 per ricercatori a tempo indeterminato in servizio presso la medesima Università, stabilendo “nel rispetto del termine ultimo del 31 dicembre 2025 per l’indizione delle procedure, ai fini di un’ottimale gestione delle risorse e di una programmazione sostenibile del bilancio di Ateneo, di calendarizzare le assunzioni alla data del 31 dicembre 2026”;
– il Consiglio del Dipartimento “Architettura e Design” ha individuato, in ordine di priorità, i potenziali SSD/SC potenziali destinatari della procedura di chiamata alla II Fascia (professore Associato), nei seguenti termini (escludendo il SSD CEAR11/B, di interesse della ricorrente):
1. CEAR-11/A (ex ICAR/18) – Storia dell’Architettura;
2. CEAR-10/A (ex ICAR/17) – Disegno;
3. AGRI-05/A (ex AGR/11) – Entomologia generale e applicata;
4. CEAR 03/C (ex ICAR/22) – Estimo e Valutazione;
5. CEAR 11/A (ex ICAR/18) – Storia dell’Architettura.
II. Espone la ricorrente quanto segue:
– ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. a), d.m. 1673/2024, «ciascuna Istituzione utilizza le risorse assegnate ai sensi del presente decreto per la progressione di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale anche se conseguita successivamente al 30/09/2024, con bando adottato entro il 31 dicembre 2025 e presa di servizio entro il 31 dicembre 2026»;
– la stessa è titolare della legittimazione a partecipare alla procedura di assunzione, ex art. 24, co. 6, l. 240/2010, per la quale il legislatore statale e il Ministero hanno assegnato specificamente le risorse;
– la delibera del Senato Accademico del 23 luglio 2025 avrebbe, tuttavia, escluso a priori la ricorrente, in quanto in quiescenza come ricercatrice (ma non come associata) prima del 31 dicembre 2026, ancorché la stessa sarà in possesso di tutti i requisiti di partecipazione prescritti dalla legge e dal Regolamento al momento dell’emanazione del bando (“entro il 31 dicembre 2025”) e anche successivamente a tale data;
– con comunicazione del 28 luglio 2025, la Direttrice del Dipartimento ha chiesto anche alla ricorrente di manifestare il suo interesse alla partecipazione alla procedura di upgrade (doc. 9);
– con comunicazione a mezzo di posta elettronica certificata del 30 agosto 2025, la ricorrente ha trasmesso il proprio curriculum vitae ai fini della partecipazione alla procedura (doc. 10);
– con delibera del Consiglio di Dipartimento “Architettura e Design” prot. 31582 del 18 settembre 2025, in dichiarata esecuzione della Deliberazione del Senato Accademico, è stato escluso a priori tra i potenziali destinatari della procedura di chiamata e, conseguentemente dai profili messi a bando, il profilo della ricorrente (settore scientifico-disciplinare CEAR-11/B), sebbene la ricorrente disponga (i.e.: disporrà), al momento della scadenza della domanda di partecipazione e in seguito, dei due requisiti prescritti dal legislatore per essere ammessi alla procedura in oggetto (doc. 2);
– il Consiglio di Dipartimento, escludendo il s.s.d./s.c. della ricorrente, ha individuato solo i s.c. 08/E2, 08/E1, 07/D1, 08/A3, 08/E2 (doc. 3), uno dei quali è «Patologia vegetale e entomologia», s.c. 07/D1 (doc. 3).
Avverso i suddetti provvedimenti deduce le seguenti censure, così rubricate:
1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, co. 1-bis, d.l. 71/2024, conv. mod. L. 106/2024; dell’art. 16, co. 4, l. 240/2010; dell’art. 24, co. 5 e 6, l. 24/2010; degli art. 3, 6, co. 1 e 15 del Regolamento Universitario sulle chiamate; dell’art. 2, ult. co., d.P.R. 3/1957; dell’art. 2 co. 7, d.P.R. 487/1994 (illegittima esclusione della ricorrente dalla partecipazione alla procedura di selezione)”.
Nella procedura in oggetto (“upgrade”) ex art. 24, co. 5 e 6, l. 240/2010 (d.m. n. 1673 del 29 ottobre 2024, cit., doc. 4), il possesso dell’a.s.n. costituisce “titolo di idoneità” che conferisce un diritto di partecipazione alle procedure di reclutamento al ricercatore/alla ricercatrice che, come la ricorrente, è (a) in servizio presso l’Università che ha indetto la procedura e (b) ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale e, pertanto, ha titolo per partecipare alla procedura in oggetto.
Tale titolo di partecipazione è confermato dall’art. 6, co. 1 del Regolamento sulle chiamate dell’Università in oggetto (Regolamento prot. 18144 del 5 giugno 2025, d.r. 213/2025, doc. 5).
La ricorrente ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale e, al momento in cui è (i.e.: sarà) indetta la procedura, è «perfettamente in servizio – e lo sarà persino se il bando fosse emanato l’ultimo giorno utile: il 31 dicembre 2025 –, cosicché essa “può partecipare” alla procedura».
Ai sensi dell’art. 2, ultimo co., d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, il possesso dei requisiti va valutato rispetto al termine stabilito dal bando per la presentazione della domanda di ammissione alla procedura.
Anche qualora i bandi fossero emanati l’ultimo giorno utile prescritto dal legislatore (31 dicembre 2025: ex art. 15, co. 1-bis, d.l. 71/2024, conv. mod. L. 106/2024), la ricorrente sarebbe collocata in quiescenza, peraltro semplicemente come ricercatrice, solo dal novembre 2026. Conseguendo, inoltre, l’upgrade al quale essa chiede di partecipare, la ricorrente permarrebbe in ruolo, come associato fino al termine dell’a.a. 2028-2029.
Gli atti impugnati escludono la ricorrente dalla partecipazione alla procedura ex art. 24, co. 5 e 6, l. 240/2010, riferendo i requisiti (a) della presenza in servizio e (b) dell’abilitazione scientifica nazionale non al momento della data di scadenza del bando ma alla data, successiva di oltre un anno, della presa di servizio del 31 dicembre 2026.
Le ragioni “economiche” esternate a fondamento dell’esclusione del s.s.d. di pertinenza della ricorrente, oltre che illegittime e illogiche, non sarebbero pertinenti, atteso che non sarebbe possibile surrettiziamente violare le prescrizioni fissate dalla legge e dallo stesso Regolamento dell’Università sul reclutamento (e che stabiliscono che la ricorrente, in possesso dei requisiti alla data di scadenza della domanda del bando da emanarsi entro il 31 dicembre 2025, può concorrere alla procedura in oggetto ex art. 24, co. 5 e 6, l. 240/2010 e non può esserne a priori esclusa).
Stabilendo “tassativamente” che la presa di servizio avverrà l’ultimo giorno utile possibile (31 dicembre 2026) e trasformando in requisito di partecipazione l’essere ancora in servizio a quella data, l’Università finisce per escludere (solo) la ricorrente, introducendo un requisito di partecipazione ad personam.
2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. 241/1990, dell’art. 2, co. 2, del Regolamento Universitario sulle chiamate e della del. S.A. n. 101 del 23 luglio 2025 – Violazione dell’art. 97, co. 2, Cost. e del principio di buon andamento – Eccesso di potere per carenza di motivazione (omessa valutazione dell’indispensabilità didattica nella scelta dei profili da mettere a bando)”.
In assenza di un’esigenza didattica o di fronte ad un’esigenza didattica inferiore, sarebbe illegittimo preferire un profilo accademico rispetto ad un altro, essendo irrilevante che il profilo preferito “costi di meno”.
Sarebbe violato l’art. 2 del Regolamento sul reclutamento dell’Università “Mediterranea” che prescrive che la Delibera del Dipartimento con la quale si attiva la procedura di chiamata deve essere «debitamente motivata».
Persino la Deliberazione del S.A. n. 101/2025, impugnata, stabilisce che i Dipartimenti avrebbero dovuto deliberare sui profili «tenendo conto dei criteri per come sopra richiamati ed integrati, della indispensabilità didattica, della sostenibilità economica».
La Delibera del Dipartimento non reca alcuna seria motivazione sull’indispensabilità didattica, che è il criterio fondamentale e imprescindibile per tale procedura di reclutamento e che lo stesso Senato Accademico aveva demandato al Dipartimento di valutare.
È, peraltro, paradossale, sostiene la ricorrente, che, in assenza di qualsivoglia motivazione in proposito, tra i profili approvati dal Dipartimento senza motivazione sull’indispensabilità didattica, non vi sia il s.c. 08/CEAR-11 – Restauro e Storia dell’Architettura, che è un settore di architettura (oltre che “necessario, fondamentale, caratterizzante, ingente per didattica erogata, secondo il Piano di Studi approvati del medesimo Dipartimento”), e vi sia, invece, il s.c. 07/D1 – Patologia Vegetale e Entomologia (che è un settore scientifico-disciplinare di agraria).
3) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 18, co. 1, l. 240/2010 (illegittimità della Delibera S.A. per violazione del procedimento di formazione delle modifiche e integrazioni al Regolamento sul reclutamento)”.
L’art. 18, co. 1, l. 240/2010 riserva la disciplina dei procedimenti di chiamata dei professori di seconda fascia ad una fonte del diritto specifica e tipica: il Regolamento sulle chiamate.
Questo Regolamento, a differenza delle altre fonti dell’Ateneo, deve essere adottato ai sensi della legge 9 maggio 1989, n. 168, ed è soggetto al controllo di legittimità del Ministero.
Di contro, il Regolamento sulle chiamate, sottoposto al controllo di legittimità del Ministero dell’Università e della Ricerca, prevede che «alla selezione possono partecipare: a) i candidati che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale ai sensi dell’art. 16 della Legge 240/2010 per il settore concorsuale (o per il nuovo GSD), ovvero per uno dei settori concorsuali ricompresi nel medesimo macrosettore e per la fascia cui si riferisce la procedura di selezione» (art. 6, co. 1, Reg.), mentre la Deliberazione del Senato Accademico che stabilisce un’eccezione a questa regola (e che violerebbe il medesimo Regolamento) finirebbe per sostituirsi al medesimo Regolamento senza, però, essere stata sottoposta al prescritto controllo di regolarità/legittimità ministeriale (violando così l’art. 18 della l. 240/2010).
4) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 18, l. 240/2010 e dell’art. 2 del Regolamento sulle chiamate (violazione del procedimento tipico sulle chiamate)”.
Il procedimento previsto dalla disciplina di riferimento nonché dall’art. 20, co. 2, lett. p, dello Statuto dell’Università “Mediterranea” prevede che il Dipartimento – che è l’unico soggetto consapevole delle necessità didattiche – chieda al Consiglio di Amministrazione dell’Università di attivare la procedura di chiamata e il Consiglio di Amministrazione, sentito il Senato Accademico, valuti la richiesta e assegni le risorse.
Nel caso di specie il procedimento tipico sarebbe stato violato e invertito.
Per un verso, in violazione dell’art. 2 del Regolamento, la procedura non è stata avviata dal Dipartimento, con una richiesta indirizzata e valutata dal Consiglio di Amministrazione, ma dallo stesso Senato Accademico, che invece di emanare un parere sulla richiesta formulata dal Dipartimento, avrebbe preteso di dettare al Dipartimento i criteri da seguire nel formulare la propria richiesta.
Per altro verso, donde una seconda violazione di legge, il Senato Accademico si sarebbe sostituito al Consiglio di Amministrazione, al quale compete di assegnare le risorse ai singoli Dipartimenti dopo aver ricevuto la richiesta di questi ultimi.
Ed infine (terzo vizio di violazione di legge) il Senato Accademico, nel sostituirsi al Consiglio di Amministrazione, avrebbe preteso di modificare il numero dei candidati alla procedura di selezione.
Nel procedimento fissato dalla legge, invece, è previsto che il Dipartimento chieda secondo le esigenze didattiche e il Consiglio di Amministrazione si pronunci assegnando le risorse ai singoli dipartimenti.
Nel caso di specie, invece, il Senato Accademico avrebbe eliminato a priori alcuni candidati, ancorché qualificati e più rispondenti al requisito dell’indispensabilità didattica, invertendo le fasi del corretto procedimento (che prevede che sia il Dipartimento a valutare la necessità didattica e che, successivamente, il C.d.A. si pronunci sulla richiesta, a seconda che le risorse vi siano o meno).
Nel caso di specie, il Senato – non il C.d.A. – avrebbe modificato a priori le risorse, modificato i candidati, e stabilito che i Dipartimenti si pronunciassero sui criteri da esso stesso predeterminati.
5) “Violazione e falsa applicazione degli art. 1-4 della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio e degli art. 1-3 del d.lgs. 216/2003 (violazione del divieto comunitario di ageismo)”.
L’interruzione della carriera della ricorrente, giustificata con il suo presunto “maggior costo”, sarebbe illegittima, violando il divieto di ageismo (e cioè il divieto di discriminazione fondata sull’età) stabilito dalla disciplina euro-unitaria e nazionale di recepimento.
La ricorrente sarebbe collocata in quiescenza al 67° anno per il posto da lei attualmente ricoperto di ricercatrice confermata, ma per il posto messo a bando, di associata, l’età massima anagrafica è di 70 anni.
La Delibera del Senato Accademico impugnata, quindi, determinerebbe una illegittima interruzione della carriera (a) modificando il momento in cui vanno valutati i requisiti nel concorso e (b) invocando presunti maggiori costi) con un modus operandi vietato dalla disciplina europea recepita dal nostro ordinamento.
Nel caso di specie, l’età massima di collocamento a riposo, per il posto oggetto del giudizio, è 70 anni, che la ricorrente compirebbe solo nel mese di giugno del 2028, con effetti solo dal termine dell’anno accademico 2028-2029, e cioè anni dopo la conclusione per legge della stessa procedura concorsuale in oggetto.
6) “Eccesso di potere per illogicità e incongruità della motivazione e per erroneità dei presupposti, nonché, nuovamente, violazione e falsa applicazione dell’art. 97, co. 2, Cost., dell’art. 15, co. 1-bis, d.l. 71/2024, conv. mod. L. 106/2024; dell’art. 16, co. 4, l. 240/2010; dell’art. 24, co. 5 e 6, l. 24/2010; degli art. 3, 6, co. 1 e 15 del Regolamento Universitario sulle chiamate; dell’art. 2, ult. co., d.P.R. 3/1957; dell’art. 2 co. 7, d.P.R. 487/1994 (incongruità e illogicità dell’argomento dei “costi”)”.
Non sarebbe legittimo restringere la partecipazione alla procedura di selezione in ragione del presunto mero “costo economico” dei professori più anziani anagraficamente in assenza di qualsiasi prova in tal senso.
All’eventuale “maggior costo” corrispondono, nel sistema stesso, maggiori esperienza e profilo curriculare dei professori più anziani rispetto agli altri.
Le procedure di reclutamento universitario non dovrebbero essere generalmente improntate ad assumere gli studiosi che costino di meno, indipendentemente dalla loro necessità didattica e indipendentemente dalla loro qualificazione, ma gli studiosi (anche “più costosi” dei primi) che siano necessari e più preparati.
Gli atti impugnati antepongono, in maniera illogica, i presunti “costi” del singolo ricercatore, qualunque sia il suo s.s.d. e s.c., alla sua necessità didattica.
La finalità della procedura di reclutamento non è quella di assumere il maggior numero di persone, ma gli studiosi per i profili per i quali vi sia necessità didattica.
La scelta operata dall’Ateneo determina una discriminazione orizzontale tra gli stessi studiosi interessati di età maggiore, senza dire che sono stati comunque ammessi alla partecipazione alla procedura, pur determinanti un presunto “maggior costo” perché più anziani, ricercatori di età anagrafica solo leggermente inferiore a quella della ricorrente (a tal proposito la ricorrente richiama l’allegato doc. 11 contenente l’elenco dei ricercatori dei vari Dipartimenti potenziali destinatari della procedura di stabilizzazione), con effetti complessivamente illogici e discriminatori.
III. Per resistere al ricorso si è costituita, in data 12/11/2025, l’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, con atto di mero stile.
Il successivo 15/11/2025, l’Ateneo reggino ha depositato documenti e memoria, con la quale ha eccepito l’infondatezza del ricorso, di cui chiede il rigetto, vinte le spese.
Ha dedotto l’Università che:
– per tutti i candidati, l’entrata in servizio è stata calendarizzata al 31.12.2026;
– non vi sarebbe alcuna violazione dell’art. 24, comma 6, L. n. 240/10 né del DM 1673 del 29.10.2024, atteso che le norme consentono la chiamata entro il 31.12.2026 demandando all’autonomia degli Atenei la fissazione della data di presa di servizio sulla base delle proprie esigenze di natura finanziaria;
– al fine, quindi, di garantire la sostenibilità della spesa, si è tenuto in considerazione, nell’individuazione delle priorità, che la progressione da Ricercatore a tempo indeterminato a Professore Associato comporta l’innalzamento dell’età pensionabile di 3 anni e segnatamente da 67 a 70 anni e che il piano Straordinario supporta finanziariamente esclusivamente l’incremento stipendiale e non già lo stipendio base, che rimane a carico del bilancio dell’Ateneo per ulteriori tre anni al momento non previsti, con conseguenti ripercussioni sugli indicatori di spesa di personale e di sostenibilità economico-finanziaria;
– a fronte delle maggiori assunzioni incoraggiate dal Governo proprio attraverso i piani straordinari di reclutamento, il valore dell’indicatore di Sostenibilità Economica e Finanziaria (ISEF) 2024 (78,59), rischia di superare il valore soglia da rispettare (80%), con rischio di compromettere le prospettive di operatività dell’Ateneo;
– quanto deliberato dal Senato sarebbe basato sul rispetto dei principi di sostenibilità e prudenza, al fine di non compromettere, in un periodo di elevate tensioni finanziarie per l’Ateneo, esigenze di programmazione presenti e future;
– i competenti organi dell’Università avrebbero, quindi, proceduto, prima evidentemente di esprimersi sui SSD su cui avviare la procedura, a richiedere ai dipartimenti indicazioni sul numero di ricercatori in possesso dei requisiti con indicazione del relativo SSD sulle relative proposte in merito;
– i dipartimenti hanno, quindi, preso in considerazione solo quelli ancora in servizio presso l’Ateneo, alla data della chiamata in servizio fissata, come detto, al 31.12.2026, operando una scelta finalizzata, per motivi di necessaria prudenza, allo “spostamento” della spesa del nuovo personale, a gravare sul bilancio 2027, e non certo per escludere alcuno dalla procedura;
– medesima scelta, improntata a principi di prudenza e sostenibilità, sarebbe stata già effettuata nella tornata di progressioni di carriera effettuate nel 2023 e poi ribadita successivamente, per conferma, in occasione della seconda odierna tornata che prevede, come detto 12 progressioni su 16;
– il Dipartimento di “Architettura e Design” avrebbe deliberato sulla base delle proprie competenze, sui profili e i SSD su cui chiedere l’avvio delle procedure di progressione di carriera, e non in mera esecuzione delle decisioni del Senato, individuando in ordine di priorità i potenziali SSD/SC interessati alla procedura di chiamata alla II fascia (professore associato) e specificando nell’apposito allegato le attività didattiche e di ricerca che ciascun docente dovrà svolgere in coerenza evidentemente con la programmazione complessiva;
– correttamente, quindi, le indicazioni provenienti dai dipartimenti hanno riguardato solo i ricercatori che risultavano ancora in servizio presso l’Ateneo, alla data del 31.12.2026.
IV. In esito alla camera di consiglio del 19/11/2025, con ordinanza n. 720 del 20/11/2025, il Tribunale ha disposto adempimenti istruttori, onerando l’Università Mediterranea di Reggio Calabria di depositare in giudizio gli atti e i documenti citati nei provvedimenti impugnati, rinviando la trattazione della fase cautelare alla camera di consiglio del giorno 3/12/2025.
V. In data 24/11/2025, in adempimento dell’ordinanza collegiale istruttoria, l’Università ha depositato i documenti richiesti, come da separato foliario.
VI. Alla camera di consiglio del 3/12/2025, previo avviso alle parti della possibile definizione della controversia con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a, la causa è stata chiamata e, dopo la discussione, trattenuta in decisione.
VII. Il ricorso è fondato.
VIII. L’esame delle censure dedotte impone di muovere da una breve ricostruzione della disciplina di riferimento e dalle ragioni esposte nei provvedimenti impugnati che hanno indotto gli organi dell’Ateneo ad escludere il settore scientifico-disciplinare CEAR11/B dalla procedura di chiamata prevista dall’art. 24, comma 6 della Legge 240/2010.
IX. La disciplina di riferimento e la sua ratio.
L’articolo 24 della legge 240/2010 prevede ai commi 5 e 6 delle particolari procedure riservate al personale in servizio presso l’università che indice le procedure stesse, ai fini della chiamata nel ruolo dei professori associati di ricercatori a tempo determinato (comma 5) o ai fini della chiamata nel ruolo dei professori di I e II fascia del personale docente (comma 6).
In particolare, il comma 6, per il periodo transitorio dalla data di entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 e fino al 31 dicembre del quindicesimo anno successivo, prevede speciali procedure di selezione mediante cd. “upgrading”, consentendo che la procedura di cui al comma 5 possa essere utilizzata, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione», per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia rispettivamente di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima», che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica, ai fini, nello specifico, della loro chiamata nel ruolo dei professori di seconda fascia (se ricercatori) ovvero in quello dei professori di prima fascia (se professori di seconda fascia).
La Corte Costituzionale, al riguardo, ha chiarito che la menzionata previsione di cui al comma 6 dell’articolo 24 presenta come obiettivo quello “di dare risposta alle legittime aspettative di progressione in carriera dei ricercatori già di ruolo” (e cioè dei ricercatori a tempo indeterminato), assumendo la finalità di “farsi carico delle aspettative di chi era già in servizio, reclutato sulla base della disciplina previgente, e apprestare un canale accelerato per assorbire le vecchie posizioni dei ricercatori di ruolo, offrendo una chance di avanzamento all’interno dell’ateneo di appartenenza a coloro fra essi che hanno conseguito l’abilitazione nazionale”, nel quadro del progressivo esaurimento della suddetta figura di ricercatori a tempo indeterminato, esprimendo comunque una “scelta … coerente con l’assetto generale della riforma e non … in contrasto con la logica che la ispira, di progressione per merito nella carriera universitaria” (in tal senso, Corte Cost. sent. n. 165/2020).
La giurisprudenza ha, poi, ulteriormente affermato, in subjecta materia, che «tutti i candidati “interni” alla stessa Università, in possesso dei medesimi requisiti, devono essere posti in grado di partecipare alla procedura di reclutamento in condizioni di parità. Non sarebbe invece conforme a Costituzione una norma che consentisse ad una pubblica amministrazione di potere operare progressioni interne “ad personam”» ovvero «in contraddizione con il principio del favor partecipationis che deve assistere procedure di tipo comparativo quale quella in esame, per la selezione della migliore professionalità in relazione al posto di docenza da assegnare» (cfr. Cons. Stato sez. VII 5/04/2023 n. 3519; Cons. Stato sez. VI 24/04/2018 n. 2500 e 19/12/2018 n. 7155).
Il legislatore nazionale è più volte intervenuto per co-finanziare tali speciali assunzioni con ripetute misure legislative e interventi finanziari (cd. piani straordinari) diretti a favorire la chiamata attraverso la descritta procedura come professori associati dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale, l’ultimo dei quali con l’art. 15, commi da 1-bis a 1-quater del d.l. 31 maggio 2024, n. 71 convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2024, n. 106, come modificato dall’articolo 12 del d.l. 9 agosto 2024 n. 113, convertito con modificazioni dalla L. 7 ottobre 2024, n. 143, che disciplina la vicenda in esame.
In attuazione di tali disposizioni normative, con decreto n. 1673 del 29 ottobre 2024, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha provveduto all’assegnazione dei fondi alle singole Università statali, tra cui l’Università “Mediterranea”, ribadendo che le risorse sono:
– assegnate «per consentire la progressione di carriera dei ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale tramite procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia» (art. 1, co. 1);
– ripartite «fra le Istituzioni con almeno un ricercatore a tempo indeterminato in servizio al 30/09/2024 in possesso, alla stessa data, di abilitazione scientifica nazionale» (art. 1, co. 3);
– necessarie «per procedere ad almeno 1 assunzione nella classe iniziale di professore di II fascia ai sensi dell’articolo 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, riservata a ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale in servizio presso l’Istituzione stessa» (art. 1, co. 3, lett. a);
– e che «ciascuna Istituzione utilizza le risorse assegnate ai sensi del presente decreto per la progressione di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale anche se conseguita successivamente al 30/09/2024, con bando adottato entro il 31 dicembre 2025 e presa di servizio entro il 31 dicembre 2026» (art. 2, co. 1, lett. a)).
La Tabella 1 allegata al medesimo d.m. n. 1673 del 29 ottobre 2024 assegna all’Ateneo di Reggio Calabria le risorse ivi indicate, considerando che nel medesimo Ateneo vi sono n. 16 Ricercatori a T.I. al “30 settembre 2024 con ASN”.
Ora, stabilisce l’art. 15 co. 1-bis del d.l. 31 maggio 2024, n. 71 cit. che “In deroga alle vigenti facoltà assunzionali, le università statali sono autorizzate a bandire, entro il 31 dicembre 2025 e con presa di servizio entro il 31 dicembre 2026, procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale, nel limite di spesa di euro 8.103.894 annui a decorrere dall’anno 2024”.
Nello specifico, è stato l’articolo 12 (contenente “Disposizioni urgenti in materia di promozione dell’attività di ricerca svolta dalle università”) del d.l. 9 agosto 2024 n. 113 (recante “Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico”: cd. Decreto Omnibus 2024) ad apportate le seguenti modificazione al comma 1-bis cit., alinea, inserendo dopo le parole: «31 dicembre 2025», le seguenti: «e con presa di servizio entro il 31 dicembre 2026».
I lavori preparatori al decreto chiariscono che «L’articolo 12, comma 2, reca modificazioni all’articolo 15 del decreto-legge n. 71 del 2024. Le novelle apportate sono volte: in primo luogo, a disporre che le procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato abilitati, autorizzate e finanziate dal comma 1-bis del citato articolo 15, debbano concludersi, con la presa di servizio del personale assunto, entro il 31 dicembre del 2026; in secondo luogo, a chiarire, tramite talune modifiche al comma 1-quinquies del medesimo articolo 15, a decorrere da quali termini, a quali fini e in riferimento a quali destinatari, sarà possibile utilizzare le risorse ivi rese disponibili a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale universitario. (…) Ebbene, la modifica apportata dal comma in esame è volta a disporre che, fermo restando il 31 dicembre 2025 quale termine per l’emissione del bando delle citate procedure assunzionali, esse dovranno concludersi, con la presa di servizio del personale assunto, entro il 31 dicembre del 2026».
Ed ancora, a commento dell’art. 12 co. 2 lett. b del medesimo D.L. n. 113/2024: «La relazione illustrativa (ndr, al decreto legge) specifica che, in entrambi i casi, lo spostamento in avanti dei termini non impatta sulla platea dei soggetti destinatari, e che l’obiettivo della norma è stabilire un termine “certo e adeguato” in relazione al quale possa essere dispiegato il piano straordinario di reclutamento, tenuto conto delle conseguenze stabilite dalla norma stessa in caso di mancato reclutamento».
Risulta evidente che lo spostamento in avanti del termine di conclusione della procedura di upgrade (con l’introduzione di un termine successivo per la presa di servizio del personale assunto, entro il 31 dicembre del 2026) non modifica, in negativo, di per sé (proprio per non determinare profili di irragionevolezza) la “platea dei soggetti destinatari” (determinando, semmai, un ampliamento della platea dei possibili destinatari, che finisce per ricomprendere, come precisa l’art. 2 del successivo d.m. n. 1673 del 29 ottobre 2024 anche i “ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale anche se conseguita successivamente al 30/09/2024”), ma è, unicamente, finalizzato a consentire, comunque, la conclusione (in un termine “prorogato”: entro il 31 dicembre del 2026) delle procedure per la chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia riservate ai ricercatori universitari a tempo indeterminato abilitati e l’utilizzo dei fondi statali.
Il legislatore, quindi, proprio per consentire agli atenei di utilizzare le risorse rese disponibili a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale universitario per tutte le assunzioni effettuate fino al 31.12.2026, dopo la modifica introdotta con l’art. 12 del d.l. 9 agosto 2024 n. 113, ha previsto un doppio termine “finale”:
– (mantenuto) il primo – il 31 dicembre 2025 – quale termine per la pubblicazione del bando, chiaramente significativo della volontà del legislatore di ancorare a tale (primo) termine il possesso dei requisiti di partecipazione;
– (introdotto ex novo) il secondo (il 31 dicembre del 2026, sempre quale termine “finale”) ai meri fini del completamento e della conclusione della procedura assunzionale e l’avvio dell’utilizzo dei fondi del piano straordinario di reclutamento.
La ratio della norma, evidentemente, rifugge da generiche esigenze di contenimento della spesa pubblica, essendo, semmai, una norma di autorizzazione (“a decorrere dall’anno 2024” in avanti) alla spesa di personale e di stanziamento del fondo statale di co-finanziamento del piano straordinario di assunzioni; e non è, di per sé, neppure finalizzata a “salvaguardare la sostenibilità economica” per il singolo Ateneo, atteso che detto spostamento è previsto nella norma statale in materia di promozione dell’attività di ricerca svolta dalle università e tende semplicemente a disciplinare tempi e modalità del piano straordinario nazionale di reclutamento nonché il regime del co-finanziamento statale (ben inteso che, ai sensi l’art. 15, comma 1-quinquies del d.l. 31 maggio 2024, n. 71, come ribadisce l’art. co. 2 del d.m. n. 1673/2024, le risorse non utilizzate per i piani straordinari di reclutamento “possono essere utilizzate a copertura dei maggiori oneri stipendiali del personale docente e non docente”).
L’Università, invero, tendenzialmente (potendo utilizzare le risorse non utilizzate dei precedenti piani straordinari di assunzione e già assegnate alle università con i decreti del Ministro dell’università e della ricerca n. 445 del 6 maggio 2022 e n. 795 del 26 giugno 2023) supporta finanziariamente l’incremento stipendiale (da ricercatore a professore di seconda fascia), laddove “lo stipendio base” rimane a carico dell’Ateneo, chiamato, semmai, a scegliere “quale” ricercatore – e di “quale” s.s.d. – chiamare nel ruolo di professore di seconda fascia.
X. Gli atti adottati dagli organi dell’Ateneo.
L’Università resistente, al fine di effettuare tale valutazione del fabbisogno relativo alla copertura di posti di professore di II fascia, ha approvato criteri e sub-criteri tramite una serie di delibere richiamate nei provvedimenti impugnati (si tratta delle delibere del Senato Accademico del 22/06/2020 e dell’8/09/2022 e del Consiglio di Amministrazione del 9/9/2022).
Con la deliberazione n. 101/2025, impugnata, il Senato Accademico, dopo varie premesse (sulle quali si tornerà), ha conclusivamente:
1) demandato “ai Dipartimenti la conferma o la modifica, entro il 23 settembre 2025, delle priorità dei SSD potenziali destinatari della procedura di chiamata al 31 dicembre 2026 prevista dall’art. 24, comma 6 della Legge 240/2010 per ricercatori a tempo indeterminato in servizio presso questa Università, già in precedenza espresse, tenendo conto dei criteri per come sopra richiamati ed integrati, della indispensabilità didattica, della sostenibilità economica”;
2) “nel rispetto del termine ultimo del 31 dicembre 2025 per l’indizione delle procedure, ai fini di un’ottimale gestione delle risorse e di una programmazione sostenibile del bilancio di Ateneo” determinato “di calendarizzare le assunzioni alla data del 31 dicembre 2026”.
In asserita ottemperanza a quanto stabilito nel menzionato “documento del Senato”, con verbale del 2/9/2025, la Commissione dei docenti delle varie aree disciplinari del Dipartimento di Architettura e Design, riunitasi per istruire tale punto all’ordine del giorno della successiva seduta del Consiglio di Dipartimento, ha ritenuto che “il SSD CEAR-11/B – Restauro dell’Architettura non” fosse “candidabile”, determinando i seguenti potenziali settori candidabili: CEAR 03/C (ex ICAR/22) – Estimo e Valutazione, CEAR-11/A (ex ICAR/18) – Storia dell’Architettura, CEAR-10/A (ex ICAR/17) – Disegno, CEAR 11/A (ex ICAR/18) – Storia dell’Architettura, AGRI-05/A (ex AGR/11) – Entomologia generale e applicata (tra i quali, appunto, non figura quello di interesse della ricorrente).
Nella successiva seduta del 17 settembre 2025 (verbale n. 7/2025), il Consiglio del Dipartimento Architettura e Design, recependo la proposta “istruita nella Commissione riunitasi il 2 settembre 2025”, in applicazione di quanto deliberato dal Senato Accademico in data 23/07/2025, ha individuato “in ordine di priorità in elenco” i potenziali SSD/SC interessati dalla procedura, confermando la proposta proveniente dalla Commissione interna.
Come ammesso dalla difesa erariale, entrambi gli organi dell’Ateneo (Senato Accademico e Consiglio di Dipartimento di Architettura e Design) hanno preso in considerazione esclusivamente i ricercatori che sarebbero stati “ancora in servizio presso l’Ateneo intimato, alla data della chiamata in servizio fissata, come detto, al 31.12.2026”, escludendo automaticamente il s.s.d. di pertinenza della ricorrente in ragione della circostanza che, stabilita la presa di servizio in data successiva al mese di novembre 2026, la stessa si sarebbe trovata a quella data ultima (31.12.2026) già collocata in quiescenza come ricercatrice.
XI. Il primo, il secondo, il quinto e il sesto motivo di ricorso sono fondati, nei termini di seguito illustrati, con assorbimento delle ulteriori censure.
Ricostruita, nei termini sopra indicati, la ratio della disciplina di riferimento, appare evidente come gli organi dell’Università resistente abbiano, del tutto erroneamente ed irragionevolmente, utilizzato il termine “ultimo” previsto per la presa di servizio dei (nuovi) professori di seconda fascia per escludere, a monte, il SSD CEAR-11/B – Restauro dell’Architettura dai potenziali settori candidabili e destinatari della procedura di chiamata.
Il Senato Accademico, prima, e il Consiglio di Dipartimento, poi, hanno fatto discendere dalla proroga normativa del termine di conclusione delle procedure finanziate con fondi statali un motivo per “fissare” l’entrata in servizio di tutti i futuri docenti a tale data (31.12.2026), precostituendo, artificiosamente, una ragione astrattamente ostativa alla chiamata della ricorrente.
L’errore in cui è incorso l’Ateneo resistente è, dunque, duplice:
– il primo attiene alla sovrapposizione dei due termini ai fini della verifica dei requisiti di partecipazione, ancorando tale verifica non già al primo (il 31 dicembre 2025) stabilito per la pubblicazione del bando, ma, erroneamente, al secondo (previsto per altri fini);
– il secondo riguarda, invece, l’illogica trasformazione del termine “finale” (“entro il 31 dicembre 2026”) stabilito dalla disciplina statale in una data “fissa” della chiamata in servizio, predeterminando la data di assunzione in modo “tassativo”, facendo così dipendere dalla presenza in servizio a tale data come ricercatori un vero e proprio requisito di partecipazione (sostiene il resistente Ateneo, nella memoria depositata in corso di causa, che gli organi universitari “hanno proceduto (…) prendendo, evidentemente in considerazione, solo quelli ancora in servizio presso l’Ateneo intimato, alla data della chiamata in servizio fissata, come detto, al 31.12.2026”).
Così facendo, l’Università non ha considerato che, pur dopo la novella introdotta dall’art. 12 del d.l. 9 agosto 2024 n. 113, resta fermo:
a) il 31 dicembre 2025, quale termine stabilito per la pubblicazione del bando delle citate procedure assunzionali, e alla cui data devono essere posseduti i requisiti di partecipazione in omaggio ai principi generali di imparzialità e buon andamento (oltre che in forza dei vari parametri normativi invocati da parte ricorrente);
b) e che l’Università non è “tenuta” ad immettere in servizio detto personale “il 31.12.2026”, non sussistendo al riguardo alcuna data “fissata” dal legislatore, ma “entro il 31 dicembre 2026”, ben potendo, cioè, immetterli in servizio, in presenza di esigenze didattiche e di ricerca, ovviamente anche prima dell’ultimo giorno utile.
Invero, per un verso, la “facoltà” (di assumere il personale “entro il 31 dicembre 2026”) non va confusa con un “obbligo” di immissione in servizio “nella” stessa data stabilita come termine ultimo; per altro verso, la decisione “di calendarizzare tassativamente le assunzioni alla data del 31 dicembre 2026” quale “autovincolo” per l’Università (e per tutti di Dipartimenti, indistintamente) appare irragionevole, perché del tutto sganciata da ragioni legate ai tempi della procedura o ad esigenze didattiche, ma unicamente finalizzata ad escludere la candidata (ben nota in anticipo) che sarebbe andata in pensione come ricercatrice, predeterminando quale effetto un (apparente) risparmio di spesa (sul punto si tornerà).
Colgono, quindi, nel segno le censure dedotte da parte ricorrente che, correttamente, richiama quella giurisprudenza formatasi in materia, pur in fattispecie diversa, che ha chiarito che è alla luce dei “principi generali di imparzialità e parità di trattamento dei candidati che deve essere interpretata anche l’ulteriore regola … secondo cui i requisiti di ammissione ai concorsi, oltre che posseduti alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione, devono essere mantenuti per tutta la durata della procedura concorsuale: nel senso, cioè, di non consentire alla P.A. di avvantaggiare o svantaggiare l’uno o l’altro candidato sulla base della maggiore o minore durata della procedura, per come in concreto gestita dalla stessa P.A.” (TAR Abruzzo, Pescara, 8/4/2020 n. 125); con la conseguenza che:
– da un lato, i requisiti di partecipazione devono essere verificati al momento dell’indizione della procedura di chiamata;
– e, dall’altro, che, anche in omaggio ai principi di leale collaborazione e buona amministrazione, la conclusione (o l’eventuale dilatazione temporale) della procedura nonché la stessa determinazione della data di immissione in servizio non possono essere lasciate al mero arbitrio dell’Ateneo né stabilite per includere o escludere uno o l’altro candidato.
Ed infatti, premesso che i tempi di conclusione della procedura sono stabiliti dall’art. 11 del relativo Regolamento di Ateneo (doc. n. 5 di parte ric., a mente del quale “1. La Commissione conclude i propri lavori entro quattro mesi dal decreto di nomina del Rettore. 2. Il termine per la conclusione della procedura, per comprovati ed eccezionali motivi segnalati dal Presidente della Commissione, si può prorogare per una sola volta e per non più di due mesi.”) anche la data di “immissione in servizio” va determinata in relazione alla “indispensabilità didattica” (tenuto anche conto che, ai sensi dell’art. 19 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, com’è noto, “L’anno accademico comincia il 1° novembre e termina il 31 ottobre dell’anno successivo”) e non solo con riferimento alla presunta esigenza di “sostenibilità economica”.
L’Ateneo, poi, tenuto conto che la data di immissione in servizio incide sul diritto all’assunzione (rectius, alla chiamata) dei potenziali partecipanti alla procedura (che, nel caso di specie, hanno uno speciale titolo di partecipazione alla stessa) è, comunque, tenuto ad attivarsi affinchè la presa di servizio dei candidati avvenga quanto più tempestivamente possibile, nel rispetto dei principi di lealtà, buona fede e correttezza e che, comunque, non sia protratta fino (o oltre) una certa data (o all’ultimo giorno utile previsto per la presa di servizio dalla legge) solo per escludere un potenziale candidato (peraltro, ben noto in anticipo) o comunque con l’effetto negativo di determinare l’esclusione di un docente certamente abilitato alla data del bando.
Sussiste, infatti, un’ulteriore ragione per ritenere illegittimo il modus operandi dell’Ateneo.
Quest’ultimo, ben consapevole del numero dei ricercatori potenziali destinatari della procedura di chiamata (ad oggi n. 16: cfr. tabella 1 allegata al d.m. 1673/2024), nelle premesse della deliberazione S.A. del 23/07/2025 tiene “conto che risultano essere, ad oggi, n. 15 i ricercatori universitari a tempo indeterminato in possesso dell’Abilitazione Scientifica Nazionale, i quali siano prevedibilmente in servizio presso questo Ateneo alla data limite del 31 dicembre 2026 e dunque potenziali destinatari della procedura di chiamata prevista dall’art. 24, comma 6 della Legge 240/2010”.
Ora, posto che la ricorrente è l’unica ricercatrice che andrà in pensione nell’anno 2026, si comprende, quindi, come le successive argomentazioni in ordine alle “ripercussioni sugli indicatori di spesa di personale e di sostenibilità economico-finanziaria” e alla circostanza che “la progressione da Ricercatore a tempo indeterminato a Professore Associato comporta l’innalzamento dell’età pensionabile di 3 anni e segnatamente da 67 a 70 anni e che, pertanto, il Piano Straordinario supporta finanziariamente esclusivamente l’incremento stipendiale e non già lo stipendio di base, che rimane a carico dell’Ateneo per ulteriori 3 anni non previsti al momento, con conseguenti ripercussioni sugli indicatori di spese di personale e di sostenibilità economico-finanziaria” finiscono per giustificare, in anticipo, la decisione volta a portare da 16 a 15 il numero dei ricercatori da far diventare professori di seconda fascia con il cd. upgrade.
Così operando, quindi, l’Università:
– trasforma, illegittimamente, il termine “finale” previsto per la presa di servizio in un requisito di partecipazione;
– prestabilisce la durata della procedura concorsuale, senza alcuna necessità legata al procedimento, nonché la data di presa di servizio, sganciandola dalle esigenze didattiche;
– determina ex ante l’esclusione della ricorrente, per un evento futuro rispetto al bando, in contrasto con le basilari esigenze di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost..
XII. L’eventualità cui allude l’Ateneo reggino potrebbe determinarsi, unicamente, nel caso in cui la procedura di chiamata della ricorrente – che sarebbe collocata in quiescenza come ricercatrice solo dal mese di novembre 2026 – non si concludesse neppure entro tale data ma (il mese successivo) entro il 31.12.2026.
Ora, anche ai sensi dell’art. 34 co. 1 lett. e) c.p.a., ritiene il Collegio di svolgere le seguenti considerazioni e di precisare sin d’ora quanto segue.
L’eventuale sovrapposizione della procedura de qua con la data di (eventuale) collocamento a riposo della (sola) candidata ricorrente – nelle more dell’eventuale presa di servizio – non potrebbe, astrattamente, impedirne la chiamata, posto che in tal caso si determinerebbe una mera divaricazione tra la nomina della stessa a fini giuridici quale professoressa di seconda fascia e la decorrenza degli effetti della medesima nomina ai fini economici (che decorrerebbero dalla effettiva presa in servizio).
La ricorrente, cioè, anche qualora – nelle more della presa di servizio quale professoressa di seconda fascia – fosse a) già collocata in quiescenza e b) risultasse chiamata nel (nuovo) ruolo, verrebbe, quindi, nominata professoressa universitaria di seconda fascia 1) con decorrenza giuridica dalla data di adozione del medesimo provvedimento di chiamata (o nomina), e 2) decorrenza economica dalla data di effettiva assunzione in servizio.
In tal modo, verrebbe meno, in radice, il motivo asseritamente ostativo alla partecipazione alla procedura di chiamata individuato dal Senato Accademico.
XIII. Ritiene il Collegio, poi, che sussista un ulteriore profilo di contraddittorietà nella deliberazione del S.A. del 23/07/2025.
Quest’ultima, infatti, da un lato, predeterminando tassativamente la data di assunzione, esclude automaticamente il s.s.d. della ricorrente; dall’altro, nella parte motiva del medesimo deliberato, richiama, rispettivamente:
a) la deliberazione del Senato Accademico del 22/06/2020 e b) le delibere del Senato Accademico del 08/09/2022 e del Consiglio d’Amministrazione del 09/09/2022 con le quali sono stati approvati i criteri e gli indicatori per la programmazione del fabbisogno di personale docente, riportandoli e ribadendo che, a tal fine, “si dovranno tenere prioritariamente in considerazione, i fabbisogni dei Settori Scientifico Disciplinari che:
– siano ritenuti fondamentali ai fini della sostenibilità e della attrattività dell’offerta formativa e didattica erogata nell’ambito dei Corsi di Studio attivi o in corso di attivazione, compresi quelli in ambito intra-area scientifico-disciplinare, che risultino scoperti o numericamente sottodimensionati;
– sviluppino attività di ricerca in linea con l’evoluzione degli ambiti scientifici e delle competenze previsti dalla mission del Dipartimento e dell’Ateneo in generale;
– debbano assicurare la sostenibilità e la continuità dell’offerta formativa e didattica erogata, in funzione delle cessazioni avvenute e di quelle previste;
– abbiano un più basso numero di ricercatori e professori a fronte di significativi risultati conseguiti nell’ambito della Ricerca”, ritenendo “opportuno, al fine di garantire la più ampia partecipazione possibile e promuovere criteri improntati all’equità, adottare una modalità di programmazione che preveda la disponibilità di un bando per ciascun Settore Scientifico-Disciplinare (SSD) interessato, consentendo così la partecipazione di tutti gli abilitati, in possesso all’attualità dei valori soglia per professore associato, al concorso nel proprio SSD” introducendo “un criterio che preveda priorità bassa per eventuali secondi bandi afferenti al medesimo SSD, al fine di massimizzare l’inclusività e assicurare pari opportunità di accesso alla procedura, evitando che l’assegnazione di più posizioni nello stesso SSD precluda la valutazione di altri settori e dei rispettivi candidati abilitati, salvo giustificate motivazioni di indispensabilità didattica”.
A ben vedere, però, il Senato Accademico non applica nessuno di tali criteri e sotto-criteri, ma predetermina un “super-criterio” (che trasforma in requisito di partecipazione) che finisce per diventare, si ripete, l’unico in grado di determinare la sorte di uno specifico s.s.d., prevalendo su tutti quelli in precedente stabiliti, peraltro, anche dal Consiglio d’Amministrazione, invadendone le competenze.
Come correttamente dedotto da parte ricorrente, le scelte operate dal Dipartimento di Architettura e Design appaiono allora non solo non comprensibili, ma anche illogiche proprio alla luce di tali criteri.
Ed infatti, in applicazione della delibera del S.A., il Dipartimento di Architettura e Design, mentre esclude il s.s.d. della ricorrente, appartenente all’area e al settore concorsuale 08 – Ingegneria civile e Architettura, finisce per individuare:
– (al primo e quinto posto, in ordine di priorità) il medesimo s.s.d. “CEAR-11/A (ex ICAR/18) – Storia dell’Architettura”, prevedendo due posti dello stesso settore;
– un posto in un settore (AGRI-05/A – Entomologia generale e applicata) ricompreso nel settore concorsuale dell’Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie e non in quello dell’Area 08 – Ingegneria civile e Architettura.
XIV. Non appaiono convincenti né pertinenti neppure le ragioni dell’esclusione della ricorrente legate alle presunte “ripercussioni sugli indicatori di spesa di personale e di sostenibilità economico-finanziaria” e alla circostanza che “la progressione da Ricercatore a tempo indeterminato a Professore Associato comporta l’innalzamento dell’età pensionabile di 3 anni e segnatamente da 67 a 70 anni e che, pertanto, il Piano Straordinario supporta finanziariamente esclusivamente l’incremento stipendiale e non già lo stipendio di base, che rimane a carico dell’Ateneo per ulteriori 3 anni non previsti al momento, con conseguenti ripercussioni sugli indicatori di spese di personale e di sostenibilità economico-finanziaria”.
Intanto, tali “motivazioni” non costituiscono ragioni “autonome” della scelta di escludere il s.s.d. della ricorrente nell’economia complessiva del provvedimento impugnato: ed infatti, intanto l’Ateneo può valutare tale presunto risparmio di spesa, in quanto ha “calendarizzato tassativamente le assunzioni alla data del 31 dicembre 2026”.
Le “ripercussioni finanziarie” costituiscono un mero effetto dell’illegittimo operato sopra stigmatizzato: effetto che comporta, de facto, che l’Università possa ridurre a n. 15 i ricercatori da chiamare ai sensi dell’art. 24, comma 6 della Legge 240/2010, in ragione del raggiungimento da parte della ricorrente dell’età pensionabile come ricercatrice (67 anni), “risparmiando”, tra l’altro, la quota parte del finanziamento statale ottenuto, anche, per la chiamata del sedicesimo ricercatore di ruolo interno in possesso dell’A.S.N..
Ma, evidentemente, non possono rappresentare un autonomo criterio in grado di spiegare la scelta dell’ordine di priorità dei settori scientifico disciplinari da individuare ai fini della procedura di chiamata.
L’Ateneo, dunque, invoca tali risparmi di spesa, in un corto circuito logico (post hoc, ergo propter hoc), in cui “l’effetto” (dell’aver, illegittimamente, calendarizzato ex ante “tassativamente” le assunzioni alla data del 31 dicembre 2026 e dell’aver, altrettanto illegittimamente, posto la presenza in servizio a tale data come autonomo requisito di partecipazione alla procedura di chiamata) diventa (ex post) la “ragione” giustificatrice della scelta di escludere il settore scientifico-disciplinare CEAR11/B dalla procedura di chiamata prevista dall’art. 24, comma 6 della Legge 240/2010.
XV. Colgono, comunque, nel segno le censure dedotte dalla ricorrente in ordine alla circostanza che l’individuazione dei s.s.d. non potrebbe essere legata meramente al “costo economico”, prescindendo da qualsiasi considerazione sull’indispensabilità didattica.
Tali motivazioni, legate all’incidenza economica per l’Ateneo, non appaiono immediatamente plausibili (o percepibili) né con riferimento all’incremento stipendiale (da ricercatore a professore di seconda fascia), perché lo stesso è finanziato con fondi statali, né risultano adeguatamente giustificate con riferimento allo “stipendio base”, atteso che la ricorrente svolgerebbe (i.e.: continuerebbe a svolgere) tutte le attività didattiche e di ricerca connesse al (nuovo) ruolo di docente di seconda fascia (e con gli obblighi propri dei docenti, più pregnanti e diversi da quelli dei ricercatori: cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV n. 644/2015; ancora Corte Cost., n. 165/2020 che ha chiarito che nell’ambito delle chiamate attraverso procedure riservate agli interni “Fra gli interessi di cui ogni università deve necessariamente tenere conto, nel momento in cui si determina a operare o meno la chiamata, non possono non esservi le legittime aspirazioni di sviluppo di carriera dei ricercatori a tempo indeterminato che hanno ottenuto l’abilitazione scientifica nazionale e desiderano essere chiamati nella posizione corrispondente”, tenuto anche conto “che le scelte al riguardo degli atenei sono state accompagnate da ripetute misure legislative e interventi finanziari diretti a favorire la chiamata attraverso la descritta procedura come professori associati dei ricercatori a tempo indeterminato in possesso di abilitazione scientifica nazionale”).
Peraltro, da un lato, la valorizzazione dell’esperienza dei ricercatori ai fini della didattica e della ricerca è pur sempre un interesse pubblico perseguito dalle norme di cui si fa applicazione, e, dall’altro, il “forzato” pensionamento della ricorrente come ricercatrice lascerebbe un vuoto nell’organico che imporrebbe all’Università o di assumere un altro docente o comunque di assumere un ricercatore (certamente al fine di programmare le attività didattiche del prossimo anno accademico che comincia l’1 novembre 2026) e/o comunque di programmarne l’assunzione.
Sotto altro profilo, se l’Ateneo ha le risorse per assumere come professori di seconda fascia tutti e n. 16 i ricercatori a tempo indeterminato abilitati, il problema del “costo” non si pone; se, invece, avesse le risorse per assumerne solo n. 15, ed allora il “problema” del costo dello “stipendio base” della ricorrente non si porrebbe in termini diversi rispetto a quello di qualsiasi altro ricercatore; con l’ulteriore “vantaggio” che la ricorrente al raggiungimento dei 70 anni (e cioè fra circa tre anni) andrebbe in pensione e non costituirebbe per l’Ateneo nessun ulteriore “costo”, mentre altri ricercatori, alcuni dei quali andrebbero, peraltro, in pensione pochi mesi dopo (cfr. doc. 11 di parte ricorrente), continuerebbero ad esserlo.
Circostanza questa che prova che, ai fini della scelta delle priorità dei s.s.d., i criteri che devono ispirare l’ordine di priorità prescelto non possono essere legati al mero costo dell’assunzione, ma ad altre ragioni.
E non a caso, come visto al superiore § XIII, nessuna delle precedenti delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione stabiliscono che l’individuazione dei Settori Scientifico Disciplinari sia esclusivamente legata al “costo economico” per l’Università, occorrendo far riferimento ai “fabbisogni”, alla “sostenibilità” e all’“attrattività dell’offerta formativa e didattica erogata”, ai settori “che risultino scoperti o numericamente sottodimensionati”, e così via; così come il nuovo criterio “integrativo” stabilito dal medesimo S.A. fa riferimento, pur sempre, alla “indispensabilità didattica”, in alcun modo valutata.
XVI. Conclusivamente, per le suesposte ragioni, il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti e degli atti impugnati.
XVII. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo nei confronti dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, mentre possono essere dichiarate non ripetibili nei confronti dei controinteressati non costituiti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti e gli atti impugnati.
Condanna l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre spese generali, IVA e CPA come per legge, e rimborso del contributo unificato, ove versato; spese irripetibili nei confronti dei controinteressati non costituiti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2025 con l’intervento dei magistrati:
OMISSIS, Presidente
OMISSIS, Primo Referendario
OMISSIS, Referendario, Estensore

Pubblicato il 10 dicembre 2025