Cassazione civile, Sezioni Unite, 11 marzo 2004, n. 5054

Università Non statali-Natura giuridica

Data Documento: 2004-03-11
Area: Giurisprudenza
Massima

Le Università libere sono regolate dall’ordinamento dell’istruzione superiore (R.D. 31 agosto 1933 n. 1592) ed alla stregua di tale circostanza appare non dubitabile il riconoscimento della suddetta natura, che riposa sulla ineludibile rilevanza di scopi, struttura organizzativa e poteri amministrativi del tutto analoghi a quelli delle Università statali.

Contenuto sentenza

Cass. civ. Sez. Unite, (ud. 11-12-2003) 11-03-2004, n. 5054

Sezioni Unite
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. [#OMISSIS#] DELLI PRISCOLI – Presidente
Dott. Massimo GENGHINI – Presidente di sezione
Dott. [#OMISSIS#] PAPA – Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] MENSITIERI – Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] LUPO – Consigliere
Dott. Giandonato NAPOLETANO – Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] CANEVARI – Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] LUCCIOLI – Consigliere
Dott. Stefanomaria EVANGELISTA – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
Ordinanza
Sul ricorso proposto da:
L. U. I. D. S. S. L. G. C. in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G PISANELLI 40, presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che la rappresenta e difende, giusta, delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F. L.;
– intimata –
per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 83576/00 del Tribunale di ROMA;
udito l’avvocato Bruno BISCOTTO, per delega dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 11 dicembre 2003 dal Consigliere Dott. Stefanomaria EVANGELISTA;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE [#OMISSIS#], il quale chiede, in accoglimento del ricorso, di voler dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo.
Svolgimento del processo
La Sig.ra L. F., con atto notificato l’11 dicembre 2000, ha convenuto davanti al Tribunale di Roma la L. U. d. S. S.G.C., chiedendo, in via principale, l’accertamento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel ruolo di ricercatore universitario e, in via subordinata, l’indennizzo per arricchimento senza causa, sul presupposto dell’avvenuto svolgimento, in favore dell’U., di mansioni di ricercatrice, pur risultando, sotto il profilo formale, assegnataria di un contributo per attività di studio e ricerca dal 1986 al 1999.
La convenuta si costituiva in giudizio e proponeva, con atto notificato il 4 maggio 2002, istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, deducendo, sotto diversi profili, l’assoggettamento del rapporto alla disciplina pubblicistica in materia di impiego, con conseguente devoluzione della relativa controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il Procuratore generale concludeva per la declaratoria della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
L’intimata non svolgeva attività difensiva.
Motivi della decisione
La natura della L.U. d. S.S.G.C. è stata già individuata (Cass., sez. un., n. 180 del 2001) in quella propria di un ente pubblico non economico, cosi come precedentemente ritenuto anche per istituzioni aventi analogo carattere (S.U. 16 febbraio 1977 n. 691; Id., 29 ottobre 1974 n. 3253; Id., 9 novembre 1974 n. 3480; Id., 8 gennaio 1975 n. 26).
A queste conclusioni deve darsi continuità, superando il contrario orientamento espresso dalla Sezione Lavoro di questa Corte con sent. n. 14129 del 1999.
Invero, il summenzionato ateneo rientra fra le U. libere, regolate dall’ordinamento dell’istruzione superiore (R.D. 31 agosto 1933 n. 1592) ed alla stregua di tale circostanza appare non dubitabile il riconoscimento della suddetta natura, che riposa sulla ineludibile rilevanza di scopi, struttura organizzativa e poteri amministrativi del tutto analoghi a quelli delle U. statali.
In effetti, la principale differenza tra le U. “libere” e quelle statali si coglie sotto l’aspetto finanziario, in quanto le prime non gravano sul bilancio dello Stato o vi gravano in minor misura delle seconde (cfr. art. 2 e 3 citato R.D. n. 1592 del 1933 (t.u.); v. anche l’art. 1 R.D.L. 20 giugno 1935 n. 1071), ma per il resto esiste una larga coincidenza di natura e di disciplina nel senso suindicato. Basti pensare, quanto all’elemento finalistico, che l’art. 1 citato R.D. n. 1592 del 1933, dopo aver enunciato, nel comma primo, il principio che “l’istruzione superiore ha per fine di promuovere il progresso della scienza e di fornire la cultura scientifica necessaria per l’esercizio degli uffici e delle professioni” (sul presupposto, ovviamente, di un titolo di studio avente valore legale), dispone, nel comma secondo, che essa è impartita nelle Università “statali” e in quelle “libere” (categoria, quest’ultima, alla quale appartiene ogni Università “il cui ordinamento sia conforme alle nonne del presente t.u.”: art. 198), alle une e alle altre quindi affidando a pari titolo il perseguimento di quel fine; e statuisce nel comma terzo, con riguardo a entrambe le categorie di Università, che esse “hanno personalità giuridica e autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, nei limiti stabiliti dal presente T.U. e sotto la vigilanza dello Stato”.
Ed a conferma della tendenziale identità dei due tipi di atenei, collegati nella regolamentazione giuridica e forniti del medesimo potere di rilasciare titoli aventi valore legale, giova ancora rammentare: che ogni Università ha uno speciale statuto contenente determinazioni fissate per legge ed è emanato con decreto del Capo dello Stato (cfr. art. 17, 18, 200 e 201 R.D. n. 1592 del 1933); che, di regola, le norme dettate per l’istruzione superiore in generale valgono anche per le Università libere (cfr. art. 199 tu.); che su queste Università, le quali possono essere soppresse, fra l’altro, “per ragioni inerenti all’interesse generale degli studi o alla distribuzione territoriale degli istituti di istruzione superiore” (art. 212 tu.), ampi poteri di impulso e di controllo spettano al ministero della p.i. (v. art. 210 R.D. n. 1592 del 1933 – tu. – e art. 10 R.D.L. 20 giugno 1935 n. 1071); che le Università libere hanno gli stessi poteri certificativi, disciplinari e di polizia spettanti alle Università statali; che i rispettivi docenti, uguali per funzioni e prerogative inerenti all’ufficio, possono essere trasferiti dalle une alle altre (cfr. art. 207 e 208 – tu. – R.D. n. 1592 del 1933; art. 2 e 16 legge 24 febbraio 1967 n. 62).
Da questi e da altri elementi di chiaro valore sintomatico (su cui v. amplius la sent. n. 3253 del 1974 e le altre di seguito richiamate) risulta, dunque, che, per assetto e disciplina, le Università libere ricevono dalla legge una sostanziale equiparazione alle Università statali.
Talché, una volta pacifico, come si è premesso, che la L. appartiene a tale categoria di atenei (art. 1, n. 2, e 198 R.D. n. 1592 del 1933, cit.), la sua natura di persona giuridica pubblica discende dalle considerazioni fin qui esposte (fine pubblico; controllo statale; poteri certificativi e disciplinari; valore legale dei titoli di studio, ecc.).
Se poi si pone mente all’indole sociale e non economica che caratterizza l’attività avente per oggetto e scopo la pubblica istruzione (superiore), rimane ad essa estranea l’idea di esercizio dell’impresa (ex art. 2082 c.c.) secondo criteri di economicità, che è invece il connotato dell’ente pubblico economico (cfr. art. 2093 c.c.; S.U. 25 novembre 1974, n. 3818, 15 ottobre 1975 n. 3337, 21 luglio 1978 n. 3635, 10 novembre 1978 a 5159, 17 maggio 1979 n. 2809, 23 marzo 1983 n. 2020, 3 giugno 1983 n. 3781, 17 ottobre 1988 n. 5631, 28 dicembre 1990 a 12199, 29 gennaio 1991 n. 871, 8 febbraio 1993 n. 1547, 12 dicembre 1995 n. 12717); qualifica, codesta, che certamente non si addice all’Università.
Da notare, poi, che questo Supremo Collegio ha già ritenuto che l’ordinamento delle università in questione, per quanto qui interessa, non è stato modificato dalla successiva disciplina di cui al D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382, ed alle l. 9 maggio 1989 n. 168, l. 7 agosto 1990 n. 245 e l. 19 novembre 1990 n. 341 (su richiamata sent. n. 1547 del 1993).
La conseguenza che da tutto ciò deriva, agli effetti della giurisdizione, è il carattere pubblico dei rapporti d’impiego tra Università e personale dipendente: non solo insegnante, ma anche amministrativo ed esecutivo, poiché tanto i professori e gli assistenti (per l’attività didattico-scientifica) quanto i funzionali e gli agenti (per la attività burocratica e materiale) quanto il resto del personale (per le attività tecniche e ausiliarie) concorrono, ognuno nell’ambito delle rispettive mansioni, al conseguimento dei fini istituzionali dell’ente.
Ciò premesso, poiché la domanda tende, come si è riferito nella parte narrativa, al riconoscimento di un rapporto (con le caratteristiche della subordinazione e nella figura e nel ruolo del ricercatore ex art. 32 del D.P.R. n. 382 del 1980), ai sensi degli artt. 63, primo e quarto comma, e 3 del D.Lgs. n. 165 del 2001, la relativa cognizione deve ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, posto che tali norme escludono dalla cognizione del giudice ordinario (estesa ai rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato) le controversie relative al rapporto di impiego (conservato al regime pubblicistico) dei professori e ricercatori universitari.
Né induce a diverse conclusioni il profilo subordinato della domanda, attinente all’arricchimento senza causa, atteso che, come già le Sezioni unite hanno stabilito (v., da ultima e per tutte, la sentenza 22 ottobre 2002, n. 14895) la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblico impiego, conservata per i rapporti di lavoro di cui all’art. 3 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, trova applicazione anche per le domande proposte, in via subordinata, sotto il profilo dell’arricchimento senza causa, quando il rapporto di pubblico impiego funzioni, come nella specie, da momento genetico diretto ed immediato dei diritti che si assumono lesi o disconosciuti dalla Pubblica Amministrazione in pregiudizio del dipendente.
In conclusione, deve essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La peculiarità della questione controversa, resa palese dalla ricordata presenza di orientamenti giurisprudenziali non sempre coerenti con quello espresso dalle Sezioni unite, giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2004.