Cons. Stato, Sez. VI, 26 aprile 2021 n. 3319

Procedura di selezione per RTDA - Incompatibilità dei commissari - Rapporti fra commissari e candidati - Oggetto della procedura di selezione - Settore concorsuale e discrezionalità dell'Ateneo

Data Documento: 2021-04-26
Area: Giurisprudenza
Massima

Non può essere posto in dubbio che in qualsiasi selezione concorsuale assuma importanza centrale il principio, di rilevanza costituzionale, di imparzialità della commissione esaminatrice, tanto che ad essa è pacificamente ritenuto applicabile l’art. 51 del codice di procedura civile, che disciplina l’astensione del giudice (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2002, n. 5279; Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2188 e 8 maggio 2001, n. 2589; Cons. St., sez. VI, 17 luglio 2001, n. 3957, 18 agosto 2010, n. 5885, 5 maggio 1998, n. 631, 6 novembre 1997, n. 1617 e 23 dicembre 1996, n. n. 1757). È pure pacifico che le cause di astensione obbligatoria, da ricondurre a ragioni di parentela, amicizia o inimicizia personale, interessi da intendere nel senso strettamente economico sopra indicato, o ancora a peculiari rapporti con una delle parti, debbono essere adattate alla realtà del mondo accademico, in cui rapporti continuativi di collaborazione scientifica rappresentano di per sé non solo indice di conoscenza (se non anche di familiarità e apprezzamento personale), ma anche fonte di sostanziale utilità sia per il professore, che di tale collaborazione si avvale per le proprie attività di ricerca e di didattica, sia per l’allievo, che acquisisce nozioni e possibilità di introduzione nel mondo scientifico, con presumibile convergenza di interessi. Su queste basi, non può che ritenersi incompatibile con il ruolo di commissario d’esame il docente, chiamato ad esprimere una valutazione comparativa di candidati, uno dei quali sia dello stesso stabile e assiduo collaboratore, anche soltanto nell’attività accademica o pubblicistica. L’apprezzamento da esprimere in tale contesto, circa le attitudini dei concorrenti, potrebbe infatti essere determinato da fattori di stima e conoscenza a livello personale, o dalle possibili ricadute delle scelte da operare sul rapporto di collaborazione instaurato (Consiglio di Stato, sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1788). Il giudizio di valore, da esprimere sui lavori scientifici dei concorrenti, difficilmente potrebbe restare pienamente imparziale, quando una parte rilevante della produzione pubblicistica di un candidato fosse riconducibile anche al soggetto, chiamato a formulare tale giudizio. L’incompatibilità deve escludersi nei soli casi di collaborazione che possa essere ricondotta alle ordinarie relazioni accademiche o resa inevitabile dal settore particolarmente specialistico di ricerca, in modo tale da rendere non presumibile una qualsiasi preferenza personale del commissario d’esame per un singolo candidato. In definitiva, se non è possibile negare, in linea di principio, l’ammissibilità di una commissione esaminatrice composta da membri che abbiano avuto un rapporto di collaborazione scientifica con uno dei candidati, ciò deve escludersi in relazione all’intensità della collaborazione, qualora sia essa stata tale da negare radicalmente qualsiasi possibilità di valutazione indipendente dello stesso candidato.
Nel caso di specie, in particolare, il Collegio non rileva un rapporto di così intensa collaborazione fra il candidato e commissari. Infatti: i ringraziamenti di stile rivolti ai due professori  che rivestono la qualifica di commissari nella prefazione di alcune pubblicazioni non denotano di per sé alcuno stabile rapporto di amicizia; allo stesso modo, neppure è sintomatico di un difetto di imparzialità la circostanza che due professori commissari avessero già valutato il candidato quali componenti della commissione giudicatrice istituita anni prima per il conferimento del titolo dottorale di ricerca.

L’art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, stabilisce che le Università, con proprio regolamento, disciplinano la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia attenendosi al criterio della «specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari». La specificazione dei settori concorsuali non è rimessa alla discrezionalità del singolo Ateneo bensì, ai sensi dell’art. 15 della stessa legge, ad un decreto ministeriale, sentito il Consiglio universitario nazionale. Secondo la giurisprudenza di questa Sezione, dovendo l’oggetto della procedura concorsuale trovare specifica rispondenza nei settori scientifico-disciplinari definiti a livello nazionale, se ne desume che la commissione giudicatrice è tenuta a valutare la congruenza dei profili curriculari dei candidati rispetto all’intero settore concorsuale oggetto della selezione, non potendo invece la stessa elevare a criterio preferenziale uno soltanto dei tanti sotto-ambiti di interesse scientifico e professionale nei quali tale materia può in astratto articolarsi. Non è cioè possibile l’adozione da parte della Commissione di requisiti valutativi diversi dalla inerenza del curriculum dei candidati al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando (Sezione sesta, sentenza 14 gennaio 2021, n. 454). È stato pure statuito che «[l]e specifiche funzioni cui è eventualmente chiamato il vincitore della selezione rilevano solo sul distinto piano della finalità informativa […] e non coincidono con quelle del settore scientifico disciplinare da prendere a riferimento ai fini della valutazione dei concorrenti», aggiungendo che tale opzione ermeneutica «attua un bilanciamento ragionevole dell’invocata autonomia universitaria con la necessità di garantire l’imparziale svolgimento della procedura di selezione dei candidati al posto di professore universitario, anch’essa costituzionalmente garantita già ai sensi degli artt. 3 e 97 Cost» (Sezione sesta, sentenza n. 5050 del 2018). In altre parole, l’indirizzo giurisprudenziale è volto a scongiurare il rischio che la singola Università possa arrivare al punto di tarare il profilo del professore da reclutare sull’impronta dei percorsi scientifici o professionale di un certo candidato, restringendo irragionevolmente la platea dei possibili concorrenti.

Contenuto sentenza

N. 03319/2021REG.PROV.COLL.
N. 08048/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8048 del 2020, proposto da 
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Adavastro, con domicilio eletto presso lo studio Placidi s.r.l. in Roma, via [#OMISSIS#] Tortolini, n. 30; 
contro
-OMISSIS-, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
COMMISSIONE GIUDICATRICE, non costituita in giudizio; 
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Menini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. -OMISSIS- del 2020;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 aprile 2021 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1 del decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del decreto-legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.‒ I principali fatti di causa, utili ai fini del decidere, possono così sintetizzarsi:
– con decreto rettorale n. 866 del 19 marzo 2018, l’-OMISSIS- indiceva la procedura di selezione per l’assunzione di un ricercatore a tempo determinato (durata triennale), ai sensi dell’art. 24, comma 3, lettera a), della legge n. 240 del 2010 per il settore concorsuale 11/A3 – storia contemporanea e settore scientifico disciplinare M-STO/04 – storia contemporanea;
– alla procedura partecipavano dieci candidati, tra cui l’odierno appellante ed il controinteressato;
– con decreto rettorale prot. n. 50512 del 22 giugno 2018, venivano nominata la commissione giudicatrice, la quale così determinava i criteri e i punteggi per la selezione dei candidati:
i) titoli professionali (max. 20 punti), di cui: massimo 2 punti per attività didattica universitaria; massimo 7 punti per attività di formazione e ricerca presso qualificati istituti italiani o esteri; massimo 4 punti per organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca; massimo 5 punti per partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali; massimo 2 punti per conseguimento di premi nazionali e internazionali;
ii) titoli accademici (max. 10 punti), di cui: massimo 10 punti per il possesso del dottorato di ricerca; massimo 3 punti per eventuali master;
iii) massimo 30 punti per le pubblicazioni, “da distribuire tra le voci sottoelencate”: originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza (max. 11 punti); congruenza con il settore concorsuale per il quale è bandita la procedura e con l’eventuale profilo, definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico disciplinari, ovvero con tematiche interdisciplinari ad essi correlate (max. 10 punti); rilevanza scientifica della collocazione editoriale e sua diffusione all’interno della comunità scientifica (max. 8 punti); apporto del candidato in caso di lavori in collaborazione (max. 1 punto);
– la Commissione, dopo avere individuato i sei candidati più meritevoli da ammettere al successivo colloquio orale, all’esito del confronto comparativo tra gli stessi, individuava il dottore -OMISSIS- quale vincitore della procedura selettiva;
– gli atti della suddetta procedura venivano impugnati dal dottor -OMISSIS- con ricorso giurisdizionale, deducendo a fondamento della domanda di annullamento i seguenti profili di illegittimità:
1) violazione dei principi di par condicio, trasparenza e imparzialità, derivanti da numerosi, concorrenti ed inequivoci elementi in grado di far presumere la sussistenza di un vincolo di conoscenza e collaborazione personale e professionale tra due dei commissari della procedura (i professori -OMISSIS- e -OMISSIS-) ed il candidato poi risultato aggiudicatario della stessa;
2) violazione dell’art. 24, comma 2, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, che prescrive che nei bandi debba essere data «specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari»: in violazione della predetta disposizione l’Università convenuta avrebbe ritenuto di dover andare oltre la precisazione del settore scientifico disciplinare oggetto di concorso, giungendo a precisare nel dettaglio le tematiche oggetto della futura attività scientifica, che sarebbero state peraltro coincidenti con le specifiche tematiche trattate dal dottor -OMISSIS- nelle quattro pubblicazioni indicate ai fini della procedura, così provocando «l’illegittimo restringimento della platea dei possibili concorrenti»;
3) impossibilità di desumere con quali modalità e sulla base di quali valutazioni discrezionali la Commissione avrebbe inteso dare concreta applicazione ai criteri selettivi da essa stessa individuati ai fini della formazione della graduatoria di merito, essendo stato attribuito il solo punteggio numerico.
2.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con sentenza n. -OMISSIS- del 2020, respingeva integralmente il ricorso.
3.‒ Avverso la predetta sentenza ha proposto quindi appello il signor -OMISSIS- -OMISSIS-, adducendone l’erroneità per i seguenti motivi:
1) contrariamente a quanto sostenuto dal T.a.r., risulterebbe comprovata, alla luce degli atti di causa, la sussistenza di un vincolo di conoscenza e collaborazione personale e professionale tra il controinteressato e i commissari -OMISSIS- e -OMISSIS-, e infatti: il dottor -OMISSIS- sarebbe stato assegnista di ricerca in Storia Contemporanea presso la Scuola -OMISSIS- e la professoressa -OMISSIS- -OMISSIS-, membro della Commissione giudicatrice, è docente di Storia Contemporanea presso la stessa Scuola -OMISSIS-; il -OMISSIS- e la professoressa -OMISSIS-, nel corso degli anni avrebbero dato corso ad una proficua collaborazione accademica, concretizzatasi in pubblicazioni congiunte e partecipazioni a convegni ed a gruppi di ricerca; tale situazione si coniugherebbe con un dichiarato rapporto affettivo e di vicinanza accademica come risulterebbe dai ringraziamenti indirizzati dal controinteressato ai due commissari nella prefazione di alcune sue pubblicazioni; inoltre, sia il prof. -OMISSIS-, che la professoressa -OMISSIS-, facevano parte della commissione di dottorato conseguito dal controinteressato;
2) parimenti errata sarebbe la decisione del primo giudice, nella parte in cui non ha ritenuto legittima la scelta dell’Università di -OMISSIS- di puntualizzare nel dettaglio le tematiche oggetto della futura attività scientifica, peraltro attinenti a specifiche tematiche trattate dal dottor -OMISSIS- nelle quattro pubblicazioni indicate ai fini della procedura; l’individuazione di temi estremamente specifici e settoriali avrebbe avuto quale conseguenza l’illegittimo restringimento della platea dei possibili concorrenti nonché vincolato ed influenzato l’operato della Commissione;
3) il giudice di prime cure non si sarebbe altresì avveduto della palese violazione da parte della Commissione giudicatrice dei criteri da essa stessa determinati nel corso della prima seduta concorsuale; la Commissione avrebbe infatti valutato ciascuno dei candidati, assegnando uno specifico punteggio alle sole voci generali (titoli professionali, titoli accademici, pubblicazioni, lingua straniera), senza specificare il punteggio assegnato a ciascuno dei singoli sotto-criteri valutativi da essa stessa individuati, sicché le modalità per giungere a quei punteggi finali risulta ignota, ed è pertanto assolutamente arbitraria; sarebbe manifestamente errata la decisione del primo giudice di ritenere tardive tali doglianze, in quanto con il secondo motivo del ricorso introduttivo era stata chiaramente denunciata la violazione, ad opera dell’Amministrazione resistente, del bando di concorso e dei criteri che la commissione giudicatrice si era assegnata nel corso della prima seduta.
4.– Si è costituita l’-OMISSIS-, sia pure con memoria di mero stile.
4.1.‒ Resiste in giudizio anche il dottor -OMISSIS-, rinnovando l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado (in ordine alla quale la sentenza appellata non si è pronunciata) e insistendo comunque per il rigetto del gravame.
5.‒ Con ordinanza 27 novembre 2020, n. 6820, questa Sezione ‒ «rilevato che le questioni di fatto e di diritto implicate nella presente controversia richiedono approfondimenti incompatibili con il carattere sommario tipico della presente fase cautelare» ‒ ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata e disposto la sollecita definizione del giudizio nel merito.
6.– All’odierna udienza del giorno 8 aprile 2021, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.
7.‒ L’appello va respinto.
8.‒ È infondata la censura relativa alla violazione del canone di trasparenza e imparzialità, in ragione dell’asserita esistenza di stretti rapporti professionali e personali tra il candidato -OMISSIS- e due membri della commissione giudicatrice (i professori -OMISSIS- e -OMISSIS-).
8.1.‒ Secondo un diffuso indirizzo giurisprudenziale, non costituisce ragione di incompatibilità la sussistenza sia di rapporti di mera collaborazione scientifica, sia di pubblicazioni comuni, essendo ravvisabile un obbligo di astensione del componente di detta commissione solo in presenza di una comunanza di interessi anche economici, di intensità tale da porre in dubbio l’imparzialità del giudizio (ex plurimis: Consiglio di Stato, sez. VI, 3 luglio 2014, n. 3366; id., sez. III, 20 settembre 2012, n. 5023; id., sez. VI, 31 maggio 2012, n. 3276). Nei concorsi universitari, l’esistenza di rapporti scientifici di collaborazione costituiscono ipotesi ricorrenti nel mondo accademico, che non sono tali da inficiare in maniera giuridicamente apprezzabile il principio di imparzialità dei commissari, visto che nel campo degli specialisti è assai difficile trovare un esperto che in qualche modo non abbia avuto contatti di tipo scientifico o didattico con uno dei candidati (Consiglio di Stato, sez. II, 7 marzo 2014, n. 3768). La sussistenza di rapporti di collaborazione meramente intellettuale, cui siano estranei interessi patrimoniali, non appare elemento tale da inficiare in maniera giuridicamente apprezzabile il principio di imparzialità, tenuto conto della composizione collegiale della Commissione e delle equipollenti esperienze e competenze dei membri, che introducono un controllo intrinseco, idoneo a pervenire la pur possibile inclinazione di qualche componente ad apprezzare maggiormente l’operato di chi sia stato proprio allievo alla scelta dei più meritevoli (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 ottobre 2002, n. 5879).
8.2.‒ Recentemente questa stessa Sezione, senza fuoriuscire dal solco giurisprudenziale così tracciato, ha introdotto ulteriori precisazioni (Consiglio di Stato, sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3206).
Non può essere posto in dubbio che in qualsiasi selezione concorsuale assuma importanza centrale il principio, di rilevanza costituzionale, di imparzialità della commissione esaminatrice, tanto che ad essa è pacificamente ritenuto applicabile l’art. 51 del codice di procedura civile, che disciplina l’astensione del giudice (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2002, n. 5279; Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2008, n. 2188 e 8 maggio 2001, n. 2589; Cons. St., sez. VI, 17 luglio 2001, n. 3957, 18 agosto 2010, n. 5885, 5 maggio 1998, n. 631, 6 novembre 1997, n. 1617 e 23 dicembre 1996, n. n. 1757).
È pure pacifico che le cause di astensione obbligatoria, da ricondurre a ragioni di parentela, amicizia o inimicizia personale, interessi da intendere nel senso strettamente economico sopra indicato, o ancora a peculiari rapporti con una delle parti, debbono essere adattate alla realtà del mondo accademico, in cui rapporti continuativi di collaborazione scientifica rappresentano di per sé non solo indice di conoscenza (se non anche di familiarità e apprezzamento personale), ma anche fonte di sostanziale utilità sia per il professore, che di tale collaborazione si avvale per le proprie attività di ricerca e di didattica, sia per l’allievo, che acquisisce nozioni e possibilità di introduzione nel mondo scientifico, con presumibile convergenza di interessi.
Su queste basi, non può che ritenersi incompatibile con il ruolo di commissario d’esame il docente, chiamato ad esprimere una valutazione comparativa di candidati, uno dei quali sia dello stesso stabile e assiduo collaboratore, anche soltanto nell’attività accademica o pubblicistica. L’apprezzamento da esprimere in tale contesto, circa le attitudini dei concorrenti, potrebbe infatti essere determinato da fattori di stima e conoscenza a livello personale, o dalle possibili ricadute delle scelte da operare sul rapporto di collaborazione instaurato (Consiglio di Stato, sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1788). Il giudizio di valore, da esprimere sui lavori scientifici dei concorrenti, difficilmente potrebbe restare pienamente imparziale, quando una parte rilevante della produzione pubblicistica di un candidato fosse riconducibile anche al soggetto, chiamato a formulare tale giudizio. L’incompatibilità deve escludersi nei soli casi di collaborazione che possa essere ricondotta alle ordinarie relazioni accademiche o resa inevitabile dal settore particolarmente specialistico di ricerca, in modo tale da rendere non presumibile una qualsiasi preferenza personale del commissario d’esame per un singolo candidato.
In definitiva, se non è possibile negare, in linea di principio, l’ammissibilità di una commissione esaminatrice composta da membri che abbiano avuto un rapporto di collaborazione scientifica con uno dei candidati, ciò deve escludersi in relazione all’intensità della collaborazione, qualora sia essa stata tale da negare radicalmente qualsiasi possibilità di valutazione indipendente dello stesso candidato.
8.3.‒ Nel caso di specie, non è emersa l’esistenza, né di una stretta comunanza di interessi economici, né di un sodalizio professionale, né di una spiccata contiguità accademica tra il controinteressato ed i commissari, suscettibili di porre in dubbio la distanza e l’oggettività di giudizio che i concorsi pubblici debbono sempre assicurare, a maggior ragione quelli universitari connotati da ampia discrezionalità e pochissimi partecipanti.
Ed infatti:
– non risulta alcuna diretta collaborazione scientifica tra il controinteressato e i componenti della commissione giudicatrice;
– i ringraziamenti di stile rivolti al professor -OMISSIS- e alla professoressa -OMISSIS- nella prefazione di alcune pubblicazioni, non denotano di per sé alcuno stabile rapporto di amicizia;
– neppure è sintomatico di un difetto di imparzialità la circostanza che due commissari, professori -OMISSIS- e -OMISSIS-, avessero già valutato il dottor -OMISSIS- quali componenti della commissione giudicatrice istituita nel novembre 2012 (composta all’epoca da sette commissari) per il conferimento del titolo dottorale di ricerca da lui conseguito presso la Scuola -OMISSIS-.
Il controinteressato ha peraltro precisato di non avere mai ricoperto alcuna posizione di assegnista di ricerca della Scuola Normale Superiore e di avere svolto attività accademica presso l’ateneo pisano sotto la guida del professore -OMISSIS-, docente in pensione dal novembre 2017.
8.4.‒ Si aggiunga poi che ‒ come correttamente rimarcato dal giudice di prime cure ‒ «l’eventuale situazione di incompatibilità con uno dei candidati inficerebbe la legittimità di quella specifica valutazione e non di tutte le valutazioni operate, di modo che, sotto questo particolare aspetto, la censura è priva di interesse, nella misura in cui a farla valere è un candidato che, in relazione alla sua posizione in graduatoria (quinto), non avrebbe tratto immediato vantaggio dall’estromissione dalla gara del vincitore». In definitiva, l’appellante non sarebbe comunque collocato in posizione utile per giovarsi dell’eventuale scorrimento della graduatoria conseguente all’esclusione del candidato vincitore.
9.‒ Anche l’ulteriore motivo di censura, incentrato sulla violazione di cui all’art. 24, comma 2, lettera a), della legge n. 240 del 2010 ‒ e consistente nell’indebita precisazione nel bando di concorso di tematiche specifiche per l’attività di ricerca che il vincitore avrebbe dovuto svolgere e che si assumono coincidenti con i temi trattati da alcune pubblicazioni del controinteressato ‒ va respinto.
9.1.‒ L’art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, stabilisce che le Università, con proprio regolamento, disciplinano la chiamata dei professori di prima e di seconda fascia attenendosi al criterio della «specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari». Analogamente dispone l’art. 24 della stessa legge n. 240 del 2010, con riguardo all’assunzione di ricercatori a tempo determinato.
La specificazione dei settori concorsuali non è rimessa alla discrezionalità del singolo Ateneo bensì, ai sensi dell’art. 15 della stessa legge, ad un decreto ministeriale, sentito il Consiglio universitario nazionale.
Gli stessi citati articoli 18 e 24 contemplano, tra i criteri delle procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università, anche l’indicazione di «informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale».
9.2.‒ Secondo la giurisprudenza di questa Sezione, dovendo l’oggetto della procedura concorsuale trovare specifica rispondenza nei settori scientifico-disciplinari definiti a livello nazionale, se ne desume che la commissione giudicatrice è tenuta a valutare la congruenza dei profili curriculari dei candidati rispetto all’intero settore concorsuale oggetto della selezione, non potendo invece la stessa elevare a criterio preferenziale uno soltanto dei tanti sotto-ambiti di interesse scientifico e professionale nei quali tale materia può in astratto articolarsi. Non è cioè possibile l’adozione da parte della Commissione di requisiti valutativi diversi dalla inerenza del curriculum dei candidati al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando (Sezione sesta, sentenza 14 gennaio 2021, n. 454).
È stato pure statuito che «[l]e specifiche funzioni cui è eventualmente chiamato il vincitore della selezione rilevano solo sul distinto piano della finalità informativa […] e non coincidono con quelle del settore scientifico disciplinare da prendere a riferimento ai fini della valutazione dei concorrenti», aggiungendo che tale opzione ermeneutica «attua un bilanciamento ragionevole dell’invocata autonomia universitaria con la necessità di garantire l’imparziale svolgimento della procedura di selezione dei candidati al posto di professore universitario, anch’essa costituzionalmente garantita già ai sensi degli artt. 3 e 97 Cost» (Sezione sesta, sentenza n. 5050 del 2018).
In altre parole, l’indirizzo giurisprudenziale è volto a scongiurare il rischio che la singola Università possa arrivare al punto di tarare il profilo del professore da reclutare sull’impronta dei percorsi scientifici o professionale di un certo candidato, restringendo irragionevolmente la platea dei possibili concorrenti.
9.3.‒ Su queste basi, non sussiste la lamentata violazione di legge.
Il bando di concorso ‒ dopo avere indicato il settore concorsuale di riferimento (11/A3 Storia contemporanea) e individuato il profilo del candidato esclusivamente tramite l’indicazione del settore scientifico-disciplinare del posto bandito (M-STO/04 Storia contemporanea) ‒ ha semplicemente fornito (in applicazione del sopra citato art. 24, comma 2, lettera a, della legge n. 240 del 2010), «informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni» attribuite al futuro ricercatore (in termini soprattutto di obiettivi e impegno didattico) nonché alcune tematiche dell’attività di ricerca tra quelle di ritenuto di maggiore interesse per l’Università di -OMISSIS-.
Non sono emersi elementi che possano supportano finanche il dubbio di una “profilatura” del candidato. I criteri selettivi adottati dalla Commissione non contemplano alcuna valutazione in ordine alla pertinenza dei titoli e delle pubblicazioni del candidato con l’oggetto dell’attività di ricerca a svolgersi in futuro, ma solo la loro congruenza con il settore concorsuale per il quale è stata bandita la procedura. Anche i giudizi sintetici finali redatti per tutti i concorrenti non operano alcuna commistione tra oggetto della futura attività di ricerca ed i criteri di valutazione dei singoli candidati.
Lo stesso appellante, del resto, non contesta alcuno specifico vizio in ordine alla valutazione attribuita alle pubblicazioni presentate dal candidato -OMISSIS-, neppure di quelle asseritamente coincidenti con l’oggetto del contratto di ricerca bandito.
Sotto altro profilo, la presentazione di dieci domande di partecipazione attesta poi che neppure si è verificato un restringimento della platea dei possibili concorrenti.
10.‒ Veniamo, da ultimo, alla questione relativa alla pretesa violazione delle norme di attribuzione del punteggio nei singoli “sub-criteri” di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni concorsuali.
10.1.‒ Va confermata la statuizione di irricevibilità della censura.
Nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado i motivi erano incentrati esclusivamente sulla pretesa «insufficienza del punteggio numerico» a ricostruire l’iter motivazionale seguito dalla Commissione e sull’asserito mancato computo dell’esame di lingua straniera nella valutazione concorsuale. Nessuna censura veniva sollevata in relazione ai “sub-criteri” di valutazione, se non successivamente con la memoria ex art. 73 c.p.a.
Al fine di escludere l’intempestività della censura non è sufficiente il generico richiamo (contenuto in ricorso) alla violazione del bando di concorso e dei criteri che la commissione giudicatrice si era assegnata nel corso della prima seduta: ciascun vizio di legittimità deve essere analiticamente articolato dal ricorrente, altrimenti non sarebbe mai possibile cristallizzare il thema decidendum, in violazione delle regole del contraddittorio.
10.2.‒ In ogni caso, la censura sarebbe comunque destinata al rigetto.
Come rimarcato dal giudice di prime cure, la commissione giudicatrice ha in sequenza: ripartito il punteggio da assegnare sulla base dei singoli criteri prestabiliti (cfr. verbale 1); formulato giudizi analitici in relazione ai titoli, al curriculum e alla produzione scientifica (cfr. verbale 2); attribuito i punteggi ai titoli e alle singole pubblicazioni (cfr. verbale 3).
Attribuendo un punteggio numerico ai quattro criteri prescelti (titoli professionali; titoli accademici; pubblicazioni scientifiche; lingua straniera), la commissione ha reso evidente con sufficiente chiarezza i parametri di riferimento e l’iter motivazionale seguito nella 43valutazione concorsuale.
La mancata indicazione, all’interno dei quattro criteri, dei punteggi riferiti ai singoli sottocriteri selettivi, non pare di per sé inficiare la trasparenza (e quindi la legittimità) degli atti impugnati.
11.– In definitiva, la sentenza di primo grado va confermata.
11.1.‒ Le spese di lite del secondo grado di lite possono compensarsi nei rapporti con l’-OMISSIS-, essendosi la difesa erariale costituita con memoria di mero stile. Vanno invece poste a carico dell’appellante, secondo la regola generale della soccombenza, nei rapporti con il controinteressato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe n. 8048 del 2020, lo respinge. Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del secondo grado di giudizio in favore del controinteressato, che si liquidano in € 2.000,00, oltre accessori di legge, mentre le compensa nei rapporti con l’-OMISSIS-.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità e di ogni altro dati identificativo di ricorrente e controinteressato.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De Felice, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] De Felice
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 26/04/2021