E’ da escludere che il mero fatto di una collaborazione tra un candidato ed un commissario nell’ambito di un medesimo PRIN possa assurgere ex se a indice di una comunanza, o altra forma qualificata di connessione, di interessi economici.
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 23 marzo 2018, n. 170
Procedura concorsuale professore Associato-Commissione esaminatrice-Incompatibilità
N. 00170/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00842/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 842 del 2017, proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Giudice, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio Giovanni [#OMISSIS#] in Palermo, viale Libertà 171;
contro
Università degli Studi di Catania e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale domiciliano in Palermo alla via [#OMISSIS#] De Gasperi 81;
Commissione Giudicatrice nominata con D.R. n. 4500/2015 dell’Università di Catania, non costituita in giudizio;
nei confronti
Marina [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Baggio, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Castagnino Berlinghieri, Serena Massa, Mariamaddalena Melfi, [#OMISSIS#] Panvini, [#OMISSIS#] Pautasso, Santo [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Villicich, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Stella Falzone, [#OMISSIS#] Ismaeli, [#OMISSIS#] Sole e [#OMISSIS#] Bodon, non costituiti in giudizio;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Caliò, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Matta in Palermo, piazza Verdi 6;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA, Sez. I, n. 781/2017, resa tra le parti, concernente l’impugnativa:
– del decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Catania 20 aprile 2016 n. 1329 prot. n. 45101, di approvazione degli atti della procedura di selezione per la chiamata di un professore di II fascia per il settore concorsuale 10/A1 Archeologia, settore scientifico disciplinare L-ANT/07 Archeologia classica, indetta con D.R. Università degli Studi di Catania n. 3219 del 25 settembre 2015;
– di tutti i verbali redatti dalla Commissione di concorso, anche non conosciuti, tra cui quelli delle sedute del 28 gennaio 2016 (verbale n. 1); 24 febbraio 2016 (nota integrativa, allo stato non conosciuta ma citata nella relazione finale della Commissione); 29 marzo 2016 (verbale n. 2); 30 marzo 2016 (verbali nn. 3 e 4); 31 marzo 2016 a.m. (verbali nn. 5 e 6); 1 aprile 2016 (verbale n, 7); 2 aprile 2016 (verbale n. 8);
– della relazione finale dei lavori svolti dalla Commissione del 5 aprile 2016, prot. n. 38756;
– della deliberazione Dipartimento di Scienze umanistiche del 27.4.2016, con la quale è stata proposta la chiamata, in corso di anno accademico, del dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Caliò, a ricoprire il ruolo di professore di II fascia per il settore concorsuale 10/A1 s.s.d. L-ANT/07;
– del verbale del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Catania n. 6 del 28 aprile 2016 di approvazione della proposta formulata dal Dipartimento di Scienze Umanistiche, con il quale è stato chiamato il dott. Caliò a ricoprire il ruolo di professore di II fascia per il settore concorsuale 10/A1 s.s.d. L-ANT/07;
– del provvedimento di presa di servizio del prof. Caliò e di ogni altro atto presupposto o consequenziale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Catania, del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Caliò;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avv. Giovanni [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], e l’avv. dello Stato Caserta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 Con decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Catania del 25 settembre 2015 veniva indetta una procedura di selezione per la chiamata di un professore di seconda fascia con riferimento al settore concorsuale 10/A1 ARCHEOLOGIA, struttura didattica di afferenza – Dipartimento di Scienze umanistiche,
settore scientifico disciplinare – L-ANT/07 Archeologia classica.
All’esito della procedura di valutazione, cui prendevano parte 23 candidati, la Commissione individuava quale migliore candidato il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Caliò.
Gli atti concorsuali venivano approvati con decreto del Rettore 20 aprile 2016 n. 1329.
Con successiva deliberazione del 27 aprile 2016 il Dipartimento di Scienze umanistiche proponeva la chiamata del suddetto dott. Caliò a ricoprire il ruolo di professore di II fascia per il settore concorsuale prestabilito, e il giorno successivo con verbale n. 6 il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo approvava tale chiamata.
I menzionati atti, unitamente ai verbali redatti dalla Commissione e alla sua relazione finale del 5 aprile 2016, venivano fatti oggetto di ricorso al T.A.R. per la Sicilia – Sezione di Catania da parte della concorrente dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Giudice, che contestava la loro legittimità articolando più motivi di censura.
Si costituivano in giudizio in resistenza all’impugnativa l’Università degli Studi di Catania e il controinteressato.
2 A conclusione del giudizio di primo grado il Tribunale adìto con la sentenza n. 781/2017 in epigrafe respingeva il ricorso, reputato infondato.
3 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello da parte della soccombente, che riproponeva le proprie domande e principali doglianze sottoponendo a critica gli argomenti con i quali il Tribunale le aveva disattese.
L’Università e il controinteressato resistevano all’impugnativa anche nel nuovo grado di giudizio.
Alla pubblica udienza del 14 marzo 2018 la causa è stata infine trattenuta in decisione.
4 Rileva introduttivamente il Collegio che con il presente appello sono stati riproposti, tra gli svariati motivi di censura originariamente introdotti, unicamente il terzo mezzo e il secondo profilo del quarto.
Rispetto ai rimanenti motivi di prime cure, pertanto, le statuizioni reiettive della sentenza in epigrafe, in difetto di gravame, sono diventate già definitive.
5 Tanto premesso, la sicura infondatezza dell’appello induce il Collegio a prescindere dai dubbi sollevati dal controinteressato in [#OMISSIS#] per concentrarsi senza indugio sul merito di causa.
6 Il contenuto dell’appello verte principalmente sulla riproposizione del terzo motivo del primitivo ricorso.
6a Secondo l’esposizione fattane dal T.A.R., con tale mezzo è stata denunciata la violazione dell’art. 6 del bando della procedura e degli artt. 3-6 del regolamento, in quanto sarebbe stata disattesa la normativa sulle declaratorie dei settori scientifico-disciplinari e, conseguentemente, dichiarato vincitore della selezione un soggetto privo della specifica qualificazione necessaria.
La procedura aveva a oggetto, difatti, la selezione di un professore di II fascia per il settore concorsuale 10/A1 ARCHEOLOGIA, settore scientifico disciplinare L-ANT/07 – Archeologia classica, ma al suo esito era stato individuato quale destinatario dell’eventuale chiamata un candidato, il dott. Caliò, del quale buona parte dei titoli e lavori presentati non sarebbe stata attinente al settore d’interesse, poiché afferente al SSD L-ANT/09 TOPOGRAFIA ANTICA, e non al SSD L-ANT/07 ARCHEOLOGIA CLASSICA, oggetto della procedura comparativa: onde i medesimi non sarebbero potuti essere considerati.
6b Il Tribunale ha disatteso il motivo sulla base delle seguenti considerazioni.
“In proposito il Collegio ritiene non vi siano ragioni per discostarsi dal tradizionale orientamento secondo cui la valutazione tendente a verificare nel merito scientifico se le pubblicazioni di un candidato dimostrino il possesso da parte dello stesso di una maturità scientifica tale da giustificare un giudizio favorevole di idoneità a ricoprire il ruolo di professore associato è una valutazione per sua natura opinabile, che la legge, proprio in ragione di tale opinabilità, demanda alla commissione esaminatrice sul presupposto che questa, in ragione delle competenze tecniche specifiche di cui dispone mediante i suoi componenti, sia l’organo che si trova nelle congrue condizioni per poterla compiere. Ipotizzare che, con riguardo a simili valutazioni tecniche aventi un significativo margine di opinabilità, il sindacato giurisdizionale possa spingersi sino a negare nel merito il giudizio reso dalla commissione e preferirvi una soluzione diversa da quella plausibilmente prescelta dall’Amministrazione stessa, significherebbe, in lesione del principio della separazione dei poteri, negare la ragion d’essere della funzione amministrativa della commissione (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 16/07/2015 n. 3561). Ed è ovvio, del resto, che siffatte considerazione non possano non valere anche per il giudizio relativo alla congruenza di una pubblicazione sul settore disciplinare di riferimento.
E d’altra parte, la ricorrente non è stata in grado di dimostrare in che modo l’erronea valutazione di quelle pubblicazioni potesse incidere sul giudizio finale. Anche perché, sebbene “ogni singola pubblicazione” debba comunque essere valutata, resta il fatto che anche per tale aspetto dell’esperienza del candidato il giudizio finale è frutto di una valutazione complessiva di tutte le pubblicazioni presentate, e non di una sommatoria dei giudizi (e tantomeno di eventuali punteggi) espressi sulle singole pubblicazioni (cfr. Cons. St., sez. VI, 11/09/2003 n. 5095 per la precisazione che ciò che si richiede è “la complessiva valutazione dei titoli e dell’attività scientifica dei candidati, senza che ciò implichi un’analitica disamina di tutte le pubblicazioni presentate”; cfr. anche Cons. St., sez. VI, 26/01/2015 n. 317: “è necessario e sufficiente che tutti i titoli e le pubblicazioni siano stati acquisiti al procedimento e vi risultino considerati, dato che il giudizio settoriale sulle pubblicazioni e sui titoli entra nel più completo esame dei candidati, esso sì dacondurre in via comparativa: non sono, quindi, le pubblicazioni e i titoli a dover essere comparati uno per uno, ma il valore scientifico complessivo del concorrente, alla luce e attraverso la considerazione dei titoli e delle pubblicazioni presentati”).”
6c Con l’appello in scrutinio il capo di decisione così motivato è sottoposto a un’elaborata critica da più angolazioni.
In sintesi, l’appellante deduce:
– che la disciplina della procedura (in dettaglio, l’art. 6 del bando e i criteri di valutazione di cui la Commissione si era dotata) imponeva una valutazione delle singole pubblicazioni scientifiche presentate secondo più criteri, tra cui quello della loro congruenza rispetto alle tematiche del settore concorsuale oggetto della procedura e del settore scientifico-disciplinare specificato nel bando;
– che la valutazione amministrativa della congruenza delle pubblicazioni del singolo concorrente, pur se discrezionale, non poteva affatto reputarsi sottratta al sindacato del Giudice amministrativo;
– che la Commissione, nello specifico, non aveva fornito alcuna reale motivazione delle proprie valutazioni, individuali e collegiali, sulla congruenza delle pubblicazioni presentate dal controinteressato;
– che la Commissione stessa aveva altresì eloquentemente riconosciuto che tali pubblicazioni comprendevano studi di urbanistica e architettura greca, con il che avrebbe ammesso, per questa parte, la sua mancanza di congruenza rispetto al settore di riferimento;
– infine, nel merito, che buona parte delle dette pubblicazioni non sarebbe stata attinente al settore d’interesse del concorso, bensì a quello, ben diverso, della Topografia antica, cui l’attività scientifica del concorrente sarebbe stata effettivamente riconducibile.
6d In ordine alle doglianze di parte appena sunteggiate il Collegio deve fare un’osservazione preliminare.
Al ricorso di primo grado era a ben vedere estraneo lo specifico profilo di censura per cui la Commissione si sarebbe sottratta, in concreto, alla necessaria motivazione sulla congruenza di ogni singola pubblicazione del candidato rispetto al settore concorsuale oggetto della procedura. La corrispondente doglianza, apparsa solo in questo grado, costituisce pertanto un’inammissibile critica nuova, introdotta in violazione del divieto di nova in appello codificato dall’art. 104 C.P.A..
Ai fini del merito di causa, di conseguenza, sarà sufficiente accertare se i vizi denunciati dalla ricorrente siano ravvisabili, o meno, nella relativa valutazione d’insieme.
6e A questo proposito il Collegio non può nascondersi che la motivazione del T.A.R., che ha respinto il motivo facendo leva, in modo sostanzialmente aprioristico ed esclusivo, sulla discrezionalità della Commissione, non possa essere considerata del tutto corretta.
A ragione con il presente appello è stato fatto notare, invero, che la valutazione espressa da una Commissione sulla congruenza delle pubblicazioni del singolo concorrente, pur se discrezionale (come riconosciuto alla pag. 19 dell’appello), non è in quanto tale sottratta al sindacato del Giudice amministrativo, quasi fosse materia di merito amministrativo: tant’è che la ricorrente non ha avuto difficoltà ad allegare dei precedenti giurisprudenziali, anche di questo Consiglio, in cui uno scrutinio giudiziale siffatto è stato operato, e si è concluso con l’invalidazione dell’apprezzamento espresso dalla deputata Commissione (appello, pagg. 10 e segg.).
6f Tanto debitamente premesso, ai fini della trattazione del thema decidendum sembra però opportuno prendere le mosse dalla descrizione del percorso accademico dell’appellato.
All’uopo può farsi piano riferimento all’esposizione illustrata dal medesimo nella propria memoria, che trova riscontro nel curriculum in atti e non ha dato adito ad alcuna specifica contestazione.
“Egli si è laureato in Etruscologia e Antichità Italiche, si è specializzato ad Atene in Archeologia Classica. Ha conseguito un Dottorato di ricerca in “Antichità classiche in Italia e loro fortuna” sempre nell’ambito del settore scientifico disciplinare di Archeologia classica. Ha vinto una borsa di studio presso l’Istituto Germanico dove ha collaborato con [#OMISSIS#] Zanker, Ordinario di Archeologia Classica in [#OMISSIS#], dal 2001 alla Normale di Pisa e già Direttore dell’Istituto Archeologico di Roma. … già la Commissione nazionale che gli aveva riconosciuto l’abilitazione scientifica nazionale (ASN) aveva giudicato la piena corrispondenza delle sue pubblicazioni e del suo profilo scientifico con l’archeologia classica (L-ANT/07).”
Per quanto appena detto, sembra dunque difficile negare che il percorso accademico del prof. Caliò sia quello dell’archeologo classico.
6g Quanto alle valutazioni della Commissione, emerge innanzi tutto per tabulas come nel relativo giudizio collegiale sia stato inequivocabilmente affermato che la produzione scientifica complessiva dell’interessato risultava “del tutto congruente con il SSD L-ANT/07”, apprezzamento che si ritrova, del resto, anche in due dei tre giudizi individuali dei singoli componenti.
Emerge pure che i commissari hanno avuto ben presenti gli specifici contenuti delle pubblicazioni presentate per la valutazione, tanto che la stessa ricorrente trae spunto proprio dall’avvenuto riconoscimento, da parte loro, che sette di tali pubblicazioni riguardavano, in particolare, “studi di urbanistica e architettura greca”.
E’ quindi evidente come questa circostanza sia stata ritenuta dalla Commissione pienamente compatibile con un giudizio di congruità della produzione scientifica del controinteressato rispetto al settore di riferimento.
E se, in astratto, quest’ultimo giudizio avrebbe potuto essere corredato di una motivazione di maggior estensione, deve però osservarsi che la medesima sarebbe stata pressoché inevitabilmente tautologica. Il punto centrale delle contestazioni della ricorrente, significativamente, è d’altra parte direttamente quello della congruità o meno delle pubblicazioni di controparte rispetto al settore in rilievo.
6h Diventa allora ineludibile richiamarsi ai contenuti disciplinari dei settori da confrontare ai fini di causa.
In base all’allegato 2B al D.M. MIUR 4 ottobre 2000, cui il bando rinvia, il settore L-ANT/07 ARCHEOLOGIA CLASSICA “comprende gli studi sul patrimonio architettonico e delle arti figurative e sui documenti della cultura materiale relativi alle aree ed alle età delle civiltà greca e romana dalle loro origini alla tarda antichità, con riferimento alla valutazione storica, culturale ed artistica del materiale studiato e alla storia della disciplina e della sua epistemologia, anche allo scopo di potenziare la didattica del museo e del parco archeologico”.
Il distinto settore «L-ANT/09 TOPOGRAFIA ANTICA», per contro, “comprende gli studi sulla organizzazione antropica degli spazi in età antica con particolare riferimento al mondo classico e ai suoi insediamenti urbani, rurali e viari, anche sommersi, indagati con il sussidio di strumenti e sistemi cartografici antichi e moderni, di fonti letterarie, epigrafiche, iconografiche, archeologiche e monumentali, nonché di adeguate tecniche di fotografia, fotogrammetria, rilievo e analisi con la finalità di consolidare la conoscenza del relativo contesto storico”.
6i L’assunto di fondo della ricorrente è che già il solo fatto che le pubblicazioni del controinteressato avessero trattato di urbanistica e architettura greca ne avrebbe attestato l’estraneità al settore dell’Archeologia classica, e la riconducibilità a quello della Topografia antica: e tanto sarebbe stato direttamente desumibile dalle declaratorie appena viste.
Il fatto è, però, che l’esame di queste ultime rende invece problematica la percorribilità delle tesi proposte dall’appellante, in realtà opinabili.
Come si è appena visto, la prima delle declaratorie riportate include nel settore dell’Archeologia classica gli studi sul “patrimonio architettonico” dell’antichità (e quindi, non solo studi focalizzati sulle sue singole testimonianze): e questo nella prospettiva di una sua valutazione storica e culturale, e non solamente artistica.
D’altra parte, è un dato di fatto che un rilievo non secondario nella definizione del settore della Topografia antica, alla luce della relativa declaratoria, sia rivestito dal punto degli strumenti e metodi (anche) tecnici di indagine del tema costituito dalla “organizzazione antropica degli spazi”.
Le declaratorie anzidette sembrano, quindi, poter confortare l’affermazione di parte appellata secondo la quale non potrebbe escludersi la possibilità di una parziale comunanza di oggetti di ricerca tra Archeologia classica e Topografia antica, la diversità tra le due discipline essendo comunque assicurata, anche in tal caso, sul piano dei rispettivi strumenti e metodi utilizzati. Onde nemmeno gli indirizzi di ricerca tesi a cogliere la “dimensione culturale” delle città dell’antichità esorbiterebbero dall’Archeologia classica.
Deve pertanto concludersi che il giudizio espresso dalla Commissione sul punto in discussione, giudizio la cui natura discrezionale è stata espressamente riconosciuta dalla stessa appellante, risulta immune da aspetti di manifesta illogicità o irrazionalità. E questa conclusione non può che imporre il rigetto di questo primo mezzo.
7 Parimenti infondato è il secondo motivo d’appello, che concerne il secondo profilo dell’originario quarto motivo di ricorso.
7a La censura è incentrata sul vizio di composizione della Commissione discendente dall’asserita condizione d’incompatibilità ascrivibile al suo componente prof. Lippolis.
La ricorrente ha dedotto, infatti, che le pubblicazioni del controinteressato sarebbero state redatte per la maggior parte in collaborazione o, comunque, sotto la visione del suddetto componente.
7b Il primo Giudice ha respinto la critica facendo subito notare, con riferimento al curriculum su 142 titoli presentato dal prof. Caliò, che “solo 2 sono a firma congiunta ma separata con il prof. Lippolis, mentre alcune pubblicazioni sono a firma del prof. Caliò ma raccolte in volumi curati tra gli altri dal prof. Lippolis.”
Il T.A.R., così drasticamente ridimensionato l’assunto della ricorrente, ha soggiunto che “In effetti, si tratta di un fenomeno assolutamente ordinario nella vita accademica e nella comunità scientifica, per cui i rapporti di collaborazione accademica, anche ove consistano in pubblicazioni scientifiche di cui risultino coautori il candidato-allievo e il componente la commissione, non sono sufficienti a radicare e rendere cogente l’obbligo di astensione. Infatti, perché i rapporti personali assumano rilievo deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro e allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, reputandosi a tal fine rilevante e decisiva (solo) la circostanza che il rapporto tra un commissario e un candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente-allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d’interessi di carattere economico (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 30/07/2013 n. 4015).”
7c Con il presente appello la critica basata sulla presunta incompatibilità del prof. Lippolis viene reiterata, senza tuttavia fornire elementi di consistenza sufficiente a ribaltare il giudizio espresso dal Tribunale.
Sul piano precettivo, l’appellante si richiama alla recente enunciazione giurisprudenziale secondo la quale una “lunga assidua e stabile vicinanza professionale tra un commissario e una candidata è di per sé astrattamente idonea a porre in dubbio la distanza e l’oggettività di giudizio che i concorsi pubblici debbono sempre assicurare” (C.d.S., VI, 30 giugno 2017, n. 3206).
In punto di fatto, però, l’appello non offre indici idonei a dimostrare l’esistenza in concreto di una relazione siffatta tra il controinteressato e il sunnominato membro di Commissione.
Parte appellante deduce difatti, in pratica, semplicemente che: il secondo ha scritto la prefazione della monografia del primo; i due hanno avuto rapporti nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal M.I.U.R. (PRIN 2008), che ha visto il concorrente agire quale investigator in un’Unità di ricerca diretta dal prof. Lippolis; il curriculum del primo denoterebbe, infine, come tutta la sua attività si sia sviluppata “in stretto contatto con il predetto commissario, … con il quale è stato correlatore in molte tesi di laurea”.
Dopo che il Tribunale ha posto in evidenza, tuttavia, la modestia dell’incidenza, nella produzione scientifica del candidato, delle sue collaborazioni con il menzionato accademico, è agevole e coerente concludere per la non significatività, ai fini di causa, degli elementi sui quali è stato posto l’accento in questa sede.
Il Collegio, al di là del pur doveroso rilievo della vaghezza del richiamo dell’appellante al curriculum dell’avversario, deve escludere, in particolare, che il mero fatto di una sua collaborazione con il citato commissario nell’ambito di un medesimo PRIN possa assurgere ex se a indice di una comunanza, o altra forma qualificata di connessione, di interessi economici.
Il controinteressato, d’altra parte, ha rimarcato senza dar adito a contestazioni che, mentre il prof. Lippolis era diventato ordinario a Roma La Sapienza nel 2000, all’epoca egli aveva terminato il proprio dottorato di ricerca presso la diversa Università di Tor Vergata ed era borsista presso l’Istituto Germanico, avendo poi condotto la gran parte della propria attività di ricerca e scavo dal 2004 presso il Politecnico di Bari.
Del pari significativo è infine il dato, fornito dallo stesso resistente (e anche in questo caso inoppugnato), che nel settore in rilievo esistevano all’epoca meno di trenta professori ordinari, e ancor meno disponevano dei requisiti per diventare membri della Commissione, il che rendeva del tutto normale la possibilità di rinvenire l’esistenza di episodi di collaborazioni scientifica, quali quelli emersi, tra candidati e almeno uno dei commissari.
Anche questo motivo, per conseguenza, deve essere disatteso.
8 In conclusione, le considerazioni esposte evidenziano l’infondatezza dell’appello e impongono il suo rigetto.
Le spese del presente grado di giudizio, come quelle del precedente, possono essere equitativamente compensate tra appellante e Università (che non ha del resto depositato difese scritte), e liquidate secondo soccombenza, invece, quanto ai rapporti tra appellante e controinteressato, nei termini di cui al seguente dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
Condanna l’appellante al rimborso al controinteressato delle spese processuali del giudizio di appello, che liquida nella misura complessiva di euro tremila, oltre gli accessori di legge; compensa le spese nei rapporti tra appellante e Università degli Studi di Catania.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella Camera di consiglio del giorno 14 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Modica de [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Barone, Consigliere
[#OMISSIS#] Verde, Consigliere
Pubblicato il 23/03/2018